COMPRESSORE (fr. compresseur; sp. compresor; ted. Kompressor; ingl. compressor)
I compressori sono macchine pneumofore ossia operatrici a fluido, adibite alla produzione di aria compressa o alla surcompressione di altri fluidi gassosi (gas illuminante, gas d'acqua, ammoniaca, anidride carbonica, anidride solforosa, idrogeno, gas ammoniacali, cloruro di metile, cloro-etile, ecc.) o di miscele gassose. Tra i compressori rientrano anche i termocompressori o pompe di calore destinati nell'industria a elevare la pressione del vapor d'acqua, prodotto negli apparecchi di concentrazione di soluzioni acquose, onde utilizzarlo per fare evaporare nuova acqua. Il fluido acquista nell'interno del compressore, energia potenziale o di pressione a spese del lavoro meccanico fornito dalla macchina azionatrice. Questo lavoro di compressione viene effettuato nelle diverse categorie di compressori: a) mediante il moto rettilineo alterno di uno o più stantuffi S, nei compressori a stantuffo ordinarî (figg.1-3); b) mediante il moto rotatorio di uno o più organi (talvolta stantuffi) nei compressori rotativi (v. capsulismo); c) mediante la rotazione di più ruote G palettate, calettate in serie sull'albero della macchina e alternate con appositi organi fissi di diffusione D, nei turbocompressori (compressori centrifughi, figg. 4-5).
Coi compressori, a differenza delle macchine soffianti e dei ventilatori, che sono pneumofore a bassa e bassissima pressione, si porta, di norma, la pressione finale del fluido sopra alle 3 atmosfere effettive. Bisogna perciò, specie per migliorare il rendimento e per conservare il macchinario, predisporre dispositivi di refrigerazione, entro la macchina stessa (refrigerazione a camicia) o a questa connessi (refrigeratori intermedî R, figg. 1, 2, 4).
I turbocompressori s'usano essenzialmente per la compressione di volumi piuttosto ingenti di fluido a pressioni finali che raramente salgono, per l'aria, oltre le 15 atmosfere effettive; i compressori a stantuffo, invece, s'usano e per le compressioni molto forti (pf oltre le 15 atmosfere effettive) e per la compressione di volumi di fluido relativamente molto modesti (〈 0,6 mc./sec.). Sussiste cioè una doppia limitazione circa l'applicabilità dei turbocompressori: a) nei riguardi della pressione finale pf conseguibile, per il fatto che il rapporto di compressione per elemento è coi fluidi gassosi relativamente molto piccolo (in genere 〈 1,4), né d'altra parte si può accrescere ulteriormente la sovrapressione o prevalenza sviluppabile da ciascuna girante, una volta raggiunto il limite imposto, caso per caso, dalle sollecitazioni intervenenti per il metallo di cui queste sono costituite; b) in relazione ai volumi del fluido da comprimere, per il fatto che, dovendo i valori delle velocità assolute del fluido risultare sempre in un certo rapporto coi valori delle velocità periferiche dei rotanti perché la macchina abbia un buon rendimento, non si può nei turbocompressori discendere con la velocità assoluta e quindi con la portata volumetrica sotto quei valori limiti, prescritti, caso per caso, in funzione dei valori della pf. Solo accrescendo molto la velocità di rotazione del turbocompressore (n = 12.000 giri al minuto e oltre) si possono ridurre notevolmente le dimensioni e il numero di elementi occorrenti in ciascun caso (8 a 12), creando dei turbocompressori economici anche per volumi molto modesti di fluido (dell'ordine di 0,6 ÷ 0,5 mc./sec.). Ciò richiede una costruzione accuratissima e in un sol pezzo delle ruote giranti e l'uso di leghe speciali leggiere e molto resistenti (per es., siluminio, ecc.). oggi si tende verso l'indicato aumento delle velocità di rotazione e verso la sostituzione di tipi mono- o bicapsulici ai turbocompressori pluricapsulici del passato.
