conciliarita
conciliarità s. f. inv. Espressione di universalità della Chiesa cattolica, basata sull’armonia conciliare delle Chiese locali.
• La «conciliarità» del Papa è riscontrabile poi nel suo primo documento programmatico, l’esortazione «Evangelii Gaudium», da cui emerge un’impostazione pastorale molto distante dagli assi portanti del discorso ratzingeriano. (Alessandro Santagata, Manifesto, 27 aprile 2014, p. 3) • Negli ultimi due secoli la chiesa delle condanne aveva rinunciato alla via dell’annuncio per condannare tutto ‒ la modernità borghese, il liberalismo, il capitalismo, il comunismo, la cultura dei diritti, eccetera. Anche a costo di consegnare il guscio reazionario di un cristianesimo senza fede a un Occidente senz’anima. Anche a costo di fare delle chiese locali i megafoni stanchi di un trionfalismo romano. Anche a costo di guardare con sospetto la leggerezza apostolica che riteneva superflua la missione fatta con una bisaccia per il vangelo e una per il potere. Anche a costo di perdere la propria conciliarità e la propria capacità di ascolto dell’altro ‒ di Israele, delle chiese, delle culture. (Alberto Melloni, Corriere della sera, 28 dicembre 2015, p. 34, Idee & opinioni) • Il Concilio è stata un’occasione per riscoprire questa verità, e vuole essere «il primo passo» di un cammino conciliare che non deve terminare qui: i padri hanno infatti deciso che analoghi concili saranno convocati da ora in poi a scadenze regolari «ogni sette o dieci anni». La conciliarità è infatti la dimensione propria della vita della Chiesa e per questo deve tornare a diventare la sua regola e non restare un evento eccezionale. (Enzo Bianchi, Avvenire, 28 giugno 2016, p. 2, Idee).
- Derivato dall’agg. conciliare con l’aggiunta del suffisso -ità.
- Già attestato nella Stampa del 28 novembre 1975, p. 10, Nel Mondo.