Confisca e principi costituzionali
L’individuazione dei principi costituzionali applicabili alla confisca è assai problematica in relazione ad un istituto che si presenta di volta in volta con varia natura giuridica – misura di sicurezza, sanzione penale, sanzione amministrativa, misura di prevenzione – a seconda del diverso carattere e delle diverse funzioni previste dalle norme che la disciplinano. La tradizionale impostazione che individua garanzie differenti in relazione alle varie norme costituzionali invocabili per ciascuna di queste figure è necessariamente entrata in crisi al cospetto della nozione autonoma ed allargata di «pena» ai sensi dell’art. 7 della CEDU che permette di uniformare le garanzie fondamentali scongiurando il rischio della «truffa delle etichette», da sempre presente in questa materia.
Sulla spinta di importanti interventi della Corte europea dei diritti dell’uomo, nella più recente giurisprudenza di legittimità e costituzionale si può notare un rinnovato interesse per le garanzie costituzionali che devono presiedere all’applicazione della confisca, soprattutto in riferimento a quelle ipotesi speciali caratterizzate da aspetti fortemente derogatori rispetto alla disciplina generale1. Come primo importante esempio di questa linea di tendenza può essere citata l’esclusione dell’applicazione retroattiva della confisca per equivalente di cui all’art. 322 ter c.p., in occasione dell’estensione ai reati tributari2, motivata dalla natura sanzionatoria per il venir meno del rapporto di pertinenzialità col reato ritenuto essenziale per poter riconoscere una funzione preventiva, tanto che l’estensione dell’art. 200 c.p. a casi di questo tipo fa paventare dubbi di costituzionalità3. Analoga la soluzione cui si è pervenuti in ordine alla confisca del veicolo prevista dagli artt. 186 e 187 c.d.s., anche grazie ad un intervento della Corte costituzionale, che per la prima volta ha dichiarato incostituzionale una disposizione penale interna per contrasto con l’art. 7 della CEDU4. Va però segnalato che non si tratta di un orientamento coerente e generale, essendo stata ancora di recente affermata l’applicazione retroattiva della confisca cd. allargata di cui all’art. 12 sexies d.l. n. 306/19925, alla quale pure potrebbe essere riconosciuta una funzione repressiva, estendendosi a tutti i beni che risultano sproporzionati rispetto al reddito e dei quali il titolare non sia in grado di giustificare la provenienza, non necessariamente legati al reato oggetto di condanna6. Preoccupazioni di compatibilità con le garanzie fondamentali sono alla base anche delle più recenti sentenze di legittimità sulla confisca prevista dall’art. 44, co. 2, d.P.R. n. 380/2001 per il caso di lottizzazione abusiva, tendenti a superare quel tradizionale orientamento che, dalla qualificazione in termini amministrativi, faceva derivare la sua applicazione anche in caso di sentenza di proscioglimento, sulla sola base dell’accertamento oggettivo del reato ed anche nei confronti dei terzi di buona fede, la cui tutela veniva interamente devoluta a giudizi risarcitori contro il responsabile del reato7. Ora invece si riconosce, da un lato, che la confisca presuppone un accertamento in concreto del reato in tutti i suoi elementi, oggettivi e soggettivi, anche in sede di proscioglimento per estinzione del reato8 e, dall’altro, che non può essere disposta a carico dei terzi di buona fede, verso i quali non sia possibile muovere alcun rimprovero neppure in termini di omesso controllo presso gli uffici competenti9.
