COMPLESSITÀ SOCIALE
Il concetto di c. s. riveste un'ambiguità intrinseca giacché viene usato per riferirsi, talora partitamente ma a volte in modo congiunto, a molteplici referenti, quali: il grado di interdipendenza oggettivamente osservabile tra membri o componenti strutturali di una società; la varietà e variabilità dei mutamenti di stato d'una società; la difficoltà che un attore-osservatore incontra volendo costruirsi un modello efficace, in vista di determinati scopi, di una data società, o per rendere una descrizione attendibile di parti di essa; la difficoltà che un centro di potere incontra nel governare una società.
Può quindi accadere che una società sia giudicata complessa da un medesimo o da diversi attori sociali, perché possiede certe proprietà intrinseche di struttura o di funzionamento, oppure perché l'attore avverte dinanzi a essa i propri limiti cognitivi, o quelli del proprio potere; o anche per tutte queste ragioni insieme.
La complessità sociale come proprietà strutturale di una società. - Quando siano specificati: a) un paradigma di osservazione, in base al quale una società umana viene categorizzata come organismo, meccanismo, processo, aggregato, sistema, o altro; b) un livello di descrizione; c) una condizione di confinabilità della società stessa rispetto all'ambiente: la c. strutturale d'una società risulta essere una funzione di: x numero e varietà dei componenti della società osservata (individui, ruoli sociali, gruppi, associazioni, sotto-sistemi analitici e concreti dei sistemi sociali di base, ecc.); y numero e varietà delle relazioni di scambio informazionale, materiale e simbolico tra i componenti della società come sopra definiti; z numero e varietà delle relazioni di scambio tra gli stessi componenti e l'ambiente. Quanto più le variabili x, y e z assumono valori elevati, tanto più numerose ed estese, con andamento tendenzialmente esponenziale, divengono le descrizioni che di una società, osservata a un dato livello, è possibile rendere e comprendere. Da questo punto di vista c. s. è sinonimo di onere, difficoltà e possibilità di errore nel tentativo di descrivere una società, fermo restando il livello di riferimento.
In ogni società umana numero e varietà delle relazioni interne ed esterne crescono con la differenziazione dei ruoli, la divisione sociale e tecnica del lavoro, il tasso di associazionismo, il grado di sviluppo economico e politico, lo sviluppo della tecnologia, la proliferazione dei canali e dei sistemi di comunicazione. Perciò la c. s. non presenta mai un punto zero. A tempo costante, la società A sarà detta più complessa della società B se, e soltanto se, il numero e la varietà dei suoi componenti, delle sue relazioni interne e delle sue relazioni con l'ambiente appaiono eccedere, a causa dei suddetti fattori, quelli corrispondenti della società B. Del pari, lungo l'asse del tempo, la società A osservata al tempo t1 sarà giudicata più complessa di quanto non fosse al tempo t0 se, e soltanto se, il numero e la varietà dei suddetti elementi osservabili al tempo t1 risultino eccedere quelli osservati al tempo t0, fermo restando il livello di descrizione.
Su queste basi è corretto asserire che le società contemporanee sono in genere più complesse di quelle del passato; che le società industriali avanzate sono più complesse di quelle meno industrializzate; e che il sistema-mondo presenta oggi una c. molto più elevata che non nel passato, anche recente. Alla elevatissima c. s. del mondo contemporaneo ci si riferisce spesso con il termine di globalizzazione. Esso sottolinea il fatto che la fittissima rete di relazioni sociali, politiche, economiche, culturali attraversante le frontiere di tutti i paesi del mondo condiziona in modo decisivo il destino degli individui residenti in ciascuno di essi (A. Giddens, E. Lazlo).
Concausa primaria del processo di globalizzazione sono le tecnologie dell'informazione, nelle quali si accoppiano in modo onnipervasivo e autoalimentantesi sistemi computerizzati e reti di comunicazione, sì da configurare ormai un eco-computer planetario (G. Simons).
