CONSOLIDAZIONI
. È il nome specifico delle compilazioni di leggi, ovvero di consuetudini. Si trovano di codeste compilazioni presso tutti i popoli che hanno raggiunto un grado determinato di evoluzione, per quanto appartenenti a diversissime civiltà: uniformi infatti, e quasi direi necessarie, sono le ragioni che ne determinano il sorgere. Né sarà inutile fissarle qui, come premessa logica all'ulteriore indagine storica.
Le norme regolatrici dell'attività umana vivono in un primo tempo esclusivamente nella coscienza popolare, che le crea direttamente: cioè sotto forma di consuetudini. Ben presto però, si sente il bisogno di redigere in iscritto il corpo delle norme consuetudinarie, affinché esse possano da tutti essere agevolmente conosciute e rispettate e non siano d'altra parte dimenticate. Sorgono così le consolidazioni di consuetudini.
Quando poi la compagine sociale ha raggiunto un più elevato stadio di evoluzione, così che è sorto un organo specialmente destinato alla produzione del diritto (potere legislativo), allora, accanto alla consuetudine, si viene a porre, come suprema regolatrice dei rapporti umani, la legge. La legge, per sua natura più stabile, più certa, meglio e più vigilmente rispondente alla mutevolezza dei bisogni sociali, non tarda ad assumere una posizione preminente, confinando la consuetudine in un ambito ristretto. Le leggi non compaiono fino da principio in copia. Esse sorgono, per così dire, alla spicciolata; compaiono man mano che si presenta il bisogno di una regola, in numero limitato sul principio, in gran copia successivamente, quando, con l'evoluzione del corpo sociale, è cresciuta la necessità di regole di condotta. Di esse alcune spariscono ben presto e sono quelle che provvedono a bisogni puramente contingenti: altre, che provvedono ai bisogni permanenti del corpo sociale, rimangono in attività. A un certo punto dell'evoluzione la massa delle leggi è cresciuta di tanto che si è ormai fatta spesso folla disordinata, e intimamente incongruente, normalmente sepolta, per di più, nelle cancellerie dello stato e dei tribunali. Crescono allora le difficoltà per la pratica, che non può più agevolmente conoscere il diritto. È perciò necessario sistemare il corpo delle leggi, riducendole in un'unica compilazione, che viene così a essere il precipitato storico della legislazione. Nascono così le consolidazioni di leggi.
Artefici delle consolidazioni, così di leggi, come di consuetudini, sono, a volte i privati, a volte l'autorità. I risultati, nei due casi, differiscono assai poco. Solo si deve notare che, mentre le raccolte private sono in genere semplici sistemazioni delle norme particolari, prima disperse le compilazioni fatte dall'autorità recano sempre qualche novità, e cioè alle norme antiche altre ne aggiungono di nuove, richieste dai tempi e dalle condizioni della società. Onde l'opera assume veramente carattere legislativo.
Il ciclo evolutivo suaccennato, donde sorgono le compilazioni di leggi e di consuetudini, si riscontra, come si è già avvertito, in tutte le civiltà. Noi ci proponiamo di osservare qui il pratico e reale attuarsi del ciclo stesso nella civiltà che trae da Roma imperiale e pontificia le ragioni prime del suo sorgere e la sua essenza, dirigendo in special modo la nostra attenzione sulle compilazioni che furono fatte o ebbero vigore in Italia. E poiché nel nostro paese, dopo ch'esso si affacciò alla civiltà e fino alla Rivoluzione francese, tre grandi sistemi giuridici si succedettero - e furono il diritto romano, il diritto germanico, il sistema del diritto comune - noi passeremo successivamente in rassegna le consolidazioni proprie di ciascuno di quei sistemi giuridici.
La storia delle fonti del diritto romano, che noi possiamo studiare attraverso un'evoluzione più che millenaria, offre un esempio grandioso di consolidazione nella compilazione giustinianea; ma la compilazione di Giustiniano costituisce il punto di arrivo cui condusse in definitiva la tendenza consolidatrice. Altre consolidazioni, pure importantissime, s'ebbero prima di essa, delle quali è necessario far cenno a dimostrazione dell'efficacia diversa con cui si esplicò la tendenza consolidatrice nelle diverse età del diritto romano.
Anche in Roma, in epoca storica, duplice è la fonte del diritto: consuetudini (ius non scriptum) e leggi (ius scriptum); non appena la società romana fu sufficientemente evoluta, la consuetudine fu presto sopraffatta dalla legge. Il ius scriptum venne prodotto da organi diversi che si succedettero nelle epoche storiche dell'evoluzione del diritto romano, e che usurparono grado a grado il posto l'uno dell'altro.
Nell'epoca più antica, cosiddetta del diritto quiritario, che giunge fino alla guerra annibalica (218-200 a. C.), epoca nella quale il diritto romano presenta ordini giuridici adatti a una società ristretta, a vita semplice e rustica, legiferano i comizî curiati, i comizî centuriati e i comizî tributi, che sono gli organi della lex in senso proprio, da essi approvata su proposta del re i primi, del console gli altri due; inoltre i concilî tributi della plebe, organo del plebiscitum, detto anche lex, su proposta del tribuno. Nella seconda epoca, cosiddetta del diritto romano universale, che dalla guerra annibalica si fa giungere fino alla morte di Alessandro Severo (235 d. C.), la fonte più importante del diritto diventa il pretore, organo del ius honorarum col suo editto annuale; accanto al pretore il senato, i cui senatus-consulta, emanati su proposta dell'imperatore, dall'età di Tiberio hanno forza di legge, in quanto i principî giuridici da essi stabiliti debbono dal pretore essere inseriti nell'editto e applicati; finalmente l'imperatore il quale emana da un lato disposizioni generali (constitutiones), che hanno valore legale per il tempo della carica, e cioè durante la vita del monarca, e d'altru canto decisioni (decreta) e pareri (rescripta), nei quali il principe, non essendo che libero interprete, fa legge in perpetuo. Nell'epoca cosiddetta romano-ellenica, seguita alla morte di Alessandro Severo, quando la forza crescente dei barbari ruppe i confini del Reno e del Danubio, e, anche restaurato l'Impero, svanì la primazia di Roma e d'Italia, fonte unica e con pieno valore legale rimase l'imperatore; e mentre il diritto delle costituzioni imperiali era indicato oramai, col termine antico, con le leggi comiziali, leges, il diritto emanato da fonti più antiche e conservato nelle opere dei giureconsulti prese il nome di iura.