Costituisce un dato da tempo acquisito la sostanziale impossibilità di definire la confisca in modo unitario, in quanto «il suo contenuto consiste sempre nella privazione di beni economici, ma può essere disposta per diversi motivi ed indirizzata a varie finalità, sì da assumere natura e funzione di pena o di misura di sicurezza, ovvero di misura giuridica civile o amministrativa»10. Nell’impostazione tradizionale si esclude l’estensione delle garanzie fondamentali previste per le pene in senso proprio alle misure di sicurezza e alle sanzioni amministrative e si afferma la necessità di ricondurre ciascuna tipologia di confisca alle norme costituzionali competenti11. Così il principio di legalità riceve copertura costituzionale dall’art. 25, co. 2, Cost. per le sole pene, mentre per le sanzioni amministrative e per le misura di sicurezza le norme di riferimento sono piuttosto l’art. 23 Cost. 12 e l’art. 25, co. 3, Cost.13. A questa distinzione di norme costituzionali corrisponde poi una distinzione dei concreti contenuti, nel senso che il livello massimo di garanzia viene attribuito alle pene, mentre sono generalmente ammesse forme di attenuazione, variamente articolate, per le altre sanzioni14, motivate anche sul piano letterale non essendo revocabile in dubbio la maggiore pregnanza della formula «in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso» (art. 25, co. 2, Cost.) rispetto a quella «se non nei casi previsti dalla legge» (co. 3) e ancor più a quella «se non in base alla legge» (art. 23 Cost.). Il rilievo, riferibile a tutti i corollari del principio di legalità15, vale in particolare per il principio di irretroattività, previsto dal solo art. 25, co. 2 Cost., ma con un’ulteriore distinzione collegata al diverso grado di tutela previsto dalla legge ordinaria16. Mentre, infatti, per le sanzioni amministrative, in considerazione della loro sostanziale uniformità funzionale rispetto alle pene, l’art. 1 l. n. 689/1981 afferma il principio di irretroattività, per le misure di sicurezza al contrario, in considerazione della netta distinzione funzionale rispetto alle pene, l’art. 200 c.p. afferma l’opposta regola della retroattività, sia pure temperata da quell’interpretazione che esclude l’applicazione di una misura di sicurezza per un fatto che al momento della sua commissione non costituiva reato, ammettendola, invece, per un fatto di reato per il quale non era originariamente prevista17: e ciò sulla base del collegamento tra il comma 2 e il comma 3 dell’art. 25 Cost., nonché del rilievo che il presupposto del reato è necessariamente regolato dal principio di irretroattività. Resta tuttavia il fatto che la diversa formulazione dell’art. 25, co. 3, Cost. ha assunto il significato di legittimare il sistema del c.d. doppio binario e la distinzione tra pene e misure di sicurezza sotto il profilo dell’applicazione nel tempo, come non ha mancato di rimarcare la Consulta anche in tempi recenti18. In linea di massima estraneo alle misure di sicurezza (e di prevenzione) è, d’altra parte, il principio di colpevolezza, desumibile per le pene dal collegamento tra il comma 1 e il comma 3 dell’art. 27 Cost.: il fatto che mirano a prevenire fatti futuri e che possono essere applicate anche ai non imputabili, esclude che possano essere ricostruite come reazione ad un fatto colpevole19. Infine, la presunzione di innocenza si riferisce direttamente alle pene ed è generalmente estesa alle sanzioni amministrative, mentre perde gran parte del proprio significato in riferimento alle misure di prevenzione che prescindono dalla commissione di un reato per fondarsi unicamente sulla pericolosità del soggetto. Riguardo alle misure di sicurezza il principio dovrebbe valere riguardo al presupposto del reato; ma la prassi ha individuato vistose deroghe, oggi sempre più valutate in senso problematico, soprattutto nei casi di confisca in assenza di condanna ovvero a carico di terzi. Va infine osservato come le attenuazione dei principi costituzionali potrebbero trovare giustificazione sul piano sostanziale dal contenuto esclusivamente patrimoniale della confisca, perché il particolare rigore delle garanzie in ambito penale trova giustificazione dal collegamento sistematico tra gli artt. 25 e 27 con l’art. 13 Cost. e, pertanto, con la tutela della libertà personale pregiudicata in via indiretta anche dalle pene pecuniarie (artt. 102 e 108 l. n. 689/1981).
2.1 La nozione autonoma di pena di cui all’art. 7 CEDU
L’ordine di idee appena esposto è entrato tuttavia in crisi al cospetto dell’art. 7 della CEDU, secondo il quale «non può essere inflitta una pena più grave di quella che sarebbe stata applicata al tempo in cui il reato è stato consumato»20. Ora, è ben noto, che le nozioni di «materia penale», di «reato» e di «pena» alle quali fanno riferimento gli art. 6 e 7 della Convenzione, sono oggetto di un’autonoma valutazione da parte della Corte europea, condotta con spirito pragmatico al fine di cogliere la sostanza delle cose e di scongiurare la cd. truffa delle etichette21. Ciò comporta inevitabilmente il sacrificio dei parametri formali utilizzati dal diritto interno per la qualificazione in termini penali, ridotti al rango di criterio puramente tendenziale e non vincolante, in favore di criteri più sostanziali, quali in particolare la natura stessa dell’infrazione, la natura della sanzione e la concreta gravità della stessa22. Per ciò che qui interessa il secondo criterio