PETRUCCI, Concezio
PETRUCCI, Concezio. – Nacque a San Paolo di Civitate (Foggia) il 23 settembre 1902, figlio di Mariantonia Petrucci. Dopo aver frequentato le scuole nel collegio dei padri salesiani di Gualdo Tadino, dove conseguì la maturità classica, nel 1921 si iscrisse alla Regia Scuola superiore di architettura di Roma, laureandosi nel 1926 con un progetto per una sede bancaria in piazza del Parlamento, un austero edificio a ordini sovrapposti semplificati, espressione del moderato classicismo sostenuto da Gustavo Giovannoni, che di Petrucci fu una delle principali figure di riferimento.
Fin da studente si dedicò con successo anche alla pittura e alla scultura, sostenuto dai fratelli naturali, il pittore Amleto e lo scultore Walter Lombardi, figli di Mariantonia Petrucci e di Haroldo Lombardi, un possidente pugliese che viveva con la famiglia in Francia. Con i fratelli partecipò a importanti mostre collettive, tra le quali, nel 1924, a Roma la Mostra collettiva degli artisti pugliesi e, nel 1928, a Foggia la Mostra d’arte di Capitanata; di nuovo a Roma, nel 1928, la Mostra d’arte marinara, organizzata dalla Lega navale italiana.
Fu proprio Giovannoni, con Marcello Piacentini, a consigliare a Petrucci, dopo soli tre anni dalla laurea, di presentare domanda come docente incaricato presso la facoltà di Firenze.
A loro si deve, come parte del riordino dell’assetto didattico nel sistema universitario conseguente alla riforma Gentile (1923), l’istituzione di una nuova materia: edilizia cittadina e arte dei giardini, caratterizzata dall’unitarietà dell’approccio progettuale alla scala dell’edificio e della città. Questo insegnamento aveva come obiettivo quello di formare una figura di architetto integrale, cara soprattutto a Giovannoni, che vedeva il disegno urbano come sintesi delle competenze del progettista. I disegni dei piani regolatori erano quindi accompagnati da visioni prospettiche dei contesti urbani, ove gli edifici erano rappresentati anche nel dettaglio dei loro caratteri architettonici, come esemplificazione dell’immagine che la città regolata dalle norme del piano avrebbe dovuto avere.
Il corso di edilizia cittadina e arte dei giardini, istituito a Firenze nel 1929, fu affidato a Petrucci nell’anno della sua chiamata in questa facoltà (Corsani, 2007). Il 31 dicembre 1931 Petrucci fu abilitato alla libera docenza in architettura generale, e dall’anno successivo passò all’insegnamento di urbanistica, disciplina che proprio nel 1932 diventava un insegnamento indipendente.
Le prime occasioni progettuali furono le partecipazioni ai concorsi per i piani urbanistici, banditi dalla fine degli anni Venti in poi, caratterizzati da una iniziale attenzione per il recupero e l’espansione delle città storiche, e in seguito per le città di nuova fondazione in aree interessate dai programmi di bonifica.
Petrucci esordì con il concorso per il piano regolatore di Foggia (1927-28) in gruppo con Alfio Susini e Mosè (Mario) Tufaroli Luciano, suo compagno di corso alla Scuola superiore di architettura, e con l’ingegnere Emanuele Filiberto Paolini. Al progetto fu assegnato il secondo premio. L’anno successivo vinse il primo premio al concorso per il piano regolatore della città e della Marina di Pisa (1929), in gruppo con Susini, Tufaroli, Mario Paniconi e Giulio Pediconi. I concorsi urbanistici di quel periodo furono sostanzialmente concorsi di idee, cui non faceva quasi mai seguito un incarico esecutivo, affidato invece ai professionisti interni agli uffici tecnici.
Petrucci ebbe occasione di realizzare le città prefigurate nei suoi piani dal 1930, quando fu chiamato da Araldo Di Crollalanza a dirigere l’ufficio urbanistico di Bari. Come podestà di Bari dal 1926, deputato, ministro dei Lavori pubblici e infine presidente dell’ONC (Opera Nazionale Combattenti), Di Crollalanza elesse Petrucci suo architetto di fiducia. In quel contesto nacquero i piani regolatori di Bari vecchia (1931) e di Bari (1932-33).
