Compatibilità elettromagnetica
La compatibilità elettromagnetica (electromagnetic compatibility, EMC) è una disciplina che copre un vastissimo campo di interessi: si può dire genericamente che vi sono problemi a essa legati ovunque vi sia impiego di energia elettrica. Lo spettro degli argomenti coinvolti è molto vasto: si va dai problemi di tipo aeronautico/aerospaziale a quelli di tipo navale; dallo studio dei metodi di misura all’analisi di situazioni di interferenza nei più svariati ambienti di lavoro (ospedali, centrali elettriche e nucleari, sistemi di trasmissione dati); dallo studio di metodologie di prova per automobili (o altri mezzi di trasporto) alla soluzione di difficili problemi di interferenza a livello di progettazione circuitale.
Stabilire che cosa s’intende per EMC è un compito difficile. Si potrebbe definire l’REMC come la possibilità di un sistema di operare correttamente nell’ambiente elettromagnetico in cui esso deve agire. Questa definizione, pur nella sua completezza, non specifica che cosa s’intende per ‘sistema’, ‘operare correttamente’ e ‘ambiente elettromagnetico’.
Se, per es., il sistema è un radar, operare correttamente significa che il radar deve mantenere le proprie caratteristiche di acquisizione dei bersagli e che non deve arrecare disturbi agli altri sistemi installati nelle vicinanze. L’ambiente elettromagnetico, in questo caso, può essere l’insieme dei segnali elettromagnetici generati, anche accidentalmente, da tutti gli altri sistemi che operano congiuntamente con il radar (a bordo di una nave, di un aereo, di un satellite ecc.).
Se, invece, il sistema è l’uomo, operare correttamente significa che l’organismo umano non deve risentire dell’ambiente elettromagnetico in cui è immerso. In questo caso l’EMC si traduce in un problema di tipo ecologico, proponendo una questione che in questi ultimi tempi sta sollevando grande interesse, soprattutto in relazione all’ampia diffusione dei telefoni cellulari e, in genere, dei collegamenti radio sempre più estesi e a frequenze sempre più alte: qual è l’effetto dell’occupazione dello spettro di frequenze e, di conseguenza, delle radiazioni elettromagnetiche sull’uomo? L’argomento dell’interazione fra i campi elettromagnetici e gli organismi viventi ha dato luogo a un ampio dibattito, da cui è emersa l’elaborazione di una disciplina specifica, collaterale all’EMC.
Se, ancora, il sistema è l’accensione elettronica di un’autovettura, operare correttamente significa che, oltre a eseguire le sue normali funzioni di accensione delle candele del motore, essa non deve disturbare le altre utenze elettriche ed elettroniche (per es., l’autoradio).
Questi tre esempi, così disparati, sono stati scelti al fine di illustrare l’ampio campo di problemi e di fenomeni che hanno a che fare con l’EMC, la quale si può manifestare in due modi complementari: in una forma attiva, come interferenza, oppure in una passiva, come suscettibilità o immunità. Si definisce interferenza (EMI, ElectroMagnetic Interference) qualsiasi emissione elettromagnetica, condotta o irradiata, generata da operazioni di apparati e sistemi progettati dall’uomo oppure di origine naturale, che causa o può causare una risposta indesiderata, un malfunzionamento o una degradazione di prestazioni di altri apparati o sistemi. Si definisce suscettibilità (EMS, ElectroMagnetic Susceptivity), o immunità, la caratteristica che determina il malfunzionamento o una risposta indesiderata del sistema quando la sua struttura esterna, i suoi cavi di collegamento e i suoi circuiti sono esposti a interferenza.
Come si evince dai precedenti esempi, le condizioni di passività e di attività non sempre coesistono nei sistemi. Per es., l’uomo è un sistema di pura passività in quanto non è ancora stato dimostrato che sia in grado di irradiare emissioni elettromagnetiche. Allo stesso modo vi sono situazioni in cui la passività non è una condizione significativa da considerare: si esamini, per es., il caso del telefono cellulare a bordo di un aereo. L’interferenza da esso generata può provocare la suscettibilità degli apparati elettrici ed elettronici dell’aereo, mentre l’interferenza inversa non ha importanza, in quanto il telefono cellulare dev’essere usato al di fuori del velivolo.
Un’altra considerazione importante riguarda le emissioni interferenti; esse possono essere divise in volute e non volute. Le prime sono quelle necessarie per il funzionamento dei dispositivi a esse imputabili e che non possono essere soppresse senza alterare le loro prestazioni. Si consideri, per es., nuovamente il telefono cellulare: le sue emissioni non possono essere eliminate senza renderlo inutilizzabile. Al contrario, le emissioni non volute sono quelle che non sono necessarie per il suo funzionamento. A causa di un difetto di progettazione o per le caratteristiche dei componenti a radiofrequenza impiegati, le emissioni in bande di frequenza al di fuori di quelle ammesse possono arrecare disturbi ad altri apparati riceventi.
L’EMC è una disciplina che opera su due fronti strettamente collegati: la progettazione e la sperimentazione. La progettazione si avvale di tecniche di simulazione che richiamano concetti derivati dalle equazioni di Maxwell; la sperimentazione si avvale di una sofisticata strumentazione di misura da utilizzare in ambienti di prova immuni da disturbi elettromagnetici generati dall’ambiente esterno.
Tornando alla definizione di EMC, si è detto che un sistema opera correttamente quando non è suscettibile e quando non genera interferenza con le altre utenze in tutti i suoi modi di funzionamento. È quindi importante, in un qualsiasi dispositivo, definire sia i modi di funzionamento sia i criteri di suscettibilità. Che cosa s’intende per modi di funzionamento appare ovvio: i vari di modi di operare del dispositivo, come le condizioni di riposo (stand by) e quelle di funzionamento a pieno regime. Invece non altrettanto ovvia appare la definizione dei criteri di suscettibilità, anche per le notevoli implicazioni tecniche e di costo che si possono avere.