si specifica in un’ottica finalistica, nel senso che sono ritenute pene quelle che svolgono una funzione di prevenzione generale e speciale23. Ma è proprio con riferimento alla confisca che la nozione convenzionale di pena riceve ulteriori importanti precisazioni. In particolare nel caso Welch24 è stata affermata la violazione dell’art. 7 CEDU per l’applicazione retroattiva della confisca prevista dal diritto inglese di ogni bene acquisito nei 6 anni precedenti la condanna per traffico di stupefacenti. La Corte, dalla premessa secondo la quale «per rendere efficace la tutela offerta dall’art. 7 … deve essere libera di andare oltre le apparenze e valutare essa stessa se una determinata misura costituisca una ‘pena’ ai sensi di tale norma». individua criteri di identificazione del tutto fluidi, affermando che «punto di partenza di ogni valutazione sull’esistenza di una pena consiste nello stabilire se la misura in questione sia stata irrogata in seguito ad una condanna per un reato» ed aggiungendo poi che «altri elementi possono essere ritenuti pertinenti in proposito: la natura e lo scopo della misura in contestazione, la sua qualificazione in diritto interno, i procedimenti connessi alla sua adozione ed esecuzione, nonché la sua severità». Ma soprattutto la pena non è incompatibile col riconoscimento dello «scopo preventivo della confisca (…)» semplicemente perché «non può escludersi che una legge che conferisce ai tribunali poteri di confisca così ampi persegua lo scopo di punire il delinquente. Infatti, gli scopi di prevenzione e riparazione si conciliano con quello repressivo e possono essere considerati elementi costitutivi della stessa nozione di pena»25. Anche nel caso Sud Fondi Srl26 la confisca prevista dall’art. 44 d.P.R. n. 380/2001 in caso di lottizzazione abusiva è ritenuta una pena nonostante la funzione preventiva concorrente con quella repressiva (e non meramente riparatoria) e la qualificazione della Cassazione in termini amministrativi. Il precedente è assai significativo perché evidenzia come la Corte, al fine di garantire piena tutela ai diritti fondamentali, sia disposta ad abbandonare anche il criterio principale in precedenza individuato, ossia la sentenza penale di condanna, accontentandosi del semplice accertamento dell’illecito nell’ambito di un procedimento penale, pur concluso con sentenza di proscioglimento27. Con la decisione nel merito la Corte ha poi affermato la violazione dell’art. 7 ritenendo che la qualificazione di sanzione amministrativa fosse funzionale alla sottrazione ai principi costituzionali e, in particolare, al principio di colpevolezza, tratto in via interpretativa dall’art. 27, co. 1 Cost. Pur non menzionato nell’art. 7, il principio di colpevolezza può essere desunto dalla logica stessa della pena e della punizione, che esige un legame di natura intellettuale tra soggetto e fatto, che a sua volta presuppone l’accessibilità e la prevedibilità della legge, in modo da consentire di individuare in anticipo quali atti e omissioni implicano la responsabilità penale28. In tal modo la Corte sembra trarre per la prima volta il principio di colpevolezza dalle correlazioni sistematiche col principio di legalità29. Nel caso Paraponiaris 30 si è poi ritenuto violare l’art. 6 CEDU una confisca per equivalente applicata in sede di udienza preliminare conclusasi con sentenza di proscioglimento per estinzione del reato, sulla base dell’accertamento che «l’imputato risulta aver oggettivamente commesso il reato», sia perché l’imputato non aveva avuto modo di esercitare tutte le garanzie difensive in una sede preposta a concludersi unicamente o col rinvio a giudizio o col proscioglimento e non con l’applicazione di una pena sia soprattutto perché «in assenza di un previo accertamento legale della colpevolezza di un imputato, la decisione giudiziaria che lo riguarda riflette la convinzione che egli sia colpevole». Insomma risultano violati i principi del giusto processo, di colpevolezza e della presunzione di innocenza31. Diversa è invece la conclusione accolta per la confisca-misura di prevenzione prevista dalla legislazione antimafia italiana, che non viene considerata pena essenzialmente perché non presuppone un reato e la colpevolezza dell’imputato, ma tende a prevenire l’uso illecito di beni la cui provenienza legittima non è stata dimostrata e come tale è sottoposta alle minori garanzie del giusto processo in ambito civilistico32. Ma principi analoghi sono stati talvolta applicati più in generale anche in relazione alla tutela dei terzi rimasti estranei al processo33. Benché sia sempre pericoloso trarre conclusioni astratte dalle pronunce della Corte europea, relative a casi singoli e a sistemi giuridici tra loro assai diversi, alla luce dei precedenti sopra richiamati si può affermare che i principi di legalità e irretroattività, di colpevolezza, di presunzione di innocenza e del giusto processo, devono essere osservati da qualunque provvedimento di confisca riconducibile alla nozione di pena di cui all’art. 7 CEDU, senza che possano assumere rilevanza le distinzioni tra pene, sanzioni amministrative e misure di sicurezza proprie del diritto interno. Tutto ciò determina fondati dubbi sulla legittimità dell’art. 200 c.p. Inoltre, due temi si presentano attualmente problematici in rapporto alle garanzie fondamentali: l’individuazione dei casi e dei presupposti della confisca in assenza di condanna e la tutela dei terzi.