La complessità come proprietà dei mutamenti di stato d'una società. - Se si applica all'analisi d'una società il paradigma sistemico, si possono definire i suoi mutamenti come una serie di stati di altrettante sezioni spazio-temporali del sistema. La transizione da uno stato all'altro viene descritta da proposizioni o leggi, rappresentabili con vari tipi di linguaggio.
Si dirà pertanto che un sistema sociale è tanto più complesso quanto più numerosi e variati sono gli stati che esso attraversa prima che si ripresenti il medesimo stato, e quanto meno è probabile che la medesima proposizione utilizzata per prevedere con successo il suo passaggio dallo stato i-esimo allo stato j-esimo riesca a prevedere quale sarà lo stato successivo a quello i-esimo quando questo si ripresenti. In questo caso si tratterà di transizioni caotiche, così dette perché in esse fattori minimi, virtualmente inosservabili, producono improvvisamente grandi salti di stato.
In tal senso possono definirsi complessi sia piccoli gruppi, sia una folla o un sistema politico o una società, allorché manifestano all'improvviso comportamenti collettivi i quali sembrano apparentemente irrelati, per la loro drammatica entità, agli eventi che li hanno preceduti.
La complessità sociale come riconoscimento d'un deficit di competenza cognitiva. - Nessun aggregato sociale, per quanto semplice, è riducibile a un unico livello di descrizione. Pertanto un attore-osservatore può giudicare complessa una società non solo perché questa è, al caso, oggettivamente complessa, ma anche perché egli avverte comunque, non necessariamente in modo consapevole, che i livelli di descrizione e i paradigmi d'osservazione applicabili a essa sono moltiplicabili quasi all'infinito. Con ciò stesso l'osservatore riconosce che non arriverà mai a possedere, di quella società, una conoscenza almeno approssimativamente completa.
Benché sia di frequente influenzato dal grado di c. oggettiva, strutturale o dinamica, della società osservata, simile stato dell'osservatore non dipende direttamente da codesto grado. In effetti un giudizio di c. può venire emesso in condizioni d'osservazione assai differenti: sia perché la varietà delle descrizioni oggettivamente possibili supera la capacità di qualsiasi osservatore, come avviene di regola quando il sistema osservato sia una società intera; sia per il fatto che la capacità cognitiva dell'osservatore presenta davvero limiti ristretti, non consentendogli nemmeno di completare la descrizione o le osservazioni su una società attinenti a un singolo livello o sezione di essa, che pure sono rilevanti per i suoi scopi; sia, infine, perché un eventuale accrescimento della competenza cognitiva dell'osservatore, facendogli apparire la società osservata più complessa di prima, rende maggiormente evidente agli occhi di questo l'impossibilità di una descrizione esaustiva.
Un attore-osservatore opera una riduzione di c. quando rinuncia deliberatamente a descrivere una data società in modo esaustivo per concentrarsi su uno o su pochi livelli di descrizione della medesima, oppure su un sotto-insieme che, data la sua competenza cognitiva, giudica possibile affrontare. Una riduzione analoga può venire forzata da un altro attore capace di imporre al primo di agire in tal modo.
La complessità sociale come riconoscimento d'un deficit di potere. - Ogni tipo di attore individuale o collettivo che sia anche centro di potere − come un individuo in posizione d'autorità, un gruppo dirigente, un governo − tende a giudicare complessa una società, si tratti di una organizzazione, d'un sistema urbano o di una società intera, allorché constata che essa appare reagire in modo imprevedibile o incontrollabile ai suoi tentativi di governarla. Il rapporto in questo caso è tra la varietà delle azioni, che il centro di potere è materialmente capace di intraprendere al fine d'imporre la propria volontà di governo, e la varietà delle azioni che la società compie, o appare in condizioni di compiere, sia in riferimento a dette mosse che indipendentemente da queste. Quanto più è sfavorevole il rapporto tra la varietà delle azioni proprie e quelle della società che vorrebbe governare, tanto più elevata sarà la c. s. che il centro di potere considerato propende ad attribuire a essa (L. Gallino).
