CONSERVAZIONE DELL'ARTE CONTEMPORANEA
CONSERVAZIONE DELL’ARTE CONTEMPORANEA. – Cenni storici. Quadro teorico. Problematiche. L’intenzione artistica. Autenticità. Installazioni. Bibliografia
Cenni storici. – Il concetto di c. dell’a. c. quale pratica inerente l’attività collezionistica, finalizzata alla trasmissione delle opere al futuro e dotata di una propria identità metodologica, ha trovato le prime esplicite e autonome enunciazioni a partire dalla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, conoscendo nel giro di pochi decenni un notevole approfondimento specialistico. In Italia il dibattito si è acceso relativamente presto, potendosi far risalire al convegno tenutosi presso il Castello di Rivoli nel 1987, sebbene nei suoi risvolti filosofici ed etici sia rimasto a lungo centrato sulla questione dell’applicabilità al contemporaneo della teoria del restauro di Cesare Brandi.
Oggi il discorso appare molto articolato, avendo nel frattempo beneficiato dello sviluppo accanto agli enti museali di istituzioni pubbliche e private dedicate al collezionismo e alla cura dell’arte contemporanea; inoltre, la discussione ha guadagnato ulteriore slancio nel momento in cui musei e gallerie hanno intensificato una politica di acquisizione ed esposizione di opere della neoavanguardia o ancora più recenti. Ciò ha consentito ai principali musei d’arte contemporanea del mondo occidentale (per es., Museum of modern art, MoMA, e Solomon R. Guggenheim a New York, San Francisco Museum of modern art, SFMoMA, Tate Gallery a Londra, Museo nacional centro de arte Reina Sofía a Madrid, Stedelijk Museum ad Amsterdam, Zentrum für Kunst und Medientechnologie, ZKM, a Karlsruhe) di accumulare un numero sempre più sostanzioso di casi di studio su cui fondare la riflessione, ampliando la letteratura. In tal senso, cruciale per l’evoluzione degli studi è stato il progetto Modern art. Who cares? (1994-97), promosso da Stichting Behoud Moderne Kunst (SBMK) e Instituut Collectie Nederland (ICN) e culminato in un convegno internazionale tenutosi ad Amsterdam nel 1997, che per la comunità degli esperti ha rappresentato un modello interdisciplinare di condivisione e scambio di idee e conoscenze. Sono così sorti, sulla spinta congiunta di musei, dipartimenti universitari e laboratori di restauro, dei consorzi dedicati alla c. dell’a. c., che hanno dato vita a programmi,workshops e organismi di ricerca, di cui il primo e più esteso è l’International Network for the conservation of contemporary art (INCCA), creato nel 1999.
Inoltre, la veloce diffusione delle tecnologie digitali in ambito artistico negli ultimi venticinque anni ha definitivamente aperto una revisione profonda dei presupposti teorici e dei criteri metodologici per la c. dell’a. c., incoraggiando anche la nascita di iniziative e centri specializzati nello studio dei cosiddetti new media (per es., DOCAM, DOcumentation et Conservation du patrimoine de Arts Médiatiques, V2_).
Quadro teorico. – Malgrado alcune perplessità sul limite cronologico che la nozione implicherebbe, sembra ormai evidente che la c. dell’a. c. riguarda il panorama artistico inaugurato dalle avanguardie storiche del primo Novecento. A partire da quella stagione in avanti, infatti, l’artista, operando spesso in rigetto o in dissidio con i principi e le consuetudini della tradizione, produce lavori che non ambiscono più necessariamente a essere oggetti immutabili
o durevoli, ma anzi accolgono l’imprevisto e l’indeterminatezza, l’accidente e il contingente. Ciò ha generato un’apertura radicale dell’orizzonte estetico e la proliferazione di mezzi e fini espressivi; per cui, in sostanza, qualsiasi cosa può diventare di per sé un medium artistico, a prescindere dalle sue prospettive di durata. Sono stati così introdotti in campo artistico tecniche e materiali in precedenza estranei alla prassi accademica, oppure è stato stravolto l’uso di quelli tradizionali.
Le difficoltà legate al mantenimento di opere i cui materiali costitutivi mostrano proprietà e comportamenti non prevedibili o non paragonabili a quelli antichi, o la cui solidità nel tempo risulta limitata da procedimenti esecutivi eterodossi, sono state il primo impulso alla riflessione sulla conservazione dell’arte contemporanea. Dall’analisi tecnica si è quindi passati a un più vasto problema d’interpretazione, perché ogni considerazione sui materiali ha sollevato interrogativi sul loro rapporto con il messaggio dell’opera, ovvero con i suoi significati, dichiarati o meno. Dunque la domanda fondamentale della c. dell’a. c. travalica la dimensione meramente fisica dell’oggetto e indaga le forme e i modi di significazione artistica delle opere nel tentativo di definire una propria specifica etica d’azione.