L’unico caso in cui la legge espressamente consente la confisca «anche se non è stata pronunciata condanna» è relativo alle cose cd. intrinsecamente pericolose di cui all’art. 240, cpv., n. 2, c.p., le cose cioè la cui fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce reato34. Tuttavia la giurisprudenza ha individuato in via interpretativa ulteriori ipotesi35, cercando in primo luogo di ammettere la confisca del prezzo del reato, prevista dall’art. 240 cpv. n. 1 c.p., anche in caso di estinzione del reato36 e neppure l’intervento in senso contrario delle Sezioni Unite37 è stato in grado di fermare del tutto questi tentativi38. La stessa regola è affermata da una consolidata giurisprudenza per la confisca prevista in tema di contrabbando (art. 301 d.P.R. n. 43/1973) e di lottizzazione abusiva (art. 44 d.P.R. n. 380/2001), sulla sola base dell’accertamento del reato sotto il profilo oggettivo39. Inoltre, una volta ammessa sul piano sostanziale, per la giurisprudenza è consequenziale che la confisca sia applicata in qualsiasi sede processuale, anche con le sentenza a norma degli artt. 129 o 425 c.p.p. e, persino, col decreto di archiviazione. Evidenti le tensioni che simili interpretazioni determinano coi principi di legalità, di colpevolezza e del giusto processo penale, in collegamento con la presunzione di innocenza. Una volta, infatti, riconosciuto che si tratta di una pena ai sensi dell’art. 7 CEDU, occorre anzitutto un’espressa previsione di legge, assai difficilmente ravvisabile in previsioni ambigue il cui significato appare limitato ad affermare l’obbligatorietà della misura, in deroga alla facoltatività prevista in generale dall’art. 240, co. 1, c.p., quali «è sempre disposta la confisca» (artt. 240, cpv., c.p. o 301 d.P.R. n. 43/1973) ovvero «la sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva dispone la confisca» (art. 44, co. 2, d.P.R. n. 380/2001). Infatti, ritenere che formule di questo tipo prevedano che la confisca possa essere disposta indipendentemente dalla condanna, per quanto opportuno possa essere sul piano politico-criminale, sembra proprio integrare una violazione del principio di precisione e del divieto di analogia40. Ma anche a voler ritenere superabile questo ostacolo, si pone comunque il problema delle altre garanzie perché, da un lato, si è visto come la Corte di Strasburgo richieda ormai un certo grado di colpevolezza non accontentandosi dell’accertamento del reato sotto il profilo esclusivamente materiale e, d’altro lato, assumono un ruolo centrale il grado ed il tipo di accertamento nonché il contraddittorio. Da questo punto di vista, è bensì vero che sussistono cause di proscioglimento che ammettono implicitamente un riconoscimento di responsabilità, in diverse forme e gradazioni41 e che la Corte europea non richiede quale ineludibile presupposto la condanna; ma la piena osservanza dei principi costituzionali impone che l’accertamento del reato, in tutti i suoi presupposti oggettivi e soggettivi, sia pieno, non sommario ed ottenuto all’esito di una procedura che assicuri il pieno dispiegarsi delle prerogative difensive, ivi compresa la facoltà di offrire prove anche orali42. Insomma, si può rinunciare alla condanna ma non al pieno accertamento che nel giudizio penale significa applicazione, almeno in via di principio, dello standard probatorio dell’oltre ogni ragionevole dubbio43.
3.1 Tutela dei terzi
Analoghi i problemi posti dalla tutela dei terzi che ruota intorno all’interpretazione della formula «persona estranea al reato» utilizzata dall’art. 240, co. 3 e 4, c.p. quale causa preclusiva. Al riguardo la Corte costituzionale ha individuato un nucleo di tutela inderogabile, rappresentato da un minimo di colpevolezza rimproverabile al terzo, descritto in termini di «difetto di diligenza», in assenza del quale si finirebbe col configurare una responsabilità oggettiva per un reato commesso da altri, in chiara violazione della personalità della responsabilità penale, con riferimento alla speciale ipotesi di confisca obbligatoria in materia di contrabbando, oggi prevista dall’art. 301 d.P.R. n. 43/1973, che secondo l’originaria previsione trovava indiscriminata applicazione nei confronti dei terzi44. Le Sezioni Unite hanno poi ulteriormente precisato che non può essere ritenuto estraneo al reato chi abbia tratto in qualsiasi modo profitto da esso, salva la sua buona fede ossia «la non conoscibilità – con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta – del predetto rapporto di derivazione della propria posizione soggettiva dal reato commesso dal condannato»45. La buona fede incolpevole è pertanto requisito essenziale della tutela del terzo solo quando questi abbia tratto vantaggio dal reato, perché altrimenti la condizione di estraneità si evidenzia già sul piano oggettivo, preesistendo il suo diritto al reato e non risultando in alcun modo collegato con esso. Ma le Sezioni Unite chiariscono anche che il terzo ha l’onere di