Concordato di gruppo
La Corte di cassazione, con sentenza del 13.10.2015, n. 20559, ha affermato che il concordato cd. di gruppo non è proponibile, innanzi al medesimo tribunale, in assenza di una disciplina positiva che si occupi di regolare la competenza, le forme del ricorso, la nomina degli organi, nonché la formazione delle classi e delle masse, sicché, in base alla disciplina vigente, il concordato preventivo può essere proposto unicamente da ciascuna delle società appartenenti al gruppo davanti al tribunale territorialmente competente per ogni singola procedura, senza possibilità di confusione delle masse attive e passive, per essere, quindi, approvato da maggioranze calcolate con riferimento alle posizioni debitorie di ogni singola impresa.
SOMMARIO 1. La ricognizione 2. La focalizzazione 3. I profili problematici. La giurisprudenza di merito 3.1 La recente decisione dalla Cassazione 3.2 Le prospettive di riforma
Nella moderna realtà economica, le imprese operanti sul mercato sono spesso organizzate in gruppi.
Tuttavia, l’attuale sistema del diritto fallimentare, pur a seguito delle modifiche apportate dalle riforme che l’hanno negli ultimi anni più volte investito, non conosce, almeno in forma compiuta, il fenomeno1.
Se si escludono le norme dettate in tema di amministrazione straordinaria (dagli artt. 80 ss. d.lgs. 8.7.1999, n. 270, e dall’art. 4 bis d.l. 23.12.2003, n. 347, convertito, con modificazioni, con la l. 18.2.2004, n. 39) ed in tema di amministrazione straordinaria e liquidazione coatta amministrativa dei gruppi bancari od assicurativi insolventi (artt. 98 ss. d.lgs. 1.9.1993, n. 385 e dagli artt. 275 ss. d.lgs. 7.9.2005, n. 209), la legislazione concorsuale in vigore non prevede, in effetti, salvo che per alcuni profili specifici2, una disciplina che regoli organicamente il caso in cui la società insolvente appartenga ad un gruppo.
Nondimeno, nella pratica si è assistito, in modi diversi, a tentativi empirici di coordinamento delle procedure afferenti le diverse società del gruppo alla ricerca di una gestione unitaria della relativa insolvenza.
Ciò, in particolare, è accaduto in sede di richiesta di ammissione al concordato preventivo, con la presentazione, da parte di una pluralità di società appartenenti al medesimo gruppo – attraverso uno o anche più ricorsi distinti – di uno o più piani tra loro collegati, se non reciprocamente condizionati, che prevedono, nei contenuti e/o sul piano procedurale, forme, più o meno intense, di coordinamento o di unificazione, tra le relative procedure e, perfino, ove possibile, tra le soluzioni alla crisi in concreto proposte, come la liquidazione unitaria dei beni allocati presso le singole società del gruppo e/o la continuazione dell’impresa nel suo complesso3.
Si parla, in tali ipotesi, di concordato di gruppo4.
Numerosi, però, sono i profili problematici che la fattispecie ha fatto emergere, sia sul piano processuale, che su piano sostanziale.
Quanto ai primi, le questioni più importanti hanno riguardato:
1) la competenza territoriale, dovendosi stabilire se ed a quali condizioni, nel concordato proposto da società appartenenti al medesimo gruppo ma con sedi in circondari diversi, possa ritenersi territorialmente competente il tribunale nel cui circondario ha sede la società holding;
2) il sindacato dei presupposti (oggettivi e soggettivi) di ammissione alla procedura, dovendosi verificare se ed in quale misura la normativa consenta una valutazione unitaria degli stessi o se, al contrario, essi vadano accertati con riguardo alle singole società ricorrenti;
3) lo svolgimento della procedura, dovendosi stabilire se è legittimo che il concordato di tutte le società del gruppo sia introdotto con un unico ricorso e si svolga nel contesto di un unico procedimento oppure se, al contrario, sono necessari tanti ricorsi (e, quindi, tante procedure) quante sono le società coinvolte, sia pur, al limite, con la nomina degli stessi organi e la contestuale adozione degli stessi provvedimenti.
Quanto ai secondi, i temi più delicati riguardano la possibilità di prevedere, nella proposta di concordato, forme di confusione e di aggregazione delle masse attive e/o passive delle diverse società del gruppo (cd. substantive consolidation).
Le questioni esposte hanno spesso ricevuto, in giurisprudenza, soluzioni differenti.
