concordato fallimentare
Accordo che l’imprenditore può stipulare, con i suoi creditori, per risolvere la situazione di crisi in cui versa. La legge f. (r.d. 267/1942) disciplina due ipotesi di c.: quello f. in senso stretto e quello preventivo. In entrambe le ipotesi è richiesta la partecipazione dell’autorità giudiziaria, seppure in un ruolo secondario di mero garante della regolarità.
Il c. f. rappresenta una delle cause di cessazione della procedura f., fondata su un accordo tra il fallito e i suoi creditori, volto all’individuazione del modo più conveniente di sistemazione del dissesto (art. 124 l. fall.). Nell’offrire la possibilità di investire nel complesso produttivo, il c. f. ha il pregio di evitare la dispersione dei valori aziendali del fallito e di promuovere così una più rapida ed efficace soddisfazione dei creditori, che possono anche essere coinvolti nella gestione dell’impresa insolvente. Il c. f. può essere promosso dal fallito, da uno o più creditori, o da un terzo, mediante ricorso al giudice delegato, contenente una proposta di pagamento dei crediti, eventualmente non integrale, anche mediante cessione dei beni, accollo o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori o a società da questi partecipate, di azioni, quote o obbligazioni, anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito. Ottenuto il parere del curatore (e in taluni casi del tribunale), la proposta deve essere sottoposta all’approvazione dei creditori. Il c. s’intende accettato quando ottiene il voto favorevole dei creditori rappresentanti la maggioranza dei crediti ammessi al voto. La procedura si chiude con il decreto di omologazione. Il c. f. è obbligatorio per tutti i creditori anteriori all’apertura del fallimento, compresi quelli che non hanno presentato domanda di ammissione al passivo. Se, tuttavia, dopo la chiusura del procedimento si verifica l’inadempimento degli obblighi derivanti dal c. f. o si scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero che è stata sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo, il tribunale può riaprire la procedura, annullando o risolvendo l’accordo.
All’opposto di quello f., che chiude il fallimento, il c. preventivo consente all’imprenditore commerciale, che si trovi in uno stato di crisi o di insolvenza, di evitare la procedura concorsuale, continuando nell’esercizio della propria iniziativa economica, attraverso la medesima struttura. Anche in questo caso il procedimento prevede la sequenza proposta-accettazione e si conclude con il decreto di omologazione. La natura alternativa (rispetto al fallimento) della procedura di c. fa sì che, durante la stessa, il debitore conservi, se pur con qualche limite, l’amministrazione dei beni e il potere di esercitare la propria impresa.