CONFUSIONE (fr. confusion; sp. confusión; ted. Vereinigung; ingl. confusion)
Di confusione nella terminologia giuridica si parla tanto per indicare il fatto dell'unione (cod. civ. it., art. 466 segg.) di cose appartenenti a diversi proprietarî in un solo tutto, riunione che talvolta ha per effetto di determinare una perdita e correlativo acquisto di proprietà (v. accessione), quanto per indicare il fatto del riunirsi nella stessa persona di diritti o qualità giuridiche che normalmente hanno radici in persone distinte, riunione che ha d'ordinario per effetto un'estinzione di rapporti giuridici.
Sotto questo secondo aspetto la parola confusione è adoperata nel cod. civ. italiano per indicare la riunione nella stessa persona delle qualità di creditore e debitore (articoli 1236,1296,1297). Ma già nelle fonti romane e nella comune terminologia si parla di confusione anche per indicare la riunione nella stessa persona del diritto di proprietà con un diritto reale limitato (ius in re aliena) che grava sulla cosa stessa, e che, per effetto della riunione viene quindi a gravare sulla cosa propria. In ambedue i casi, presupposto necessario perché si abbia confusione è che il diritto o l'obbligazione si trasmettano effettivamente alla persona. L'effetto che ne segue è quello dell'estinzione del diritto reale limitato (nulli res sua servit) o del diritto di credito e corrispondente obbligazione.
La ragione di tale effetto estintivo viene generalmente ricercata nell'impossibilità di coesistenza nella stessa persona delle qualità di proprietario e titolare dello ius in re, di creditore e debitore della stessa prestazione: qualità costituenti i lati opposti di uno stesso rapporto giuridico, presupponenti quindi distinzione e contrapposizione di soggetti. Pure, per il primo caso, già il diritto romano ammise delle eccezioni che hanno portato all'accoglimento nelle legislazioni moderne della figura dello ius in re propria, o come normale o come eccezionale. Come eccezionale la troviamo nelle legislazioni latine. Per il diritto italiano la possibilità di una persistenza dell'usufrutto, servitù prediale, enfiteusi, ipoteca sulla cosa propria risulta dall'art. 2017 cod. civ., che sebbene parli di un loro rivivere, vuole in realtà conservato il diritto preesistente in conformità della tradizione storica: il che è particolarmente evidente nel caso d'ipoteca alla quale si vuol conservata la data originaria. Perciò taluno opina che nella confusione di diritti reali, la cagione dell'effetto estintivo sia da riporre, anziché in un'impossibilità di persistenza del rapporto, in un'inutilità. Il diritto persisterebbe come diritto sulla cosa propria quando lo richieda l'interesse del proprietario o di terzi: del pioprietario, in quanto esso gli consenta una prelazione di fronte agli altri diritti reali, che la proprietà non gli consente; di terzi, quando costoro abbiano come oggetto di loro diritti reali il diritto che dovrebbe estinguersi per confusione. La possibilità della persistenza eccezionale dello ius come ius in re propria avrebbe spiegazione in ciò che il rapporto reale, come rapporto erga omnes, non consisterebbe esclusivamente né essenzialmente nel rapporto fra il titolare dello ius in re e il proprietario. Coloro invece che non accolgono tale teoria, cercano di spiegare diversamente il sopravvivere all'estinzione di effetti proprî del diritto confuso.
Nella riunione delle qualità di creditore e debitore in uno stesso rapporto giuridico, l'estinzione è da riporre nell'impossibilità di persistenza del rapporto: non si può esser creditore e debitore di sé stesso. Ma, come già è messo in rilievo nelle fonti romane (Dig., XXI, 2, de evictionibus, 41,2), all'estinzione si accompagna normalmente un effetto satisfattorio del credito, sì che, ad es., nel caso del creditore che diventa erede del suo debitore deve considerarsi come acquistato a titolo di credito, e non a titolo di eredità, quanto corrisponde all'ammontare del suo credito.
L'estinzione del credito e debito è definitiva: tuttavia taluno ritiene che la confusione determini semplicemente un'impossibilità di esercizio del diritto, il quale, mentre permarrebbe nei suoi effetti verso i terzi, rivivrebbe col cessare della confusione: ad es. con la vendita dell'eredità. Si vorrebbero così spiegare gli effetti che altri spiega con l'effetto satisfattorio suddetto; ma in contrasto con gl'insegnamenti del diritto romano e con i principî di diritto comunemente ammessi. Soltanto nei casi di risoluzione dell'atto di acquisto che determinò la confusione, e purché la risoluzione abbia effetto retroattivo reale, si ha necessariamente anche un rivivere del diritto apparentemente estinto.
Nella circolazione dei titoli di credito all'ordine si ammette che se, ad es., una cambiale perviene per regolare girata a uno degli obbligati cambiarî, e costui la rimette in circolazione prima della scadenza, permanga l'obbligazione di tutti i firmatarî. La ragione di tale eccezione è da ricercarsi nella natura particolare del titolo di credito circolante. Altra eccezione si ammette comunemente nel caso di accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, sulla base dell'art. 968 cod. civ. e dei precedenti storici; ma v'ha chi vede sancito in quell'articolo l'effetto satisfattorio della confusione.
Poiché la confusione produce estinzione definitiva del credito, essa determina la liberazione dei fideiussori (art. 1297 cod. civ.). Se la confusione si opera nella persona di uno dei debitori solidali, essa non profitta ai condebitori se non per la porzione di cui il confondente era debitore (art. 1927,3): si ha riguardo quindi al rapporto interno fra i condebitori, per cui se unico reale debitore era il confondente, si avrà estinzione totale. Viene in tal modo eliminata un'inutile azione di regresso. È dubbio invece se eguale soluzione sia da ammettere quando la confusione si verifichi in uno di più creditori solidali. "La riunione nella persona del fideiussore della qualità di creditore o di debitore principale non produce l'estinzione dell'obbligazione principale" (art. 1297,2; per errore o improprietà in detto articolo si legge la congiuntiva e in luogo della disgiuntiva o). È discusso se si abbia estinzione della fideiussione quando si verifichi riunione delle qualità di debitore principale e fideiussore. Si ammette comunemente estinzione; ma la si esclude quando il permanere della fideiussione costituisca un vantaggio per il creditore.
Bibl.: G. Brunetti, in Arch. giur., XLVIII (1892), p. 156 segg.; A. Cicu, Estinzione di rapporti giuridici per confusione, Sassari 1908; P. Lefebvre, De la confusion dans les obligations et les droits réels en droit romain et en droit français, 1871; P. Kretschmar, Die Theorie des Confusion, Lipsia 1899.