comportamenti compulsivi
Comportamenti ripetitivi (per es., lavarsi le mani, mettere in ordine e controllare continuamente l’ambiente circostante) o atti mentali (quali pregare, contare, ripetere parole silenziosamente) solitamente compiuti secondo schemi rigidi e immodificabili o stereotipati. Oltre a quelli già citati, i c. c. possono comprendere schiarirsi la voce, controllare ripetutamente che le serrature siano state chiuse, accendere e spegnere le luci, camminare secondo percorsi prestabiliti.
Solitamente, i c. c. non sono di per sé gratificanti, né hanno alcun ruolo apparente. Piuttosto hanno la funzione di prevenire o ridurre uno stato di malessere persistente, o quella di prevenire le conseguenze di eventi immaginari, potenzialmente pericolosi. È importante sottolineare come questi comportamenti o atti mentali, chiaramente eccessivi, non siano razionalmente collegabili al malessere o al pericolo che hanno la funzione di prevenire. Inoltre, sebbene i soggetti che compiono c. c. non siano solitamente in grado di interromperli senza provare un diffuso sentimento d’ansia, ne riconoscono la palese inutilità. Nelle situazioni più gravi, questi comportamenti si associano a malessere, sono estremamente prolungati nel tempo (raggiungono diverse ore di durata) e possono interferire negativamente con il quotidiano dell’individuo, con la sua efficienza lavorativa o con le sue relazioni sociali e familiari.
Le cause dei c. c. possono essere sia psicologiche sia biologiche. Se dal punto di vista psicologico, come è stato già accennato, questi comportamenti hanno la funzione di ridurre uno stato d’ansia generalizzato, dal punto di vista organico si ritiene che essi siano associati a patologie a carico del sistema nervoso centrale. In partic., si ipotizza che alla base di tale anomalia vi siano danni a carico di quelle strutture cerebrali preposte alla pianificazione e all’esecuzione di sequenze motorie: i gangli della base e il nucleo striato. È stato notato come pazienti con danni neurologici specifici a carico di tali aree mostrino c. c. e come questi comportamenti siano indipendenti dalla presenza di altre patologie.
A supporto del ruolo giocato dalle strutture cerebrali descritte in precedenza nell’insorgenza di c. c., è stato dimostrato che topi geneticamente mutati, caratterizzati da un’anomalia a livello del nucleo striato, mostrano un comportamento anomalo, funzionalmente e fenotipicamente analogo ai comportamenti compulsivi. Lo studio di c. c. in molte specie animali è reso possibile dall’osservazione che, in condizioni di cattività, spesso alcuni individui agiscono tramite schemi rigidamente stereotipati. Esempi possono essere osservati tanto negli zoo (per es., mammiferi la cui taglia è eccessiva rispetto alle gabbie in cui sono tenuti sono soliti camminare in continuazione all’interno del loro ambiente seguendo percorsi estremamente ripetitivi), quanto negli stabulari in cui sono alloggiati i roditori da laboratorio. In partic. i topi che vengono studiati per comprendere le basi biologiche dei c. c. possono mostrare livelli eccessivi di auto-pulizia (grooming), camminare in circolo e senza sosta per la maggior parte del tempo (alcuni individui passano in questo modo circa l’80% del periodo di veglia), mordere incessantemente la superficie della griglia metallica che costituisce la parte superiore della gabbia o, nel tentativo di scavare alla ricerca di un rifugio, graffiare ripetutamente gli angoli inferiori della gabbia stessa.
Al fine di ridurre l’intensità dei c. c., un trattamento di provata efficacia è costituito dalla terapia cognitivo-comportamentale. Questo tipo di terapia consiste dapprima nell’identificazione, insieme al paziente, di quelle situazioni che provocano ansia; successivamente si espone il paziente stesso alle situazioni identificate come ansiogene, partendo da quella a carico emotivo più basso per poi arrivare a quella più difficile per lui da tollerare; in questa fase si richiede al paziente di mantenere l’attenzione su queste situazioni fin tanto che l’ansia a esse associata non si riduce in maniera considerevole (tramite un processo denominato estinzione o abituazione). L’aspetto centrale di questa terapia sta soprattutto nel ruolo del terapeuta che la somministra, il quale deve controllare che il paziente durante la fase di estinzione non metta in atto c. c. per proteggersi dall’ansia derivante dall’essere esposto alle situazioni critiche.