comportare [comporte, in rima, II singol, pres. indic.]
Tre occorrenze, sempre nel Paradiso; nel senso originario, parallelo a quello di " sopportare ", in XXXII 100 O santo padre, che per me comporte / l'esser qua giù, che il Buti interpreta correttamente: " sostieni per me D. essere qui in questo fondo della rosa ".
I commentatori moderni sono unanimi nell'attribuire al verbo un senso oscillante fra " sostenere ", " non disdegnare " (Sapegno), " soffrire " (Momigliano), " sopportare ", " acconciarsi " (Grabher), " tollerare " (Mattalia).
Senso appena diverso ha c. in XXIX 88 E ancor questo qua sù si comporta / con men disdegno; infatti, se Grabher spiega la voce verbale, ancora una volta, come " si sopporta ", tutti gli altri commentatori la interpretano come " si tollera ", " è tollerato ". Così anche il Pagliaro (Ulisse 615), il quale però mette in relazione questa occorrenza con il passo di If XX 30, luogo in cui invece di passion porta egli legge con varie edizioni anche moderne passion comporta (cfr. Petrocchi, Introduzione 181 ss.).
Nel terzo luogo in cui appare il verbo (Pd XXV 63 elli [cioè D. stesso] a ciò risponda, / e la grazia di Dio ciò li comporti) si ha una diversa sfumatura semantica. Tutti i commentatori, dal Buti in poi, interpretano ciò li comporti come " li conceda... lo rispondere " (Buti), " gli dia forza da poterlo o saperlo fare con piena soddisfazione " (Venturi), " la grazia di Dio gli consenta... di rispondere adeguatamente " (Fallani). Il passaggio da " sostenere ", " tollerare ", a " concedere ", avviene attraverso il senso di " non disdegnare ", " ammettere ", " permettere ".