Il campo di maggiore applicazione dei compressori d'aria è quello delle miniere, per lo sfruttamento e coltivazione delle quali occorrono ingenti quantità d'aria compressa, in generale a pressioni inferiori alle 10 atmosfere. Ai turbocompressori compete ivi preferenza assoluta per i grandi vantaggi che li caratterizzano, quali: possibilità d'accoppiamento diretto coi più veloci motori elettrici e con le turbine a vapore, maggiore semplicità costruttiva e di funzionamento, assenza completa di tracce d'olio nella corrente gassosa, facoltà d'una più ampia regolazione della portata e della pressione e soprattutto ingombro molto minore a pari potenzialità. Piccoli turbocompressori d'aria, anche se di rendimento alquanto inferiore, vengono preferiti ai compressori a stantuffo in tutte quelle industrie ove occorre avere aria assolutamente esente da olio, giacché coi primi decade l'installazione dei deoleatori, altrimenti necessari.
Per estrarre il gas illuminante dai forni o dai collettori di raccolta e fornirgli l'incremento di pressione occorrente per il suo trasporto lungo le tubazioni e gli apparecchi di lavaggio e filtrazione, intervengono nell'industria tipi speciali di turbopneumofore: i turboestrattori; mentre, per il trasporto del gas a grandi distanze, apparecchi che sono nel contempo estrattori e soffianti: i surpressori. Entrambe le dette categorie sono caratterizzate da speciali accorgimenti costruttivi per quanto concerne le tenute e i dispositivi di spurgo per il catrame e la naftalina contenuti in sospensione nel gas. Speciali accorgimenti costruttivi e dispositivi particolari per quanto concerne le tenute e la lubrificazione richiedono altresì i turbocircolatori e i gas booster adoperati nell'industria chimica per i gas ammoniacali, gas solforosi, idrogeno, miscele di gas, ecc.
Negl'impianti di produzione del freddo, fino a tempi non lontani, si usavano esclusivamente i compressori a stantuffo. La creazione e lo sviluppo di piccoli turbocompressori molto veloci e l'uso di nuovi mezzi refrigeranti per grandi volumi di fluido (cloruro di metile, anidride solforosa, cloro-etile) insieme con l'accresciuto fabbisogno di frigorie in molti rami dell'industria chimica, hanno condotto a una vantaggiosa applicazione dei turbocompressori come macchine frigorifere.
Schematicamente il funzionamento dei compressori è il seguente: una certa quantità di fluido a una certa pressione pi, e una certa temperatura ti, viene aspirata dall'atmosfera o da apposito serbatoio chiuso, compressa fino a una pressione pf subendo nel contempo un certo aumento di temperatura fino a una temperatura tf o altra temperatura minore, se si trova intercalato un apposito refrigeratore, e inviata in altro serbatoio chiuso, ove regna una pressione determinata, ovvero immessa in una rete di tubazioni.
La compressione del fluido, sia nei compressori a stantuffo sia nei turbocompressori, si effettua normalmente in più fasi successive (compressione multipla) ossia mediante una serie di successive compressioni elementari in diversi elementi della macchina disposti in serie tra loro e tra i quali generalmente si intercalano i refrigeratori. Questi ultimi, generalmente a tubi d'ottone, sono molto simili a condensatori a superficie. L'acqua refrigerante percorre internamente i tubi, che vengono lambiti esternamente dall'aria calda. Quest'ultima nell'attraversare il refrigeratore subisce una diminuzione di pressione che è dell'ordine del 10% circa del valore della pressione d'arrivo nell'apparecchio.
La compressione multipla con refrigerazione intermedia apporta un grande beneficio, nei riguardi della spesa di lavoro, rispetto alla compressione semplice equivalente. Nell'ipotesi di compressione adiabatica si dà luogo, teoricamente, alla minima spesa di lavoro allorché il rapporto di compressione si tiene eguale per tutte le fasi e il lavoro occorrente per la compressione risulti ugualmente ripartito tra queste. Allorché le temperature finali delle singole fasi di compressione hanno lo stesso valore, nell'ipotesi specificata, le singole compressioni parziali s'identificano dividendo sul diagramma entropico il tratto AB (punto A, cui corrispondono i valori pi e ti e punto B cui corrispondono i valori pi e ti), compreso tra le condizioni estreme del fluido (fig. 6), in tante porzioni uguali quante sono le fasi di compressione. Vale allora per il rapporto di compressione la relazione:
se x denota il numero delle fasi di compressione.