Ora su tutte le fonti del diritto operò, più o meno energicamente, prima o dopo, la tendenza consolidatrice; e cioè così le consuetudini, come le leggi, furono riunite in compilazioni molteplici. Ma diversa fu, nelle tre epoche del diritto romano, l'attività compilatoria, così dei privati come dell'autorità.
Nella prima epoca due sarebbero le consolidazioni effettivamente operate: l'una di leggi, ma se ne impugna la veridicità storica, l'altra di pure consuetudini, almeno stando alle conclusioni della critica recente. La prima sarebbe la famosa raccolta di leggi regie di cui discorre Pomponio. Pomponio riferisce che le leggi votate dai comizi curiati furono estratte dai commentarî regi ai tempi di re Anco per opera dei pontefici, esposte nel foro in tavole di legno, e dopo la cacciata dei re di nuovo pubblicate dal pontefice massimo Papirio, dal quale la raccolta ricevette il nome di ius papirianum. Se la notizia di Pomponio fosse esatta, ci troveremmo indubbiamente di fronte a una consolidazione di leggi. Tuttavia la critica recente ha infirmato la veridicità storica della notizia di Pomponio, e, in base a un ragionamento calzante, è giunta a conchiudere che la raccolta fu una pubblicazione privata di data recente. A seguire poi un ragionamento del Pais si potrebbero ritenere consolidazione di consuetudini le leggi delle XII tavole. Secondo il racconto tradizionale cotesta raccolta di leggi sarebbe stata formata negli anni 451-450 a. C., per opera di un collegio di legislatori dettì decemviri legibus scribundis. Secondo il Pais invece le leggi delle XII tavole, anziché una opera legislativa esaurita in un atto solo alla metà del sec. V, rappresentano il frutto di un'elaborazione giuridica delle antiche consuetudini del popolo quirite, eseguita mano a mano durante il sec. V, e riassunta sulla fine di esso in una pubblicazione ufficiale: in altri terminí una consolidazione di consuetudini. In conclusione, nella prima epoca gli esempî di consolidazioni sono scarsissimi e discussi.
Nella seconda epoca si avvera la meravigliosa fioritura del diritto romano, il quale, pur svolgendosi sulle antiche basi, si evolve e si rende adatto, per opera prima del pretore e poi anche della giurisprudenza e degl'imperatori, agli scopi di una società più vasta e civile e alle relazioni commerciali più varie. È dunque epoca di espansione, di fioritura della legislazione. Non manca tuttavia in codesta epoca, non pure qualche segno della tendenza consolidatrice, e questo s'intravede in età abbastanza antica, ma anche qualche effettivo esempio di consolidazione. Già di Pompeo si narra che volesse riunire in libri le leggi; s'ignora però se la compilazione dovesse abbracciare tutto il diritto, come era scaturito da varie fonti. Anche di Cesare, Svetonio riferisce che divisò di redigere il ius civile ad certum modum e di riunire in pochi libri le migliori fra le leggi; non si sa però con precisione quale significato avesse per Svetonio la dizione di ius civile. Disegni, in ogni modo, non attuati; ma che stanno a dimostrare come oramai si pensasse alla consolidazione delle leggi. D'altra parte, per quanto non si possano dire puri esempî di consolidazione, adempiono in qualche modo, nel contempo e successivamente, alla funzione consolidatrice i giuristi, i quali nelle loro opere, e specialmente nei cosiddetti digesta, commentano e riferiscono tutta l'antica legislazione relativa a un argomento determinato. Onde per questa via guadagnano forza quasi legale. S'era poi già avanti nell'epoca seconda della storia del diritto romano quando s'ebbe una vera e propria consolidazione: vogliamo alludere all'edictum perpetuum compilato da Salvio Giuliano (e Servio Cornelio?) per ordine dell'imperatore Adriano nel 131 d. C.
Codeste, che si sono elencate, sono le consolidazioni ideate o attuate nell'epoca classica. Tuttavia la vera e propria attuazione integrale dell'idea consolidatrice s'ebbe nell'epoca romano-ellenica. In quest'epoca vengono formate molte importantissime raccolte nelle quali si condensò, si può veramente dire, la millenaria esperienza giuridica del popolo romano. Nell'epoca romano-ellenica, siccome si è detto, le fonti del diritto sono iura, o scritti dei giureconsulti, in cui sono trapassate le antiche leggi e le costituzioni imperiali. Su entrambe codeste fonti si esercita per tempo l'attività consolidatrice, ora separatamente, ora unitamente.
Una compilazione di iura e di leges a un tempo sono i cosiddetti frammenti vaticani, mosaico di estratti con le relative iscrizioni, compilato fra il 302 e il 438; una compilazione nella forma indipendente è il libro siro-romano composto fra il 475 e il 477.
Compilazioni di leges soltanto, e cioè di costituzioni imperiali, sono i codici gregoriano, ermogeniano, teodosiano.
