predicativo, complemento
La grammatica tradizionale chiama complementi predicativi quei costituenti (aggettivi o sintagmi nominali) del ➔ sintagma verbale che servono a «determinare e completare il significato del verbo» (Serianni 19912: 95), riferendosi a un altro sintagma nominale (o pronome) che nella frase ha funzione di ➔ soggetto o di ➔ oggetto diretto. Il sintagma verbale di cui fanno parte è per lo più costituito da verbi copulativi (1) (➔ copulativi, verbi), psicologici (2) (➔ psicologici, verbi), di percezione (3) (➔ percezione, verbi di), appellativi, e da ➔ verba dicendi (4):
(1) Marco sembra stanco
(2) tutti reputano Marco un buono a nulla
(3) sento tuo fratello molto amico
(4) mi dichiaro estraneo a questo imbroglio
A rigore, si possono considerare come complementi predicativi anche gli elementi aggettivali o nominali che fanno parte della ➔ copula, chiamati solitamente nomi del predicato (➔ predicato, tipi di):
(5) Marco è stanco
I complementi predicativi sono sintatticamente autonomi dal nome cui si riferiscono: non appartenendo al sintagma nominale, possono, infatti, indipendentemente dal nome, esser sottoposti a processi sintattici come la pronominalizzazione (6) o la dislocazione (7) (➔ dislocazioni):
(6) tutti reputano Marco un buono a nulla → tutti lo reputano un buono a nulla
(7) Marco sembra stanco → stanco, Marco lo sembra
In italiano gli ➔ aggettivi predicativi si differenziano da quelli attributivi per la diversa posizione: gli aggettivi predicativi seguono il nome, mentre quelli con funzione di ➔ attributo possono comparire, con differenti valori, sia prima sia dopo il nome (comunque sempre all’interno del sintagma nominale):
(8) ho trovato la tua bella cugina [= «ho trovato la cugina che è bella»]
(9) ho trovato tua cugina bella [= «tua cugina mi è sembrata bella»]
In grammatica generativa i complementi predicativi sono generalmente trattati come ‘frasi ridotte’ (small clauses «piccole frasi»): deriverebbero infatti dalla riduzione di una frase intera (ritengono Marco un incapace ← ritengono che Marco sia un incapace). La funzione di tali elementi può essere avvicinata anche a quella di altri predicati non verbali, come le apposizioni (➔ apposizione), le frasi nominali e le frasi completive (➔ completive, frasi), rispetto alle quali tuttavia si contraddistinguono per il legame di dipendenza rispetto al verbo.
Come si è detto, possono operare come complemento predicativo sintagmi nominali, aggettivi e participi aggettivali. In alcuni casi una funzione affine a quella del complemento predicativo può essere realizzata da sintagmi preposizionali. Se costituiti da nomi, i complementi predicativi sono senza ➔ articolo, o con articolo indeterminativo, se esprimono una proprietà a proposito del referente (10) o se servono a includerlo in una classe (11):
(10) lo credevo medico
(11) lo credevo un medico
Coi verbi copulativi il complemento predicativo può avere funzione identificativa (indicare cioè identità tra due referenti); in tal caso è accompagnato dall’articolo determinativo:
(12) quel tizio sembra il mio vicino di casa
Gli elementi predicativi sono classificati a seconda della funzione svolta dal sintagma nominale cui si riferiscono: si è soliti distinguere allora tra complemento predicativo del soggetto e complemento predicativo dell’oggetto. I sintagmi dotati di altre funzioni (dativo o oggetto indiretto) non accettano la presenza di un complemento predicativo.
Occorre inoltre distinguere tra i complementi predicativi che sono necessariamente richiesti dal verbo e quelli facoltativi. I due tipi svolgono differenti funzioni: i complementi predicativi obbligatori realizzano infatti una predicazione primaria e rientrano tra gli argomenti del verbo; i complementi accessori, invece, attuano una predicazione secondaria, sommando il loro contenuto predicativo a quello espresso dal verbo (Salvi 1981; 1991).