Complessità sociale e indicatori di modernità. - Le società industriali avanzate, epitome della modernità, sono in genere definite società complesse. A causa di tale congiunzione, una elevata c. s. ha finito per essere assunta di per sé come un efficace indicatore di modernità. Tale definizione è inoppugnabile solo per quanto attiene alla c. strutturale di tali società, e alla c. come eventuale deficit cognitivo degli attori che ne fanno parte. In esse, di fatto, la differenziazione funzionale e strutturale, quale si esprime nella varietà tipologica delle organizzazioni produttive, amministrative e culturali, nonché nel numero delle differenti professioni, è elevatissima, così come altissima è la loro interdipendenza attraverso il sistema-mondo. Ne deriva un reticolo di relazioni trans-societario fra individui, gruppi, associazioni e sottosistemi estremamente fitto ed esteso, che sfida ogni capacità di descrizione, anche da parte delle scienze sociali.
Il rapporto c. s.-modernità non è invece così simmetrico per quanto attiene alla c. dinamica e alla c. come giudizio di ingovernabilità. Società meno avanzate e moderne rispetto allo standard delle società industriali, come quelle dell'Est europeo, hanno mostrato sul finire del 20° secolo una c. dinamica eccezionalmente alta, apportando una serie di mutamenti radicali quanto imprevisti − vere e proprie transizioni caotiche − alle loro fondamentali strutture politiche ed economiche.
Quanto al giudizio che afferma essere le società industriali avanzate ingovernabili perché troppo socialmente complesse, esso riflette piuttosto la scoperta della crescente irrilevanza del potere politico nel controllare le direzioni di sviluppo di una società, all'epoca della globalizzazione planetaria dei rapporti sociali e delle reti di comunicazione. Una società strutturalmente complessa contiene infatti un grande potenziale di auto-organizzazione; al tempo stesso la erosione dei suoi confini sistemici, coestensiva con la globalizzazione della vita sociale, rende necessario proprio lo sfruttamento di tale potenziale di auto-organizzazione a fini di governo. Ciò perché nessun centro di controllo possiede più la capacità cognitiva necessaria per fronteggiare il carico di informazioni propriocettive ed eterocettive che le varie regioni del sistema incessantemente trasmettono. Un potere politico che per tali ragioni veda scemare le proprie capacità di controllo imputa quindi alla c. s. della società, che vorrebbe continuare a governare, quel che di fatto è il segno della sua posizione declinante, perché pre-moderna, in una società strutturalmente complessa.
Bibl.: N. Luhmann, Macht, Stoccarda 1975 (trad. it., Potere e complessità sociale, Milano 1979); J. Lesourne, Les systèmes du destin, Parigi 1976; J. G. Miller, The society e The supranational system, capp. 11 e 12 in Living systems, New York 1978, pp. 747-1024; G. F. Lanzara, L'interpretazione della complessità. Metodo sistemico e scienze sociali, Napoli 1980; L. Balbo, F. Barbano e altri, Complessità sociale e identità. Problemi di teoria e di ricerca empirica, Milano 1983; Le società complesse, a cura di G. Pasquino, Bologna 1983; M. Campanella, Stato-nazione e ordine sociale. Modelli e paradigmi delle società complesse, Milano 1984; La sfida della complessità, a cura di G. Bocchi e M. Ceruti, ivi 1985; L. Sciolla, L. Ricolfi, Il mito della complessità, in Teoria dei sistemi e razionalità sociale, a cura di E. M. Forni, Bologna 1986, pp. 235-45; L. Gallino, Della ingovernabilità. La società italiana tra premoderno e neo-industriale, Milano 1987; D. Lyon, The information society. Issues and illusion, Cambridge 1988; G. Simons, Eco-computer. The impact of global intelligence, New York 1988; A. Giddens, The globalizing of social life, cap. 16 in Sociology, Cambridge 1989, pp. 519-50; E. Laszlo, Global Denken. Die Neu-Gestaltung der vernetzen Welt, Rosenheim 1989.