provare «tutti gli elementi che concorrono ad integrare le condizioni di appartenenza e di estraneità al reato, dalle quali dipenda l’operatività della situazione impeditiva o limitativa del potere di confisca esercitato dallo Stato». Insomma è il terzo che deve provare non solo di essere il proprietario del bene ma anche di aver acquistato il diritto in buona fede nonostante l’osservanza di tutte le cautele e la vigilanza del caso46. Ciò che tuttavia più preme sottolineare è come questa tutela è affermata riguardo ad ipotesi di confisca ritenute misure di sicurezza, nonostante «l’accentuazione (…) della finalità general-preventiva (…) per l’obbligatorietà della misura e per l’ampliamento dell’oggetto, costituito da beni privi di un rapporto di diretta derivazione causale dal delitto»”, finendo così col configurare un nucleo di garanzie inderogabili qualunque sia la natura della confisca di volta in volta in considerazione47. Insomma la logica di queste interpretazioni è che «anche le misure di sicurezza debbono sottostare a certi limiti di proporzione e di equità»48. Ma anche questa impostazione è messa in crisi una volta riconosciuta l’inconsistenza della distinzione tra misure di sicurezza e pene, nonché la necessità di riconoscere, ai fini delle garanzie fondamentali, natura di pena anche alla confisca qualificata formalmente come misura di sicurezza, come ormai imposto dalla Corte di Strasburgo. Infatti, se la confisca è una pena non sembra sufficiente la limitata estensione tratta dal principio di personalità della responsabilità sopra indicata, ma devono essere prese in considerazione, in linea di principio, tutte le garanzie in materia penale49. In particolare, la necessità dell’espressa previsione legale sembra escludere la confisca a carico di terzi almeno in tutti i casi in cui la legge non faccia in alcun modo riferimento alla loro posizione, perché l’adozione della misura nei loro confronti rischia di configurare forme anomale di concorso nel reato, ancorché punite con la sola misura patrimoniale. Il problema si svela in tutta la sua portata nei casi in cui la confisca acceda ad un reato di natura dolosa50, perché il terzo viene punito, sia pure con la sola confisca, anche per colpa, senza che la legge lo abbia espressamente previsto. Inoltre la buona fede incolpevole del terzo costituisce per così dire l’elemento fondamentale e più significativo della fattispecie di responsabilità a suo carico, con la conseguenza che non dovrebbe essere consentita alcuna inversione dell’onere probatorio né alcuna presunzione, perché altrimenti, da un lato, si finisce col violare la presunzione di innocenza e, dall’altro, si sconfina inevitabilmente in forme larvate di responsabilità oggettiva51. Va però infine avvertito che questa prospettiva di tutela forte dei terzi non appare ancora matura nella giurisprudenza di legittimità, che anche di recente è arrivata ad affermare, in chiara contraddizione con la giurisprudenza di Strasburgo, che «il principio della personalità della pena nonché gli altri principi che disciplinano l’irrogazione della pena non sono applicabili alle misure di sicurezza per la loro diversità dalla pena», sicché «il riferimento all’art. 7 CEDU … non è pertinente in quando nel nostro ordinamento la confisca non ha natura sanzionatoria»52.
1 Per una completa rassegna delle confische speciali v. Beltrani, in Lattanzi-Lupo, Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, 2010, V, art. 240, 1228 ss. ed Epidendio, La confisca nel diritto penale e nel sistema delle responsabilità degli enti, 2011, 209 ss.
2 Art. 1, co. 143 l. n. 247/2007.
3 Cass., 24.9.2008, n. 39172, in Cass. pen., 2009, 3417 con nota di Mazzacuva, Confisca per equivalente come sanzione penale: verso un nuovo statuto garantistico. L’affermazione secondo la quale la confisca per equivalente assume «i tratti distintivi di una vera e propria sanzione» è ormai un dato acquisito sia per le Sezioni Unite penali (27.3.2008, n. 26654; 10.7.2008, n. 38834; 5.6.2009, n. 38691) che per la Consulta (ord. n. 97/2009 e n. 301/2009).
4 C. cost. n. 196/2010.
5 Cass., 15.1.2009, n. 8404 e Cass., 6.3.2009, n. 25096 sulla scorta della qualificazione come «misura di sicurezza atipica» già patrocinata da Cass., S.U., 17.12.2003, n. 920 e Cass., S.U. 30.5.2001, n. 29022).
6 Maugeri, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzioni e garantismo, Milano, 2001, 524 e Fornari, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie, Padova, 1997, 68.
7 Per questo orientamento solo l’assoluzione perché il fatto non sussiste preclude la confisca, in quanto esclude l’elemento materiale del reato. Per tutte Cass., 7.7.2004, n. 38730, in Giur. it., 2005, 2, 1911 con nota critica di Vinciguerra, Appunti su lottizzazione abusiva e confisca. Anche C. cost. n. 239/2009 ha segnalato la possibilità di procedere ad un adeguamento interpretativo dell’art. 44 cit. ai nuovi principi affermati dalla Corte di Strasburgo in materia.