Alcuni verbi, come i verbi copulativi (sembrare, parere, diventare, ecc.), i verbi psicologici (credere, ritenere, giudicare, reputare) e i verbi causativi (fare, rendere, lasciare) devono essere accompagnati da un complemento predicativo, se non si vuole che la frase risulti agrammaticale:
(13) Marco sembra stanco → *Marco sembra
(14) tutti lo ritengono un incapace → *tutti lo ritengono
In altri casi l’assenza del complemento predicativo conduce a una diversa interpretazione semantica del verbo:
(15) ho trovato Marco molto dimagrito [= «Marco mi è sembrato molto dimagrito»] ~ ho trovato Marco [= «mi sono imbattuto in Marco»]
(16) mi hai reso la vita impossibile [= «hai fatto diventare la mia vita impossibile»] ~ mi hai reso la vita [= «mi hai ridato la vita»]
Sono riferiti al soggetto i complementi predicativi retti dai verbi copulativi, come parere, sembrare, risultare, diventare, divenire, restare e rimanere:
(17) Anna sembra arrabbiata
(18) Laura è diventata grande
Reggono obbligatoriamente un complemento predicativo del soggetto alcuni verbi che formano espressioni idiomatiche (➔ modi di dire). Se seguiti da un complemento predicativo essi hanno un significato diverso rispetto al loro impiego libero: ad es., il verbo tornare accompagnato dagli aggettivi utile o vantaggioso non vuol dire «dirigersi di nuovo verso il luogo dal quale si era partiti» ma piuttosto «rivelarsi utile / vantaggioso». Espressioni analoghe sono riuscire nuovo, riuscire strano, giungere inatteso:
(19) chi l’avrebbe mai detto che sarebbe tornato utile il consiglio di quel paranoico di Piquet: «distruggi l’hard disk» (Sandro Veronesi 2005: 138)
Infine, hanno il complemento predicativo del soggetto anche i verbi psicologici e causativi costruiti al passivo (➔ passiva, costruzione):
(20) Luca è considerato un bravo medico
(21) la scuola è stata resa inagibile dall’inondazione
Nella costruzione attiva questa classe di verbi ha il complemento predicativo dell’oggetto.
I complementi predicativi del soggetto con verbi copulativi sono pronominalizzabili col clitico lo invariabile (➔ clitici):
(22) le tue bambine sembrano molto giudiziose → le tue bambine lo sembrano
e, soprattutto nello scritto e nelle varietà più formali, con tale:
(23) La memoria dei grandi avvenimenti, o di quelli che sembrano tali, è così breve! (Carlo Levi 1974: 65)
La pronominalizzazione mediante lo e la ripresa con tale non sono possibili negli altri casi:
(24) quanto dici tornerà utile a tutti
a. *quanto dici lo tornerà a tutti
b. *quanto dici tornerà tale a tutti
Il complemento predicativo si riferisce all’oggetto diretto in dipendenza:
(a) da verbi psicologici (come credere, considerare, giudicare, reputare, ritenere, supporre, sapere):
(25) tutti credono Luigi colpevole
(26) lo sapevo uscito di prigione
(b) da verbi riflessivi (➔ riflessivi, verbi), come dimostrarsi, fingersi, rivelarsi, confessarsi:
(27) si è rivelato più onesto di quanto mi aspettassi
(c) da verbi causativi (lasciare, rendere, fare):
(28) hanno reso innocuo l’orso iniettandogli un anestetico
(29) i tuoi discorsi mi lasciano esterrefatta
(d) dai cosiddetti verbi elettivi (eleggere, nominare, designare, promuovere, investire, proclamare) o appellativi (denominare, chiamare, soprannominare); i verbi elettivi possono ricorrere anche senza il complemento predicativo, mantenendo lo stesso significato: tuttavia (come evidenzia Salvi 1981: 321), in questi casi l’elemento predicativo è sottinteso, ma comunque presente a livello semantico e cognitivo (se eleggo qualcuno, gli conferisco necessariamente una certa carica).
Un tipo particolare di predicativo dell’oggetto obbligatorio è rappresentato dagli aggettivi che seguono i verbi procomplementari (➔ pronominali, verbi), cioè quei verbi che incorporano un oggetto diretto clitico femminile (per lo più singolare) come farla grossa, scamparla bella, dirla grossa. Si tratta di espressioni idiomatiche: infatti la sequenza verbo + clitico + complemento predicativo assume un significato complessivo diverso dalla somma dei significati delle singole componenti.