Primo viene il codice gregoriano formato in Oriente sotto Diocleziano da un Gregorio o Gregoriano: le costituzioni che noi possediano vanno dall'epoca dei Severi, e precisamente dall'anno 196, all'epoca dioclezianea, giungendo precisamente all'anno 295. Una serie di dati e di indizî permette di riferire la pubblicazione di questo codice alla metà del 291; le costituzioni posteriori sarebbero aggiunte orientali alla redazione ordinaria. L'ordine delle materie è quello dell'editto perpetuo e dei commentarî edittali. Il codice comprendeva più di 14 libri; ogni libro era diviso in titoli assai numerosi in cui le costituzioni figuravano in ordine cronologico.
Dopo il codice gregoriano comparì il codice ermogeniano, compilato esso pure in Oriente da un Ermogene o Ermogeniano. Abbracciava, per quanto è a nostra notizia, costituzioni di Diocleziano (degli anni 291-295), di Costantino (del 314), di Valentino III (del 364-365). Da un complesso di indizî si desume che il codice ermogeniano doveva originariamente raccogliere le sole costituzioni del 293-294. Esso fu compilato come seguito del gregoriano: è in un libro solo, diviso in numerosi titoli.
Le due compilazioni di costituzioni ricordate furono formate da privati. Viene terza la compilazione di Teodosio II, il quale, a quanto pare, aveva in animo di procedere a una compilazione di tutto il diritto romano, così di quello contenuto nelle opere dei giureconsulti, come di quello contenuto nelle costituzioni imperiali. Ma per i iura egli non poté attuare il disegno: difatti dovette limitarsi a pubblicare la famosa legge delle citazioni, con la quale fu attribuito valore legislativo alle opere di cinque giureconsulti, quattro dell'epoca dei Severi (Papiniano, i suoi discepoli Paolo e Ulpiano, e il discepolo di questo Modestino) insieme con Gaio dell'epoca degli Antonini. Non pare dubitabile che con le leggi delle citazioni non s'intendesse tanto di regolare di autorità l'uso delle citazioni, quanto di ordinare d'ufficio una specie di compilazione di iura, attribuendo vigore legislativo alle opere dei giureconsulti più recenti e celebrati nell'epoca romano-ellenica tra gli antichi giuristi. Teodosio riuscì invece a formare una compilazione di costituzioni imperiali, che fu il noto codice teodosiano. Esso fu pubblicato il 15 febbraio 438. È diviso in 16 libri e i libri in titoli. L'ordine delle materie è arbitrario. Già nel 437 era accettato da Valentiniano III in Occidente.
In Occidente dopo lo sfasciarsi dell'Impero furono pure eseguite alcune compilazioni di iura e leges nelle singole regioni occupate dai barbari, per uso dei sudditi romani. Tale la Lex romana Visigothorum o Breviarium alaricianum, compilata nel 506 per ordine di Alarico II e la Lex romana Burgundionum, compilata probabilmente nel 516, certo prima del 534, data della caduta del regno di Borgogna. Contiene pure in prevalenza principî di diritto romano l'Edictum Theodorici, pubblicato probabilmente nel 500. Pochi anni dopo, in Oriente, Giustiniano compiva il gran disegno della consolidazione integrale del diritto romano.
Prima cura di Giustiniano fu la raccolta delle leges cioè delle costituzioni imperiali, cui era trapassato l'antichissimo nome delle sanzioni delle assemblee popolari. Esse furono raccolte nel codice giustinianeo (Novus Iustinianeus Codex), che andò in vigore il 16 aprile 529. In esso sono compilate le leggi dei tre precedenti codici, ermogeniano, gregoriano e teodosiano, e le Novellae Constitutiones emanate in seguito; tutte distribuite secondo l'ordine dell'editto perpetuo.
L'anno dopo, 530 d. C., Giustiniano iniziò la compilazione dei iura o del ius vetus, cioè del diritto antico conservato nelle opere dei giureconsulti. Esecutore geniale del disegno fu Triboniano, che, coadiuvato da una commissione di 16 avvocati e professori di diritto, mise insieme il Digesto. All'uopo furono letti e spogliati ben 2000 volumi contenenti 3.000.000 di linee, ridotte dai compilatori a 150.000. Se ne formò una compilazione divisa in 50 libri suddivisi in titoli (salvo i libri 30, 31, 32). La compilazione fu pubblicata il 16 dicembre 533 e andò in vigore il 30 dello stesso mese.
Pubblicati i digesti, Giustiniano volle ripubblicare il codice affinché egso fosse totalmente armonizzante con il monumento legislativo da ultimo formato. Pubblicò così il Codex Iustinianeus repetitae praelectionis, addi 16 novembre 534. Esso entrò in vigore il 29 dicembre; è diviso in 12 libri suddivisi in titoli. La più antica costituzione è di Adriano; la più recente è di Giustiniano del 4 novembre 534.
Giustiniano completò la sua opera legislativa facendo formare un manualetto elementare di diritto, che furono le istituzioni, e promanando ancora una serie di nuove costituzioni, le cosiddette Novellae Constitutiones. Queste ultime furono emanate dal 535 al 565. Lo stesso Giustiniano pensò a sistemarle in un corpo unico; ma non si ha notizia che lo abbia fatto. Noi ne possediamo tre raccolte: la Epitome Iuliani, pubblicata al tempo di Giustiniano, comprendente 124 novelle; una collezione greca condotta a termine sotto Tiberio II (578-581), comprendente 168 novelle, delle quali alcune non sono di Giustiniano; l'Authenticum, comprendente 34 novelle, e avente forse carattere ufficiale.
La compilazione di Giustiniano fu, in Italia di diritto, sempre in vigore, perché i Goti tenevano l'Italia in nome di Bisanzio. Riconquistata poi l'Italia sui Goti, fu confermato il vigore delle leggi giustinianee per la penisola, e all'uopo furono qui inviate le tre parti del corpus iuris per essere pubblicate, mediante la sanctio pragmatica del 13 agosto 554.
