Rozzi, Congrega dei
Costituitasi a Siena nel 1531 per libera associazione di intelligenti artigiani amanti del teatro e delle lettere, la Congrega dei R. nella fase iniziale della sua travagliata vita nel Cinquecento (1531-35; 1544-52; 1561-68), che è anche la più fertile e originale, testimonia un rispetto devozionale per D., che probabilmente è di ascendenza popolare. Nei Capitoli del novembre 1531, redatti da Marco Antonio di Giovanni ligrittiere (l'Avviluppato) e Anton Maria di Francesco cartaio (lo Stecchito), fra gli obblighi letterari è posta la lettura di scrittori volgari in versi o in prosa: " e per essar noi del cristiano greggie professori, ne pare che, almeno innel tempo quadragesimale, in fra di noi si lega la elegante e dotta Commedia di Dante, in quella parte che al S(ignor) R(ozo) [presidente] parrà: el quale ogni volta che ci dipartiremo imponga per la seguente festa a uno di che materia a tutta la Congrega abbi a leggiare, acciò che ciascuno possa in quel tempo studiare, per potere poi di qualche bella materia in fra noi ragionando trattare " (cap. V); nelle altre occasioni si possono leggere invece Petrarca, Boccaccio e altri " antiqui o moderni ".
Di un sentire religiosamente la Commedia aveva già lasciato traccia Michelagnolo di Cristofano da Volterra, trombetto del comune di Pisa, che in un inventario di libri da lui letti (1488) aveva posto D. fra " i libri dall'anima da leggere di Quaresima ".
La composizione sociale della Congrega riporta appunto a una cultura semipopolare fondata sui pochi grandi testi volgari. Tuttavia la lettura dantesca fu dalla Congrega smessa presto: nelle Deliberazioni del 16 marzo 1533 si decise, favorevole lo stesso Stecchito, di sostituire tutte le letture con quella della sola Arcadia del Sannazaro, testo del resto più congeniale alla produzione letteraria propria dei R. (egloghe pastorali e farse villerecce); la nuova scelta fu mantenuta ferma nella riforma dei Capitoli del 1561, con la riserva che ogni Signor Rozzo poteva per una sola volta nel periodo della propria carica permettere la lettura di altro autore.
Le letture dantesche dei R. non ci sono pervenute: e quindi non possiamo sapere in che modo s'incontrassero la venerazione pia per la sacralità del libro e la coscienza della sua nobiltà artistica. Né è facile immaginare quali polemiche abbiano portato all'abbandono della lettura ufficiale della Commedia. La presenza di D. nelle commediole (tutte in versi) dei R. non supera i limiti di echi o citazioni saltuarie ed esteriori; più dovette giuocare la consuetudine con la Commedia nell'educazione a versificare in endecasillabi e in terzine, oltre che in ottave.
Bibl.-Il testo dei Capitoli in C. Mazzi, La C. d. R. di Siena nel secolo XVI, Firenze 1882, I, 352-353 (v. anche ibid., 112-115, 122-123, 398); U. Benvoglienti, Lettera sulla Commedia Italiana e sull'Accademia de' R. e componimenti teatrali di essa (12 marzo 1711), Siena, bibl. Comunale degli Intronati, manoscritto C IV 27, p. 429; ID., Lettere, XIII, ibid., manoscritto E IX 13, c. 125 V; ID., Lettere, XLV, ibid., manoscritto E IX 14, p. 524 (a S. Salvini, 19 aprile 1719); E. Bocci, Un teatro popolare del secolo XVI: la commedia dei R., in " Belfagor " VII (1952) 540-541.; R. Alonge, Il teatro dei R. di Siena, Firenze 1967, 50 (impreciso), 58, 75. Per Michelagnolo da Volterra: A.M. Bandini, Bibliotheca Leopoldina Laurentiana seu Catalogus manuscriptorum qui nuper in Laurentianam translati sunt, III, Firenze 1793, 238-242.