A differenza dei complementi predicativi del soggetto, i complementi predicativi dell’oggetto non sono pronominalizzabili con lo; è possibile dunque una ripresa anaforica soltanto mediante l’aggettivo tale:
(30) non ritengo Marco una persona gentile → non ritengo Marco tale
Una restrizione nell’uso di tale sussiste con participi aggettivali:
(31) li pensavo usciti di prigione → *li pensavo tali
Neanche i verbi elettivi ammettono la ripresa anaforica del complemento predicativo dell’oggetto:
(32) hanno eletto Marco presidente → *hanno eletto Marco tale
In combinazione con un ristretto gruppo di verbi, anche i sintagmi preposizionali possono comportarsi come complementi predicativi. I verbi passare, valere, fungere, servire, fare seguiti da alcune preposizioni danno così luogo a una specifica classe di verbi con preposizione, che comportano una predicazione rispetto al soggetto: tali verbi sono passare per, valere da, fungere da, servire da, fare da, ecc.:
(33) nei salotti palermitani passava per una specialista dell’architettura dei castelli francesi della Loira (Tomasi di Lampedusa 1958: 315)
(34) Rende giustizia alle donne italiane la sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato in parte la legge sulla fecondazione assistita. Ma la pronuncia può servire da monito generale («La Repubblica» 2 aprile 2009)
Formulari sono le espressioni di sani principi, di grande peso, di una certa importanza (e sequenze affini costituite da preposizione + aggettivo + nome), che compaiono dopo verbi psicologici: lo giudico di sani principi.
A differenza dei complementi predicativi costruiti direttamente, quelli con preposizione non sono però pronominalizzabili:
(35) passa per un bravo studente → ?lo passa → ?ci passa
(36) sembri fra le nuvole → ?lo sembri → ?vi sembri
Tali formulazioni ‘erronee’ possono però ricorrere nei registri più bassi.
I complementi predicativi facoltativi funzionano come aggiunte avverbiali, che esprimono una condizione concomitante rispetto a quella veicolata dal predicato verbale. Tali complementi attuano una predicazione secondaria, che viene a sommarsi a quella espressa dal verbo. Le frasi in (37) e (38):
(37) vissero felici e contenti
(38) il caffè, lo beve caldo
risultano dalla somma di due predicazioni vive + è felice / beve il caffè + il caffè è caldo. Il valore concomitante del complemento predicato è piuttosto chiaro: i due stati di cose si producono nello stesso momento.
Dal punto di vista semantico, i complementi predicativi facoltativi indicano qualità o stati temporanei del referente. Se si scelgono aggettivi o nomi indicanti proprietà intrinseche o permanenti, il risultato non sembra accettabile:
(39) *vissero intelligenti
(40) ?il caffè, lo beve buono
Dai complementi predicativi veri e propri sono da tenere distinti:
(a) i complementi che ricorrono in posizione separata rispetto al nucleo della frase:
(41) come insegnante, non posso approvare la tua condotta
(42) un tempo alta e snella, Maria ora si è ingrassata
(b) le apposizioni (➔ apposizione), che, pur svolgendo una funzione predicativa rispetto al nome cui sono riferite, non appartengono al sintagma verbale ma a quello nominale:
(43) Carla, la madre di Laura, vive a Firenze
Anche i complementi predicativi facoltativi possono esser distinti in base alla funzione sintattica svolta dall’elemento nominale cui rinviano. Se riferiti al soggetto, i complementi predicativi facoltativi sono introdotti per lo più da verbi inaccusativi (➔ inaccusativi, verbi), cioè da verbi intransitivi che hanno nei ➔ tempi composti l’ausiliare essere e che esprimono cambiamenti di stato o di posizione del soggetto (Jezek 2005: 108), come tornare, rientrare, arrivare, partire, nascere, crescere, ecc.:
(44) Mario è tornato stanco dal lavoro
(45) il bambino è nato sano
(46) è morto tranquillo
Invece, reggono facoltativamente un complemento predicativo dell’oggetto varie classi di verbi, fra i quali i verbi di percezione (vedere, sentire, udire) e altri verbi come trovare (questa volta nel significato di «imbattersi»), prendere, scegliere, mangiare:
(47) vedo Maria stanca
(48) ho trovato il gatto raggomitolato sul letto
(49) me lo immagino simpatico
In dipendenza da tali gruppi di verbi è possibile trovare anche complementi predicativi in forma di frase (➔ infinitive, frasi; ➔ relative, frasi):
(50) vedo Maria fumare sul balcone → vedo Maria che fuma sul balcone
Un caso particolare è rappresentato dalle strutture a predicazione secondaria in cui ricorre il verbo avere e un oggetto diretto che individua una parte del corpo del soggetto:
(51)
a. Giulio ha gli occhi lucidi
b. ho la testa che mi duole
Costrutti di questo tipo sono impiegati per esprimere stati temporanei (ha la schiena che gli fa male). L’omissione del complemento predicativo dà un risultato poco accettabile; il che farebbe pensare che avere richieda obbligatoriamente un complemento predicativo. Tuttavia l’inaccettabilità della frase ha la schiena pertiene al livello pragmatico più che a quello grammaticale, ed è dovuta in particolare alla povertà informativa di tale formulazione.