A un dipresso nei tempi medesimi in cui Giustiniano procedeva a raccogliere i vasti testi di diritto romano, anche i popoli di schiatta germanica incominciavano a formare raccolte del loro diritto nazionale. Codeste raccolte sono, prevalentemente, raccolte di consuetudini; ma in esse non mancano anche vere e proprie leggi. Molte di tali raccolte ebbero, in virtù del principio della personalità del diritto, vigore in Italia, dopo che il nostro paese fu invaso dai Longobardi (568), insieme con i quali calarono nella penisola uomini appartenenti alle più svariate schiatte germaniche. Codeste compilazioni conservarono poi vigore in Italia finché qui rimase dominante il sistema del diritto germanico. Onde è d'uopo passarle in rapida rassegna insieme con le compilazioni di leggi proprie del popolo longobardo.
Le compilazioni di diritto popolare germanico possono essere distinte in quattro gruppi fondamentali: gruppo gotico, gruppo franco, gruppo svevo, gruppo sassone.
Al gruppo gotico appartengono le leggi dei Visigoti, e dei Burgundî. Fra i Visigoti le prime redazioni in iscritto del diritto nazionale si devono a Eurico, che regnò dal 466 al 484, e a Leovigildo (568-586); l'opera legislativa di quei due re fu il nocciolo intorno al quale sorse la compilazione nota col nome di Lex Visigothorum, iniziata da Chindasvindo (641-652), completata da Reccesvindo (649-672), e pubblicata verso il 654. Nel regno dei Borgognoni si ebbe la Lex Burgundionum, dovuta al re Gundobado (474-516).
Il gruppo franco annovera come testi più notevoli la compilazione salica e quella ripuaria. La Lex salica contiene il diritto dei Franchi Salî e il nucleo primitivo di essa sembra emanato al tempo del re merovingio Clodoveo (481-511): onde è tra le più antiche compilazioni germaniche. La legge ripuaria è pervenuta in una tarda redazione carolingia; ma deve essere più antica, e probabilmente parte di essa spetta al secolo VI.
Nel gruppo svevo si comprendono la compilazione degli Alamanni e quella dei Bavari. La prima ha una parte più antica riferibile al sec. VI; ma la vera Lex Alamannorum fu compilata dal duca Lanfredo di Svevia al principio del sec. VIII. La lex Baiuvariorum fu redatta ai tempi del duca bavaro Odilone (744-748) e completata da altri duchi posteriori.
Al gruppo sassone si assegnano la legge sassone, la legge frisia e le leggi anglo-sassoni. La Lex Saxonum fu formata verso la fine del sec. VIII. La Lex Frisionum appartiene, nella parte più antica, alla metà del sec. VIII.
Anche i Longobardi, a somiglianza degli altri popoli germanici, e tuttavia in età relativamente tarda, redassero in iscritto le loro consuetudini, e ne formarono un'ampia compilazione. Ebbe il merito di compire l'opera il re Rotari, il quale nell'anno 643 emanò la legge dei Longobardi, detta Edictus regis Rhotaris, nella quale il sovrano avvertiva d'avere inserito tutte le vecchie consuetudini dei Longobardi di cui aveva potuto prendere conoscenza. All'editto di Rotari furono fatte aggiunte da Grimoaldo nel 668, da Liutprando, tra il 713 e il 735, da Rachi nel 746, e da Astolfo, nel 750 e nel 755.
La conquista franca, che pose fine alla dominazione longobarda, portò a valere nel nuovo regno le leggi dei Carolingi, che prendevano il nome dí capitolari. Anche dei capitolari carolingi furono formate parecchie collezioni. La prima fu compilata da Ansegiso, abate di Fontanella; è nota col nome di Capitula Ansegisi e fu compiuta nell'anno 827. Un'altra, apocrifa, è attribuita a un monaco Benedetto Levita, che l'avrebbe composta in Magonza intorno alla metà del sec. IX. Di particolare importanza per l'Italia fu il cosiddetto Capitulare italicum, raccolta cronologica delle leggi franche vigenti in Italia, già compilata nel 958. Qui fu poi formato anche in Liber legis Langobardorum, dove, alla serie cronologica degli editti, è fatta succedere la raccolta dei capitolari italiani.
La restaurazione del Sacro Romano Impero ebbe, anche relativamente alle fonti del diritto, singolari e durature influenze, che è d'uopo richiamare qui rapidamente, acciò possa procedere con ordine l'ulteriore discorso, relativo alle compilazioni fattesi in Italia dopo il mille.
Attesi i rapporti instauratisi tra l'Impero e la Chiesa fin dai primi tempi della restaurazione, in virtù dei quali non pure il primo, ma anche la seconda acquistò la figura di un potere eminente, avente autorità per lo meno in ordine a certe materie, su tutti i territorî dell'Impero, cosi il primo come il secondo ente emanarono leggi, sotto nomi varî. Rimane ora da vedere quali furono le compilazioni delle leggi, sia imperiali sia ecclesiastiche.
Immediata conseguenza della restaurazione dell'impero avrebbe dovuto essere il risorgere alla primitiva dignità di legge vigente (in quelle terre in cui aveva perduto terreno, a tutto vantaggio del diritto germanico) della compilazione giustinianea, postoché essa conteneva il diritto di quell'Impero romano di cui i Carolingi pretendevano d'essere i continuatori. Sotto i Carolingi però questa conseguenza non fu dedotta, o non fu percepita in maniera chiara. Ma più tardi, a mano a mano che sotto gli Ottoni per il risorgere dello studio dell'antichità il nuovo Impero venne sempre più chiaramente concepito come la continuazione dell'antico, anche il diritto dell'antico fu sempre più nettamente considerato come diritto del nuovo, e la scuola di Pavia poté proclamare che la legge romana era omnium generalis, e cioè legge comune a quanti sottostavano alla sovranità imperiale. Il principio trionfo completamente, tuttavia, soltanto all'avvento degl'imperatori svevi e col sorgere della scuola di Bologna. Dopo di allora la legislazione fondamentale dell'Impero fu costituita dalla compilazione giustinianea e dalle nuove leggi promanate dagl'imperatori romano-germanici. Queste ultime non furono numerose, di guisa che non si sentiì la necessità di farne speciali collezioni; bensì furono dalla scuola di Bologna unite al Corpus iuris civilis, pertanto universalmente ricevuto come il testo giuridico fondamentale dello stato.