Quanto alla competenza per territorio, i giudici hanno, in genere, ritenuto che, al fine della individuazione del tribunale competente a decidere sulla domanda di ammissione al concordato preventivo, non possono trovare applicazione, come più volte affermato anche per la dichiarazione di fallimento5, le deroghe alla competenza per ragioni di connessione (artt. 40 e 31 ss. c.p.c.), né può configurarsi, qualora alcune delle società coinvolte nel concordato di gruppo abbiano sede legale nel circondario di un tribunale diverso da quello della holding, un’attrazione, per effetto della mera detenzione della partecipazione di controllo, a favore del foro concorsuale di quest’ultima6.
Le diverse società del gruppo possono, pertanto, presentare la domanda di concordato preventivo innanzi allo stesso tribunale ma solo se la relativa sede – quanto meno effettiva (ma, in quest’ultimo caso, fornendone la prova, ove la stessa non corrisponda alla sede legale) – sia collocata nel corrispondente circondario7: e, precisamente, presso la holding, quale luogo deputato all’adozione delle decisioni operative dell’intero gruppo8.
Inoltre, il sindacato sui presupposti (soggettivi ed oggettivi) per l’ammissione alla procedura (tra i quali, in particolare, i parametri dimensionali previsti dall’art. 1 l. fall. e lo stato di crisi richiesto dall’art. 160 l. fall.) è stato per lo più svolto – come del resto ai fini della dichiarazione di fallimento9 – con riferimento a ciascuna società del gruppo10 .
Non sono, tuttavia, mancati i casi in cui tale verifica è stata svolta globalmente11, come per la capienza patrimoniale necessaria per l’attuazione della proposta, accertata avendo riguardo all’attivo ricavabile dalla cessione globale dei beni delle varie società12, così come è stata affermata la possibilità, se non la necessità, che il concordato di gruppo preveda, per essere ammissibile come tale, la prosecuzione, nell’interesse dei creditori, dell’attività aziendale nel suo complesso13 e/o la liquidazione unitaria dei beni allocati presso le singole società del gruppo14.
Le procedure di concordato – talvolta proposte con distinti ricorsi collegati15, altre volte con un unico ricorso16 (purché sottoscritto dai legali rappresentanti delle diverse società debitamente autorizzati a norma dell’art. 152 l. fall.17), in forza di un unico piano ovvero di piani distinti ma coordinati e, talvolta, reciprocamente condizionati18 – sono state, poi, sia pur come “fascio” di distinti procedimenti19, per lo più trattate in modo unitario, per ragioni di semplificazione e di economia processuale20, con la nomina degli stessi organi (vale a dire il giudice delegato, il commissario giudiziale e, nel concordato per cessione, il liquidatore dei beni) e l’adozione – se del caso previa riunione21 – di un unico provvedimento di ammissione e/o di omologazione per tutte le società del gruppo22, facendo, tuttavia, salva la necessità di procedere (anche nel contesto della medesima adunanza) ad una distinta votazione da parte dei creditori delle società coinvolte23.
Sul piano sostanziale, infine, è stato in genere affermato il principio della necessaria separatezza delle masse attive e passive delle singole società24, con esclusione, quindi, della possibilità che il concordato preveda la soddisfazione parziale dei creditori di una società e la contestuale messa a disposizione del residuo patrimonio della stessa per il pagamento dei debiti delle altre società del gruppo: l’autonomia giuridica e patrimoniale delle singole società del gruppo, infatti, non consente che i beni di una società possano essere utilizzati, in violazione dell’art. 2740 c.c., per il pagamento dei creditori di un’altra società senza pagare integralmente i creditori della prima25.
La Corte di cassazione, con la sentenza del 13.10.2015, n. 20559, ha stabilito che il concordato cd. di gruppo non è proponibile, innanzi al medesimo tribunale, in assenza di una disciplina positiva che si occupi di regolarne la competenza, le forme del ricorso, la nomina degli organi nonché la formazione delle classi e delle masse26, sicché, in base alla disciplina vigente, il concordato preventivo può essere proposto unicamente da ciascuna delle società appartenenti al gruppo davanti al tribunale territorialmente competente per ogni singola procedura, senza possibilità di confusione delle masse attive e passive, per essere, quindi, approvato da maggioranze calcolate con riferimento alle posizioni debitorie di ogni singola impresa.
