gallo-italica, comunità
La definizione di gallo-italico, riferita tradizionalmente a un gruppo di dialetti settentrionali (piemontese, lombardo, ligure ed emiliano e romagnolo), è utilizzata anche per indicare nel loro insieme le parlate che, presentando a loro volta caratteri altoitaliani, sono variamente dislocate fuori dell’area d’origine. Si tratta essenzialmente di due gruppi che interessano comunità sparse in Sicilia e nel Meridione continentale (tra l’estremità meridionale della Campania e la Basilicata), le cui vicende sembrano almeno in parte collegabili, e di due dialetti in provincia di Lucca, quello di Gombitelli frazione di Camaiore (frutto di un ripopolamento quattrocentesco) e quello di Sillano nell’alta Garfagnana (➔ minoranze linguistiche).
Se l’originalità di queste due ultime parlate viene oggi riletta alla luce dei rapporti di contiguità e interrelazione linguistica che hanno storicamente coinvolto un’area di contatto tra Toscana, Emilia e Lunigiana (Giannelli 1994), più problematica è la questione della presenza di parlate gallo-italiche nell’Italia meridionale. In Sicilia (Trovato 1998) si tratta dei dialetti di almeno ventiquattro località. Trovato (2002) tuttavia riconosce come ancora schiettamente gallo-italici solo i dialetti che condividono, tra le altre isoglosse settentrionali (➔ isoglossa), la dittongazione in sillaba libera tonica o davanti a palatale di ĕ ed ŏ latino: si tratta delle parlate di San Fratello (con l’ex-frazione di Acquedolci), San Pietro Patti, Montalbano Elicona, Novara di Sicilia (con l’ex frazione di Fondachelli-Fantina) in provincia di Messina; di Randazzo in provincia di Catania; di Nicosia, Sperlinga, Piazza Armerina e Aidone in provincia di Enna; di Ferla, Buccheri e Cassaro in provincia di Siracusa.
Si caratterizzano invece per la presenza di tratti settentrionali meno accentuati (e in particolare non condividono la dittongazione suddetta) alcuni dialetti nelle province di Messina, Catania, Enna e Palermo. Nel Meridione continentale, in Basilicata, si riconoscono due gruppi compatti di dialetti con caratteristiche gallo-italiche, uno nell’interno (la stessa Potenza, Picerno, Tito, Pignola, Vaglio e tracce in altri punti), e un altro sulle alture che circondano il golfo di Policastro sul versante tirrenico, coi dialetti di Trecchina, Rivello, Nemoli, S. Costantino (Bianchi, De Blasi & Fanciullo 2002): a quest’ultimo gruppo si collegano gli elementi settentrionali recentemente rilevati nelle parlate di Tortorella e Casaletto Spartano all’estremità meridionale della provincia di Salerno.
Se è tradizionalmente viva la consapevolezza della diversità linguistica dei comuni di parlata gallo-italica dell’area siciliana, spesso definiti lombardi con generico riferimento alla denominazione storica dell’Italia settentrionale, il carattere peculiare delle parlate gallo-italiche della Basilicata, immerse tra i dialetti lucani e più interessate a fenomeni di convergenza con questi, fu riconosciuto solo tra il 1931 e il 1941 (Rohlfs 1988). La presenza di parlate con tratti gallo-italici in un’area amministrativamente campana è stata constatata ancor più di recente; di conseguenza, gli studi si sono concentrati fin dal XIX secolo sulle parlate gallo-italiche di Sicilia, soprattutto per quanto riguarda la definizione dell’area d’origine.