8 Cass., 30.4.2009, n. 21188; Cass., 19.5.2009, n. 30933; Cass., 13.7.2009, n. 39078; Cass., 6.10.2010, n. 5857.
9 Cass., 24.10.2008, n. 42741, in Cass. pen., 2009, 2553 con nota di Angelillis, Lottizzazione abusiva: la confisca nei confronti dei terzi alla resa dei conti.Nello stesso senso anche Cass., 12.12.2008, n. 12118; Cass., 29.9.2009, n. 42187; Cass., 22.10.2009, n. 48925; Cass., 23.11.2010, n. 45492. Tuttavia Cass., 17.3.2009, n. 17865 e Cass. 21.10.2009, n. 48924 non sembrano richiedere una concreta verifica in ordine al nuovo elemento di colpevolezza richiesto.
10 C. cost. n. 29/1961 e n. 46/1964, ma si tratta di un rilievo ricorrente anche nella più recente giurisprudenza costituzionale e di legittimità (v. C. cost. n. 196/2010 e Cass., S.U., 27.3.2008, n. 26654). All’elenco va aggiunta la misura di prevenzione prevista dall’art. 2 ter legge n. 575/1965.
11 Bricola, Art. 25, in Comm. cost. Branca, Bologna, 1981, 297.
12 Per le ragioni storiche, di politica del diritto e sistematiche che sorreggono questa conclusione v. Paliero-Travi, Le sanzioni amministrative, 1988, 135 ss.
13 Alla quale sono ricondotte anche le misure di prevenzione. Per le misure di sicurezza e di prevenzione personali il principio di legalità riceve copertura costituzionale anche dall’art. 13 cost.
14 Mette in rilievo che la legalità preventiva non sia la stessa della legalità repressiva Nuvolone, Misure di prevenzione e misure di sicurezza, in Enc. dir., Milano, 1976, 635.
15 La riserva di legge è (tendenzialmente) assoluta e statale in riferimento nell’art. 25 Cost. ed invece relativa e riferita anche alle leggi regionali in riferimento all’art. 23 Cost. (C. cost. n. 69/1979). Il principio di precisione e determinatezza è necessariamente attenuato per le misure di sicurezza in relazione alle caratteristiche strutturali del giudizio prognostico sulla pericolosità sociale, sebbene la Corte Costituzionale abbia rimarcato l’esigenza di una sua «sufficiente precisione» (C. cost. n. 139/1982 e, per le misure di prevenzione, C. cost. n. 177/1980). L’allentarsi del principio di precisione e di determinatezza comporta anche una correlativa perdita di rigidità del divieto di analogia in malam partem.
16 Bricola, Art. 25, cit., 297 osserva che in questo contesto la Costituzione più che mai deve essere intesa come un livello minimo di tutela, suscettibile di essere innalzato dalla legge ordinaria.
17 Da ultimo S.U., 24.2.2010, n. 23428 (in motivazione).
18 C. cost. n. 196/2010 richiamandosi a C. cost. n. 53/1968. Per le misure di prevenzione v. C. cost. n. 124/2004.
19 Per le sanzioni amministrative il principio è affermato dall’art. 3 l. n. 689/1981 ma non ha diretta copertura costituzionale. Inoltre, la personalità della responsabilità non è riferibile all’illecito amministrativo, per il quale vige la solidarietà a carico del proprietario della cosa utilizzata per commettere l’illecito (art. 6 l. n. 689/1981). Tuttavia, C. cost. n. 27/2005 ha sostanzialmente esteso il principio alle sanzioni amministrative a carattere personale (perdita dei punti della patente), ma significativamente sulla base dell’art. 3 e non dell’art. 27 Cost.
20 Come è noto a partire da C. cost. n. 347/2007 e 348/ 2007 è stata superata la tradizionale collocazione delle norme convenzionali tra le leggi ordinarie, essendo stato loro riconosciuto il rango di norme interposte sulla base del riformato art. 117 Cost. (per importanti precisazioni v. C. cost. n. 311/2009 e 317/2009, n. 93/2010, n. 138/2010 e n. 87/2010, n. 1 e 80 del 2011). La peculiarità della CEDU di aver assicurato l’interpretazione uniforme delle norme convenzionali attraverso un organo giurisdizionale comporta che esse devono essere intese nel significato loro attribuito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
21 Bernardi, Commentario alla Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, 2001, art. 7, 256 ss. e Manes, La lunga marcia della Convenzione europea ed i «nuovi» vincoli per l’ordinamento (e per il giudice) penale interno, in La Convenzione europea dei diritti dell’uomo nell’ordinamento penale italiano, a cura di Manes-Zagrebelsky, 2011, 28 ss.
