Constitutio in basilica beati Petri
L'incoronazione imperiale di Federico II, a lungo da questi cercata, poté avere luogo il 22 novembre 1220 per mano del pontefice Onorio III nella romana basilica di S. Pietro, ma fu l'esito di una complessa trattativa diplomatica tra la Sede Apostolica e la cancelleria federiciana. La Constitutio in basilica beati Petri rappresenta il protocollo finale di una trattativa che in varia misura rispondeva alle esigenze pontificie, il cui interesse principale era quello di ottenere nella forma più solenne sanzioni imperiali contro le eresie concomitanti e parallele a quelle canoniche. Ma non soltanto queste: il papato era interessato al riconoscimento del foro riservato, al diniego di giustizia e alle immunità per le persone ecclesiastiche nonché alla messa al bando degli attentatori alle libertà della Chiesa, se da questa non fossero stati assolti dal crimine. E inoltre una serie di disposizioni a carattere umanitario concernenti l'albinaggio, le razzie in danno delle colture agricole, il naufragio, ecc.
Il negoziato non dovette essere agevole, giacché Federico II richiedeva, oltre all'incoronazione imperiale, il riconoscimento dell'avvenuta elezione del figlio Enrico (VII), novenne, a re di Germania e l'unione nella sua persona dell'Impero e del regnum Siciliae. La lunga trattativa si concluse con l'accoglimento delle pretese di entrambe le parti e, per quanto riguardava le aspettative della Sede Apostolica, nella promulgazione della Constitutio contestualmente all'incoronazione. Si tratta del documento giuridico più rilevante di quegli avvenimenti poiché con esso il papato vedeva concretizzati nella forma della legge imperiale i suoi desiderata. A garanzia di questo, il contenuto della Constitutio, se non addirittura la sua stessa redazione scritta, fu opera degli uffici della cancelleria papale, giacché il pontefice stesso raccomanda al suo legato per la trattativa, Nicolò di Tuscia, di adoperarsi efficaciter affinché "i capitali che vi inviamo, redatti adeguatamente, ma salvo il significato, siano trasformati e pubblicati come leggi del re, e poi ci siano restituiti con bolla fornita del sigillo regale per essere solennemente pubblicati con il nome dell'imperatore nella basilica del principe degli Apostoli il giorno dell'incoronazione" (M.G.H., Leges, Legum sectio IV, 1896, p. 104).
Il mandato di Onorio III è rigido e il controllo rigorosissimo: il papa esige che Federico II, ancora re, approvi la Constitutio e il testo approvato "sub nomine regio" gli sia inviato ("regie bulle roborata munimine") per essere poi solennemente promulgato "sub imperiali nomine" nel giorno dell'incoronazione imperiale. Questa cautela della Curia può essere spiegata non tanto con la diffidenza che Federico II ispirava negli ambienti ecclesiastici del tempo, quanto con il disegno politico di giungere a un concilio nel quale papa e imperatore legiferassero insieme per il bene della cristianità. E, in questa prospettiva, ha buon fondamento la tesi secondo cui la formazione del testo della Constitutio attraversò vari stadi di sviluppo nella cancelleria papale (Kuttner, 1964). Meno fondata appare l'opinione di una redazione del documento per mano dello stesso pontefice (Theiner, riportato da Pressutti, 1888, nr. 2786). Di fatto il documento giunto sino a noi ripropone la legislazione antiereticale dei capitoli 3 e 46 del IV concilio lateranense (1215) riportati quasi alla lettera, che risultano distribuiti però nei capitoli 2, 6, 7 della Constitutio.
Con un altro gruppo di norme la Constitutio concede la protezione imperiale ad alcune categorie di persone particolarmente esposte a vessazioni: contadini, naufraghi, stranieri (capitoli 8, 9, 10).
