ESPINA, Concha
Scrittrice spagnola, nata a Santander il 15 aprile 1879. Iniziò collaborando a riviste e a giornali e tentando la lirica (Mis flores, 1904), che abbandonò per la prosa narrativa e psicologica. Alla prima raccolta di racconti e articoli (Trozos de vida, 1907), seguì una serie di romanzi, tra cui si distacca La Esfinge maragata (1913), che meglio esprime la sua simpatia per la vita dei campi e per il mondo folcloristico della Spagna, con un linguaggio ricco di voci e movenze popolari. Ma in altre opere l'E. approfondisce il senso doloroso della vita, con un procedimento veristico e analitico, come in Despertar para morir (1910), Agua de nieve (1911) e La rosa de los vientos (1915), che rappresentano anime di donne percosse dalla tragedia al loro primo contatto con il mondo. Più sintetiche sono le novelle, che riproducono le stesse note tormentose (Ruecas de marfil, 1917; Pastorelas, 1920; Las niñas desaparecidas 1927); e le pagine che rievocano le donne del Quijote (1916). Ma l'E. si è rivolta sempre più consapevolmente ai drammi silenziosi dell'uomo e della terra; El metal de los muertos (1920), El altar mayor (1926), La virgen prudente (1930), Copa de horizontes (1931), sono romanzi e novelle che investono figure e ambienti sociali di larga umanità.
Traduzioni: Donne del Don Chisciotte, di A. Beccari, Lanciano 1920; Il trovatello (El iayón, racconto), di G. Calabritto, Lanciano 1921; Altar maggiore, di M. Bartolini, Roma 1927; Le fancialle scomparse. di A.L. Gasparetti, Roma 1928.
Bibl.: E. Levi, Figure della letteratura spagnola contemporanea, Firenze 1922; R. Consinos Assens, Literaturas del Norte: C. E., Madrid 1924; C. Espina, De su vida, de su obra literaria al través de la crítica universal, Madrid 1928; M. Fría Lagoni, C. E. y sus críticos, Tolosa 1929.