La Corte, al di là delle peculiarità del caso di specie27, ha, in particolare, osservato che:
a) ai fini della competenza, l’art. 161, co. 1, l. fall., non prevede che, quando le società coinvolte abbiano sede legale in circondari diversi, il foro della capogruppo attrae quelli delle altre società, dovendosi, piuttosto, ribadire il principio secondo cui la competenza ad accertare lo stato di insolvenza appartiene al tribunale del luogo in cui la singola impresa ha la sede principale, senza che a tale criterio possa derogarsi per ragioni di connessione con altre procedure relative a società diverse facenti parte di un gruppo28;
b) il concordato preventivo deve distintamente riguardare le singole società del gruppo;
c) in presenza di un concordato di diverse società legate da rapporti di controllo, anche ove soggette a direzione unitaria, occorre tenere distinte le masse attive e passive, che conservano la loro autonomia giuridica, dovendo restare separate le posizioni debitorie e creditorie delle singole società, onde evitare che i creditori delle società meno capienti concorrano con quelli delle società più capienti29;
d) sul piano procedimentale, infine, le maggioranze per l’approvazione del concordato devono essere calcolate in riferimento alle singole imprese del gruppo.
Le sollecitazioni provenienti dalla Corte di cassazione sono state raccolte dalla Commissione Rordorf30.
Il progetto di legge che tale Commissione ha predisposto (sul quale v, in questo volume, Diritto civile, 5.1.2 Il progetto di riforma delle procedure concorsuali), infatti, dispone, in via generale, all’art. 3, che «la crisi e l’insolvenza dei gruppi di imprese vanno specificamente disciplinate».
Rinviando, quanto alla individuazione del gruppo, ad una definizione «modellata sulla nozione di direzione e coordinamento di cui agli articoli 2497 e seguenti, nonché 2545 septies, del codice civile» il progetto di riforma contiene disposizioni volte a consentire lo svolgimento di una procedura unitaria per la trattazione dell’insolvenza delle imprese del gruppo, individuando, a tal fine, criteri di competenza territoriale idonei allo scopo, e prevedendo, comunque, che, anche in caso di procedure distinte che si svolgano in sedi giudiziarie diverse, vi siano obblighi di reciproca informazione a carico degli organi di tali procedure.
L’art. 3, co. 1, lett. d), infatti, prevede che «le imprese del gruppo in crisi o insolventi» – ove siano tutte sottoposte alla giurisdizione dello Stato italiano (applicandosi, altrimenti, la disciplina del regolamento europeo sull’insolvenza transfrontaliera, ove ne sussistano i presupposti) – hanno la facoltà «di proporre con un unico ricorso domanda … di ammissione al concordato preventivo»: a tal fine, il legislatore delegato è chiamato, tra l’altro, a stabilire, ove le imprese abbiano la propria sede in circoscrizioni giudiziarie diverse, il criterio attributivo della competenza onde assicurare «la gestione unitaria delle rispettive procedure concorsuali», ferma restando la necessità di rispettare, sul piano sostanziale, «l’autonomia delle rispettive masse attive e passive» e, sul piano procedurale, la necessità di prevedere (art. 3, co. 2): la nomina di un unico giudice delegato e di un unico commissario giudiziale ed il deposito di un unico fondo per le spese di giustizia; la contemporanea e separata votazione dei creditori di ciascuna impresa; gli effetti dell’eventuale annullamento o risoluzione della proposta unitaria omologata; l’esclusione dal voto delle imprese del gruppo che siano titolari di crediti nei confronti delle altre imprese assoggettate alla procedura; i criteri per la formulazione del piano unitario di risoluzione della crisi del gruppo, eventualmente attraverso operazioni contrattuali e riorganizzative infragruppo funzionali alla continuità aziendale e al miglior soddisfacimento dei creditori, fatta salva la tutela endoconcorsuale per i soci ed i creditori delle singole imprese, nonché per ogni altro controinteressato.
Se, invece, per un motivo o per l’altro, «le imprese insolventi del gruppo siano soggette a separate procedure concorsuali, in Italia o all’estero», il legislatore delegato è chiamato, a norma dell’art. 3, co. 1, lett. e), a stabilire «obblighi reciproci di informazione e di collaborazione fra gli organi di gestione delle diverse procedure», in modo da tener pienamente conto dei reciproci riflessi delle operazioni contemplate dai rispettivi piani.
