COMPOSTI NON-STECHIOMETRICI
Secondo la legge delle proporzioni costanti di Proust (1892), "Quando due o più elementi si combinano tra loro per formare un composto chimico, l'unione avviene sempre in un rapporto fisso e invariabile". Nella chimica classica la composizione dei prodotti chimici risulta pertanto invariante rispetto a condizioni esterne quali temperatura, pressione, atmosfera di reazione, ecc. Molecole singole quali HCl, H2O, NH3, o solidi formati da aggregati molecolari (cristalli organici) rientrano in questa legge generale di ''composizione fissa'' e di formule razionali. Questi composti sono detti stechiometrici.
Un accurato esame della composizione di molti solidi, in particolare c. inorganici quali ossidi, solfuri, carburi, nitruri e idruri, rivela invece che i rapporti tra i componenti atomici non sono sempre dei numeri fissi e interi.
Per es., l'ossido di ferro (FeO) può assumere, in dipendenza delle condizioni sperimentali in cui lo si prepara, molti rapporti atomici differenti da quello previsto, Fe/O = 1. In questo caso, come in altri simili, per definire la formula del composto FexOy (con x e y diversi dall'unità) è necessario riferirsi alla sua ''storia'', cioè descrivere in dettaglio le modalità della sua preparazione: prodotti di partenza, metodo di preparazione, cicli termici, ambiente di reazione (ossidante o riducente), ecc. Questi c., che hanno formula variabile in condizioni differenti di preparazione e rapporti atomici non fissi e non interi, rientrano nella vasta classe dei c. non-stechiometrici.
La scienza dei c. non-s. si è molto sviluppata recentemente sia per il loro crescente interesse tecnologico (dispositivi per l'elettronica, catalizzatori industriali, superconduttori, materiali compositi, problemi di corrosione o passivazione dei metalli, ecc.), sia per il progresso compiuto nelle tecniche d'indagine usate per determinarne la struttura cristallina e molecolare. Per es., la disposizione geometrica assunta dai componenti (molecole, atomi, ioni) all'interno del reticolo cristallino viene determinata in modo univoco mediante la diffrattometria di raggi X; con l'ausilio di sorgenti particolarmente intense quali la radiazione di sincrotrone, e di potenti calcolatori per l'elaborazione dei dati sperimentali, si arriva oggi alla risoluzione delle strutture cristalline in tempi brevissimi e con estrema accuratezza. Inoltre, lo studio della composizione superficiale dei materiali, molto utile in problemi di adesione, corrosione, catalisi, ecc., può essere svolto oggi con tecniche di avanguardia come la spettroscopia di fotoelettroni e Auger, la microscopia elettronica, le spettroscopie LEED, SIMS e altre ancora, alcuni anni fa non ancora disponibili.
Quando si parla di difetti nei solidi non-s., si deve distinguere tra macrodifetti e microdifetti, anche se è ormai ben noto che i due tipi di imperfezioni risultano collegati tra loro. Infatti, macrodifetti quali le dislocazioni e i confini tra zone sono certamente legati a microdifetti esistenti nel solido e costituiti da atomi o ioni assenti nei siti del reticolo cristallino (vacanze), da atomi o ioni presenti in siti del reticolo cristallino normalmente non occupati (siti interstiziali), e da atomi o ioni estranei (impurezze) presenti nel materiale ospitante, ecc.
I macrodifetti possono essere considerati come prodotti d'interazione di tanti microdifetti e interessano una zona estesa del solido; essi possono essere presenti sia nella superficie che all'interno di un solido, mostrando sempre una zona di discontinuità dell'arrangiamento ordinario di atomi. In un solido policristallino, formato da un grandissimo numero di piccoli cristalli affacciati uno all'altro, i microcristalli possono essere orientati tra loro in modo regolare e periodico nello spazio tridimensionale, ma, nella maggior parte dei casi, la loro orientazione reciproca è casuale, tanto che anche la forma esteriore del materiale si presenta irregolare. Al variare della temperatura di preparazione, per es., alcune zone cristalline possono accrescersi a spese di altre determinando dei confini netti tra le zone, talvolta ben visibili a occhio nudo (caso dei cristalli geminati), talvolta visibili solo mediante microspia ad alta risoluzione. Questo tipo di macrodifetti rientra nella classe dei difetti cosiddetti planari.