22 I casi paradigmatici sono costituiti C. eur. dir.uomo, 8.6.1976, Engel c. Paesi Bass e C. eur. dir. uomo 21.2.1984, Öztürk c. Germania, in Riv. it. dir. proc. pen., 1985, 894 con nota di Paliero, «Materia penale» e illecito amministrativo secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo: una questione «classica» a una svolta radicale.
23 Il primo invece è materializzato secondo i referenti della proiezione comparatistica e della struttura del precetto, mentre la gravità della sanzione assume un ruolo sussidiario non vincolante.
24 C. eur. dir. uomo, 9.2.1995, Welch c. Regno Unito.
25 La serrata critica al sistema del doppio binario è completata dalla sent. 17.12.2009, M. c. Germania che ha censurato la disposizione del diritto tedesco che, nell’aumentare la durata massima di una misura di sicurezza personale applicabile a soggetti imputabili, ne consentiva l’applicazione retroattiva, anche ai reati commessi in precedenza.
26 C. eur. dir. uomo, 30.8.2007, Sud Fondi Srl c. Italia relativa alla ricevibilità del ricorso.
27 Evidenzia questo aspetto Balsamo, Confisca nei reati urbanistici a seguito di proscioglimento: è una pena ai sensi della Convenzione ?, in Cass. pen., 2008, 3504.
28 C. eur. dir. uomo, 20.1.2009, Sud Fondi Srl c. Italia. In concreto la violazione all’art. 7 derivava dalla circostanza che gli imputati erano stati assolti per difetto dell’elemento psicologico a causa di un errore di diritto scusabile in quanto «la legge regionale applicabile, unita alla legge nazionale, era oscura e mal formulata».
29 Balsamo, La Corte Europea e la confisca contro la lottizzazione abusiva: nuovi scenari e problemi aperti, in Cass. pen., 2009, 3185 e Mazzacuva, L’interpretazione evolutiva del nullum crimen nella recente giurisprudenza di Strasburgo, in La Convenzione europea, cit.. 423.
30 C. eur. dir. uomo, 25.9.2008, Paraponiaris c. Grecia.
31 Riguardo al difficile rapporto tra accertamento posto a fondamento della confisca e presunzione di innocenza v. Balsamo, Il rapporto tra forme «moderne » di confisca e presunzione di innocenza: le nuove indicazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo, in Cass. pen., 2007, 3931 e le diverse conclusioni cui la Corte è pervenuta riguardo alla medesima misura prevista dal diritto olandese con la sentenza 1.3.2007, Geerings c. Paesi Bassi, e 5.7.2005, Van Offeren c. Paesi Bassi.
32 C. eur. dir. uomo, 22.2.1994, Raimondo c. Italia; 15.6.999, Prisco c. Italia; 4.9.2001, Arcuri c. Italia; 28.10.2004 e 16.3.2005, Bocellari e Rizza c. Italia. È stato invece ritenuto contrastante coi principi del giusto processo civile l’impossibilità di ottenere una pubblica udienza: C. eur. dir. uomo. 13.11.2007, Bocellari c. Italia. 5.1.2010, Bongiorno c. Italia e 2.2.2010, Leone c. Italia, tanto che è dovuta intervenire sul punto la C. cost. (n. 93/2010 e 80/2011).
33 C. eur. dir. uomo, 10.4.2003, Yldirim c. Italia. per il caso della confisca di un mezzo di trasporto utilizzato per introdurre illegalmente immigrati clandestini.
34 Queste caratteristiche impongono sempre la confisca, in qualsiasi sede processuale, qualunque sia l’esito del procedimento e a carico di qualsiasi soggetto, perché la restituzione determinerebbe automaticamente l’integrazione di un reato. Si tratta pertanto di ipotesi che esula dalla nozione di pena e dall’idea stessa di responsabilità, costituendo piuttosto una conseguenza del regime giuridico proprio di queste cose.
35 Per un’accurata analisi del tema ed acute osservazioni de iure condendo v. Panzarasa, Confisca senza condanna?, in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, 1672.
36 Sulla base del fragile argomento rappresentato dall’art. 236, co. 2 c.p. che esclude l’applicabilità alla confisca dell’art. 210 c.p. secondo il quale l’estinzione del reato impedisce l’applicazione di misure di sicurezza. Cass., 25.9.2000, n. 5262, in Cass. pen., 2002, 1801, con nota di Melillo, Estinzione del reato e confisca di cose diverse da quelle oggettivamente criminose, ovvero di mai sopiti contrasti giurisprudenziali.
37 Cass., S.U., 10.7.2008, n. 38834, in Cass. pen., 2009, 1392 con nota di Ielo, Confisca e prescrizione: nuovo vaglio delle Sezioni Unite, che in parte si richiama all’insegnamento di Cass., S.U., 25.3.1993, n. 5, in Cass. pen., 1993, 1670. Per una recente conferma Cass., 9.2.2011, n. 8382.