Si consideri il seguente esempio. Per la correzione della traiettoria dei lanciatori di satelliti, per lo sgancio dei carichi alari sui velivoli militari e per l’attivazione degli airbag nelle autovetture si usano gli elementi elettroesplosivi (EED, Electro-Explosive Devices). La loro attivazione avviene per opera di un impulso di corrente inviato in una resistenza, solitamente del valore di 1 Ω. La resistenza immersa in una carica esplosiva, riscaldandosi per effetto Joule, produce la sua attivazione. Il criterio di suscettibilità appare ovvio: occorre fare in modo che eventuali livelli di energia spuria, captati dalla resistenza di innesco della carica, non determinino un’attivazione non voluta. Si supponga che l’attuazione dell’EED avvenga con una corrente di 1 A. Il criterio di suscettibilità adottato è che le correnti spurie non superino il massimo livello di 100 mA, cioè un livello di corrente almeno 10 volte minore del livello di attivazione della carica esplosiva. La verifica del suddetto criterio di suscettibilità comporta numerosi problemi, legati soprattutto al modo di esecuzione delle misure delle correnti spurie, tenendo conto che la rimozione della carica esplosiva determina una variazione delle condizioni di scambio termico fra la resistenza di innesco e l’esplosivo. Il maggior problema, però, è quello dovuto alla misurazione del segnale captato dalla resistenza quando la causa disturbante è un segnale a radiofrequenza; in queste condizioni la maggiore difficoltà è quella di mantenere la stessa impedenza del carico elettrico per evitare fenomeni di disadattamento che darebbero luogo a gravi errori di misurazione.
Nelle prove di emissione si esprimono le grandezze misurate in unità logaritmiche. Le misure di emissione irradiata normalizzate al campo elettrico di 1 V/m sono espresse in dBV/m, secondo la relazione X dBV/m=20 log [(Y/(1 V/m)], dove Y rappresenta la grandezza di campo elettrico espressa in V/m. In maniera analoga, 1 uV/m è espressa in dBuV/m, 1 mV/m in dBmV/m e così via. Con la stessa modalità si esprimono le grandezze di campo magnetico A/m, le tensioni (V) e le correnti (A). Il motivo per il quale si è scelto questo modo di esprimere le unità di misura dipende dalla facilità con cui si tiene conto dei fattori correttivi dei sensori di misurazione: i logaritmi consentono di correggere i risultati delle misurazioni con operazioni di somma o di sottrazione, evitando la maggiore complessità di moltiplicazioni o divisioni. Nelle prove di immunità, invece, si usano le grandezze lineari, senza ricorrere ai dB.
Un altro argomento importante per la comprensione degli argomenti di EMC riguarda le tecniche di trasformazione per passare dal dominio del tempo a quello della frequenza, di cui la più nota è la trasformata di Fourier. Senza entrare nei dettagli di questo argomento complesso, è opportuno ricordare che tutti i fenomeni di EMC si manifestano sempre in funzione del tempo. La loro descrizione in funzione della frequenza è un artificio matematico necessario per una loro migliore comprensione e soprattutto per la loro misurazione. Nella teoria dei segnali esiste l’importante teorema dell’incertezza, il quale stabilisce che il prodotto della durata nel tempo di un segnale per larghezza del suo spettro di frequenza è sempre costante. Ne conseguono rilevanti conclusioni: un segnale transitorio di breve durata nel tempo ha uno spettro di frequenza molto ampio, e pertanto richiede uno strumento di misura con un’adeguata larghezza di banda in frequenza per essere completamente misurato e caratterizzato; un segnale di grande durata nel tempo, quale può essere un segnale periodico, ha uno spettro di frequenza stretto, e pertanto può essere rivelato e misurato con uno strumento di misura con piccola larghezza di banda.
Ampie bande di frequenza sono affette da elevati livelli di rumore, in quanto la potenza di rumore è proporzionale alla larghezza di banda; ne discende quindi che, per migliorare la sensibilità dei ricevitori, è necessario eseguire misurazioni con piccole larghezze di banda. La riduzione di tali larghezze, se da un lato ha il vantaggio di migliorare la sensibilità, dall’altro presenta l’inconveniente di allungare i tempi di misurazione.
Le discipline collegate all’EMC
L’EMC comprende molte discipline che, pur utilizzando gli stessi principi e le stesse metodologie di misura e di progetto di essa, sono note con nomi diversi. Alcune di queste s’identificano con i fenomeni che s’intende investigare, altre, invece, con termini legati agli ambienti operativi a cui si devono applicare.
Con il termine tempest, il quale non ha un’origine specifica, si indicano tutte le tecniche di EMC usate per la protezione dell’informazione, al fine di evitare che dati riservati possano essere captati in maniera fraudolenta. Questo ambito, che in ogni nazione si tende a coprire con segreto di Stato, definisce metodi di misura e metodi di protezione EMC molto sofisticati.
L’espressione electromagnetic pulse (EMP) è usata per identificare quella disciplina che si occupa della protezione dagli effetti elettromagnetici di un’esplosione nucleare. L’EMP è generato da un’esplosione nucleare: esso consiste in un’onda elettromagnetica di tipo transitorio con un fronte di salita molto ripido (inferiore a 10 ns) e una durata di qualche centinaio di nanosecondi. Il picco massimo del livello di campo irradiato può arrivare fino a 100 kV/m. Si tratta quindi di intensità di campo molto alte, anche se di breve durata. Questo ambito è di natura tipicamente militare.
Il LEMP (Lightning ElectroMagnetic Pulse) riguarda la protezione dagli effetti elettromagnetici generati da fenomeni di fulminazione. Si tratta di transitori con durate 1000 volte più grandi di quelli dovuti a EMP. Gli studi di LEMP riguardano sia il progetto di protezioni sia la definizione di metodi di prova da condurre su simulacri o strutture che riproducono la configurazione degli oggetti da proteggere. Ciò riveste molta importanza in campo aeronautico, soprattutto ora che nella costruzione degli aerei si tende a sostituire le strutture metalliche con quelle in fibra di carbonio.