Quanto scarsa fu la legislazione imperiale, altrettanto abbondante fu la legislazione della Chiesa. La produzione di un tal diritto diventò in breve intensissima, di guisa che si sentì presto il bisogno di raccoglierlo in apposite collezioni. Già in antico s'erano fatte in Oriente collezioni di leggi canoniche, particolarmente di canoni conciliarî; anche in Occidente, a partire dal sec. V fino al IX, s'erano fatte compilazioni di diritto canonico, tra le quali le più note sono la Dionisiana, composta tra la fine del sec. V e il principio del VI, e la Isidoriana, di poco posteriore. Più tardi s'erano fatte anche collezioni sistematiche, in cui alle norme canoniche altre se ne aggiungevano di civili, e cioè romane e franche, come il Decretum Burchard Wormatiensis, compilato fra il 1012 e il 1022. Ma tutte codeste collezioni furono di gran lunga superate dalla compilazione di Graziano, formata tra il 1139 e il 1142, che segna addirittura il principio di una nuova epoca del diritto canonico e il vero inizio della scienza canonistica. Graziano compilò infatti una raccolta di fonti eccezionalmente vasta e perspicua, attingendo alle collezioni anteriori, alle opere dei Santi Padri e a moltissimi altri testi. L'opera fu intitolata dall'autore Concordia discordantium canonum; ma ebbe nell'uso, e conservò poi il nome di Decretum magistri Gratiani. Le leggi canoniche pubblicate posteriormente al decreto di Graziano furono raccolte in numerose collezioni, ordinate più o meno sistematicamente, alcune fatte da privati, altre dall'autorità. Quando poi Gregorio IX assunse il pontificato le fece riunire in unica compilazione, pubblicata nel 1234, detta Liber o Compilatio extravagantium Gregorii IX e nell'uso Liber extra. Di nuovo poi le leggi pubblicate dopo Gregorio IX furono fatte riunire da Bonifacio VIII sulla fine del sec. XIII, e la compilazione fu detta Liber sextus. Giovanni XXII fece del pari riunire in una compilazione del 1317 detta Decretales o Constitutiones Clementinae, le decretali pubblicate dai suoi immediati predecessori. Dopo il 1317 nuove Decretales furono pubblicate dallo stesso Giovanni XXII e dai suoi successori; ma di esse non fu fatta nessuna speciale collezione, bensi esse, nei manoscritti e poi nelle stampe, si vennero raccogliendo in due gruppi che finirono col prendere il nome di Extravagantes Iohannis vigesimi secundi, ed Extravagantes communes. Queste sei collezioni di leggi canoniche, venute fuori tra il 1142 e il 1484, formarono quel complesso legislativo che, a imitazione del Corpus iuris civilis, fu detto il Corpus iuris canonici. In quelle due compilazioni era racchiuso il diritto comune di tutto l'Occidente cristiano.
È noto però che la potestà effettiva dell'Impero venne meno rapidamente, soprattutto in Italia. Ora, corrispondentemente all'indebolirsi dell'Impero, si ebbe il sorgere di nuovi enti politici, che dapprima riconobbero la superiorità dell'Impero, ma poi, più o meno presto, se ne staccarono decisamente. Ove prima, ove dopo, questi nuovi stati si attribuirono la potestà di legiferare. Si ebbe quindi in Italia, a partire dal 1100, la fioritura d'una copiosa legislazione, promanata dai nuovi stati. Questa legislazione veniva ad aggiungersi alla vecchia legge comune, la quale costituiva pur sempre il fondo e l'intelaiatura del diritto vigente. Né il sistema fu mutato dopo che i vari territorî d'Italia si vennero mano a mano decisamente staccando dall'Impero per seguire vie proprie e diverse: rimase cioè in vigore fino ai tempi vicino a noi il diritto romano, rielaborato dalla scuola di Bologna, al quale si vennero aggiungendo e a volte sovrapponendo le leggi nuovamente emanate.
D'altra parte, poi, per l'indebolirsi dell'autorità statale, altri enti, di carattere non statale poiché erano semplici organizzazioni di classi, pretesero di emanare norme di diritto.
Quindi è che in Italia, a partire dal 1100 e fino alla Rivoluzione francese, ritroviamo quattro tipi principali di leggi, che, ove si vogliano elencare con riguardo alla loro estensione territoriale e alla loro provenienza, sono: leggi generali, cioè diritto romano con la legislazione imperiale e diritto ecclesiastico; leggi regionali, cioè leggi emanate dai nuovi stati sorti in Italia; leggi locali, cioè statuti municipali e rurali; leggi speciali delle classi, cioè statuti delle arti, leggi marittime, leggi feudali. Accanto a queste fonti del diritto di carattere legislativo vigeva, in materie e luoghi determinati, la consuetudine.
Ora, sia delle consuetudini, sia di tutte le leggi di svariatissima provenienza sopra richiamate, furono fatte prima o dopo vaste compilazioni. Tra le compilazioni di consuetudini si deve ricordare la compilazione di diritto feudale intitolata Libri feudorum; tra quelle di leggi speciali di classe le numerose compilazioni di diritto marittimo, fra cui la più notevole è il Consolato del mare (v.). Gli statuti municipali nascono come vere e proprie consolidazioni, e cioè come compilazioni delle promissioni dei varî magistrati preposti al governo comunale.
