Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La rivoluzione delle telecomunicazioni inizia con il telegrafo ottico Chappe: si capisce finalmente che i problemi risiedono soprattutto nei protocolli di trasferimento dei dati, piuttosto che nelle tecnologie per la costruzione di macchine e dispositivi. Con il telegrafo elettrico la rete si estende diffusamente sul territorio, ma è solo con il telefono che la comunicazione diventa una tecnologia per uso privato. Nel 1895 Guglielmo Marconi compie i primi esperimenti con il suo telegrafo senza fili.
Claude Chappe e il telegrafo ottico
Nel 1791 Claude Chappe aveva messo a punto un telegrafo ottico in grado di trasmettere con affidabilità segnali anche a grande distanza. Lungo le linee vengono disposte torri – intervallate, nelle condizioni ottimali, da una distanza di circa 10 km – alla cui sommità è posto l’apparecchio segnalatore, costituito da un braccio a bilanciere (a forma di T) con le estremità snodabili; le 49 combinazioni delle posizioni relative dei bracci costituiscono altrettanti segni in codice. Gli apparecchi segnalatori, le torri, ma soprattutto le regole per la trasmissione dei segnali e per il controllo del loro flusso (un software di comunicazione ante litteram) sono alla base della fortuna del “réseau Chappe”, che è adottato con successo dal governo francese.
Gli addetti alle stazioni osservano con un cannocchiale la posizione assunta dal “semaforo” vicino e la fanno assumere al proprio; con questa tecnica un messaggio può percorrere 500 km in meno di un’ora. L’efficacia della trasmissione dipende dalla sua organizzazione rigorosa e centralizzata, appoggiata peraltro a sistemi tecnici e meccanici, assai tradizionali. La linea Parigi-Lilla viene terminata nel 1794, in meno di un anno; seguono la Parigi-Strasburgo, quindi la Parigi-Tolone, sino a collegare la capitale con Milano e Venezia.
Questo sistema è ampiamente utilizzato dalle truppe napoleoniche nella conquista dell’Europa.
Molte sono le modifiche e le migliorie apportate al telegrafo ottico: nel 1795 l’inglese Murray aveva proposto all’ammiragliato britannico un sistema ad ante rotanti con la possibilità di trasmettere 64 differenti “cifre”. In Italia la linea, che proviene da Parigi e passa per Lione (1805), attraversa il Moncenisio e arriva a Torino nel 1806; giungerà a Venezia solo nel 1811. Le condizioni atmosferiche rendono spesso difficoltosa la trasmissione dei segnali che, in ogni caso, non sono più ricevibili quando manca la luce del Sole. Con la caduta di Napoleone il sistema, pur legato all’apparato militare, non perde di funzionalità e rimane in funzione sin quasi alla metà dell’Ottocento. Già agli inizi del secolo, la linea svedese tra Gävle, Stoccolma e Landsort copre 200 km sull’intera costa meridionale del Paese. Distrutta nella guerra con la Russia, viene riattivata nel 1836 e continua a espandersi fino al 1854, rimanendo in funzione (per alcuni tratti superstiti) fino al 1881. La linea Berlino-Coblenza entra invece in funzione nel 1832. In Inghilterra, fra il 1830 e il 1840, le linee telegrafiche costiere svolgono un efficiente servizio di avvistamento marittimo e saranno messe fuori servizio solo nel 1847.
Anche gli Stati Uniti sperimentano con successo questo sistema di comunicazione, ma non in maniera diffusa. Alla vigilia del loro smantellamento nel 1852 le linee francesi collegano le maggiori città del Paese.
Ripreso come sistema di comunicazione nelle campagne delle guerre d’indipendenza, il telegrafo ottico ha un discreto successo presso il governo sabaudo. Nel 1848 Giovanni Battista Gonella pubblica un manuale per un nuovo telegrafo ottico – Telegrafia in Piemonte (Torino, 1849) – e mette in servizio una rete di trasmissione composta da 2 linee: la prima da Torino a Piacenza e la seconda, come diramazione della prima, da Alessandria a Genova e di lì a La Spezia. Ma a causa del nuovo sistema di telegrafia elettrica, introdotta in Piemonte dall’ingegnere milanese Gaetano Bonelli, il telegrafo ottico diviene ben preso obsoleto anche in Italia, e tra il 1851 e il 1852 l’intera rete scompare.
Il telegrafo elettrico
Nel momento di massima diffusione delle reti telegrafiche ottiche il telegrafo elettrico incomincia a farsi strada. Già nel 1837 Inghilterra e Stati Uniti introducono, seppure in via sperimentale, la nuova tecnologia che in Francia è vista con scetticismo: dovranno passare circa dieci anni perché il telegrafo elettromagnetico possa sostituirsi a quello ottico sulla linea Parigi-Lilla (1846).