38 Cass., 4.12.2008, n. 2453. Così anche Cass., 25.05.2010, n. 32273, in Cass. pen., 2011, 989 persino in riferimento all’art. 12 sexies d.l. n. 306/1992 nonostante l’espressa previsione del presupposto della condanna.
39 Questo orientamento, come si è visto, in via di superamento in materia urbanistica, è stato recentemente ribadito in tema di contrabbando da Cass., 24.9.2008, n. 38174; Cass., 4.6.2009, n. 28508 e Cass., 26.5.2010, n. 25887.
40 Può essere utile ricordare che nella CEDU il principio di legalità è indipendente dalla riserva di legge, avendovi aderito anche sistemi di common law, ma ciò non toglie che per il nostro sistema il collegamento è essenziale e, pertanto, l’espressa previsione deve essere contenuta in una legge formale, non essendo sufficiente un’interpretazione giurisprudenziale, per quanto consolidata.
41 C. cost. n. 85/2008.
42 In linea astratta questa possibilità potrebbe essere differita in sede di opposizione al provvedimento di confisca. Così, se si ammette la confisca in sede di archiviazione, la concretizzazione dei principi del giusto processo potrebbe essere assicurata dal procedimento di esecuzione, in particolare valorizzando l’art. 666, co. 5, c.p.p. che ammette l’assunzione di prove in contraddittorio, senza limiti prestabiliti, a patto però di superare le prassi fortemente restrittive in materia.
43 Panzarasa, Confisca, cit., 1699 ss., al quale si rinvia per l’individuazione delle sedi processuali che consentono il pieno accertamento richiesto per applicare la confisca. L’autore sottolinea come l’art. 31 l. n. 34/2008 nel conferire al Governo la delega per dare attuazione alla decisione quadro del Consiglio dell’Unione europea del 24.2.2005, n. 212 relativa alla confisca dei beni, strumenti e proventi di reato, si muova proprio in questa direzione, consentendo la confisca in caso di proscioglimento per estinzione del reato e per difetto di imputabilità solo con la sentenza che conclude il dibattimento o il giudizio abbreviato. Ma la delega è scaduta senza essere esercitata.
44 C. cost. n. 229/1974; C. cost. n. 259/1976; C.Cost. n. 2/1987 e C. cost. n. 1/1997, ma mentre nella prima sentenza si richiede che questo elemento di colpevolezza «emerga» nel processo, con ciò facendo intendere che spetta all’accusa provarlo, nell’ultima si afferma che spetta al terzo dimostrare di essere divenuto proprietario della cosa «senza violare alcun obbligo di diligenza e quindi in buona fede». La terza, infine, afferma l’incompatibilità tra estraneità al reato e profitto conseguito da esso. I medesimi principi sono stati poi ribaditi da C. cost. n. 78/2001 in materia confisca del mezzo di trasporto utilizzato per procurare l’ingresso di immigrati clandestini (art. 12 d.lgs. n. 286/1998).
45 Cass., S.U., 28.4.1999, n. 9, in Foro it., 1999, 571.
46 Diffusamente Epidendio, La confisca nel diritto penale e nel sistema delle responsabilità degli enti, Padova, 2011, 159 s.
47 Epidendio, cit., 163.
48 Vassalli, «Confisca doganale e cose appartenenti a persone estranee al reato», in Giur. cost., 1977, 428.
49 Ciò non toglie che quel nucleo di tutela minima possa continuare ad esplicare una sua funzione per le misure che non si caratterizzano come pene, quali le misure di prevenzione. Invece, per le confische qualificabili come pene l’unica strada per giustificare limitate forme di attenuazione delle garanzie fondamentali è far leva, da un lato, sul contenuto puramente patrimoniale della sanzione, laddove le pene classiche incidono sempre direttamente o indirettamente sulla libertà personale e, dall’altro, la differente copertura costituzionale costituta dall’art. 7 CEDU e 117 Cost., rispetto agli artt. 25, co. 2 e 27, Cost., dalla quale può derivare un diverso contenuto di tutela.
50 Si pensi alla confisca del mezzo di trasporto utilizzato per procurare l’ingresso dell’immigrazione clandestina di cui all’art. 12, co. 4, d.lgs. n. 286/1998, tradizionalmente applicata anche nei confronti dei terzi non ritenuti estranei: Cass., 21.4.2004, n. 21860; 9.12.2004, n. 1927 e Cass., 25.10.2005, n. 45473.
51 Il presupposto del reato commesso non vale a salvare la situazione, perché manca la prova della partecipazione al reato da parte del soggetto che subisce la confisca.
52 Cass., 17.3.2010, n. 14860 riguardo alla confisca in tema di contrabbando.