Altri macrodifetti presenti nei solidi sono le dislocazioni (difetti lineari) che hanno origine quando in un solido costituito da filari ordinati di atomi o ioni viene inserito, soltanto per un tratto, un extra filare di atomi (dislocazione a spigolo) oppure quando l'inserzione avviene lungo l'asse di una spirale del reticolo (dislocazioni a vite). Le dislocazioni hanno un grande effetto sulle proprietà meccaniche dei materiali; per es., alla loro presenza si deve la plasticità e la deformabilità dei metalli. Esse influiscono notevolmente anche sulle proprietà chimiche dei solidi. Se, infatti, si segue mediante microscopia elettronica il formarsi di un c. durante una cristallizzazione, ci si può accorgere facilmente che, ove ci sono dislocazioni in superficie, esistono dei punti d'attacco chimico preferenziale. La reattività dei solidi con liquidi e gas corrosivi, l'attività catalitica dei solidi in reazioni chimiche industriali in fase eterogenea, i problemi di adesione tra solidi, ecc., sono tutti fenomeni influenzati dalla presenza di dislocazioni.
Come si è detto, un macrodifetto nasce dall'associazione di tanti microdifetti. A livello microscopico, ogni raggruppamento di atomi, ogni atomo od ogni ione di un cristallo ''perfetto'' occupa una ben definita posizione del reticolo cristallino tridimensionale; tutti gli atomi omologhi si pongono in siti reticolari le cui coordinate spaziali (x, y, z) sono relazionate a quelle del primo atomo da elementi di simmetria caratterizzanti quella determinata cella cristallina. Per un cristallo ''normale'', tuttavia, si può immaginare che alcuni atomi o ioni siano talvolta assenti da un sito normalmente occupato, in modo da creare una vacanza. Altre volte, invece, un atomo o ione assume una posizione cosiddetta ''interstiziale'', cioè un sito normalmente non occupato nell'edificio cristallino. Altre volte ancora, un atomo o ione estraneo, chiamato ''impurezza'', può venir accomodato in siti occupati normalmente dagli atomi o ioni costituenti il c. chimico di partenza. Queste anomalie, molto frequenti nei c. non-s., sono presenti in differenti concentrazioni e giocano un ruolo importante nel determinare le proprietà chimiche e fisiche dei solidi. Nei cristalli ionici la presenza bilanciata di una coppia di vacanze cationica (ione positivo) e anionica (ione negativo) è nota come difetto Schottky. Se le vacanze sono presenti, invece, soltanto in un sottoreticolo (quello dei cationi o degli anioni) con contemporanea presenza degli ioni mancanti nei siti interstiziali si ha un cosiddetto difetto Frenkel. La presenza dei difetti Schottky viene rivelata sperimentalmente da un abbassamento della densità rispetto al cristallo perfetto, mentre in presenza di difetti Frenkel la densità risulta inalterata.
Tra i c. più comuni che presentano difetti Schottky si può citare il cloruro di sodio, NaCl. Preparato in opportune condizioni, NaCl risulta difettivo e la sua formula chimica viene scritta Na1-x ηxCl1-y ηy, dove ηx e ηy indicano un certo numero (normalmente al di sotto di una parte su centomila) di x e y vacanze cationiche e anioniche. Da notare che la presenza di vacanze anioniche (nel cloruro di sodio come in altri solidi difettivi simili) provoca un'alta concentrazione di cariche positive in quella zona del reticolo; l'imperfezione così creata può essere facilmente neutralizzata dall'intrappolamento di un elettrone, dà origine a dei centri di colore (cosiddetti centri F), e rende variamente colorato il c. (NaCl difettivo si presenta colorato dal rosa al rosso in dipendenza della concentrazione di vacanze anioniche). Un esempio di c. contenente difetti Frenkel è il cloruro di argento, AgCl. Allo stato difettivo può essere descritto con la formula Ag1-xηxAgx(i)Cl (ηx e Agx(i) indicano il numero equivalente di vacanze cationiche e di siti interstiziali occupati dagli ioni Ag+).