La constatazione di Rohlfs (1988) che i dialetti gallo-italici della Lucania condividono col gruppo insulare tutte le caratteristiche essenziali induce a non tenerne disgiunta l’analisi linguistica (soprattutto per gli aspetti principali della fonetica), anche se è poi evidente che le vicende relative agli insediamenti dovettero svolgersi con modalità e (almeno in parte) cronologie differenti. Effettivamente, i tratti più vistosamente ‘settentrionali’ di tutte queste parlate rimandano genericamente all’Alta Italia senza che sia possibile supporre una precisa dislocazione originaria. È il caso non solo della già citata dittongazione (con le diverse possibili evoluzioni: San Fratello pièciu «petto», fuòghja «foglia»; Aidone niv «neve», fughja «foglia»; Potenza tjégnë «tengo», vuógljë «voglio»), ma anche di altri fenomeni del vocalismo (particolarmente vistosi in Sicilia per l’opposizione al sistema pentavocalico locale del tipo panromanzo a sette vocali) e del consonantismo, che appare anch’esso di tipo genericamente settentrionale, ad es., con la sonorizzazione delle occlusive sorde intervocaliche (San Fratello savar «sapere», ssalurer «salutare», furmiega «formica»; Vaglio nëvorë «nipote», dirë da un precedente diδë «dito», fuγë «fuoco»). Lo stesso vale per alcuni aspetti della morfologia, quali il genere femminile di sostantivi come (San Fratello) mièu «miele», fièu «fiele», sseu «sale» e sciàura «fiore».
Tutto ciò ha portato in passato a individuare l’area d’origine delle parlate gallo-italiche nella Sicilia in punti diversi del Settentrione, di volta in volta l’Emilia, l’area lombarda tra il Novarese e il Canton Ticino o il Monferrato. Oggi, dopo le osservazioni di Petracco Sicardi (1969) e le puntualizzazioni di Pfister (1988), si è generalmente concordi nel riconoscere condizioni originarie comuni ai dialetti gallo-italici del Meridione e a quelli di una fascia di contatto tra il Piemonte meridionale e la Liguria montana occidentale. L’individuazione di quest’area come zona d’origine degli insediamenti si basa sull’analisi di fenomeni secondari della fonetica (ad es., la presenza delle palatalizzazioni di pl-, bl-, fl-, secondo modelli condivisi dai dialetti meridionali e dal ligure ma non da altri dialetti settentrionali) e della morfologia (desinenze dell’infinito in -é e il tipo somo per la prima persona plurale dell’indicativo presente di essere) che, variamente condivisi dai vari dialetti gallo-italici della Sicilia e della Basilicata, si presentano combinati in modo analogo solo in un’area del Nord-Ovest, che conosce varietà di transizione ligure-piemontese in cui si incuneano profondamente antichi elementi di continuità con l’area lombarda.
Tale dislocazione originaria pare confermata anche da elementi lessicali, in gran parte comuni ai dialetti gallo-italici della Sicilia e della Basilicata, che trovano riscontro in un’area ligure-piemontese che sembra escludere Torino a nord e Genova a est, come mostrano, ad es., i casi di chintana «vicoletto» e carrùggiu «vicolo» o del tipo garbo «cavo d’albero». Per il resto il lessico dei dialetti gallo-italici conserva da un lato tratti genericamente settentrionali o di area nord-occidentale (ad es., il tipo testa contro capo del lombardo antico e dei dialetti meridionali), dall’altro si mostra ampiamente esposto all’influsso delle circostanti parlate siciliane e lucane (che a loro volta presentano, per naturale osmosi in un contatto linguistico a lungo termine, una componente settentrionale). Questo tipo di affioramenti pone il problema della probabile maggiore estensione, nei secoli scorsi, dei dialetti gallo-italici e del rapporto di questi insediamenti con le isole linguistiche gallo-romanze del Meridione continentale (Faeto e Celle San Vito francoprovenzali in Puglia, Guardia Piemontese provenzale in Calabria) e con la componente genericamente definita gallo-romanza del lessico siciliano.