L’ESD (ElectroStatic Discharge) si occupa di tutte le problematiche relative alla generazione e alla protezione dai fenomeni di scariche elettrostatiche. Il problema più importante è quello di riuscire a evitare che si producano tali scariche: ciò si può ottenere con la scelta di materiali opportuni e soprattutto fornendo cammini conduttivi di collegamento verso massa, evitando aree isolate nelle quali si possano accumulare cariche elettriche. Questo settore riveste una grande importanza nel campo aerospaziale.
Con il termine magnetics s’intendono le discipline EMC relative all’impiego dei materiali magnetici per la rilevazione e misurazione dei campi magnetici a bassissima frequenza, nonché per la protezione dai loro effetti. La misurazione dei campi elettromagnetici ambientali con riferimento all’esposizione umana, ambito non identificato con una precisa e riconosciuta definizione, riguarda campi elettromagnetici emessi da utenze elettriche ed elettroniche nella banda di frequenza 0 Hz÷10 kHz (norma di riferimento del Comitato elettrotecnico italiano: CEI 211-6/2001) e in quella 10 kHz÷300 GHz (norma di riferimento: CEI 211-7/2001). A bassa frequenza, sono interessate a tali misurazioni le linee ad alta tensione per il trasporto dell’energia elettrica; ad alta frequenza, tutti i trasmettitori a radiofrequenza in installazioni fisse o mobili.
Le azioni correttive
L’analisi dei problemi di interferenza ha portato a introdurre il metodo del compromesso per eliminare, o ridurre, i problemi EMI o EMS. Va considerato che qualsiasi accorgimento correttivo ha implicazioni operative sulle prestazioni del sistema che si vuole migliorare. Le tecniche per risolvere i problemi di EMC sono: interfacce elettriche (massa), interfacce meccaniche (bonding), filtri, schermi, cavi e connettori.
L’utilizzo delle suddette tecniche, che verranno illustrate in seguito, può portare a severe limitazioni operative del sistema in esame. È quindi necessario fare un bilancio fra ciò che si guadagna con l’introduzione dell’azione correttiva e ciò che si perde. Si consideri il seguente esempio. Un sistema irradia a frequenze e con livelli di segnale tali da interferire con i sistemi nelle immediate vicinanze. Uno schermo può risolvere il problema in maniera semplice. Prima di aggiungere lo schermo è necessario essere ben consapevoli di ciò che una simile azione comporta, secondo quanto espresso nella tabella. Chi si accinge a schermare l’unità interferente dev’essere consapevole dei vantaggi e degli svantaggi a cui può andare incontro. Lo stesso problema si presenta quando si vuole usare un’altra tecnica di controllo e di riduzione dell’EMI: il filtraggio.
Le regole generali per implementare le azioni correttive devono tenere presenti alcuni punti importanti: non bisogna utilizzare tecniche correttive che rendano un sistema non operativo o parzialmente tale, in modo che non possa svolgere le funzioni per cui era stato progettato; i requisiti operativi non possono essere oggetto di compromesso, in quanto sono un limite invalicabile per le tecniche tendenti a migliorare l’EMC; i parametri tecnici sono l’area di maggiore compromesso, per es., la scelta del sistema di massa può portare al controllo completo di molti problemi EMI e EMS; i parametri di costo rappresentano un’altra area di compromesso, in quanto un progetto può essere tecnicamente fattibile, ma così costoso da non essere accettabile.
Le interfacce elettriche
Nello sviluppo di un sistema, la scelta delle interfacce elettriche ha sempre rappresentato un argomento molto importante, per le numerose implicazioni di cui bisogna tener conto. La massa elettrica rappresenta l’interfaccia più importante e al tempo stesso quella meno conosciuta. La scelta della massa ha impatto sui costi e sui pesi, sulla disposizione dei cavi, sull’installazione e dislocazione degli apparati all’interno del sistema, sulle prestazioni operative e anche sulle tecniche di misura EMC. Una scelta errata dello schema di massa o la perdita del suo controllo potrebbero inficiare sia le prestazioni EMC degli apparati sia le caratteristiche EMC dell’intero sistema. Si possono proporre diversi schemi di massa: ognuno di essi comporta una diversa configurazione delle interfacce elettriche. I pregi delle varie soluzioni sono legati all’ambiente elettromagnetico in cui apparati e/o sottosistemi sono installati e alla complessità delle loro funzioni.
In ogni sistema, apparato o circuito elettronico si possono sempre identificare tre tipi di massa (fig. 1): la massa struttura, fisicamente individuabile nella struttura meccanica del dispositivo preso in considerazione; il ritorno dell’alimentazione impropriamente denominato massa di alimentazione; la massa di riferimento di segnale. Mentre le prime due masse sono facilmente identificabili, in quanto corrispondono a parti strutturali o circuitali chiaramente rintracciabili, la massa di riferimento di segnale non ha un riscontro chiaro. Se ne conoscono le funzioni, ma non dove essa è localizzata; questa incertezza dipende dal fatto che essa è funzione della frequenza. Idealmente, la massa di riferimento di segnale ha le seguenti funzioni: rappresenta un riferimento equipotenziale per tutti i segnali all’interno del dispositivo; offre una via di ritorno per i circuiti di segnale; fornisce una rete a bassa impedenza per il controllo delle capacità parassite.
Secondo il modo in cui la massa di riferimento di segnale è collegata, possono variare le interfacce elettriche di un dispositivo: può essere collegata alla massa struttura oppure può essere isolata da essa. Nel primo caso si ha un sistema che utilizza la trasmissione sbilanciata tipica dei segnali a radiofrequenza, nel secondo caso si ha un sistema con trasmissione bilanciata tipica dei segnali a bassa frequenza. La scelta della configurazione di massa determina tutte le interfacce di un dispositivo verso i circuiti esterni.