Da non confondere con i predicativi dell’oggetto facoltativi sono le costruzioni con verbi transitivi o intransitivi accompagnati da un aggettivo invariabile (maschile singolare) come pagare caro, dormire sodo, vestire elegante, votare socialista (Migliorini 1952). La funzione di tali aggettivi è avverbiale, come dimostra la loro invariabilità morfologica. In presenza di un oggetto espresso possono tuttavia sorgere delle difficoltà di classificazione. Il costituente caro nella frase:
(52) ho pagato caro il mio errore
può essere inteso sia come aggettivo avverbiale («ho pagato duramente l’errore»), sia come predicativo dell’oggetto («ho pagato il mio errore caro»).
Sono numerosi i verbi che possono comparire con un predicativo dell’oggetto introdotto da preposizione: dare, ricevere, chiedere, offrire richiedono la preposizione in (dare qualcuno in moglie, ricevere qualcosa in regalo); accettare richiede per (accettare qualcosa per buono); accogliere, conservare, prendere, tenere, assumere reggono predicativi introdotti da come (conservare qualcosa come una reliquia, assumere qualcuno come apprendista). Tali strutture sintattiche funzionano talvolta come perifrasi in alternativa a predicati più specifici (dare qualcosa in dono = donare).
Un tipo particolare di complemento predicativo facoltativo compare nei costrutti assoluti introdotti da con (➔ assolute, strutture):
(53) con Luca come allenatore [anche: con Luca allenatore] la squadra arriverà in finale
(54) Laura è molto elegante con i capelli acconciati in uno chignon
Il costrutto con + sintagma nominale + complemento predicativo è un elemento extranucleare, che in base al cotesto frasale (➔ contesto) assume diverse sfumature semantiche (causale, modale o temporale). Il complemento predicativo può consistere anche in una relativa (De Roberto 2009):
(55) l’ultima occasione del primo tempo è per l’Alghero, con Rassu che fa partire un potente sinistro («L’Unione sarda» 27 febbraio 2006)
Nei testi letterari tali costrutti si presentano anche senza preposizione:
(56) lei disse – aspetterò – e sedette sull’orlo della sedia, le mani che facevano venire il nervoso a guardargliele (Leonardo Sciascia 1961: 16).
I complementi predicativi si collocano normalmente dopo il verbo. Qualora si riferiscano a un oggetto possono precedere o seguire il nome:
(57) hanno eletto presidente Marco
(58) hanno eletto Marco presidente
I complementi predicativi possono essere dislocati a sinistra (➔ dislocazioni); non sempre però la ripresa pronominale è ammessa:
(59) gentile, Carlo non lo sembra affatto → Carlo non sembra affatto gentile
(60) del tutto nuovo, quel nome non mi torna → *del tutto nuovo, quel nome non me lo torna
Non si ricorre al clitico nella dislocazione del complemento predicativo dell’oggetto:
(61) *stupido, lo riteniamo Marco
(62) *stanca stanca, la vedo Maria
La focalizzazione (➔ focalizzazioni) mediante frase scissa (➔ scisse, frasi) è in linea di principio possibile, ma l’accettabilità varia molto a seconda del verbo reggente:
(63) è tesoriere che lo hanno eletto
(64) ?è gentile che sembra
(65) ?è un buono a nulla che tutti lo considerano.