Note
1 Si tratta, peraltro, di una lacuna destinata ad essere colmata se e quando – anche per la spinta proveniente dalla normativa europea (v., in particolare il reg. UE 2015/848 del 20.5.2015, che ha abrogato e sostituito il precedente reg. CE 1346/2000, dedicando alle procedure di gruppo l’intero capo V – sarà tradotto in legge il progetto di legge recante la delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza, predisposto dalla Commissione istituita dal Ministero della giustizia con decreto del 28 gennaio 2015, presieduta dal Presidente Renato Rordorf (cd. Commissione Rodorf), il quale – come si vedrà in seguito – contiene, all’art. 3, un’articolata regolamentazione della crisi e dell’insolvenza di gruppo ed, in particolare, nel co. 2, del concordato preventivo di gruppo: v. il testo pubblicato in Fallimento, 2016, 253 ss.
2 Si pensi, in particolare, all’art. 2497 c.c., il quale, dopo aver stabilito che «le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili … nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società», attribuisce la relativa legittimazione, in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa ed amministrazione straordinaria, al curatore o, rispettivamente, al commissario liquidatore ed al commissario straordinario.
3 Poli, S., Ammissibilità e tecniche di proposizione del “concordato di gruppo” dopo l’intervento della S.C., in Fallimento, 2016, 144 ss.; secondo Fauceglia, G., Uno, nessuno, centomila: il concordato preventivo di gruppo, in Giur. comm., 2016, II, 118 ss., 125, l’ipotesi di plurime e distinte domande non può considerarsi come un vero e proprio concordato di gruppo, configurabile, invece, nel solo caso di «formulazione da parte di più società appartenenti al medesimo gruppo, di una sola domanda e di un unico piano che prevedano, sul piano procedurale e dei contenuti, forme, più o meno intense, di coordinamento o di unificazione nella dismissione liquidatoria e/o nella continuazione dell’attività di una o più società», con «la formazione di un’unica massa attiva e di un’unica massa passiva» e la necessità di una valutazione dello stato di crisi «non già in maniera atomistica per ogni società ma con criteri unitari».
4 Non può essere, quindi, considerato come un concordato di gruppo il caso della preventiva fusione delle diverse società e della successiva presentazione della domanda da parte dell’unica società risultante dalla fusione: Poli, S., Il concordato preventivo di gruppo, in Giur. comm., 2014, II, 735 ss., 736 s.; così anche Fauceglia, G., op. cit., 125 s. È stata, invece, ritenuta ammissibile una proposta fondata sulla fusione societaria, sospensivamente condizionata all’omologazione del concordato, sul presupposto che questo debba essere approvato dai creditori di ciascuna società, singolarmente considerata, trattandosi di soggetti giuridici allo stato autonomi e distinti: Trib. Ferrara, 8.4.2014, in ilsocietario.it.
5 Cass., 19.7.2012, n. 12557: la competenza territoriale per la dichiarazione di fallimento della società si radica, ai sensi dell’art. 9 l. fall., presso la sede legale della società medesima, dovendosi presumere che essa sia anche la sede effettiva, salva prova contraria ad onere della parte che afferma la competenza di un diverso foro. Ai fini della prova contraria, non è sufficiente allegare che la sede effettiva della società fallenda si trovi nel luogo in cui è il centro direttivo del gruppo del quale la società medesima fa parte, atteso che il collegamento societario, se non mette capo a una direzione unitaria delle singole imprese, non sposta l’attività direttiva, amministrativa e organizzativa di ciascuna impresa partecipante.
6 Trib. Milano, 22.11.2012, in Giur. mer., 2013, 331.
7 Trib. Roma, 25.7.2012, in Giur. mer., 2012, 2084 ss.; Trib. Roma, 14.11.2012, in Riv. dott. comm., 2013, 161, per cui il tribunale del luogo ove la società capogruppo ha presentato domanda di concordato preventivo ha competenza a decidere anche sulle domande di concordato preventivo presentate dalle altre società appartenenti al gruppo qualora queste ultime, pur avendo sede legale in luogo diverso, abbiano sede effettiva nel circondario.
8 Trib. Benevento, 19.10.2011, in ilcaso.it; Trib. Firenze 13.7.1992, in Dir. fall., 1992, II, 563. È noto, infatti, che – come di recente ribadito da Cass., ord. 6.11.2014, n. 23719 – la competenza territoriale per la dichiarazione di fallimento di una società spetta al tribunale del luogo in cui si trova la sede principale dell’impresa, ossia ove si svolge effettivamente la sua attività direttiva ed amministrativa, che, secondo una presunzione iuris tantum, coincide, con quella legale, salvo che non sia fornita la prova che la sede effettiva sia altrove e che quella legale sia, quindi, solo fittizia. E tale regola vale anche nel concordato preventivo: Trib. Napoli, 27.4.2011, in ilfallimentarista.it. Per un’analoga soluzione, ai fini dell’affermazione della giurisdizione del giudice italiano, cfr. Trib. Lucca, 18.9.2008, in Banca borsa, 2010, II, 206, per cui, ai sensi dell’art. 3 reg. CE n. 1346 del 29.5.2000, sussiste la giurisdizione del giudice italiano a dichiarare il fallimento di una società facente parte di un gruppo che, pur avendo la propria sede in un altro Stato membro dell’Unione europea, abbia il “centro degli interessi principali” nello Stato in cui ha sede la società capogruppo.