Ma soprattutto importantissime sono le compilazioni di leggi principesche. Queste, in Italia, ebbero nomi diversissimi, a seconda dei tempi e dei luoghi: si chiamarono assise, costituzioni, prammatiche, grazie, editti, rescritti, statuti, decreti, ordinanze, grida, ecc. Ben presto crebbero di tanto che si sentì il bisogno di farne speciali collezioni. Queste furono formate a volte dai privati e a volte dai principi. I risultati, nei due casi, differiscono assai poco: solo è da notare che, mentre le compilazioni private furono semplici sistemazioni delle leggi particolari prima disperse, d'ordine sovrano recano sempre qualche novità, e cioè alle leggi vecchie n'aggiungono di nuove, richieste dai tempi e dalle condizioni della società. Ora, in queste compilazioni, sia private sia pubbliche, di leggi principesche, è veramente contenuto il diritto nuovo dell'Italia, che sulla vecchia base del diritto romano elabora l'edificio del diritto italiano. Esse hanno perciò un'importanza grandissima per la storia del nostro diritto ed è necessario quindi elencarne almeno le principali, con criterio geografico e cronologico, avvertendo, volta a volta, se il collettore fu un principe ovvero un privato.
Nell'Italia meridionale le raccolte sistematiche delle leggi cominciarono a essere formate assai per tempo. Nel sec. XII i re normanni pubblicarono le Asisiae Regum Regni Siciliae, che in sostanza furono una raccolta di leggi normanne. Più tardi Federico II formò e pubblicb nell'assemblea di Melfi del 1231 una compilazione di leggi normanno-sveve, che è nota sotto il nome di Constitutiones Augustales, o anche di Constitutiones Regni Siciliae. Le leggi degli Angioini, successi agli Svevi, dette capitoli o capitolari all'uso di Francia, trovarono un collettore e editore in Giovanni Antonio de Nigris (Capitula Regni... Io. Ant. De Nigris cura illustrata..., Campaniae 1561) e poco dopo in Agnello de Bottis (Capitula Regni Neapolitani..., Napoli 1588). Le prammatiche degli Aragonesi, raccolte dapprima insieme con le costituzioni e i capitoli, trovarono poi molti particolari collettori, i quali in un primo tempo le ordinarono cronologicamente, indi sistematicamente per ordine di materie. La più antica collezione si deve a Prospero Caravita da Eboli, che alle prammatiche aggiunse anche alcuni suoi dotti commentarî (Pragmaticae, aedicta... in unum congestae per Prosperum Caravita, Napoli 1566; altra ed., ivi 1575). L'opera del Caravita fu poi in seguito ripubblicata, con -l'aggiunta di nuove prammatiche e nuovi commenti, da Fabio de Anna (1587, 1590, 1623) e da Alessandro Rovito (1633), il quale ultimo modificò alquanto il disegno dell'opera ideato dal Caravita. Nel 16n7 si ebbe, a opera di Fabrizio De Monte, un'edizione complessiva di tutte le leggi vigenti nel regno di Napoli, cioè delle costituzioni, dei capitoli e delle prammatiche (Novissima collectio... per F. De Monte, Napoli 1627). Indi si ricominciarono a fare e a pubblicare collezioni di prammatiche soltanto. Se ne ebbe una di Michelangelo Gizio (Napoli 1675) e poi un'altra di Biagio Altimare, che aveva avuto incarico di formarla dal Consiglio collaterale (Napoli 1682, voll. 3; segul poi un quarto volume di appendici nel 1688 e un Supplementum nel 1695). Nel 1718 s'ebbe una nuova collezione con commenti di Carlo Calà. Nel 1772 si ebbe ancora una nuova raccolta in quattro volumi, compilata da Domenico Alfeno Vario, il quale vi unì i commenti del Caravita, del de Anna, del Rovito, del Calà e dell'Altimare (pragmaticae, edicta, decreta... di A. Varius I C. recensuit, Napoli 1772). Francesco Legio pubblicò poi nel 1790 un Supplementum pragmaticarum in due volumi. Un'ultima collezione fu iniziata, ma non condotta a compimento, da Lorenzo Giustiniani sul principio del secolo scorso (Nuova collezione delle prammatiche del Regno di Napoli, Napoli 1803-1808, voll. 15). I reali dispacci dei Borboni, che d'ordinario erano emanati in occasioni particolari per correggere qualche errore o abuso, o sciogliere qualche dubbio, ma che alcune volte acquistavano forza di legge, furono raccolti da Diego Gatta in una vasta eollezione nella quale i dispacci sono distribuiti per materia (Regali Dispacci... dal dott. Diego Gatta raccolti..., Napoli 1773-77, voll. 11; contiene anche dispacci di re spagnoli). Chiudiamo la rassegna concernente Napoli ricordando il noto Codice Filippino del Tapia, il quale è niente più di una privata compilazione sistematica di tutte le leggi napoletane (Ius regni neapolitani ex constitutionibus, capitulis, ritis, pragmaticis... desumptum, Napoli 1605-1643, t. IV).