La crescita della borsa, del commercio e della stampa inducono un vero e proprio mercato delle notizie; si assiste così al moltiplicarsi dei tentativi di utilizzo fraudolento dei telegrafi di Stato e numerose sono le prove di accoppiamento dei telegrafi ottici ai piccioni viaggiatori. La scoperta delle batterie elettrochimiche e la loro produzione su larga scala innescano poi una lunga serie di invenzioni “elettriche”. Nel 1820, François Arago descrive il principio dell’elettrocalamita e Hans Christian Oersted, all’Académie des Sciences di Parigi, illustra il fenomeno per cui un conduttore percorso da corrente produce la deviazione di un ago magnetico. Ancora, nel 1827 Steinheil scopre che per la trasmissione di segnali elettrici su lunghe distanze si può fare affidamento sul “ritorno a terra”.
Nel 1833 Carl Friedrich Gauss e Wilhelm Eduard Weber fabbricano un telegrafo sperimentale che permette loro di comunicare all’interno dell’università di Gottinga. Mentre, nel 1837, William Cooke e Charles Wheatstone in Inghilterra e Samuel Morse negli Stati Uniti depositano un brevetto per un sistema telegrafico elettrico. Entrambi i sistemi si basano sul principio della deviazione di aghi magnetici per effetto del campo elettromagnetico indotto dal passaggio della corrente elettrica in una bobina. Samuel Morse ottiene un finanziamento di 30 mila dollari dal Congresso, per realizzare una linea telegrafica: il primo messaggio viene trasmesso tra New York e Baltimora il 24 maggio 1844. La circolazione dei risultati delle scoperte scientifiche permette ben presto a tutti i Paesi europei di sviluppare propri sistemi telegrafici che, uscendo dai laboratori, trovano subito l’appoggio delle società ferroviarie, come avviene in Inghilterra, e delle forze armate, come accade in Germania. In Francia, la Direzione dei telegrafi ottici incarica il proprio fornitore di materiali di meccanica di precisione, Bréguet, di proporre un telegrafo elettrico francese. Si assiste così alla corsa disordinata verso una diversificazione artificiosa di sistemi che vogliono mantenere peculiarità nazionali, anche se ben presto – soprattutto nelle linee internazionali – si impone il sistema Morse. Tra gli anni Sessanta e Settanta i progressi riguardano soprattutto le stazioni di trasmissione e i terminali: le apparecchiature Hughes (1862) e i sistemi Baudot (1874), che precodificano i segnali e sveltiscono i tempi di battitura, entrano in funzione sui collegamenti internazionali, mentre sulle linee secondarie rimangono in funzione gli antiquati telegrafi ad aghi. Il sistema multiplex, che permette di inviare diversi segnali in contemporanea sulla stessa linea, compie invece lenti progressi: a esso lavorano Searn (1873) e Thomas Alva Edison (1874). I conduttori aerei sviluppano una rete sempre più fitta e quelli sotterranei, dopo i primi insuccessi (famoso è quello della Siemens che nel 1848 pone sotto terra la linea tra Berlino e la Renania), hanno sempre maggiore sviluppo sì che tutta la rete parigina viene interrata. Questi conduttori richiedono nuove tecnologie di isolamento, che diventano una vera e propria sfida nei confronti dei passaggi sottomarini.
L’invenzione di Siemens per l’applicazione dell’isolante di guttaperca – un tipo di gomma – ai cavi in rame (1847) dà il via alle nuove linee; il primo cavo sotto la Manica è posto nel 1850. La rete appaltatrice dei lavori transatlantici per conto del governo inglese noleggia la nave più grande dell’epoca, la Great Eastern, e la trasforma perché diventi una “posacavi”. Sino ai primi anni Ottanta, l’Inghilterra mantiene il primato mondiale, soprattutto per la disponibilità delle risorse materiali primarie (rame, guttaperca e caucciù). Una prima linea, che collega San Francisco all’Europa attraverso l’Alaska e la Siberia, viene studiata nel 1858 per conto della compagnia americana Western Union, ma il progetto viene abbandonato di fronte al successo inglese del primo cavo transatlantico (1866). Londra è messa in comunicazione con l’India nel 1865 per mezzo di una linea terrestre, ma per le difficoltà tecniche di gestione questa viene sostituita con una nuova linea, appaltata alla Siemens, che attraversa la Russia e la Persia.
Le difficoltà tecniche nella posa dei cavi sono notevoli e impongono la costruzione di appositi argani e freni, per evitare la rottura del cavo sotto il proprio peso, prima che possa adagiarsi sul fondale. Inoltre, le elevate tensioni di alimentazione, richieste dalla resistenza dei conduttori, sono ridotte per non comprometterne le proprietà elettriche e di isolamento. William Thomson, futuro Lord Kelvin, professore di fisica all’università di Glasgow, propone di utilizzare basse tensioni e di sfruttare apparecchiature di ricezione più sensibili: nel 1865 brevetta il syphon recorder, in grado di rivelare segnali molto deboli che possono essere trasferiti a un apparato di scrittura: in questo modo è possibile uno sfruttamento commerciale del dispositivo. William Thomson è sulla Great Eastern durante le operazioni di posa, per sperimentare le proprie apparecchiature. La tecnologia dei terminali rimane così di competenza dei “meccanici” e degli “elettricisti”, mentre lo studio della trasmissione dei segnali fa il suo ingresso nelle aule di fisica e di matematica.