9 Cfr. in tal senso, Cass., 18.11.2010, n. 23344, per cui, ai fini della dichiarazione di fallimento di una società, che sia inserita in un gruppo, cioè in una pluralità di società collegate ovvero controllate da un’unica società holding, l’accertamento dello stato di insolvenza deve essere effettuato con esclusivo riferimento alla situazione economica della società medesima, poiché, nonostante tale collegamento o controllo, ciascuna di dette società conserva propria personalità giuridica ed autonoma qualità di imprenditore, rispondendo con il proprio patrimonio soltanto dei propri debiti.
10 Trib. Ravenna, 22.5.2014, in Fallimento, 2015, 203.
11 Trib. Terni, 29.12.2010, citato da Poli, S., Il concordato preventivo di gruppo, cit., 752, nt. 51, che, sul piano soggettivo, ha ammesso una proposta concordataria di gruppo comprensivo anche di un consorzio con attività interna, nella dichiarata consapevolezza della prevalenza dell’opposta interpretazione che limita l’assoggettamento alle procedure concorsuali dei soli consorzi con attività esterna, ed accertando, sul piano oggettivo, la ricorrenza dello stato di crisi in base al deficit patrimoniale consolidato del gruppo.
12 Trib. Ivrea, 21.2.1995, in Fallimento, 1995, 969 ss.; Trib. Terni, 19.5.1997, ivi, 1998, 290 ss; Trib. Benevento, 18.1.2012, in DeJure.
13 Trib. Palermo, 4.6.2014, in ilcaso.it.
14 Trib. Palermo, 4.6.2014, cit.; Trib. Terni, 30.12.2010, in DeJure.
15 Come nel caso deciso da Trib. Ravenna, 22.5.2014, cit.
16 Come nel caso deciso da Trib. Roma, 25.7.2012, cit., e da Trib. Roma, 7.3.2011, in Dir. fall., 2011, II, 247 ss.
17 Verna, G., Sulla presentazione di concordati preventivi da parte di gruppi di società, in Giur. comm., 2015, I, 903 ss., 911.
18 Come nei casi decisi da Trib. Ravenna, 22.5.2014, cit., e Trib. Roma, 25.7.2012, cit.
19 Trib. Roma, 25.7.2012, cit.
20 Trib. Roma, 25.7.2012, cit.
21 Trib. Ferrara, 8.4.2014, cit.; Trib. Roma, 16.12.1997, in Dir. fall., 1998, II, 778, ha ritenuto impossibile la trattazione separata delle proposte di concordato di società facenti parte del medesimo gruppo.
22 Trib. Ferrara, 8.4.2014, cit.; Trib. Palermo, 4.6.2014, cit. La formazione di distinti fascicoli è, invece, imposta per il caso in cui, dichiarata inammissibile, revocata o comunque non approvata o non omologata la proposta di concordato di gruppo, debba procedersi alla dichiarazione di fallimento delle società insolventi a norma degli artt. 162, 173, 179 e 181 l. fall.: così Trib. Roma, 25.7.2012, cit., in motivazione.
23 Trib. Ferrara, 8.4.2014, cit.; Trib. Asti, 24.9.2012, in Fallimento, 2013, 103; Trib. Monza, 24.4.2012, cit.; Trib. Arezzo, 27.3.2012, in DeJure; Trib. Benevento, 18.1.2012, cit.; Trib. Roma, 7.3.2011, in Dir. fall., 2011, II, 247 ss. In senso contrario, tuttavia, Trib. Crotone, 28.5.1999, in Giust. civ., 2000, I, 1533 ss., per il quale l’unitarietà della procedure di gruppo riguarda anche l’adunanza, sia nel senso che tutti i creditori delle società del gruppo sono stati convocati in un’unica adunanza, dove è stata messa in votazione la proposta di gruppo unitariamente considerato, sia nel senso che la maggioranza per l’approvazione è stata calcolata non con riferimento alle singole società ma all’intero gruppo, aggiungendo, peraltro, che, qualora per una delle imprese non sia raggiunta la maggioranza dei crediti, essa può ritenersi egualmente conseguita in relazione all’intero gruppo laddove ciò non comporti un apprezzabile sacrificio per i creditori dissenzienti; anche Trib. Palermo, 4.6.2014, cit., ha ritenuto necessario individuare la maggioranza per l’approvazione con riferimento non alla singola impresa ma all’unico programma concordatario; così anche Trib. Terni, 30.12.2010, in DeJure.