L’➔italiano antico presenta varie differenze rispetto alla lingua di oggi. Innanzitutto il numero di verbi che ammettono la presenza di un predicativo (con o senza preposizione) era maggiore, contenendo anche verbi come dire, avere (nel senso di «considerare») o tenere (Salvi 2010):
(66) Guai a coloro che dicono il dolce amaro o l’amaro dolce (Giovanni dalle Celle & Luigi Marsili 1991: 400)
(67) non per danari il facea, ma perché il marchese Palavisino avea rimesso in Cremona, il quale tenea per suo nemico (Dino Compagni 2000: 133)
La costruzione predicativa di dire, possibile oggi nei registri elevati, è da collegarsi alla maggiore frequenza in italiano antico dell’➔accusativo con l’infinito: dicono il dolce essere amaro.
Anche in italiano antico i complementi predicativi tendono a seguire il verbo; sono tuttavia molto frequenti i casi di focalizzazione in posizione preverbale:
(68) per morto il lasciaro (Fiori e vita di filosafi, 1979: 118)
In italiano antico è più estesa la gamma di categorie grammaticali che possono ricorrere come complemento predicativo. In dipendenza da verbi di percezione o di contatto è possibile trovare, oltre alle relative (➔ relative, frasi), anche:
(a) il participio presente:
(69) Febo insuperbito per lo serpente ch’egli avea vinto, nuovamente vide costui piegante l’arco con aperta corda, e dissegli […] (Arrigo Simintendi 1969: 519)
(b) il gerundio, che nell’italiano d’oggi ricorre con tale funzione in alcuni dialetti, come il sardo (appu biu sorri mia currendi «ho visto mia sorella che correva»; ➔ sardi, dialetti) o in altre lingue romanze come lo spagnolo (➔ lingue romanze e italiano):
(70) e al palagio giunte a assai buona ora, ancora quivi trovarono i giovani giucando (Boccaccio, Dec. VI, 33).
Boccaccio, Giovanni (19964), Decameron, a cura di V. Branca, Torino, Einaudi, 2 voll.
Celle, Giovanni dalle & Marsili, Luigi (1991), Lettere, a cura F. Giambonini, Firenze, Olschki, 2 voll., vol. 1º.
Compagni, Dino (2000), Cronica, edizione critica a cura di D. Cappi, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo.
Fiori e vita di filosafi e d’altri savi e d’imperadori. Edizione critica (1979), a cura di A. D’Agostino, La Nuova Italia, Firenze.
Levi, Carlo (1974), L’orologio, Torino, Einaudi.
Sciascia, Leonardo (1961), Il giorno della civetta, Torino, Einaudi.
Simintendi, Arrigo (1969), Metamorfosi, in Volgarizzamenti del Due e Trecento, a cura di C. Segre, Milano - Napoli, Ricciardi, pp. 519-540.
Tomasi di Lampedusa, Giuseppe (1958), Il Gattopardo, Milano, Feltrinelli.
Veronesi, Sandro (2005), Caos calmo, Milano, Bompiani.
De Roberto, Elisa (2009), Con + N + relativa: una costruzione assoluta aumentata?, «La lingua italiana. Storia, strutture, testi» 5, pp. 115-145.
Jezek, Elisabetta (2005), Lessico. Classi di parole, strutture, combinazioni, Bologna, il Mulino.
Migliorini, Bruno (1952), Il tipo sintattico “votate socialista”, «Lingua nostra» 13, 4, pp. 113-118.
Salvi, Giampaolo (1981), Complementi predicativi, «Studi di grammatica italiana» 10, pp. 313-349.
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Salvi, Giampaolo (2010), Costruzioni predicative con predicati non-verbali, in Grammatica dell’italiano antico, a cura di Id. & L. Renzi, Bologna, il Mulino, 2 voll., vol. 1º, pp. 191-239.
Serianni, Luca (19912), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET (1a ed. 1988).