Nel 1873 James Clerk Maxwell pubblica il Treatise on Electricity and Magnetism, inaugurando un nuovo capitolo della fisica-matematica. Non mancano, inoltre, ingegnose invenzioni che troveranno il loro successo solo in un futuro lontano. Giovanni Caselli realizza il pantelegrafo, una lastra di rame che, se verniciata con un inchiostro isolante, perde la conducibilità superficiale dove sono tracciati i segni. Per mezzo di una scansione della lastra con una punta metallica, collegata a un pendolo elettrico, si convertono i segni in impulsi elettrici che sono quindi convogliati su una linea telegrafica: il 22 gennaio 1860 Gioacchino Rossini trasmette con questo “fax” la pagina di un suo spartito. Dal 1865 al 1870, tra Parigi e Lione, è in funzione una linea pubblica di trasmissione a distanza di immagini.
Il telefono
Con il telefono, per la prima volta nel corso della storia della tecnica, il nuovo mondo si impone sull’Europa: gli Stati Uniti diventano esportatori di tecnologie. Ma, di fronte ai tentativi dei mercati inglese e francese di eludere le restrizioni imposte dai propri brevetti, Graham Bell e Thomas Alva Edison non riescono a evitare che oltreoceano le proprie innovazioni si moltiplichino con varianti e “mutazioni”.
Come già per il telegrafo, la prima fase dello sviluppo del sistema telefonico non vede una concorrenza di intenti per ottenere la soluzione ottimale.
Negli anni Settanta, con i sistemi multiplex, le compagnie dei telegrafi riescono a trasmettere contemporaneamente due o quattro segnali sullo stesso conduttore. Gli studi per potenziare la capacità del multiplex vedono impegnati Elisha Gray, tra i padri fondatori della Western Telegraph, e Graham Bell: il primo è direttamente interessato alla telegrafia, mentre il secondo – insegnante di bambini sordi – trova campo d’indagine affine alle sue ricerche per sviluppare un “orecchio artificiale”. Nel 1871 Antonio Meucci brevetta un trasduttore elettroacustico (il primo vero apparato telefonico, in senso assoluto), ma non è in grado di rinnovare il brevetto.
Bell e Gray per vie diverse giungono a costruire un dispositivo che permette il trasporto della voce, convogliandola con segnali elettrici su conduttori metallici. È poi nel 1877 che cominciano a essere installate le reti telefoniche: prima negli Stati Uniti, quindi in Europa. Dopo le prime perplessità, alle reti cittadine si affiancano le prime linee a lunga distanza: la Boston-New York viene inaugurata nel 1884 e la Parigi-Londra nel 1891, ma il traffico commerciale continua a far uso del telegrafo. Del resto, i problemi relativi alla commutazione delle centrali cittadine sono molto complessi e gli incendi delle centrali di New York e di Parigi – avvenuti entrambi nel 1891 – frenano gli entusiasmi, anche se nel 1881 un primo prototipo di centrale automatica viene presentato all’Esposizione dell’elettricità di Parigi. Nel 1891 la Bell Telephone acquisisce il brevetto del selettore Strowger e diventa così possibile selezionare il destinatario direttamente dall’apparecchio di chiamata, senza far ricorso all’operatore del centralino. Il telefono rimane però il lusso di pochi benestanti che vivono nelle metropoli, mentre il telegrafo offre messaggi scritti, economici, in grado di percorrere anche lunghissime distanze; ma se il primo diventa un sistema di uso comune, il secondo richiede sempre un operatore specializzato.
Nel 1886 il tedesco Heinrich Hertz scopre le onde elettromagnetiche, che rivoluzioneranno le telecomunicazioni del XX secolo. Nel settembre del 1895, nella villa paterna di Pontecchio – nei pressi di Bologna – Guglielmo Marconi riesce a trasmettere un segnale “senza fili” a una distanza di due km, utilizzando l’oscillatore di Augusto Righi e il rivelatore (coherer) di Édouard Branly e di Oliver Lodge. Ma, non ottenendo attenzioni per la sua invenzione in Italia, grazie ad alcune conoscenze della madre – come l’irlandese Annie Jameson – Marconi si trasferisce in Inghilterra, dove brevetta la sua invenzione con l’aiuto del Post Office e dell’Ammiragliato. Le ostilità da parte delle società telegrafiche, che vedono minata la loro supremazia, non impediscono il pieno successo dei primi esperimenti di trasmissione attraverso il canale di Bristol e della Manica (1897): la prima trasmissione transoceanica tra l’Inghilterra e l’isola di Terranova si realizzerà nel 1901.