compensare [compense, in rima, II singol. pres. cong.]
Questo verbo compare in Pd XXVI 6 Intanto che tu ti risense / de la vista che haï in me consunta, / ben è che ragionando la compense. Il primo commentatore a fermarsi con una certa attenzione su compense è il Buti: " la compense: cioè la sconti, cioè che per la vista corporale che ài perduta, acquisti la vista intellettuale ". S. Giovanni, infatti, invita D. a c. " il difetto sensibile con l'esercizio della ragione [della vista intellettuale] " (Sapegno). Il confronto con l'uso dantesco del sostantivo ‛ compenso ' (cfr. specialmente Pd IX 19) permette di individuare, nel verbo, un significato più profondo, morale, per cui c. vale quasi " risarcire " (anche da un punto di vista giuridico): di questa sfumatura sembra accorgersi, meglio di altri, il Pietrobono: " non puoi far uso della vista corporea? Ebbene usa la parte migliore di te, la luce intellettuale che non è spenta ". Strana, infine, l'interpretazione dello Steiner, per il quale il ‛ compenso ' alla perdita della vista dovrebbe essere l'udito: " se non puoi fruire della vista, fruisci dell'orecchio ".