Questi casi illustrano degli esempi di solidi difettivi, ma ancora stechiometrici, cioè con un numero corrispondente di anioni e cationi. Esistono, tuttavia, molti c. inorganici che possono assumere, a seconda delle condizioni preparative, diversi rapporti catione/anione. Tipici esempi sono dati dal monossido di vanadio (VO), che può avere qualsiasi composizione compresa tra i limiti estremi VO0,79 e VO1,29, oppure dal monossido di titanio (TiO) con composizioni variabili tra TiO0,65 e TiO1,25. Questi c. vengono propriamente chiamati non-stechiometrici.
Esiste una grande varietà di c. non s.: ce ne sono alcuni contenenti soltanto due elementi. Molte volte un cristallo ionico contiene un elemento che può assumere valenze o stati di ossidazione diversi; in questi casi una variazione nel numero degli ioni presenti viene compensata da un cambio di valenza, superando in tal modo i problemi di bilanciamento di carica. Non è sorprendente che specialmente i c. dei metalli di transizione esibiscano, molto più facilmente dei c. di metalli normali, intervalli di composizione molto variabili.
Nella tabella seguente vengono indicati gli intervalli di composizione assunti da alcuni c. non-s. formati da due elementi soltanto:
Quali sono i motivi per cui i c. non-s. mostrano un vasto campo di variabilità composizionale e sono capaci di sopportare strutturalmente tale variabilità?
Da un c. base si possono ottenere dei c. non s. per sostituzione, per interpolazione, o per intercalazione. Se due c. hanno strutture simili, come nel caso delle coppie MgO-NiO, Al2O3−Cr2O3, NaCl-KCl, ecc., si possono facilmente formare delle soluzioni solide per sostituzione di uno ione con un altro nel reticolo ospitante. Nei casi precedenti si formano delle soluzioni solide del tipo: NixMg1-χO, AlxCr2-χO3, KxNa1-χCl. In questi c. un catione di stessa valenza e simile dimensione sostituisce un altro, senza alterare sia i rapporti catione/anione sia la stechiometria totale. Se, invece, si sostituiscono in un reticolo cristallino dei cationi con altri di differente valenza si provoca uno sbilanciamento di carica con conseguente creazione di microdifetti nel solido.
Facendo reagire, per es., cloruro di calcio, CaCl2, con cloruro di sodio, NaCl, degli ioni Ca2+ sostituiscono ioni Na+ nel reticolo NaCl andando ad aumentare la carica positiva totale del cristallo. Un modo per compensare questo effetto è creare una vacanza nel sottoreticolo di ioni sodio per ogni ione calcio introdotto nella struttura; la formula chimica corrispondente si può scrivere: CaxNa1-2x ηxCl, dove ηx indica un certo numero di vacanze cationiche (ioni Na+ mancanti nel sottoreticolo-sodio del cristallo di NaCl). Se si fa reagire ossido di zirconio, ZrO2, con ossido di calcio, CaO, degli ioni Ca2+ vanno a occupare delle posizioni reticolari di ZrO2 normalmente occupate da ioni Zr4+; in questo caso, se s'identifica la soluzione solida formatasi con la formula CaxZr1-xO2, si osserva un evidente sbilanciamento di carica (diminuzione della carica positiva totale). Un modo semplice per compensare nel cristallo di ossido di zirconio l'extra-carica negativa indotta è quello di creare delle vacanze anioniche nel sottoreticolo-ossigeno della struttura di ZrO2. La concentrazione di vacanze anioniche deve ovviamente risultare equivalente a quella degli ioni Ca2+ introdotti al posto degli ioni Zr4+. Il rapporto anioni/cationi resta sempre 2/1, ma alcuni siti anionici sono ora vuoti e la formula del cristallo diventa CaxZr1-xO2-xηx, dove ηx indica il numero di vacanze anioniche. Considerando i casi citati si può concludere che se si ''drogano'' dei cristalli con cationi a più alta carica (Ca2+ in NaCl) o a più bassa carica (Ca2+ in ZrO2) si provocano rispettivamente delle vacanze cationiche e anioniche. Queste sostituzioni producono dei risultati simili ai difetti tipo Schottky. Tuttavia, in questi casi non si crea una coppia di vacanze anioniche e cationiche (come nei difetti Schottky), ma un aggiustamento nel reticolo tale da conservare inalterata la elettroneutralità del cristallo.