In Sicilia, nel periodo aragonese (1285-1409), furono pubblicati da quei re molti capitoli. Essi furono primamente raccolti e pubblicati in Messina per opera di Gian Pietro Apulo (Pragmaticarum et capitulorum regni Siciliae liber primus et unus, Messina 1499; ne fece una seconda edizione, con aggiunta di nuovi capitoli, Alfonso Cariddi, Messina 15a6). In seguito altre pregevoli collezioni furono formate da Raimondo Raimondetta (Regni Capitula novissime accuratiori diligentia impressa per Raimundum Raimondettam, Venezia 1573), da Mario Muta (Capitula regum regni Siciliae, Palermo 1608-18, voll. 6), e da Francesco Testa (Capitula Regni Siciliae, Palermo 1741-43, voll 2). Lo Spata pubblicò da ultimo un'altra raccolta che riuscì di complemento a quella del Testa (Capitula regni Siciliae recensioni F. Testa addenda, Palermo 1865); ma la raccolta ha soltanto importanza retrospettiva. Ancora in Sicilia durante il periodo del viceré (1409-1700) furono pubblicate molte ordinanze con il nome di prammatiche. Esse furono raccolte primamente dal giureconsulto Raimondetta, il quale riunì tutte le prammatiche pubblicate fino al 1574 (Pragmaticarum regm Siciliae Sanctionmi... liber..., Venezia 1574). Le prammatiche emanate in seguito furono raccolte in alcune collezioni uscite a notevole distanza di tempo l'una dall'altra. Pubblicarono coteste collezioni rispettivamente lo Scibecca (Costituzioni prammaticali del regno di Sicilia latte sotto il governo del Viceré M. A. Colonna, Palermo r583); Rocco Potenzano, Cataldo Fincia, Pietro Amico (Pragmaticarum regni Siciliae novissima collectio, Palermo 1636-37); Giuseppe Cesino (1700); Agostino Tetamo (1773); Saverio Nicastro (1800). Un'edizione critica che doveva raccogliere tutte quante le prammatiche, ma che non poté essere condotta a termine, fu iniziata nello scorcio del sec. XVlII dal De Blasi (Pragmaticae regni Siciliae... recensuit F. De Blasi, Palermo 1791-93, voll. 2). In Sicilia i viceré emanarono anche una folla di siculae sanctiones, specie di lettere circolari sul tipo dei dispacci borbonici; anch'esse trovarono dei collettori: prima il Palmentari e Antonio da Napoli; più tardi Nicolò Gervasi, che eseguì la collezione per incarico del viceré Eustachio di Lavieufeuille (Siculae sanctiones nunc primum typis esccussae... per Nicolaum Gervasium..., Palermo 1750-55, voll. 5 più un volume di supplemenio. Agostino Tetamo v'aggiunse un vol. VII di indici dal titolo Summa sicularum sanctionum, Palermo 1758).
L'ordine geografico ci conduce ora a discorrere delle compilazioni formate nello Stato della chiesa Qui troviamo una delle più antiche compilazioni che siano state formate in Italia dalla pubblica autorità. Molte costituzioni erano state emanate dai rettori delegati dal pontefice al governo delle provincie. Nella Marca n'avevano emanato il cardinale Masini, Amelio di Lautrec, Bertrando di Deux, e altri. Egidio Albornoz pensò di rifonderle, insieme con le sue, in un unico libro. Ne nacque il Liber constitutionum S. Matris Ecclesiae, pubblicato nel 1357, e detto anche in origine Constitutiones Marchiae Anconitanae, perché in origine erano destinate alla sola Marca d'Ancona: ma poi Sisto IV le rese obbligatorie in tutto lo stato. I provvedinunti di carattere svariatissimo emanati in seguito dai pontefici con il nome di costituzioni, bandi, bolle, furono raccolti in numerosi bollarî (le raccolte di bolle cominciarono a formarsi nel sec. XVI; tuttavia le raccolte più complete appartengono ai secoli XVIII e XIX; ricordiamo fra le altre il Bullarium Magnum Rom. a Leone M. usque ad Benedictum XIII, Lussemburgo 1728 segg., t. 8, con aggiunte fino a Benedetto XIV, t. 19). Le leggi poi emanate dal pontefice o dai suoi legati in beneficio di una sola città, come Bologna, Perugia, Ferrara, furono raccolte in collezioni particolari (per Bologna nel 1560, per Perugia nel 1591-95, per Ferrara nel 1598 e nel 1721, ecc.).
Due collezioni speciali si ebbero anche delle leggi del ducato d'Urbino, aggregato allo Stato pontificio dopo l'estinzione della casa Della Rovere. La prima fu eseguita d'ordine del cardinale Astalli (Decreta, constitutiones, edicta et bannimenta legationis Urbini nunc primum in lucem edita iussu... card. Astalli legati, Pesaro 1696). Curò la seconda il conte Solone di Campello, che la corredò anche di buoni commentarî (Constitutiones Ducatus Urbini a Solone ex com. de Campello collectae..., Urbino 1709).
In Toscana si ebbero due celebri collezioni delle leggi granducali, che erano addirittura una folla. La prima e più antica è dovuta al Tavanti e riunisce le leggi pubblicate dal 1444 al 1778 (Leggi di Toscana..., Firenze 1778 segg.; costituisce una integrazione di questa raccolta il Codice della toscana legislazione..., Siena 1778-87, 24 voll.). La seconda, assai più voluminosa, meglio ordinata, fu curata dal Cantini e stampata nel principio del secolo scorso (Legislazione toscana raccolta e illustrata, Firenze 1808, voll. 32).
Le leggi degli Estensi, duchi di Modena, furono pubblicate in molte private collezioni che vedero la luce nel sec. XVI (Provvisioni, decreti... a benefitio della città di Modena, Modena 1544; (Grida ducali, provvisioni, ecc., Modena 1575; null'altro che una ristampa della prima collezione, con poche aggiunte, è il Libro delle provvisioni, decreti, ecc., Modena 1578). Molto tempo dopo fu fatta ad opera del duca Frsncesco III una collezione ufficiale di leggi estensi, e pubblicata nel 1555 con il nome di Provvisioni, gride, ordini e decreti da osservarsi negli stati di S. A. È importante perché fu il primo embrione del codice estense del 1771.
Anche le costituzioni di alcuni duchi di Parma furono riunite in collezioni sistematiche, pubblicate durante il sec. XVI e anche più recentemente (Ordini et bandi ducali da osservarsi inviolabilmente nella magnifica città di Piacenza, Piacenza 1582; a Parma s'ebbero anche due raccolte di leggi processuali: Constitutiones Parmae et Placentiae de forma procedendi..., Parma 1594; Costitutiones ducales camerae..., Parma 1594).