Il principale problema delle interfacce elettriche è costituito dall’interferenza di modo comune. Essa è rappresentata dalle correnti e tensioni dei circuiti che condividono gli stessi cammini di ritorno. Nel caso dei sistemi di trasmissione sbilanciati nei quali le correnti di ritorno passano attraverso la struttura di riferimento, la tensione generata su essa rappresenta il disturbo di modo comune. La soluzione alla maggior parte dei problemi di modo comune si ottiene attraverso la trasmissione bilanciata differenziale (fig. 2): il segnale ricevuto è determinato dalla differenza dei segnali sui singoli conduttori in ingresso al ricevitore. È ovvio che, in questa configurazione, il disturbo di modo comune viene eliminato, in quanto esso è caratteristico di entrambi i conduttori. Una soluzione che sta acquistando sempre maggiore importanza è costituita dall’impiego delle fibre ottiche, che per loro natura sono immuni a qualsiasi problema di carattere elettrico. Il loro uso, però, può avere pesanti implicazioni a livello di interfaccia degli apparati.
Le interfacce meccaniche
La maggior parte dei problemi EMC nascono dalla poca attenzione che si presta all’utilizzo delle interfacce meccaniche. Con questo termine s’intendono tutti quei dispositivi utilizzati per ottenere una massa strutturale ideale, soprattutto per quanto riguarda i collegamenti fra gli apparati di un sistema. Il termine generico utilizzato nella letteratura anglosassone per indicare, nel modo più generale, l’interfaccia meccanica è bonding, che significa appunto mezzo di collegamento, giunzione. Quando si parla di bonding, generalmente, si pensa alle bandelle metalliche usate per mettere a massa parti strutturali appartenenti agli apparati di un sistema. In italiano, si preferisce usare il termine interfacce meccaniche per comprendere l’intero insieme di mezzi di bonding. Il bond elettrico rappresenta, quindi, qualsiasi dispositivo impiegato per garantire l’integrità del piano di riferimento equipotenziale e per garantire la conducibilità elettrica necessaria fra parti metalliche o metallizzate e il piano di riferimento equipotenziale.
Si distinguono due tipi di bond, diretto e indiretto. Quello diretto è un giunto permanente di collegamento fra parti metalliche realizzato mediante saldatura, chiodatura ecc.; esso è ottenuto anche con guarnizioni conduttive disposte fra parti metalliche tenute insieme con opportuni metodi di fissaggio. Il bond indiretto, invece, è realizzato usando un collegamento fatto con bandelle metalliche fissate a entrambe le estremità mediante tecniche di bond diretto. Quest’ultimo non rappresenta quasi mai un collegamento permanente, e in molti casi è realizzato fra parti meccaniche in movimento. Il bond deve garantire una bassa impedenza nell’intero campo di frequenza, dalla continua sino alla radiofrequenza; occorre osservare che una bassa resistenza in continua non è indice di una bassa impedenza a radiofrequenza. Valori di resistenza normalmente specificati in continua sono di 2,5 mΩ, mentre a radiofrequenza si richiede di non superare 10 mΩ.
Per soddisfare requisiti di continuità elettrica, a volte, è necessario unire materiali dissimili. A causa dei differenti potenziali elettrici dei metalli da unire, si possono creare differenze di tensione alle interfacce, le quali, con il tempo, possono produrre fenomeni di corrosione; ovviamente, la corrosione sarà tanto maggiore quanto più alta è la differenza di potenziale fra i materiali da unire. Ne deriva, quindi, la necessità di impiegare metalli con potenziali elettrici i più vicini possibili. Quando ciò non è possibile si devono usare materiali intermedi (per es., le rondelle fra le giunzioni meccaniche con bulloni), da sostituire quando la corrosione ha raggiunto valori inaccettabili.
Filtri
Con i termini generici filtri e soppressori s’intendono tutti i dispositivi inseriti sulle linee di conduzione dei segnali elettrici allo scopo di ridurre le interferenze. Si tratta, quindi, di tecniche di tipo condotto, anche se il termine condotto è del tutto convenzionale, in quanto l’interferenza, occupando tutto lo spettro di frequenza, si propaga secondo i cammini condotti o irradiati più favorevoli: probabilmente è più appropriato parlare di campi di frequenza e asserire che i filtri e i soppressori agiscono in campi di frequenza inferiori a 400 MHz. Per filtri s’intendono i dispositivi che operano nel dominio della frequenza, mentre per soppressori quelli che operano nel dominio del tempo (tipicamente per ridurre l’ampiezza dei transitori). Si possono distinguere i filtri in due categorie, per alimentazione e per segnali.
I filtri che operano sulle linee di segnale sono di solito dispositivi molto specifici progettati per le singole esigenze, tenendo conto delle condizioni di carico delle linee e delle caratteristiche tempo/frequenza dei segnali che si vogliono proteggere. I disturbi sulle linee di segnale non sono quasi mai generati nei circuiti di comando delle linee ma, nella maggior parte dei casi, sono indotti dall’ambiente esterno per accoppiamento elettrico o magnetico: per contrastare questi tipi di disturbo è più opportuno usare tecniche di schermatura dei cavi che trasmettono i segnali. La via più comune per i disturbi condotti è costituita dalle linee di alimentazione le quali, essendo collegate a tutti gli apparati di un sistema e anche alla rete di alimentazione esterna, convogliano tutti i disturbi all’interno dell’apparato.