Fin dai primi anni Venti, Benito Mussolini aveva dichiarato la sua intenzione di intervenire a favore del Meridione d’Italia e di fare di Bari una delle città più importanti del Mediterraneo; di conseguenza Di Crollalanza intraprese una politica di allargamento dei confini amministrativi del Comune e diede incarico a Petrucci di risolvere il delicato compito di applicare le teorie giovannoniane al caso concreto della città vecchia: il tessuto storico fu oggetto di diradamento, risanamento e restauro per l’introduzione di nuove strade e cannocchiali visivi, il cui fine era di valorizzare le emergenze storico-architettoniche (Cucciolla, 2006, pp. 94-96, 111-164).
In attuazione del piano furono avviati la sistemazione e l’ampliamento della centralissima piazza S. Barbara con la realizzazione, in collaborazione con l’ingegnere Sergio Giancaspro, del Museo storico, poi trasformato in casa del fascio (1935).
Per questo intervento Petrucci introdusse un tema urbano a lui caro, quello della piazza neocorporativa, consistente in un recinto porticato che delimitava lo spazio pubblico, concluso da una torre civica. Quest’ultima, figura classica del periodo fascista, in Petrucci assunse un ruolo cittadino integrato più che iconico, da lui ripreso in varie occasioni nei successivi interventi per le città di fondazione, sviluppando i contrasti cromatici dei materiali e i rapporti dei volumi nel contesto urbano.
Nell’ambito dell’esperienza di progettista della città di Bari, Petrucci fu autore di importanti opere pubbliche (Cucciolla, 2006, pp. 165-204), tra le quali il monumentale regio liceo-ginnasio Cirillo (1932), situato sul lungomare di Ponente, e la facoltà di economia e commercio (1934-37), che presenta aspre bugne di rivestimento in pietra di Bisceglie e tufo di Castellaneta.
Petrucci, che guardava al passato e al romanico come fonte di ispirazione per le sue architetture, per il complesso universitario dimostrò il suo interesse anche nei confronti della classicità dell’architettura tedesca degli anni Venti, che aveva studiato in due viaggi in Germania nel 1930 e nel 1931. In particolare, echi della stazione ferroviaria di Stoccarda (1913-27) di Paul Bonatz, con la composizione dell’ordine gigante a colonne squadrate centrali nei volumi ripetuti e slittati della lunga facciata, completati dalla torre a base quadrata, si ritrovano nell’edilizia cittadina delle città di fondazione e nei grandi complessi urbani baresi, concepiti come brani di città.
A Bari costruì inoltre la villa Cernò (1937), per la sorella Ivonne Lombardi, coniugata Cernò, un piccolo intervento residenziale nel quale espresse un linguaggio semplificato e quasi razionalista, e nel 1938, poco distante dal liceo Cirillo, un complesso di case per l’INCIS (Istituto Nazionale per le Case degli Impiegati dello Stato).
Il fenomeno delle bonifiche integrali, che ebbe inizio nel 1928 con la fondazione di Mussolinia, oggi Arborea, nella regione sarda del Campidano, avviò la fondazione di piccoli centri urbani rurali caratterizzati da un nucleo civico intorno a una piazza centrale, nella quale era presente la ‘torre littoria’. I concorsi per le città nuove dell’Agro pontino si susseguirono nel corso degli anni Trenta, e dopo Littoria, Sabaudia e Pontinia furono banditi quelli per Aprilia (1935), il cui primo nucleo fu completato già nel 1937, e per Pomezia (1937-39). Petrucci costituì un gruppo di progettazione, chiamato dalle iniziali dei componenti 2PTS (Petrucci, Tufaroli e gli ingegneri Emanuele Filiberto Paolini e Riccardo Silenzi), che si aggiudicò questi due incarichi.
Il tono paesano che caratterizza queste due città di fondazione deriva da un linguaggio ormai consolidato dei progettisti del gruppo, reso più asciutto dalle necessità autarchiche accentuatesi dopo il 1935 per motivi economici legati alle spese che la nazione dovette affrontare nella guerra d’Africa.
All’interno del programma di bonifica fu ancora Di Crollalanza, in qualità di presidente dell’ONC (Opera Nazionale Combattenti), ente affidatario della maggior parte delle aree di bonifica, a ritenere Petrucci l’urbanista di riferimento per due interventi in Sardegna e nelle Puglie. Con lo stesso gruppo di progettazione 2PTS, nel 1937 Petrucci elaborò il piano regolatore di Fertilia, nei pressi di Alghero, fondata due anni prima, e nel 1939, nel quadro del piano di assetto generale del Tavoliere delle Puglie, dovuto allo stesso Petrucci, il progetto del Comune di Segezia.