Se, d'altra parte, un c. chimico solido ha un reticolo cristallino contenente degli spazi vuoti disponibili abbastanza grandi (siti interstiziali) dove si possono inserire atomi o ioni di opportune dimensioni e carica, si possono produrre dei materiali non-s. che hanno dei difetti di interpolazione simili a quelli già descritti di tipo Frenkel. Per es., nel ferro metallico si possono introdurre interstizialmente degli atomi piccoli quali azoto o carbonio formando le cosiddette leghe interstiziali, fasi di grande interesse tecnologico. Altri esempi di c. interstiziali ottenuti per interpolazione o per intercalazione sono le zeoliti e le argille, alluminio-silicati molto diffusi in natura e che rivestono un'importanza di primo piano in geologia, mineralogia, scienza del suolo, catalisi, ecc. Nella struttura delle zeoliti sono presenti delle ''cavità'' mono-, bi-, e tridimensionali che possono accomodare ioni o molecole ospiti di opportune dimensioni, mentre le argille (strutture a ''strati molecolari'') possono accogliere tra gli strati anche delle molecole abbastanza grandi. Sia nelle zeoliti che nelle argille la struttura geometrica attorno alle specie chimiche incorporate è abbastanza rigida e tale da permettere loro una reattività chimica orientata (catalisi eterogenea selettiva). I c. d'interpolazione e d'intercalazione trovano largo uso come elettrodi reversibili per batterie, catalizzatori industriali selettivi e non, dispositivi per l'immagazzinamento di specie gassose, conduttori ionici e/o elettronici, dispositivi elettrocromici, scambiatori ionici, ecc.
Quando le specie chimiche interpolate o intercalate nel solido ospitante sono molecole neutre, non si producono dei difetti reticolari. La formazione di difetti reticolari si osserva, invece, in altri composti di notevole interesse. Uno degli ossidi più studiati in questo campo è l'ossido di uranio ricco in ossigeno, UO2+x. Questo materiale difettivo deriva da UO2 (struttura simile a quella del minerale fluorite, CaF2); in opportune condizioni preparative nei siti interstiziali del reticolo dell'ossido di uranio vengono accomodati altri ossigeni. Recenti studi condotti con metodi avanzati d'indagine strutturale hanno mostrato che gli ossigeni interstiziali presenti nella fase UO2+x costituiscono dei vari raggruppamenti localizzati in una regione ristrutturata della cella cristallina (vengono chiamati clusters di Willis), piuttosto che dei difetti puntiformi sistemati a caso nel reticolo. UO2+x può essere considerato come il primo esempio di un cristallo in cui la variabilità composizionale (a x > 2) è permessa dalla presenza di ioni in siti interstiziali normalmente non occupati. L'occupazione di siti interstiziali è d'altronde abbastanza comune in materiali che hanno la struttura della fluorite, CaF2; per es., dopo reazione di CaF2 con fluoruro di lantanio (LaF3), di ittrio (YF3), di torio (ThF4), ecc., si formano delle fasi non-s. in cui gli atomi estranei (a valenza più alta del calcio) vanno a sostituire gli ioni Ca2+ nel sottoreticolo cationico della cella cubica della fluorite, senza tuttavia produrre un numero corrispondente di vacanze cationiche come nel caso citato precedentemente del cloruro di sodio, drogato con ioni Ca2+. Nel caso della fluorite drogata con La3+, Y3+, Th4+, ecc., il bilanciamento di carica viene assicurato dall'incorporazione di ioni F- nei siti interstiziali vacanti del reticolo. Come nel diossido di uranio, anche in queste fluoriti drogate è stato trovato recentemente che gli ioni F- interstiziali non sono singolarmente posizionati a caso nei siti liberi, ma raggruppati in clusters.