I filtri per alimentazione elettrica differiscono da quelli convenzionali per i seguenti motivi: non operano in condizioni di adattamento di impedenza, poiché le linee di alimentazione elettrica non hanno carichi ben definiti alle loro estremità; la soppressione di interferenza dev’essere eseguita in un campo di frequenza molto ampio, in cui è possibile che gli elementi del filtro cambino le loro caratteristiche con fenomeni di risonanza; l’alimentazione elettrica continua o alternata dev’essere trasmessa attraverso i filtri e costituisce un forte elemento di polarizzazione dei componenti; la dimensione del filtro è un fattore di criticità poiché, da un lato può essere necessario disporlo in uno spazio molto ristretto, qual’è quello dei contatti di un connettore, dall’altro si richiede di fornire protezione ai disturbi a bassa frequenza, dove le dimensioni degli induttori e dei condensatori del filtro diventano proibitive (in quest’ultimo caso può essere necessario impiegare materiali magnetici ad alta permeabilità e materiali dielettrici con alte costanti dielettriche, e ciò ovviamente può comportare problemi di saturazione a causa delle correnti e tensioni di alimentazione). Il parametro più importante per definire le prestazioni di un filtro è la perdita di inserzione (IL, Insertion Loss): a una data frequenza essa è definita come il rapporto delle tensioni misurate sul carico del filtro prima e dopo il suo inserimento.
I soppressori operano nel dominio tempo/ampiezza, e quindi sono particolarmente indicati per la protezione dai transitori. Questi ultimi rappresentano uno dei più gravi problemi nel campo dell’EMC, sia a causa della loro origine difficilmente identificabile sia a causa della difficoltà della loro misurazione e soppressione. Essi sono la maggiore sorgente di malfunzionamenti, soprattutto negli apparati a semiconduttore. Oltre a essere generati a livello di sistema e di apparato dall’attivazione di carichi induttivi, possono essere prodotti da sorgenti esterne, quali le cariche elettrostatiche, i fulmini, l’impulso elettromagnetico dovuto a esplosione nucleare.
I transitori in un circuito si generano tutte le volte che viene variata l’energia immagazzinata nelle sue induttanze e capacità. In particolare, se si tenta di ridurre rapidamente una corrente, ogni induttanza in quel circuito genera una tensione pari all’induttanza moltiplicata per la variazione di corrente, con una polarità tale da far scorrere la corrente nella stessa direzione. I componenti più comunemente usati per la protezione dai transitori sono i soppressori a gas, i varistori (resistenze non lineari il cui valore dipende dalla tensione applicata) e i soppressori al silicio.
Schermi
Nella teoria degli schermi si definisce efficienza di schermatura il rapporto fra il campo elettrico o magnetico incidente, misurato quando lo schermo non è presente, e il campo elettrico o magnetico trasmesso all’interno dello schermo quando esso è presente.
Si può dimostrare che l’efficienza di schermatura è la somma di tre contributi: la riflessione all’interfaccia fra spazio libero e schermo, l’assorbimento dovuto al passaggio dell’onda elettromagnetica attraverso la sua struttura e le riflessioni multiple al suo interno (fig. 3). Il contributo maggiore è quello dovuto alla riflessione di interfaccia. Il disadattamento all’interfaccia è lo stesso meccanismo che produce nei filtri il maggior contributo alla perdita di inserzione, un parametro analogo all’efficienza di schermatura.
Lo studio degli schermi può essere affrontato in varie maniere, come dimostra l’ampia letteratura esistente su questo argomento. Si va dalla rigorosa soluzione delle equazioni di Maxwell, disponibile purtroppo solamente per corpi geometricamente semplici, all’altrettanto rigorosa ma più semplice teoria della propagazione di onde piane attraverso strutture multistrato, dallo studio di schermi sottili alle soluzioni di tipo numerico che, pur operando ipotesi semplificative, hanno la potenzialità di studiare problemi molto complessi e più vicini alla realtà. Se si guarda ai risultati di studi teorici approfonditi, si scopre che il valore calcolato dell’efficienza di schermatura è molto elevato per qualsiasi tipo sia di struttura perfettamente chiusa sia di materiale conduttore dello schermo e per qualsiasi forma geometrica che esso può avere. Per spessori dello schermo dell’ordine del millimetro si hanno valori superiori a 100 dB; ciò contrasta con quanto si trova in realtà. Il problema non risiede nella maggiore o minore validità della teoria elettromagnetica, ma nell’impossibilità pratica di realizzare strutture perfettamente chiuse.
Un’affermazione molto significativa, che rende ragione dell’impenetrabilità del mezzo schermante, è la seguente: la tenuta ad acqua corrisponde alla tenuta a radiofrequenza. Per questo motivo, l’impiego efficace degli schermi nell’ambito dell’EMC non può mai essere considerato un fatto a sé stante, ma deve coinvolgere sempre, in maggiore o minore misura, le interfacce elettriche, quelle meccaniche, i filtri, i cavi e i connettori. Da un punto di vista puramente teorico, lo schermo è un mezzo adatto a contrastare l’interferenza irradiata; poiché l’energia elettromagnetica interferente si propaga in ogni sistema attraverso i cammini più favorevoli per propagazione condotta e irradiata, per impedire il passaggio dell’interferenza occorre interporre una barriera fra la sorgente emissiva e il circuito suscettibile. La barriera è un complesso organico di mezzi atti a fermare la propagazione dei disturbi elettromagnetici; comprende anch’essa, quindi, schermi, filtri, soppressori, interfacce elettriche, interfacce meccaniche. Il concetto di barriera è tuttavia molto più ampio del concetto di schermo, il quale ne diventa un sottoinsieme.