A tal proposito, negli ultimi anni molti specialisti – non solo del contemporaneo – hanno criticato la concezione della conservazione quale salvaguardia di un valore assoluto, stabile e univoco racchiuso nell’opera, sottolineando la pluralità e la diversità di significati che essa assume in relazione ai contesti storici e sociali in cui transita. Tale critica intende mettere il conservatore al riparo dal rischio di ‘congelare’ in maniera feticistica l’oggetto, ossia di fissarne una volta per tutte il significato, scegliendo irreversibilmente una data condizione materiale e perdendo così di vista altri contenuti, o addirittura svuotando l’opera di senso.
Peraltro, alcune correnti critiche più recenti (come, per es., NeCCAR, Network for Conservation of Contemporary Art Research) invitano la conservazione a ripensare in senso dinamico l’identità dell’opera, partendo dalla rete di pratiche che hanno interessato l’oggetto nel corso della sua esistenza museale, come elemento del patrimonio. Questo indirizzo di pensiero discende dalla cosiddetta teoria contemporanea del restauro (Salvador Muñoz Viñas), che rinuncia a cercare una nozione prescrittiva di autenticità, considerata comunque una finzione narrativa, e preferisce guardare ai processi di comunicazione intersoggettiva del gruppo di persone per cui l’opera è significativa (stakeholder). Dunque, in linea di principio, il conservatore anziché arrestare o cancellare l’alterazione, mira oggi a comprenderne le cause nel tentativo di controllare i cambiamenti dell’oggetto in coerenza con i significati che il contesto sociale gli riconosce.
Problematiche. – Data la natura contingente dell’arte contemporanea, la conservazione deve confrontarsi con alcuni fenomeni tipici, spesso concomitanti, che si possono riassumere in variabilità, obsolescenza e immaterialità.
La variabilità può manifestarsi in diverse forme: attraverso l’uso di componenti modificabili o deperibili, o allestimenti effimeri; ciò innesca trasformazioni nell’oggetto fisico che talvolta possono sfociare nella sua totale scomparsa. L’obsolescenza tecnologica può essere assimilata a una forma particolare di variabilità, perché deriva dall’impiego di materiali seriali di origine industriale – prodotti finiti e semilavorati –, che in quanto tali sono soggetti a un decadimento più o meno rapido della funzionalità. Non di rado la possibilità di una loro sostituzione o riparazione a fini conservativi è complicata o preclusa dal ricambio generazionale dei modelli in commercio. Per analizzare in chiave conservativa i fenomeni della variabilità e dell’obsolescenza sono sorti diversi programmi di ricerca dedicati; su tutti va menzionato il Variable media initiative (19992001) che, nato in seno al Guggenheim di New York, ha portato alla formazione di un grande consorzio (Variable media network) e ha suggerito un approccio metodologico specifico per l’arte contemporanea, basato sia sui materiali sia sui ‘comportamenti’ delle opere. Altre iniziative di spicco sono state Obsolete Equipment (2009-11), sostenuto da PACKED (Platform for the archiving and preservation of artistic creations on electronic and digital carriers), MuHKA (Museum van Hedendaagse Kunst Antwerpen) e NIMK (Nederlands Instituut voor MediaKunst); e Matters in media art (2003-15), della TATE.
Infine, come esemplifica l’arte concettuale, l’opera può avere un carattere del tutto aleatorio o immateriale, presentandosi non già come oggetto, bensì come operazione linguistica o codice informatico, oppure come azione, evento performativo o progetto. Queste forme espressive hanno stimolato lo studio sulla documentazione, quale alternativa di conservazione della memoria dell’opera, favorendo lo sviluppo di nuovi e speciali strumenti di catalogazione, protocolli d’archiviazione, glossari e banche dati on-line. In ambito anglosassone (TATE) è invalsa la definizione time-based media per indicare opere riconducibili ai casi ora descritti.