Dall'esame della fig. 6 si palesa chiaramente il beneficio che si consegue con la compressione multipla. Sempre nell'ipotesi di compressione adiabatica, la quantità di calore corrispondente al lavoro necessario per la compressione tripla, sarebbe data dalle tre aree dei triangoli mistilinei e da quella del rettangolo ABIG, mentre per la compressione semplice equivalente essa sarebbe data dalla somma dell'area del triangolo mistilineo A FB e da quella del rettangolo ABIG. Ciò facendo astrazione dal maggior lavoro occorrente per il funzionamento degli apparecchi di refrigerazione intermedî.
I processi di compressione, che si realizzano in effetto nei compressori refrigerati, si allontanano notevolmente da quelli che si sogliono porre a base delle disamine teoretiche. Le trasformazioni di stato, per essi intervenienti, non sono in realtà né adiabatiche, né isotermiche e neppure trasformazioni politropiche a esponente invariabile. Il loro andamento varia in funzione di fenomeni peculiari di ciascuna categoria di compressori, essendo influenzato precipuamente dal tipo e dall'intensità della refrigerazione che si pratica. Per i compressori a stantuffo multipli con refrigerazione a camicia e refrigeratori intermedî tra le fasi esso è, sul diagramma entropico, del tipo illustrato nella fig. 7. Mentre le temperature finali delle singole compressioni elementari risultano via via sempre più basse di quella tfad relativa alla corrispondente compressione adiabatica, le temperature del fluido all'inizio delle successive fasi di compressione divengono man mano più alte procedendo verso la mandata. L'andamento delle linee di compressione, in dipendenza delle azioni di parete, non è rettilineo. Le menzionate linee corrono inizialmente a destra dell'adiabatica, poiché, essendo allora l'aria più fresca delle pareti del cilindro e del corpo dello stantuffo ancora calde dal ciclo precedente, si ha uno scambio di calore dalle pareti al fluido, che viene favorito altresì dalla forma del volume di fluido in questione, che è un cilindro di diametro piuttosto grande e di piccola altezza. In un secondo tempo, l'aumento di temperatura in seno al fluido, dovuto alla compressione, fa sì che il fenomeno s'inverte, onde la linea piega verso l'adiabatica, la taglia e successivamente, prevalendo l'effetto refrigerante delle camicie d'acqua, passa a sinistra di questa. Il successivo raffreddamento si compie nel refrigeratore esterno. Le linee curvilinee, indicate a tratteggio nella fig. 7, si riferiscono al fenomeno di espansione del fluido rimasto occluso negli spazî morti. L'incurvamento di queste linee è molto sensibile in dipendenza del fatto che le azioni di parete e quindi gli scambî di calore risultano molto energici poiché si ha a che fare con superficie molto grandi in relazione ai volumi. Per i turbocompressori occorre quindi distinguere tre casi (fig. 8) a seconda che venga praticata la sola refrigerazione a camicia, la sola refrigerazione esterna o una refrigerazione mista. È da notare, inoltre, per quanto si riferisce alla refrigerazione continua, che i diversi elementi del turbocompressore si comportano in maniera diversa, per i primi elementi l'effetto della refrigerazione risultando relativamente imperfetto (figura 8), e aumentando man mano che si passa ad altri elementi.
I compressori vanno dimensionati in maniera da fornire il peso d'aria richiesto per lo stato barometrico inferiore e, viceversa, per la temperatura atmosferica più elevata interveniente per il luogo d'installazione. Come pressione di aspirazione è da computare una pressione inferiore a quella dell'ambiente da cui si aspira per il 2 ÷ 6% coi compressori a stantuffo e per 0,5 ÷ 1,5% coi turbocompressori (resistenze al moto e riscaldamento del fluido all'aspirazione), e come pressione di mandata un valore alquanto superiore alla pressione del serbatoio o tubazione collettrice. È d'uopo tener conto delle condizioni di umidità del fluido, essenzialmente per quanto concerne i refrigeratori intermedî e le condotte (apparecchî di spurgo dell'acqua, che viene a precipitarvisi).