A Venezia il primo principe che formò una compilazione della legislazione patria fu Iacopo Tiepolo. Egli pubblicò, addì 6 settembre 1242, i suoi celebri statuti civili, divisi in cinque libri; nel prologo avvertiva d'aver raccolto e distribuito sistematicamente le leggi dei predecessori, indotto all'opera dai molti inconvenienti cui poteva portare l'ignoranza delle leggi antiche e la confusione delle medesime. I successori del Tiepolo continuarono a dettar leggi. Andrea Dandolo le fece poi riunire, correggere e distribuire secondo l'ordine tenuto dal Tiepolo, indicando, nell'intestazione di ognuna, il doge che l'aveva pubblicata e l'anno della pubblicazione. Ancora, in seguito, i dogi della Serenissima continuarono a pubblicare leggi sotto il nome di correzioni, che nelle edizioni a stampa furono pubblicate in appendice alle leggi del -I. iepolo e del Dandolo. Più tardi, cresciuta straordinariamente la legislazione, furono fatte parecchie raccolte private. La meglio congegnata fra tutte è forse quella intitolata Novissimum statutorum ac venetarum legum volumen, Venezia 1729. Si ebbe poi una raccolta di leggi relativa al Magistrato delle Acque del Rompiasio, intitolata Leggi, terminazioni et ordini appartenenti agli Ill.mi et Ecc.mi Collegio e Magistrato delle Acque, Venezia 1733. Sono pure semplici raccolte private la collezione di leggi venete criminali fatta dal Sabini e stampata nel 1751, e il Codice feudale della Serenissima Repubblica Veneta (Venezia 1780), formato dal Memmo con la riunione delle leggi feudali pubblicate a partire dal 1328.
In Lombardia, durante la dominazione di Carlo V, furono pubblicate le Constitutiones Dominii Mediolanensis (1541), che sono una collezione delle leggi viscontee e slorzesche. Verso la metà del sec. XVII fu pubblicata, a opera dei senatori Bonetti e Bracherio, la collezione di leggi dei Visconti e degli Sforza intitolata Antiqua ducum mediolanensium decreta, Milano 1654; tuttavia la collezione, fin dal primo momento della sua pubblicazione, ebbe un carattere meramente dottrinario. Il cumulo enorme delle grida pubblicate più tardi a getto continuo dai governatori spagnoli, fu sistemato nei cosiddetti gridari (ogni volume del gridario comprendeva le grida di un governatore; in tutto s'ebbero 33 volumi. Si fecero anche collezioni comprensive delle grida di vari governatori. Tale il Compendio di tutte le gride..., ecc., Milano 1609, e il Gridario generale..., Milano 1688).
In Piemonte Amedeo VIII, primo duca di Savoia, curò, nella prima metà del '400, la compilazione delle leggi de; suoi predecessori. E, nel 1430 a Chambéry, quattro anni dopo in Piemonte, pubblicò la famosa compilazione intitolata Decreta seu Statuta. Sul finire del sec. XVII furono fatte due private compilazioni di tutta la legislazione sabauda. L'una del Bally per la Savoia (Recueil des édits, ecc., Chambéry 1679); l'altra del Borelli per il Piemonte (Editti antichi e nuovi della R. Casa di Savoia, Torino 1681). Al principio del secolo successivo la consolidazione integrale di tutta la vecchia legislazione sabauda fu attuata da Vittorio Amedeo II che, in un corpo di leggi intitolato Leggi e costituzioni di S. M., pubblicò, sistematicamente ordinate, tutte le vecchie leggi sabaude. La compilazione fu ripubblicata nel 1729 e nel 1770 con aggiunte e modificazioni. Indi l'avvocato Duboin e altri giureconsulti formarono una nuova vasta raccolta sistematica della legislazione sabauda (Raccolta... degli editti di casa Savoia, Torino 1818 segg., voll. 30).
In Monferrato s'ebbero tre collezioni dei decreti marchionali, intitolate rispettivamente: Decreta Marchionalia..., Venezia 1505; Decreta civilia et criminalia..., Marchiae Montisferati, Torino 1561; Jac. Hyac, Soletae... decretorum Montisferati... collectio, s. l. 1675).
La Sardegna, durante la dominazione aragonese e spagnola, ricevette da quei principi prammatiche e capitoli. Le prime furono riunite e pubblicate in apposita collezione da Francesco Vico (Libro primero de las leyes y pragmatigas..., Napoli 1640, Cagliari 1680, 1714, 1727, Sassari 1781). Dei secondi fece il medesimo Giovanni Dexart (Capitula... Regni Sardigniae..., Cagliari 1645, 1681). Venuta poi la Sardegna sotto il dominio dei Savoia vi furono emanati molti editti, i quali furono poi raccolti dal Sanna Lecca (Editti, Pregoni, ecc., Cagliari 1745). Carattere di compilazione di tutte le leggi pubblicate dai successivi dominatori di Sardegna hanno anche le Leggi civili e criminali della Sardegna, promulgate nel 1827 da Carlo Felice.
Diversissime per criterî adottati nel procedere alla compilazione, ma tutte aventi lo scopo di riunire le leggi principesche pubblicatesi in Italia dopo il 1100, le compilazioni rammentate, insieme col diritto comune, e nel gran quadro di esso, costituirono il sistema di diritto che ebbe vigore nel nostro paese fino alla Rivoluzione francese. Cotesto sistema fu poi soppiantato dal sistema del diritto codificato. Ma, come non poche delle norme già contenute in quelle antiche compilazioni trapassarono nei nostri codici nazionali, specie nei migliori, così anche un non lieve avviamento verso la codificazione fu dovuto alla pubblicazione delle più recenti compilazioni attuate in Italia.
V. anche codice.