comunicare
. Vale in genere " rendere comune ad altri "; in Cv III Il 5 non che la divina natura sia divisa e comunicata in quelle [forme], ma dà quelle è participata (dove si precisa che ogni forma partecipa della natura divina, come le stelle di quella del sole, ma senza che ciò comporti una divisione di quella nelle singole forme: " participatur a rebus, non sicut pars, sed secundum diffusionem processionis ipsius ", Tomm. Sum. theol. I 75 5 ad 1).
Significa lo scambio di qualità e potenze, come in Cv IV I 2 le cose congiunte comunicano naturalmente intra sé le loro qualitadi; nella forma riflessiva significa il trasfondersi reciproco: cfr. ancora IV i 2 l'amore de l'una si comunica ne l'altra. In Cv III XI 18 e come lo suo nobile nome [filosofia] per consuetudine è comunicato a le scienze, vale piuttosto " estendere ".
In Cv IV XXVI 4 prima conviene essere perfetto, e poi la sua perfezione comunicare ad altri, più che il passaggio da un soggetto all'altro, significa l'atto dell'offrire ad altri ciò che è conquista propria.
Nelle due attestazioni della Vita Nuova vale per estensione " render noto ", " far conoscere ": XIX 22 io temo d'avere a troppi comunicato lo suo intendimento, e v 3 lo mio secreto non era comunicato lo giorno altrui per mia vista.