L’intenzione artistica. – Tutti questi fenomeni possono essere o meno coscientemente previsti e voluti dall’artista, e costituire pertanto parte integrante di quella che viene comunemente chiamata intenzione artistica, formula con cui si allude alle ragioni dell’opera. La presenza dell’artista e dei suoi assistenti è senz’altro una prerogativa della c. dell’a. c.; viste le complessità di decrittazione del significato, quando l’autore è vivo e interpellabile, la sua partecipazione al processo decisionale è ritenuta un contributo prezioso alla definizione della strategia conservativa. In tal senso, la conservazione è un atto critico che scaturisce dal confronto tra i punti di vista di più figure con competenze differenti; e, in un contesto museale, tale atto non solo intreccia strettamente le capacità del curatore con quelle del restauratore, ma richiede, ove possibile, il coinvolgimento dell’autore. Naturalmente, l’opinione dell’autore non è un punto di vista tra i tanti ed è considerata irrinunciabile per chiarire l’intenzione artistica; tuttavia, può non essere risolutiva rispetto alle decisioni conservative. Sul tema del coinvolgimento dell’artista è fiorito un intero ramo d’indagine, finalizzato all’elaborazione di metodi e strumenti per sollecitare e raccogliere informazioni da fonti dirette, soprattutto attraverso la procedura dell’intervista.
Autenticità. – Per rispondere ai dubbi sollevati dalla natura instabile e contingente dell’arte contemporanea rispetto alla determinazione d’autenticità delle opere – dubbi che comportano anche problemi di ordine commerciale oltreché filologico, dato che la patrimonializzazione implica la nozione di valore economico che l’istituzione proprietaria
o il collezionista tendono generalmente a preservare, se non ad accrescere –, è stato proposto (Pip Laurenson) di affiancare al concetto di autografia quello di ‘allografia’, mutuato dalla teoria musicale. Ciò significa non vincolare più l’autenticità alla traccia dell’intervento diretto dell’artista sui materiali relativi alla prima occorrenza storica dell’opera, ma associarla piuttosto all’ideazione o al progetto; così si giustificano l’esecuzione plurima, delegata o differita, e di conseguenza l’eventuale riconfigurazione, sostituzione, riproduzione o sacrificio delle componenti materiali al momento dell’intervento conservativo.
Installazioni. – Spesso nell’arte contemporanea il confine tra produzione, esibizione e conservazione dell’opera è indistinto, quando non proprio inesistente; ciò ha fatto sì che dall’inizio del 21° sec. si concretizzasse un’attenzione particolare verso l’installazione, termine che, descrivendo una tipologia d’opera attraverso la pratica della sua presentazione, designa una categoria senza veri confini. Su tale argomento grande importanza per la storia degli studi ha avuto il progetto internazionale Inside installations. Preservation and presentation of installation art (2004-07), sulla cui scia in Italia è stato condotto il DIC (Documentare Installazioni Complesse, 2006-08), promosso dalla DARC (oggi Direzione generale belle arti e paesaggio) e dal Museo del Novecento di Milano. Una delle indicazioni di metodo più innovative emerse dallo studio sulle installazioni è stata l’attuale trasformazione del ruolo del conservatore che, nel momento in cui viene chiamato a garantire la trasmissione di opere complesse e instabili, tende a svolgere la funzione di ‘coproduttore’ dell’opera, funzione di cui tuttavia restano ancora da precisare i limiti deontologici.
Bibliografia: Modern art. Who cares?, ed. U. Hummelen, D. Sillé, Amsterdam 1999; A. Depocas, J. Ippolito, J. Caitlin, Permanence through change. The variable media approach, New York-Montréal 2003 (http://www.variablemedia.net/e/preserving/html/var_pub_index.html, 25 aprile 2015); O. Chiantore, A. Rava, Conservare l’arte contemporanea. Problemi, metodi, materiali, ricerche, Milano 2005; Monumenti effimeri. Storia e conservazione delle installazioni, a cura di B. Ferriani, M. Pugliese, Milano 2009; Theory and practice in the conservation of modern and contemporary art, Proceedings of the international symposium, Hildesheim 2009, ed. U. Schädler-Saub, A. Weyer, London 2010; Inside installations. Theory and practice in the care of complex artworks, ed. T. Scholte, G. Wharton, Amsterdam 2011; The artist interview. For conservation and presentation of contemporary art. Guidelines and practice, ed. L. Beerkens, Heijningen 2012; Cosa cambia. Teorie e pratiche del restauro nell’arte contemporanea, Atti del Convegno internazionale di studi, Rivoli 2012, a cura di M.C. Mundici, A. Rava, Milano 2013; Preserving and exhibiting media art, ed. J. Noordegraaf, C. Saba, B. Le Maître et. al., Amsterdam 2013; Tra memoria e oblio. Percorsi nella conservazione dell’arte contemporanea, a cura di P. Martore, Roma 2014.