24 App. Roma, 15.3.2015, in ilcaso.it, per cui è inammissibile per violazione del principio di cui all’art. 2740 c.c. la proposta di concordato preventivo liquidatorio con cessione parziale dei beni, e ciò anche quando, nell’ambito di un concordato di gruppo, si destini l’eccedente della cessione parziale al soddisfacimento dei creditori di altre società del gruppo; Trib. Roma, 25.7.2012, cit.; di recente, così Trib. Alessandria, 31.3.2016, in ilfallimentarista.it.
25 Così App. Roma, 15.3.2013, cit. In senso contrario, tuttavia, Trib. Benevento, 18.1.2012, cit., che ha considerato legittima la previsione di un’unica massa attiva da ripartire tra tutte le società del gruppo.
26 Secondo Poli, S., Ammissibilità e tecniche, cit., 147, la Corte ha, in tal modo, escluso, sia pur a livello di obiter, la stessa ammissibilità, sul piano causale, del concordato di gruppo, motivando tale conclusione per la mancata regolamentazione della fattispecie concreta ad opera del legislatore, in contrasto con l’opposta lettura fornita (quasi) unanimemente dalla giurisprudenza di merito, sia prima, che dopo la riforma della legge fallimentare: ed infatti, continua l’autore, le decisioni dei giudici di merito, pur a fronte della mancanza di una disciplina positiva della fattispecie, hanno per lo più ritenuto l’ammissibilità del concordato di gruppo purché, nelle singole fattispecie concrete, fosse superato positivamente un duplice vaglio giudiziale: la verifica della sussistenza di un legame di gruppo tra le società ricorrenti e l’accertamento dalla maggiore efficienza della gestione unitaria della crisi di gruppo. Così, ad es., Trib. Roma, 25.7.2012, cit., in motivazione, per il quale la proposta di concordato cd. di gruppo è astrattamente ammissibile poiché si risolve in un fascio di procedimenti concordatari che realizzano, tuttavia, per essere presentati contestualmente ed affidati al medesimo giudice delegato, il vantaggio di una gestione e comprensione unitaria con riferimento sia all’analisi del piano che ai tempi ed alle determinazioni adottate dal giudice delegato, dagli organi della procedura e dal Cofllegio.
27 Nel quale le società del gruppo avevano conferito i rispettivi patrimoni ad una neocostituita società in nome collettivo la quale, poi, aveva presentato la domanda di accesso alla procedura concordataria: Trib. La Spezia, 2.5.2011, e App. Genova, 23.12.2011, in ilcaso.it; per l’impossibilità di configurare tale ipotesi come un vero e proprio concordato di gruppo, v. Poli, S., Il concordato preventivo di gruppo, cit., 742 s.; Fauceglia, G., op. cit., 124 s.
28 Conf., ai fini della dichiarazione di fallimento, Cass., ord. 6.11.2012, n. 19147, per cui il controllo o il collegamento tra società non determina, per sé, alcuna deroga al criterio generale di competenza di cui all’art. 9 l. fall.; Cass., ord. 31.8.2011, n. 17907, la quale ha affermato che la competenza ad accertare lo stato d’insolvenza di una grande impresa commerciale appartiene al tribunale del luogo in cui l’impresa ha la sede principale, senza che a tale criterio possa derogarsi per ragione di connessione con altre procedure relative a società diverse facenti parte di un gruppo; Cass. n. 12557/2012, cit.
29 Conf. Cass., 18.11.2010, n. 23344, per la quale, ai fini della dichiarazione di fallimento di una società, che sia inserita in un gruppo, cioè in una pluralità di società collegate ovvero controllate da un’unica società holding, l’accertamento dello stato di insolvenza deve essere effettuato con esclusivo riferimento alla situazione economica della società medesima, poiché, nonostante tale collegamento o controllo, ciascuna di dette società conserva propria personalità giuridica ed autonoma qualità di imprenditore, rispondendo con il proprio patrimonio soltanto dei propri debiti.
30 Sulla quale, v. supra, nt. 1.