Definita con sufficiente approssimazione un’area d’origine, non è da escludere che gli insediamenti settentrionali abbiano coinvolto all’atto della fondazione e per apporti successivi anche genti di diversa origine settentrionale, anche per il protrarsi dei contatti economici e commerciali (soprattutto in Sicilia) col Settentrione. Allo stesso modo, è spesso evidente la precocità del contatto tra la parlata dei nuovi venuti e il contesto dialettale delle zone d’accoglienza: nel caso della Sicilia, in particolare, la pur scarsa documentazione storica fa riferimento all’insediamento dei ‘Lombardi’ non tanto in termini di nuove fondazioni, quanto in termini di trasferimenti in comunità locali già esistenti.
Quanto alle motivazioni dell’immigrazione e alla cronologia relativa, secondo le ipotesi più accreditate l’insediamento in Sicilia si fa risalire all’XI-XIII secolo, quando i nuclei di origine altoitaliana furono trasferiti sull’isola, verosimilmente su richiesta della monarchia normanna, allo scopo di ripopolare o comunque di infoltire centri ritenuti strategici per il controllo di aree ancora caratterizzate, all’epoca, da una significativa presenza araba. L’infeudazione di alcune aree dell’isola alla nobiltà aleramica (legata ai Normanni da vincoli politici e matrimoniali) spiega bene la provenienza dall’area individuata, corrispondente alla sezione occidentale dell’antico Marchesato del Monferrato, all’epoca investito da una profonda crisi economica e demografica.
Analoghe sono le ragioni del trasferimento, probabilmente in un periodo di poco successivo, di signori feudali di origine aleramica nella Basilicata dell’epoca normanna (XII sec.) e angioina (XIII sec.). Mentre la geografia degli insediamenti in Sicilia mostra chiaramente la volontà di tenere separate le ancora vitali comunità arabe della parte sudorientale dell’isola da quelle del settore occidentale, in Basilicata si trattava essenzialmente della necessità di controllare, attraverso sudditi fedeli insediati in zone di nuova conquista, aree di approdo come il golfo di Policastro o importanti direttrici lungo la via terrestre che congiungeva Napoli a Taranto.
È difficile sintetizzare lo stato attuale delle parlate gallo-italiche nel Meridione, e anche solo tentare di definirne la situazione a livello regionale. Per i dialetti della Basilicata, in conseguenza del mancato mantenimento nel tempo di una ‘identità’ particolare da parte dei parlanti, l’acquisizione di una specificità rispetto alle parlate circostanti è un fatto recente e legato alla riflessione scientifica. I tratti della ‘settentrionalità’ vi appaiono quindi sempre più stemperati in una significativa componente meridionale, dovuta a un processo secolare di convergenza con le parlate contermini, già a partire, probabilmente, da un’originaria condizione di mistilinguismo.
Alcuni degli studi raccolti in De Blasi et al. (1991) hanno ulteriormente evidenziato il carattere fortemente regressivo della settentrionalità lucana (anche a Potenza, la cui funzione di capoluogo regionale ha agito come elemento di crisi, più che di rilancio, della dialettofonia locale). Di conseguenza, la conservazione di queste parlate pare sempre più affidata alla raccolta di documentazione che a iniziative volontaristiche di promozione, pur presenti da qualche tempo nel quadro generale della rivalutazione dei dialetti lucani. In Sicilia la situazione appare assai più complessa e articolata, anche a causa della maggior diffusione delle parlate. I dialetti gallo-italici, storicamente sottoposti alla pressione e all’interferenza del siciliano e dell’italiano, sono ancora particolarmente vitali a San Fratello, Nicosia, Sperlinga (in tradizionale convivenza col siciliano) e a Novara di Sicilia, centri tra loro contigui e nei quali la percezione dell’alterità linguistica rispetto alle circostanti parlate siciliane è particolarmente intensa. Ad Aidone e a Piazza Armerina, invece, già verso la fine del XIX secolo la parlata locale veniva percepita come arcaica e il suo uso era limitato agli ambiti sociali più bassi.