L’esperienza consolidata dalle precedenti analoghe questioni affrontate per il progetto urbano consentì a Petrucci di concentrarsi su questioni di innovazione del linguaggio architettonico per quella che è considerata la sua opera più importante: la chiesa di S. Benedetto, che presenta una luminosa facciata rivestita in pietra di Trani composta in moduli quadrati al centro dei quali sono incastonate piccole mattonelle ceramiche colorate, disegnate dallo stesso Petrucci, che in quest’opera espresse anche le sue doti di pittore, con il campanile a pianta quadrata concepito come corpo a sé stante, che si mostra nella sua semplicità estrema di scheletro in cemento armato lasciato a vista.
Degne di nota nella produzione di Petrucci sono ancora l’Opera parrocchiale di S. Michele Arcangelo a Foggia (1932), con sculture di Venanzo Crocetti, il restauro del castello di Torremaggiore, la casa della GIL (Gioventù Italiana del Littorio) a San Severo (1934) e la sede dell’ONC di Foggia (1938).
A Roma, dove dopo la laurea visse sempre e dove aveva sede il suo studio, realizzò il piano di Castel Fusano nel 1932, e all’inizio degli anni Quaranta il progetto del padiglione della Sanità della razza per l’E42 (non realizzato). Fece anche parte di uno dei tre gruppi istituiti da Marcello Piacentini per studiare la Variante generale al piano regolatore del 1931.
Nel 1944, Petrucci, «cessata la guerra, aveva finalmente sposato la donna ebrea fuggita da Berlino, madre di sua figlia» (Petrucci, 2004, p. 49). Aveva conosciuto Hilde Brat ad Amalfi sette anni prima, e avevano subito formato una famiglia, sulla quale pesò la necessità di nascondere Hilde, perché ricercata dai nazisti.
Gli ultimi due incarichi professionali furono, nel 1945, il piano regolatore di Fregene e quello di ricostruzione di Cassino, quest’ultimo in collaborazione con l’ingegnere Giuseppe Nicolosi.
Morì a Roma, città dove aveva vissuto per oltre venticinque anni, il 25 marzo 1946, a causa delle conseguenze di un crudele e sciagurato lancio di sassi da parte di giovani teppisti, che lo colpì mentre vogava sul Tevere.
Fonti e Bibl.: Annuario della Regia Scuola di Architettura in Roma, anno accademico 1926-1927, Roma 1927; M. Paniconi, Urbanistica. Piano regolatore di Castel Fusano. Arch. C.P., in Architettura, XII (1933), 9, pp. 587-593; Liceo ginnasio a Bari. Arch. C.P., ibid., n. 12, pp. 743-756; Due progetti per edifici in Bari. Arch. C.P., ibid., XIV (1935), 5, pp. 290-295; C. Petrucci, L’opera di San Michele Arcangelo a Foggia. Arch. C.P., ibid., XVI (1937), 1, pp. 1-11; Id., Nuova sede della facoltà di Giurisprudenza e di Economia e Commercio della R. Università di Bari. Arch. C. P., ibid., n. 9, pp. 533-540; M. Piacentini, Aprilia. Arch. C. P., Mario Tufaroli e ingg. Filiberto Paolini e Riccardo Silenzi, ibid., XVII (1938), 7, pp. 393-416; Villetta in Bari. Arch. C.P., ibid., n. 11, pp. 681-684.
E. Siciliano, La notte matrigna, Milano 1975; E. Corvaglia - M. Scionti, Il piano introvabile. Architettura e urbanistica nella Puglia fascista, Bari 1985; G. Piemontese, P. e il progetto dell’Opera San Michele a Foggia, Bari 2002; F. Petrucci, Uova di luce, Ancona 2004; Note su C. P. L’architetto delle ‘città nuove’, a cura di D. De Angelis, Roma 2005; A. Cucciolla, Vecchie città, città nuove. C. P. 1926-1946, Bari 2006; G. Corsani, I primi passi dell’urbanistica (1929-1948), in La facoltà di architettura di Firenze fra tradizione e cambiamento. Atti del Convegno, Firenze… 2004, a cura di G. Corsani - M. Bini, Firenze 2007, pp. 93-104.