Ovviamente, lo schermo costituisce il componente più importane della barriera. L’utilizzo di contenitori metallici rappresenta una sicura garanzia per contrastare l’accoppiamento di segnali spuri. Invece, nel caso in cui si utilizzino contenitori di plastica o, più genericamente, di materiali non elettricamente conduttivi, è indispensabile prevedere opportune metallizzazioni delle loro superfici. Esistono varie possibilità per fare ciò. Il metodo più noto è quello delle vernici conduttive; esse sono costituite da un materiale legante isolante nel quale sono disperse particelle metalliche di rame o di alluminio: maggiore è la quantità di queste particelle, migliore è il grado di conducibilità elettrica. Aumentando la concentrazione degli elementi conduttivi si peggiorano le prestazioni di tipo meccanico, delle quali la resistenza all’abrasione è la più importante.
Cavi e connettori
I cavi di collegamento tra gli apparati e i loro relativi connettori rappresentano la via preferenziale attraverso la quale l’interferenza elettromagnetica si propaga nell’ambiente esterno e dall’esterno entra negli apparati. Occorre osservare che in un sistema complesso, quale può essere, per es., un aereo oppure un veicolo, i cablaggi rappresentano sempre un’area di incerta responsabilità, non essendo quasi mai chiaro a chi compete la loro scelta e la definizione del loro percorso. Pertanto può accadere che un apparato, pur essendo progettato in modo esemplare dal punto di vista dell’EMC, presenti seri problemi di suscettibilità o di emissione a causa di un’errata scelta e disposizione dei suoi cavi di collegamento con l’alimentazione elettrica e con gli altri apparati del sistema.
I meccanismi con i quali i fenomeni di emissione e di suscettibilità si manifestano nei collegamenti elettrici sono essenzialmente tre: emissione irradiata dai cavi che agiscono come antenne trasmittenti; suscettibilità irradiata dai cavi che agiscono come antenne riceventi; accoppiamento elettrico e/o magnetico dei cavi.
Il parametro che caratterizza l’efficienza di un cavo schermato è l’impedenza superficiale di trasferimento, definita come il rapporto fra la tensione all’interno dello schermo e la corrente che lo percorre all’esterno. Valori tipici di impedenza superficiale di trasferimento sono dell’ordine di qualche mΩ/m: quanto è più bassa, tanto migliore è la schermatura del cavo.
Anche per il connettore, come per il cavo, si può introdurre il concetto di impedenza di trasferimento, definita come il rapporto fra la tensione a circuito aperto sviluppata tra i contatti interni e la struttura metallica esterna del connettore e la corrente che scorre all’esterno del connettore stesso. A differenza dei cavi, che hanno un’impedenza superficiale di tipo distribuito, nel caso dei connettori si ha un’impedenza di trasferimento di tipo concentrato.
Le normative
Per disposizione di legge, tutti i prodotti commerciali che vengono immessi sul mercato nell’Unione Europea devono avere la marcatura CE. Affinché questo sia possibile, è necessario che vengano soddisfatti i requisiti delle direttive 2006/42/CE (relativa alle macchine), 2006/95/CE (relativa al materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione) e 2004/108/CE (relativa alla compatibilità elettrica). Le prime due direttive si riferiscono alla sicurezza meccanica ed elettrica dei prodotti; la terza direttiva riguarda, invece, le caratteristiche di emissione e di suscettibilità degli apparati.
In ambito internazionale, i principali enti normatori sono: IEC (International Electrotechnical Commission), le cui norme sono emesse con le sigle CISPR (Comité International Spécial des Perturbations Radioélectriques) e IEC; CENELEC (Comité Européen de Normalisation ÉLECtrotechnique), con norme EN (European Normation); ISO (International Organization for Standardization), con norme ISO; CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano), con norme CEI 110.
Parallelamente all’ambito degli apparati di uso più comune, si sono sviluppate normative e direttive di tipo specialistico legate a particolari settori quali, per es., gli apparati elettromedicali e gli apparati per telecomunicazione. La norma IEC 60601-1-2 (Medical electrical equipment) definisce i livelli accettabili per le prove di immunità, mentre fa riferimento ad altri documenti per i livelli di emissione. Questi possono comunque non essere abbastanza restrittivi, per cui si invitano i costruttori ad adottare norme più corrispondenti alle esigenze dei loro apparati.
Nel corso dello sviluppo delle normative per scopi commerciali si è venuta a delineare una netta distinzione d’interpretazione nell’ambito stesso dell’EMC fra apparati e sistemi commerciali e apparati e sistemi professionali. I primi sono i dispositivi che vengono utilizzati nella vita di tutti i giorni da gran parte della popolazione, e comprendono elettrodomestici, radio e televisori, calcolatori, giocattoli, macchine distributrici di bevande, tassametri ecc.; i secondi, invece, sono quei dispositivi che non sono finalizzati a un utilizzo diretto, ma che vengono installati in complessi di ordine superiore, quali aerei, satelliti, navi, veicoli in genere.
Nel settore commerciale, le specifiche EMC impongono ai costruttori di soddisfare i requisiti di tutela per l’ambiente elettromagnetico. Si tratta di un’interpretazione di tipo ecologico che non ha alcun intento di migliorare le prestazioni intrinseche dell’apparato. Ne discende, quindi, che l’EMC è considerata dai costruttori solamente come un aggravio di costi senza alcun vantaggio immediato.
Nel settore professionale, invece, la situazione è completamente diversa: le specifiche EMC impongono ai costruttori di salvaguardare la corretta convivenza di dispositivi operanti nello stesso ambiente, denominato genericamente sistema. A differenza del settore commerciale, in questo caso il costruttore ne trae un beneficio immediato in quanto, integrando apparati di vari fornitori, aumenta la probabilità di costruire un sistema compatibile. A causa della diversità degli ambienti operativi le norme sono ovviamente differenti. Vi sono, quindi, norme nel campo aerospaziale, nel settore militare, nel campo automotive e così via.
Dal momento che si sta registrando una sempre maggiore integrazione tra apparati e sistemi, nei prossimi anni la tendenza delle normative EMC sicuramente si orienterà sempre più verso il profilo di tipo professionale-sistemistico.