Per i compressori a stantuffo, stabilita la portata volumetrica di aspirazione (in mc./sec.) e il numero di giri di rotazione della macchina, si calcola la cilindrata (prodotto dell'area S dello stantuffo per la sua corsa C) del cilindro a bassa pressione e, in funzione di un valore opportuno per il rapporto corsa-diametro, si deduce il valore del diametro del cilindro a bassa pressione. I diametri dei cilindri a media e ad alta pressione si determinano, successivamente, in base alla considerazione che la corsa si tiene uguale di norma nelle diverse fasi. Se la grandezza relativa dello spazio nocivo è uguale per i diversi cilindri, le aree degli stantuffi stanno tra loro all'incirca come i volumi specifici del fluido, che si deducono dal diagramma entropico. Altrimenti è d'uopo ricorrere alla rappresentazione del processo di compressione nel diagramma p, v, con il che può tenersi conto di tutte le influenze che hanno giuoco sul fenomeno.
La distribuzione dei compressori a stantuffo si effettua, d'ordinario, con valvole automatiche piazzate o sui coperchi ovvero sulla superficie di mantello dei cilindri. Le distribuzioni a cassetto sono opportune solo se lavorano in uno colle valvole. La regolazione della portata dei compressori a stantuffo può effettuarsi in diversì modi: a) variando la velocità di rotazione; b) variando lo spazio nocivo; c) rigurgitando parte del fluido aspirato; d) mediante corse a vuoto.
Il fabbisogno di energia richiesto dal compressore è espresso in HP con la relazione:
in cui ηm esprime il coefficiente di rendimento meccanico (dell'ordine di 0,8 ÷ 0,95, in dipendenza anche del genere di motore di comando), Qp, la portata del fluido in peso, L il lavoro effettivamente richiesto per la compressione, Ni la potenza indicata in HP. Questa si può computare, una volta dedotto il valore della pressione media effettiva, mediante planimetrazione dei diagrammi d'indicatore, in base a relazioni del tipo di quelle in uso per le macchine a vapore.
Indice per giudicare della bontà dei compressori è il coefficiente di rendimento isotermico: ηis = Nis/Na ove Nis = QvPiln(P/P)/75, l'isotermica rappresentando la trasformazione di stato ideale (quella per cui il fabbisogno d'energia richiesto per la compressione è il minimo). Per i compressori a stantuffo ηis oscilla tra 0,70 e 0,78.
Per i turbocompressori con sola refrigerazione esterna può essere opportuno il riferimento alla trasformazione adiabatica come trasiormazione di stato ideale per gli elementi di ciascun gruppo; indipendentemente nasce la considerazione d'un coefficiente di rendimento adiabatico: ηad = -Nad/Na o meglio d'un coefficiente di rendimento adiabatico interno: ηiad = (Tad − Ti)/(Tf − Ti) riferito al lavoro interno (somma di quello corrente e di quello per frizione della girante nel fluido). Le temperature Ti e T si ricavano agevolmente con misure dirette sulla macchina, mentre la Tfad si ricava dalla rappresentazione entropica.
Si definisce, inoltre, per essi come coefficiente di rendimento pneumatico o manometrico il rapporto ηp = ∫vdpeff./∫vdpteor ≅ vmΔpeff./mmΔpteor, il quale risulta sempre alquanto maggiore di quello adiabatico, giacché tiene conto delle sole perdite fluodinamiche.
Il coefficiente di rendimento totale per ciascun elemento o gruppo di elementi del turbocompressore è il prodotto: η = ηpηnηv (ove ηv = Q/Q + Qfughe designa il coefficiente di rendimento volumetrico).
Il calcolo dei turbocompressori implica la risoluzione contemporanea d'un problema di carattere cinetico (determinazione delle velocità più opportune), d'un problema di carattere energetico (limitazione delle diverse perdite onde contenere il fabbisogno di energia occorrente per la compressione in opportuni limiti) e d'un problema di carattere termico (determinazione delle quantità di calore messe in giuoco e maniera più opportuna di effettuarne lo smaltimento in relazione alle condizioni di cui sopra). Esso risulta indeterminato fintantoché non sia specificata la legge di trasformazione secondo cui avviene il processo globale di compressione lungo la macchina o lungo i singoli gruppi di elementi. La curva rappresentativa della trasformazione globale di stato sul diagramma entropico si deve dunque o presumere in base a elementi sperimentali a disposizione ovvero dedurre con procedimenti grafici d'indole teoretica. Comunque, il calcolo deve essere basato sul concetto di limitare al minimo le perdite supplementari (meccaniche e volumetriche) del turbocompressore. Definito all'uopo il valore più opportuno da assumere in ciascun caso per la velocità periferica del primo gruppo di giranti, in funzione della portata volumetrica Qv di fluido e del coefficiente ϑ di portata (ϑ = 4Qv/u2D22), si deduce il valore del diametro esterno delle dette giranti, e quindi il numero di giri del turbocompressore (ove non sussistano limitazioni per l'accoppiamento coi motori elettrici trifasi).