Un altro esempio interessante di c. non-s. per interpolazione è il caso dei ''bronzi di tungsteno'', LixWO3, così chiamati perché, a causa della loro lucentezza metallica, lo scopritore F. Wohler (anno 1837) credette di aver preparato nuove leghe metalliche di tungsteno piuttosto che nuovi ossidi. La loro composizione è nell'intervallo WO3 - Li0,5WO3; nelle larghe cavità presenti nella struttura del triossido di tungsteno trovano spazio gli atomi di litio che, per la natura molto aperta della struttura ospitante, possono facilmente entrare o uscire dal cristallo. In base a questa proprietà e al fatto che, in sezioni sottili, il triossido di tungsteno è incolore mentre i ''bronzi'' sono blu intensoneri, questi materiali trovano largo impiego come dispositivi elettrocromici.
Tra i c. non-s. ci sono dei materiali in cui alcuni cationi, specialmente quelli dei metalli di transizione, possono cambiare la loro valenza (o il loro stato di ossidazione). Mentre nei c. ''a valenza fissa'' la non-stechiometria dev'essere compensata necessariamente da microdifetti quali vacanze, siti interstiziali occupati, atomi sostituiti, nei c. ''a valenza variabile'' l'elettroneutralità può essere preservata internamente mediante una variazione delle valenze dei cationi. A causa di questa variabilità di valenze posseduta da alcuni ioni si ha formazione di ''difetti elettronici'' nel cristallo, i materiali possono variare le loro proprietà elettriche (per es., passare da isolanti a semiconduttori), e le proprietà elettriche dei c. (ossidi, solfuri, seleniuri, ecc.) dei metalli di transizione possono facilmente essere manipolate in dipendenza della loro preparazione e del ''drogaggio'' effettuato.
Si prenda per es. il caso dell'ossido di nichel (NiO), solido verde oliva a struttura cubica a facce centrate simile al cloruro di sodio (NaCl). Se si riscalda NiO ad alta temperatura insieme a ossido di litio (Li2O), si ottiene un c. nero di formula generale LixNi1-xO, dove x può assumere valori da zero a ∼0,1. In seguito all'introduzione di ioni Li+ nel reticolo di NiO al posto di ioni Ni2+ è necessario bilanciare il difetto di carica positiva creato; questo è possibile in quanto un equivalente numero di ioni Ni2+ passa a Ni3+. Per ogni Li+ introdotto nel reticolo si forma pertanto uno ione Ni3+. Questo processo, comune a molti altri ossidi di metalli di transizione, è chiamato di ''induzione di valenza'', e altera le proprietà elettroniche (ed elettriche) dell'ossido di partenza.
Non vi è dubbio che sviluppo tecnologico e scienza dei materiali sono problemi strettamente interdipendenti; alcune tecnologie avanzate non possono essere realizzate finché non si trovano materiali con le adatte caratteristiche. Per la realizzazione di nuovi materiali o di materiali con proprietà migliorate la conoscenza di base della chimica e fisica dello stato solido è di fondamentale importanza per poter prevedere prima e realizzare poi questi c. che possiedono le caratteristiche desiderate. Il comportamento e le proprietà chimico-fisiche di un solido sono infatti determinate dalla sua composizione, dalla sua struttura interna e superficiale, e dalle interazioni fra le particelle (atomi, ioni e molecole) che lo costituiscono. I c. non-s., con la loro variabilità di composizioni, di proprietà elettriche, elettroniche, ottiche, magnetiche, formano una parte molto rilevante nel campo della scienza dei materiali.
Bibl.: A.D. Wadsley, in Nonstoichiometric compounds, a cura di L. Mandelcorn, New York 1963; F.A. Kröger, in The chemistry of imperfect crystals, Amsterdam 1974; R.J.D. Tilley, Defect crystal chemistry and its applications, New York 1986.