Le prove di EMC
Le prove di EMC rappresentano il mezzo con il quale si verifica la validità di progetto di un apparato o sistema dal punto di vista dell’EMC secondo le due interpretazioni illustrate in precedenza: compatibilità ecologico-ambientale e compatibilità sistemistica. Nei due casi la strumentazione e le metodologie di prova sono le medesime; la principale differenza riguarda i livelli dei limiti da rispettare che, nel primo caso, dipendono dai massimi livelli di inquinamento ambientale accettabile, mentre, nel secondo caso, dalle caratteristiche elettromagnetiche del sistema in cui l’apparato è installato.
Le prove di EMC sugli apparati e sistemi richiedono, per la loro esecuzione, laboratori o siti appositamente attrezzati, con strutture e strumenti di misura adeguati alle metodologie di prova. A grandi linee, le prove di EMC si possono suddividere in: prove di emissione condotta, prove di emissione irradiata, prove di suscettibilità condotta, prove di suscettibilità irradiata.
Le prove di emissione condotta riguardano la misurazione dei disturbi prodotti dall’apparato in prova (EUT, Equipment Under Test) sui suoi cavi di alimentazione, di segnale e di antenna; le prove di emissione irradiata riguardano la misurazione dei disturbi irradiati dall’EUT e dai suoi cavi di segnale e di alimentazione. Le prove di suscettibilità (o immunità) condotta hanno, invece, lo scopo di verificare che taluni tipi di disturbi, iniettati intenzionalmente sui cavi di segnale e di alimentazione, non producano malfunzionamenti dell’EUT. Analogamente, per le prove di suscettibilità irradiata, l’EUT non deve manifestare comportamenti anomali quando è sottoposto a campi elettromagnetici continui e impulsivi. Un aspetto importante delle prove di EMC riguarda i luoghi dove eseguire le misurazioni: è necessario disporre di un’area schermata che consenta di soddisfare adeguatamente i requisiti di misura e di sicurezza previsti dalle normative. Esse, infatti, richiedono che le prove di emissione siano eseguite in un ambiente pulito da un punto di vista elettromagnetico, ed escludono l’utilizzo di siti all’aperto che, purtroppo, a causa dell’inquinamento elettromagnetico, cresciuto ormai a dismisura, non consentono di avere condizioni di prova accettabili.
I limiti delle emissioni elettromagnetiche irradiate sono molto inferiori ai disturbi che si riscontrano nell’ambiente esterno. D’altro canto, le specifiche di immunità richiedono di provare gli apparati con livelli di campo elettrico molto più alti di quelli ambientali; la schermatura assolve il compito di attenuare questi campi, evitando possibili interazioni dannose ai sistemi e all’uomo. Le camere schermate sono costruite con dimensioni compatibili con gli oggetti che si vogliono provare, tenendo presenti i seguenti fattori: il livello dell’interferenza ambientale e la sua occupazione di frequenza; l’intensità e le frequenze dei campi elettromagnetici generati durante le prove di immunità; le possibili sorgenti ambientali future di interferenza con valori stimati di frequenza e di intensità.
Come si è visto precedentemente a proposito degli schermi, il parametro fondamentale, quello che determina l’efficienza di schermatura, è la conducibilità elettrica dei materiali con cui sono costruiti; pertanto ogni materiale elettricamente conduttivo appare adeguato. Vengano utilizzati principalmente rame, alluminio e acciaio; quest’ultimo ha generalmente minore conducibilità elettrica degli altri metalli, ma presenta una migliore efficienza di schermatura ai campi magnetici a bassa frequenza a causa del suo elevato valore di permeabilità magnetica.
Quando si effettuano misurazioni con campi elettromagnetici irradiati all’interno di una camera schermata, le superfici interne riflettono le onde elettromagnetiche creando onde stazionarie e risonanze che rendono i risultati delle misurazioni poco attendibili e fortemente dipendenti anche dalla disposizione reciproca e dalle dimensioni dei vari oggetti all’interno della camera; in particolari condizioni, l’errore di misura può anche essere di ±20 dB. Per ridurre questo tipo di errore si fa uso di materiali che, disposti sulle pareti, sul soffitto e talvolta anche sul pavimento, diminuiscono fortemente le riflessioni e, di conseguenza, migliorano l’accuratezza dei risultati delle misurazioni. Questi materiali sono detti anecoici, in quanto riducono le riflessioni dalle superfici su cui sono disposti; essi convertono l’energia elettromagnetica che li investe in calore. Sono formati da strutture a forma piramidale costituite da materiali a base di poliuretano impregnato con un composto di carbone (perdite dielettriche) oppure da pannelli piani di ferrite (perdite magnetiche). Nelle prove di emissione irradiata, è previsto che il piano del pavimento sia perfettamente riflettente: in questo caso si parla di camera semianecoica. Per le prove di immunità irradiata, invece, la camera dev’essere completamente anecoica, in modo da garantire l’uniformità di campo nella zona di prova.
Nel corso delle prove di EMC la necessità di dover cambiare configurazione da camera anecoica a semianecoica, quando si passa dalle prove di emissione a quelle irradiate, ha pesanti implicazioni pratiche di tempi e costi; per questo motivo, in campo normativo si sta facendo strada la soluzione di usare una camera completamente anecoica (FAR, Fully Anechoic Room) sia per le prove di emissione sia per quelle di immunità. Per quanto riguarda le prove di immunità, si richiede che sia garantita l’uniformità di campo nella zona di prova; per fare ciò è necessario che la camera sia completamente anecoica.
