CONFISCA
Nel diritto romano, la confisca era una vera e propria pena di natura patrimoniale, che colpiva il patrimonio del condannato, in tutto o in parte. Ma già nel diritto intermedio andò profilandosi come mezzo, complementare alla condanna, diretto a sottrarre al delinquente la merce di cui aveva tentato il contrabbando o le armi da lui adoperate per commettere un delitto. Così concepita, la confisca non è una pena, cioè una sanzione contro l'imputato, ma è una misura di prevenzione che, rivolgendosi alla cosa, mira tuttavia a togliere al soggetto i mezzi da lui adoperati, e che potrebbe ancora adoperare, per commettere un delitto. Come provvedimento diretto a sottrarre la cosa al condannato, la confisca era ordinata nel codice penale toscano, nel codice sardo italiano, e in quello Zanardelli (art. 36). Dati gli scopi di prevenzione, la confisca, secondo alcuni autori, si definisce come un "provvedimento coercitivo di polizia". Sembra, invece, più esatto ritenerla un provvedimento completamente d'ordine civile derivante dalla condanna o solamente (in taluni casi) dalla sentenza penale. Il codice penale italiano del 1930 include la confisca fra le "misure di sicurezza patrimoniali" (art. 240), così concependola come un provvedimento di carattere amministrativo. La confisca importa la definitiva espropriazione della cosa, a differenza dal sequestro penale che è una forma di temporanea assicurazione della cosa stessa ai fini del procedimento penale. La confisca, come gia nel codice penale del 1889, è di due specie, facoltativa e obbligatoria. La confisca facoltativa, che è la regola, è possibile quando intervenga sentenza di condanna per un delitto (doloso o colposo) e si tratti di cose attinenti al reato (che servono o furono destinate a commettere il reato o ne sono il prodotto o il profitto), che non appartengano a persone estranee al reato medesimo. La confisca è obbligatoria per il giudice, anche se non venga pronunziata condanna penale, quando si tratti di cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o la vendita delle quali costituiscano reato, poiché gli oggetti portano in sé il carattere delittuoso (la confisca ha luogo anche se le cose appartengano a terzi) e quando si tratti di cose che costituiscono il prezzo del reato (quando non appartengano a terzi). Quest'ultimo caso è un'innovazione del codice del 1930.
La confisca generale è riapparsa nella legislazione italiana durante la guerra europea, come vera e propria pena contro i disertori (decr. luog. 10 dicembre 1917, n. 1952, art. 2: "la sentenza potrà anche ordinare la confisca parziale o totale dei beni del condannato"). La legge 31 gennaio 1926, n. 108, nel disporre che può essere privato della cittadinanza italiana il cittadino che all'estero commetta un fatto pericoloso per gl'interessi italiani, ancorché non costituente reato, autorizza altresì la pronunzia, in via amministrativa, del sequestro dei beni e, nei casi più gravi, la confisca dei medesimi. Qui si tratta veramente di una misura di mera polizia. La legge 25 novembre 1926, n. 2008, per la difesa dello stato, nell'art. 5, prevede la confisca come pena per determinati delitti che si commettono dal cittadino all'estero; la confisca è, anzi, conseguenza "di diritto" della condanna, salva la facoltà al giudice di applicare in sua vece il sequestro dei beni (determinandone la durata e disponendone la destinazione delle rendite). Il progetto di nuovo codice penale aveva ordinato la confisca generale come quella misura che ha per effetto la devoluzione allo stato di tutti i beni, presenti e futuri, del condannato, o delle rendite (sequestro) durante la vita del condannato medesimo (art. 28), con facoltà di concedere un sussidio agli stretti congiunti bisognosi. Ma nel testo definitivo del codice questo articolo è scomparso.
Bibl.: C. Beccaria, Dei delitti e delle pene, par. 25; C. Civoli, Confisca (Diritto pen.) in Digesto, VIII, i; A. Pertile, Storia del diritto it., Padova 1873-87, nuova ed., Torino 1891-99, par. 180; F. Carrara, Programma del corso di dir. criminale, parte gen., 10ª ed., Firenze 1907, par. 690; V. Manzini, Trattato di diritto pen. ital., III, Torino 1910, par. 136; E. Florian, Parte generale del diritto pen., 3ª ed., II, Milano 1926, par. 344.