Il numero G di elementi occorrenti dipende dal valore del rapporto di compressione realizzabile per elemento, il quale è funzione della velocità periferica esterna della girante. Gli elementi necessarî al calcolo particolareggiato di ciascun elemento del turbocompressore si devono dedurre dalla rappresentazione entropica prevista per il processo globale di compressione. Per un primo abbozzo del calcolo si deve procedere in parallelo con le calcolazioni inerenti ai diversi gruppi di elementi e col tracciamento del probabile processo di compressione sul diagramma entropico.
Poiché in generale il numero di giri di rotazione n è lo stesso per tutti gli elementi, anche se il compressore è bicapsulico, risultano definiti i valori dei diametri esterni dei successivi gruppi giranti, una volta fissato il valore minimo di ϑ per i diversi gruppi. Spesso si lasciano decrescere i diametri dei diversi gruppi, procedendo verso la mandata, all'incirca secondo la regola D = D1
ove i v denotano i volumi specifici del fluido e l'indice 1 si riferisce alla prima girante del turbocompressore.
Definiti i valori dei diametri e quindi determinati con precisione i rapporti di compressione per i singoli elementi, si può calcolare il numero di questi, le perdite lungo il turbocompressore, e riprendere con maggior precisione il tracciamento del processo probabile di compressione passando a determinare le quantità di calore messe in giuoco.
Il comportamento dei turbocompressori, per diversi rapporti di funzionamento, si individua nella maniera più esauriente mediante i diagrammi caratteristici, che sono i grafici che raccolgono l'insieme delle portata per uno o più valori del numero di giri di rotazione del turbocompressore. Le curve pressione-portata per i turbocompressori si ottengono coordinando fra loro le ordinate delle curve elementari, relative a ciascun elemento, con riferimento alla portata in peso e non in volume. Entro ristretti limiti per la velocità di rotazione, valgono, per le curve menzionate, la legge di congruenza e quella di affinitd, la quale ultima si compendia nelle formule seguenti: Q = f1n; Hn = f2n2.
I turbocompressori vengono azionati con turbine a vapore o con elettromotori trifasi (n = 1500 o 3000). La natura del motore di comando ha influenza non lieve sulla regolabilità del turbocompressore. Le forme di regolazione in uso sono: a) a pressione costante, b) ad erogazione costante; però una regolazione economica può effettuarsi solo qualora il motore di comando consenta ampî scarti di velocità o se si fa ricorso a dispositivi speciali (in ispecie ai diffusori a pale orientabili). Nei riguardi in esame va posta la dovuta attenzione, onde scongiurare l'intervenire del fenomeno del pompaggio, che consiste in un improvviso, periodico rifluire del fluido dalla mandata all'aspirazione, allorché la portata della macchina scende sotto un valore critico (quello corrispondente al vertice della curva caratteristica pressioni-volumi per un dato n). Coi diffusori a pale orientabili se ne combatte brillantemente il pericolo rendendo molto appiattita la curva limite del pompaggio (che è la curva che sul diagramma caratteristico connette le condizioni critiche di erogazione).
Bibl.: L. Walter, Dynamik der Leistungsregelung von Kolbenkompressoren und Pumpen, Berlino 1921; P. Ostertag, Kolben und Turbokompressoren, 3ª edizione, Berlino 1923; H. Baer, Dampfturbinen und Turbokompressoren, Lipsia 1924; T.H. Plummer, Compressed air and its machinery, Londra 1925; L. Crussard, Ventilateurs et compresseurs, Parigi 1925; W. Kearton, Turboblowers and Compressors, Londra 1926; A. Hinz, Thermodynamische Grundlagen der Kolben und Turbokompressoren, Berlino 1927; M. Medici, Turbocompressori, soffianti e ventilatori, Milano 1930; B. Eck e W. Kearton, Turbogebläse und Turbokompressoren, Berlino 1930.