Hall, Conrad L.
Direttore della fotografia statunitense, nato a Papeete (Tahiti) il 21 giugno 1926 e morto a Santa Monica (California) il 4 gennaio 2003. Tra i più innovativi e influenti artisti della luce del ci-nema hollywoodiano, H. ha illuminato con la sua vena pittorica i grandi racconti di registi come Richard Brooks, John Huston e John Schlesinger e tratteggiato l'evoluzione artistica del divo Paul Newman. Concentrato sull'essenza delle storie e attento alla visione dell'autore, H. ha sempre indirizzato la sua ricerca stilistica verso un'esaltazione naturale dei caratteri della narrazione, senza mai sovrapporsi a essa. Caldi nel periodo del bianco e nero, i 'toni' del suo cinema risultano più saturati nelle prime opere a colori per poi diventare sempre più scuri fino alla 'lunga notte' di Road to perdition (2002; Era mio padre) di Sam Mendes. Nell'arco della sua straordinaria carriera ha ricevuto dieci candidature e vinto tre premi Oscar, per Butch Cassidy and the Sundance Kid (1969; Butch Cassidy) di George Roy Hill, American beauty (1999) e Road to perdition, entrambi di Mendes, oltre ai riconoscimenti di tutte le principali associazioni di settore.Figlio dello scrittore James Norman Hall, autore insieme a Ch. Nordhoff della celebre trilogia d'avventura The Bounty trilogy, H. si iscrisse nel 1947 al corso di giornalismo della USC (University of Southern California), nella speranza di ricalcare le orme paterne, per poi passare poco dopo a quello di cinema. Laureatosi nel 1949, fondò insieme a due amici la casa di produzione Canyon Film, cominciando a lavorare a film sperimentali e a documentari a 16 mm della serie True life adventure. Dopo alcuni anni come assistente operatore di Ted McCord e Ernest Haller, H. esordì nel 1965 con il dramma Wild seed (Seme selvaggio) di Brian G. Hutton per poi ottenere la prima candidatura all'Oscar per Morituri (1965; I morituri) di Bernhard Wicki, spy-movie con Marlon Brando e Yul Brynner. Gole bruciate dal sole e bivacchi illuminati dal calore dei tramonti sono i luoghi in cui Brooks e H. fanno muovere i quattro avventurieri di The professionals (1966; I professionisti), capolavoro western politico. Nel successivo In cold blood (1967; A sangue freddo), sempre di Brooks, livido dramma della colpa dagli accenti documentaristici, H. ideò la sequenza memorabile di una confessione in carcere, con la pioggia che, scivolando sul vetro della finestra, si riversa attraverso un gioco di luci come lacrime sul volto del protagonista. La lunga fuga dei due fuorilegge (Paul Newman e Robert Redford) è invece dipinta in Butch Cassidy and the Sundance Kid con colori primari che rivisitano in chiave ironica il mito del West. La disperata esistenza dei due pugili di Fat city (1972; Città amara) di Huston viene invece restituita da H. attraverso una luce abrasiva, crepusco-lare, dai toni spenti e marcatamente realistici. Definito dallo stesso H. un film 'dorato', The day of the locust (1975; Il giorno della locusta) di Schlesinger è dominato da una luce chiara, scintillante che rispecchia i sogni frustrati dei protagonisti. Passato alla pubblicità con l'intento di trovare il tempo e i fondi per dirigere una versione cinematografica di The wild palms di W. Faulkner, H. tornò al cinema nel 1987 con lo scuro thriller Black widow (1987; La vedova nera) di Bob Rafelson. La sua luce si è mantenuta su tonalità cupe anche in Tequila sunrise (1988; Tequila connection) di Robert Towne e nel dramma civile di Steven Zaillian, A civil action (1998). Scandite da una pioggia incessante e da un diffuso senso di morte sono le ultime due opere, visivamente straor-dinarie, firmate da H. con Mendes. Amaro ritratto della società americana, American beauty presenta un'alternanza di colori chiari ma spenti, tesi a simboleggiare il vuoto delle vite dei protagonisti, e tinte scure o rosso sangue a lasciar presagire la fine incombente. La bellezza è racchiusa in una sequenza straniante in cui una busta di plastica danza nell'aria con una grazia innaturale. Rivisitazione del gangster film classico, Road to perdition è l'oscuro viaggio verso la morte del killer Michael Sullivan (Tom Hanks) lungo il quale H. ha lasciato l'ultima, abbagliante, gemma della sua carriera: l'uccisione silenziosa, sotto il diluvio, di John Rooney, interpretato dal suo amico Newman.
Conrad Hall, in Masters of light: conversations with contemporary cinematographers, ed. D. Schaefer, L. Salvato, Berkeley 1984, pp. 152-74.