CONSENSO
I filosofi, a cominciare dal tardo stoicismo, designano col termine di consensus gentium il criterio di verità per il quale una tesi appare come vera in quanto in essa convengono, al di là delle singole divergenze, le opinioni di tutti gli uomini o della maggior parte di essi. Questa idea del consenso appare per es., tra gli altri, in Cicerone e in Seneca, specialmente in rapporto con dottrine religiose. Più tardi, nella prima fase della storia del pensiero moderno, essa si presentò nell'aspetto della dottrina del "senso comune", inteso come il complesso di quelle verità che ogni intelligenza doveva di necessità riconoscere: ma già in questa formulazione era in germe quel nuovo concetto della necessità logica, che, sviluppato nel trascendentalismo kantiano, doveva riuscire proprio alla più decisa negazione del principio che la verità potesse fondarsi sul consenso dei più. Da allora il concetto di consenso, abbandonando il terreno gnoseologico, tese a limitare la sua portata al campo politico e giuridico. Per consenso nell'accezione giuridica, v. contratto; matrimonio.