I disturbi interferenti possono avere caratteristiche molto varie; la loro misurazione non rappresenta, quindi, un problema di facile soluzione. Nell’ambito della teoria statistica dei segnali, è utile il teorema della decomposizione di Wold, il quale stabilisce che un qualsiasi segnale di tipo stazionario o stazionario periodico (ciclostazionario) si può rappresentare come la somma di segnali deterministici e di segnali casuali. In funzione della frequenza, i primi hanno uno spettro a righe discrete, mentre i secondi ne hanno uno continuo: ciò è quanto si può constatare esaminando lo spettro di un segnale digitale in cui le righe discrete corrispondono alla frequenza di clock, mentre lo spettro continuo corrisponde all’informazione vera e propria. Ne consegue, pertanto, una diversa dipendenza dalla larghezza di banda. Il segnale deterministico fornisce una misura proporzionale alla larghezza di banda, corrispondente al numero di righe spettrali che entrano nella banda passante a frequenza intermedia del ricevitore, mentre il segnale casuale dà un risultato proporzionale alla radice quadrata della larghezza di banda, in quanto per il rumore è la potenza che è proporzionale alla larghezza di banda.
Il problema della distinzione dei tipi di segnale misurati ha dato luogo a un vivace dibattito nella comunità degli esperti di EMC. Le misure in dBuV, facenti riferimento alle normative CISPR per il settore commerciale, considerano che le interferenze siano prevalentemente di tipo deterministico; nel campo professionale di tipo sistemistico, si distinguono le misure in banda stretta (dBuV) per il segnale deterministico a righe spettrali distinte e in banda larga (dBuV/MHz) per il segnale a spettro continuo. Quando si è in presenza di solo rumore, le misure si esprimono in dBuV/√Hz in quanto, come si è detto, il segnale è proporzionale alla radice quadrata della larghezza di banda.
Oltre ai ricevitori selettivi si usano, soprattutto nelle misure protezionistiche ambientali, anche i ricevitori a larga banda, i quali forniscono solo l’ampiezza del segnale misurato, senza dare l’informazione di frequenza, che dev’essere ricavata dalle caratteristiche dell’unità in prova. Sono costituiti da sensori di piccole dimensioni, isotropici, con risposta costante su estesi campi di frequenza. La loro sensibilità non è confrontabile con quella dei ricevitori selettivi, in quanto il loro scopo è quello di misurare campi elettrici e magnetici di alta intensità.
Le misurazioni nel dominio del tempo sono eseguite mediante oscilloscopi che forniscono l’andamento del segnale misurato in funzione del tempo; a causa della loro ampia larghezza di banda hanno una bassa sensibilità e quindi servono per misurare segnali di ampiezza elevata. La tecnologia degli oscilloscopi ha fatto progressi notevolissimi: sono oggi disponibili strumenti di tipo sampling ad ampia larghezza di banda (sino a 50 GHz) con molti canali di misura analogici e digitali, che incorporano calcolatori portatili in grado di eseguire tutti i tipi di operazioni matematiche sui dati dei segnali rilevati.
La principale differenza fra le prove di emissione e quelle di suscettibilità è relativa alla definizione dei limiti delle prove. Nel primo caso, essi riguardano il livello del segnale emesso dall’EUT; nel secondo caso, invece, definiscono i livelli dei segnali generati in funzione della frequenza, e quindi non dipendono direttamente dalle caratteristiche dell’EUT. Il risultato delle prove di immunità è determinato dalla verifica dei criteri di suscettibilità.
Nelle normative commerciali, essi sono legati alla degradazione delle prestazioni dell’apparato in prova, secondo un criterio di progressività che comprende vari gradi di inefficienza: a) nessuna degradazione, l’EUT risulta conforme alle sue specifiche di progetto; b) degradazione rilevabile, l’EUT presenta lievi segni di suscettibilità; non è necessario l’intervento dell’operatore per ristabilire l’efficienza dell’EUT; la degradazione sparisce quando il segnale di suscettibilità viene rimosso; c) degradazione rilevante, l’EUT non è in grado di fornire una prestazione accettabile senza l’intervento dell’operatore; d) guasto, l’EUT non è in grado di riprendere la sua piena capacità di operare in maniera corretta; rappresenta la situazione di maggior criticità.
Come si vede da queste definizioni, il concetto di suscettibilità è puramente qualitativo e molto insoddisfacente, in quanto è lasciato al giudizio soggettivo dell’operatore che esegue la prova. In ambito internazionale, sono in corso studi per migliorare questo aspetto carente nelle normative.
Conclusioni
L’EMC è una disciplina in continua evoluzione, che si sviluppa di pari passo con il progredire della scienza e della tecnologia. Ogni giorno, dai laboratori di ricerca delle ditte costruttrici di componenti elettronici, sono prodotti dispositivi con dimensioni sempre più piccole (attualmente inferiori a qualche decina di nanometri) e con prestazioni sempre migliori in termini di velocità di elaborazione dei segnali (a oggi superiori a 1 Gbit/s). L’IBM ha sviluppato un calcolatore in grado di eseguire 1 milione di miliardi di operazioni al secondo, mentre negli Stati Uniti è stato messo a punto un singolo componente in grado di svolgere tutte le funzioni di un televisore con la possibilità di essere programmato per qualsiasi standard di trasmissione. La miniaturizzazione dei componenti elettronici porta come conseguenza il peggioramento dell’immunità, mentre l’aumento della velocità di elaborazione determina un maggior livello di emissione di segnali interferenti. Si può quindi prevedere che, in futuro, l’EMC assumerà sempre maggior importanza, diventando una disciplina non soltanto ecologico-ambientale, com’è oggi nelle applicazioni civili, ma anche prettamente prestazionale, com’è già oggi nel campo dell’elettronica professionale.
Grazie al continuo miglioramento delle tecniche di elaborazione dei segnali, gli stessi metodi correttivi subiranno radicali cambiamenti: non si useranno più filtri e schermi di tipo passivo e quindi non facilmente modificabili, ma si giungerà a impiegare filtri e schermi attivi in grado di adattarsi all’evoluzione dell’ambiente elettromagnetico circostante.
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Si vedano inoltre i numeri della rivista «IEEE transactions on electromagnetic compatibility», dal 2000.