CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ECONOMIA E DEL LAVORO
(App. III, I, p. 422)
La nuova legge n. 936 del 30 dicembre 1986 sul CNEL, che ha abrogato la legge costitutiva del 1957, innovando l'organismo, disciplina composizione e funzioni del CNEL. Il nuovo Consiglio è diverso da quello dei trent'anni passati, per la volontà espressa dalle forze sociali che hanno voluto la riforma, per i compiti nuovi che gli sono stati assegnati e per l'elevata rappresentatività conferitagli. Soprattutto, nella sua nuova composizione, il CNEL tende a favorire − come ebbe a sottolineare S. Mattarella, relatore del provvedimento alla Camera − quella "riconoscibilità dei partners sociali da parte del potere politico che intende avere referenti certi e rappresentativi". In questo senso la nuova legge ha interpretato il dettato costituzionale (art. 99 della Costituzione).
La nuova composizione del CNEL vede una netta prevalenza della rappresentanza delle categorie produttive (99 su 111 membri) rispetto al precedente rapporto (59 su 79 membri), con la riduzione a 12 del numero degli esperti (che erano 20 nel vecchio Consiglio). Dei 99 rappresentanti delle organizzazioni produttive, 44 sono rappresentanti dei lavoratori dipendenti (compresi 5 dei dirigenti pubblici e privati, e dei quadri), 18 dei lavoratori autonomi e 37 delle imprese. Viene sancito per la prima volta che i membri del Consiglio devono rappresentare le categorie produttive di beni e di servizi, nel settore pubblico e nel settore privato.
Particolarmente importante è la procedura di nomina dei 99 rappresentanti delle ''categorie produttive''. Le organizzazioni abilitate alle designazioni, in cui le categorie produttive trovano la loro identificazione sociale, sono quelle sindacali a carattere nazionale. La procedura di nomina è stata infatti completamente innovata in tal senso. Non è più il ministero ''competente'' che procede all'individuazione delle organizzazioni da invitare ai fini delle designazioni, ma è la presidenza del Consiglio dei ministri che, prima della scadenza del mandato dei membri del Consiglio, dà avviso di tale scadenza. Le organizzazioni sindacali di carattere nazionale fanno pervenire alla presidenza del Consiglio la designazione dei propri rappresentanti. E il presidente del Consiglio definisce l'elenco dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, comunicandole a tutte le organizzazioni designanti. Avverso tale atto le organizzazioni possono presentare ricorso alla presidenza del Consiglio dei ministri. Nel ricorso − ed è questo uno dei punti qualificanti della legge − le organizzazioni sono tenute a fornire tutti gli elementi necessari, dai quali si possa desumere il grado di rappresentatività, con particolare riguardo all'ampiezza e alla diffusione delle loro strutture organizzative, alla consistenza numerica, alla loro partecipazione effettiva alla formazione e stipulazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro e alla composizione delle controversie individuali e collettive di lavoro. Su tale confronto s'innesta l'atto definitivo di nomina. Nel procedimento dunque s'inseriscono i criteri e gli elementi che la giurisprudenza amministrativa ha unanimemente indicato come criteri ed elementi di riconoscibilità delle organizzazioni delle categorie sociali e della loro rappresentatività.
Nessuna innovazione viene prevista circa la nomina del presidente, l'elezione dei vice presidenti e la costituzione dell'Ufficio di presidenza, che rimane organo di consulenza del presidente con specifiche responsabilità nella direzione dei lavori del Consiglio. Il presidente viene nominato con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, fuori dei 111 membri del Consiglio. I vice presidenti sono eletti dall'Assemblea a maggioranza qualificata (tre quinti nei primi due scrutini e ballottaggio con quorum minimo di un terzo dei consiglieri).
Particolarmente importante l'innovazione apportata in tema di sostituzione dei consiglieri. Fatto cadere l'anacronistico principio del divieto di mandato imperativo, si è inserito nella legge il diritto di revoca (così che la sostituzione di un consigliere avviene da parte della stessa organizzazione che lo ha designato). Ciò consente peraltro al CNEL di avere il suo plenum sempre pienamente rappresentativo delle organizzazioni che ne fanno parte.
Le attribuzioni previste dalla legge di riforma sono solo parzialmente diverse da quelle già previste dalla legge del 1957. I poteri del CNEL rimangono infatti quelli di consultazione (su richiesta delle Camere, del Governo e delle Regioni), di proposta (osservazioni e proposte formulate ai suddetti organi istituzionali), di studio e infine d'iniziativa legislativa.
Tra le novità sancite dalla legge vi sono le seguenti: il CNEL è obbligato a formulare valutazioni e proposte, quindi rapporti periodici, sull'andamento della congiuntura e sulle politiche comunitarie; a presentare con periodicità alle Camere e al Governo ulteriori rapporti sugli andamenti generali, settoriali e locali del mercato del lavoro o sugli assetti normativi e retributivi espressi dalla contrattazione collettiva; esprime infine un parere preventivo sul più importante documento di programmazione del Governo, la relazione previsionale e programmatica, che dovrà essere presentata al CNEL ancor prima che alle Camere (l'intervento del CNEL tuttavia tende a estendersi − secondo l'esperienza dei primi mesi − a tutti i documenti di programmazione economica).
Altra novità rilevante nel nuovo ordinamento del CNEL è l'abolizione, quando non c'è la verifica dell'unanimità, del voto finale sulle pronunzie, sostituito − in caso di mancata composizione dei contrasti − dalla registrazione delle diverse posizioni emerse sulle materie e sui singoli punti, con l'indicazione del numero e la categoria di appartenenza dei consiglieri che le hanno espresse. Ciò favorirà una più puntuale conoscenza dell'effettiva posizione delle diverse componenti del Consiglio sui problemi in discussione, che risulterà di grande utilità per il Parlamento e il Governo nella fase successiva delle scelte.
Nulla sostanzialmente è stato innovato per quanto attiene alla formazione di commissioni in seno al CNEL, se non per una speciale commissione chiamata ''Commissione dell'informazione'', la cui costituzione è prevista come obbligatoria dalla legge, commissione che presiede all'organizzazione e all'elaborazione dell'informazione economico-sociale, con particolare competenza nel campo dell'analisi degli andamenti retributivi, delle condizioni di lavoro e dell'organizzazione e dell'efficienza degli uffici e dei servizi e provvede all'istituzione di un archivio dei contratti e di una banca dati ''sul mercato del lavoro''. Si tratta di una delle maggiori innovazioni che caratterizzano il nuovo CNEL. Si è inteso con tale innovazione realizzare un sistema di rilevazione ed elaborazione dell'informazione in materia retributiva e contrattuale, gestito consensualmente dalle diverse forze sociali. Tale sistema costituirà anche "il supporto tecnico-conoscitivo delle intese triangolari, delle mediazioni ministeriali nei conflitti di lavoro e della stessa negoziazione diretta tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro", secondo quanto dichiarava il relatore del provvedimento al Senato, L. Saporito. Il CNEL dovrà provvedere inoltre all'istituzione di un archivio delle nomine dei rappresentanti sindacali presenti in tutti gli organismi pubblici.
Sul piano delle innovazioni attinenti al funzionamento del Consiglio altro elemento innovativo è l'introduzione formale della pubblicità delle sedute del CNEL, nel convincimento che un'apertura alla valutazione esterna dei dibattiti, delle indagini e dei lavori del Consiglio sia un modo efficace per incidere nell'opinione pubblica, perciò per un migliore svolgimento degli stessi processi decisionali esterni