In generale però rimane ovunque diffusa la consapevolezza dell’originalità linguistica dei ‘lombardi’ (Sgroi 1989) che, per quanto in crisi nei centri minori, è tuttora elemento caratterizzante di una identità locale, tale da favorire anche il sorgere di iniziative spontanee di rivitalizzazione e promozione. Un particolare rilievo assume storicamente, in tal senso, la produzione letteraria, che a partire dall’Ottocento riguarda soprattutto il dialetto sanfratellano e quello di Nicosia, e più recentemente quello di Montalbano Elicona. Sulle parlate altoitaliane della Sicilia vertono numerose iniziative di studio e di promozione attuate in particolare dall’università di Catania col «progetto Gallo-italici» diretto da S.C. Trovato, che ha curato anche la pubblicazione sistematica di materiali storico-documentari e sondaggi sulla vitalità attuale.
La popolazione dei centri di dialetto gallo-italico della Sicilia si calcola in circa 60.000 abitanti, ma non esistono statistiche sulla vitalità delle singole parlate rispetto al contesto generale dei dialetti siciliani. Per quanto riguarda le iniziative istituzionali di tutela, malgrado le ricorrenti iniziative di amministratori e rappresentanti locali, né la legislazione isolana né quella nazionale (legge 482/1999; ➔ legislazione linguistica) hanno mai preso in considerazione forme concrete di valorizzazione della specificità delle parlate altoitaliane della Sicilia, che pure rientrano a pieno titolo, come il tabarchino della Sardegna, nella categoria delle isole linguistiche e delle alloglossie.
Bianchi, Patricia, De Blasi, Nicola & Fanciullo, Franco (2002), La Basilicata, in Cortelazzo et al. 2002, pp. 757-792.
Cortelazzo, Manlio et al. (2002), I dialetti italiani. Storia, struttura, uso, Torino, UTET.
De Blasi, Nicola et al. (1991), Le parlate lucane e la dialettologia italiana. Studi in memoria di Gerhard Rohlfs. Atti del convegno (Potenza - Picerno, 2-3 dicembre 1988), Galatina, Congedo.
Giannelli, Luciano (1994), Situazioni di contatto e migrazioni: ‘Gallo-romani’ attorno a Lucca, in Migrazioni interne. I dialetti galloitalici della Sicilia. Atti del XVII convegno di studi dialettali italiani (Nicosia - Catania, 1987), a cura di S.C. Trovato, Padova, Unipress, pp. 31-52.
Petracco Sicardi, Giulia (1969), Gli elementi fonetici e morfologici ‘settentrionali’ nelle parlate gallo-italiche del Mezzogiorno, «Bollettino del Centro di studi filologici e linguistici siciliani» 9, pp. 106-132.
Pfister, Max (1988), Galloromanische Sprachkolonien in Italien und Nordspanien, Mainz, Akademie der Wissenschaften und Literatur Stuttgart, F. Steiner.
Rohlfs, Gerhard (1988), Studi linguistici sulla Lucania e sul Cilento, Galatina, Congedo.
Sgroi, Claudio G. (1989), I gallo-italici minoranze linguistiche? Identità e impenetrabilità delle varietà gallo-italiche in Sicilia, in Progetto Gallo-italici. Saggi e Materiali 1, a cura di S.C. Trovato, Catania, Dipartimento di Scienze linguistiche, filologiche, letterarie medievali e moderne, pp. 25-71.
Trovato, Salvatore C. (1998), Galloitalische Sprachkolonien. I dialetti galloitalici della Sicilia, in Lexikon der Romanistischen Linguistik (LRL), hrsg. von G. Holtus, M. Metzeltin & C. Schmitt, Tübingen, Niemayer, 8 voll., vol. 7º (Kontakt, Migration und Kunstsprachen; Kontrastivitat, Klassifikation und Typologie), pp. 538-559.
Trovato, Salvatore C. (2002), Sicilia, in Cortelazzo et al. 2002, pp. 834-897.