comportamento
In economia un insieme di scelte (e di azioni che ne conseguono), compiute individualmente o collettivamente, nell’ambito delle relazioni economiche.
Secondo l’approccio neoclassico, ogni c. è finalizzato a massimizzare il profitto, per mezzo di scelte ottime alle quali non esiste in genere un’alternativa altrettanto efficiente, e dipende dal grado di razionalità del soggetto che decide o agisce, dalla completezza delle informazioni di cui dispone e dal suo vincolo di bilancio. Queste ipotesi definiscono il modello dell’homo oeconomicus (➔). Sebbene utile a semplificare l’analisi economica, tale modello non sempre è in grado di interpretare, in maniera efficace, il reale c. degli agenti economici. Infatti, già A. Smith dà particolare rilievo ad alcune questioni di carattere morale e psicologico, relative al c. individuale (The theory of moral sentiments, 1759). Nonostante ciò, si è dovuto attendere lo sviluppo di altre scienze sociali perché certi temi potessero entrare a far parte dell’indagine economica.
Una delle prime critiche all’impostazione neoclassica proviene dall’approccio istituzionalista, secondo il quale a determinare il c. economico concorrono anche l’ambiente istituzionale, quello sociale e quello culturale di riferimento, di cui le norme e i precetti religiosi sono l’esempio. Fu M. Weber, in Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus (1905), a rendere celebre tale impostazione.
H. Simon, Nobel per l’economia nel 1978, ha messo in discussione la plausibilità di alcune ipotesi neoclassiche, suggerendo, in particolare, di sostituire al concetto di perfetta razionalità quello di razionalità limitata e introducendo l’idea che le scelte economiche possano essere anche solo soddisfacenti, ovvero non massimizzanti, ma comunque in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati (A behavioral model of rational choice, 1957). Da questo e da altri contributi pubblicati tra gli anni 1960 e 1970, si è sviluppata l’economia comportamentale (➔), disciplina che introduce nello studio del c. anche elementi della psicologia cognitiva e della sociologia, arrivando a sfidare l’idea neoclassica secondo cui l’individuo agisce sempre ed esclusivamente per il proprio interesse. In particolare, l’obiettivo degli economisti comportamentali è quello di migliorare il potere predittivo dei modelli economici, tenendo conto della natura individuale e sociale dell’uomo. Tali riflessioni, inoltre, hanno portato alla riscoperta del concetto di routine (c. in cui atteggiamenti abitudinari si sostituiscono alle scelte ordinarie), a suo tempo criticato da Weber, ma successivamente divenuto uno dei fondamenti dell’approccio evolutivo definito da R.R. Nelson e S.G. Winter in An evolutionary theory of economic change (1982).
Federico Frattini, Haya al Shawwa