Il terzo gruppo delle norme promulgate (capitoli 1-5) costituisce il punto più delicato di tutto il documento e giustifica la lunga trattativa con il papato. Il riferimento pontificio allude alla legislazione statutaria dell'Italia centrosettentrionale. È con il primo capitolo (Cassa et irrita) della Constitutio che si apre questo fronte che tanto stava a cuore al pontefice. Qui si dispone l'abrogazione di tutti gli statuti e consuetudini limitativi della libertas Ecclesiae, a meno che, entro due mesi dalla promulgazione della Constitutio, gli statuti fossero emendati dai precetti repressivi delle libertà ecclesiastiche. Si chiariva che gli statuti redatti successivamente in violazione delle prescrizioni imperiali sarebbero stati nulli ipso iure e che le autorità comunali che avessero contribuito alla loro formazione sarebbero state esonerate dalla loro giurisdizione, e quanti li avessero applicati sarebbero stati considerati infami, con la confisca del patrimonio se il reato fosse stato continuato per un anno. Il secondo capitolo della Constitutio esentava la Chiesa da esazioni di qualsiasi tipo e forma o vietava che se ne occupassero i beni, con la pena del bando per i trasgressori ostinati e del risarcimento del danno nella misura del triplo. Si sanciva poi (capitolo 3) che chiunque, persona fisica o collettività (comuni) colpite da scomunica per avere attentato alla libertas Ecclesiae, non si emendasse entro un anno, fosse messo al bando dall'Impero, bando che non poteva essere revocato se non dopo l'assoluzione dell'autorità ecclesiastica. Seguivano poi (capitolo 4) le norme relative alla riserva del foro, con divieto di chiamare in giudizio un chierico davanti a un tribunale laico, pena l'invalidità della sentenza, la perdita del diritto riconosciutogli per l'attore e della giurisdizione per il giudice. L'altra norma (capitolo 5) sanciva, specularmente alla precedente, il diritto eccettuativo delle istituzioni ecclesiastiche e dei chierici a ottenere giustizia qualora fossero attori, a pena di decadenza dalla giurisdizione del giudice che per tre volte avesse negato giustizia.
Perché una normativa così rigorosa venisse recepita occorse nell'immediato l'intervento del pontefice, che nel 1221 inviò in Lombardia il cardinale Ugolino d'Ostia, il futuro Gregorio IX, per indurre le città di quella regione a modificare in senso restrittivo il loro atteggiamento nei confronti degli eretici. Solo lentamente, in un arco di tempo che va dal 1227 (lodo di Onorio III per dirimere la controversia tra Federico II e le diciassette città alleate nella seconda Lega lombarda) sino al 1350 circa, sia pure con resistenza e riserve, gran parte della normativa della Constitutio veniva recepita negli statuti delle città centrosettentrionali (Di Renzo Villata, 1999, pp. 160-174). Ma non può sottacersi che sin dal 1222 in un manuale redatto a uso dei podestà, l'Oculus pastoralis, l'anonimo autore conosce la Constitutio federiciana e ad essa fa esplicito riferimento (Quaglioni, 1995, p. 19).
Diverso fu l'atteggiamento della scienza giuridica bolognese nei confronti della Constitutio in basilica beati Petri. Intanto per ragioni formali, ossia per ottemperare al contenuto del documento di invio ad scholas della Constitutio. Questa infatti venne promulgata, secondo l'uso instaurato da Innocenzo III per la Compilatio III, con l'invio agli universi sacrarum legum doctores et scolares Bononiae commorantes affinché la inserissero nei codici dei libri legales. È un modo inconsueto, per il legislatore laico, di promulgare le leggi: vi era ricorso soltanto il Barbarossa (De Vergottini, 1952, p. 161). L'adeguamento dell'imperatore agli usi di promulgazione della legislazione canonica può essere interpretato come segno di accondiscendenza di Federico alle richieste della Curia, che, per altro, accompagnò la missione imperiale con una formula confirmatoria che dichiarava essere la Constitutio federiciana pro utilitate omnium christianorum edita. Questa formula è riportata sempre nei manoscritti e nelle edizioni della Constitutio. I maestri bolognesi, secondo il racconto del glossatore Odofredo, riuniti in S. Pietro trattarono la Constitutio in basilica beati Petri come una novella imperiale e la smembrarono per collocarne le varie disposizioni sub congruentibus titulis, ossia allocarono le varie disposizioni nei titoli del Codice giustinianeo: De sacrosantis ecclesiis (Cod. 1.2), De episcopis et clericis (Cod. 1.3), De episcopali audientia (Cod. 1.4), De ereticis et manicheis (Cod. 1.5), De furtis et servo corrupto (Cod. 6.2), Communia desuccessionibus (Cod. 6.59), Qui res pignori obligari possunt (Cod. 8.17), ritenuti le sedi proprie in cui annotare le innovazioni legislative dell'imperatore. Così le singole disposizioni della Constitutio diventano Authenticae Codicis che nell'uso moderno si citano come Auth. Cod. post e la citazione del frammento che la precede. Con questa operazione la Constitutio perde la sua configurazione di atto legislativo unitario e diventa normativa imperiale di aggiornamento e modifica delle singole norme esistenti già nel Codex di Giustiniano. Riacquisterà la sua unità documentale nella Decima collatio aggiunta alle nove dell'Authenticum. In queste forme comparirà nelle edizioni del Corpus iuris civilis.
Sul versante della Curia la storia della Constitutio in basilica beati Petri non si conclude con la formula confirmatoria di accompagnamento del documento imperiale indirizzato alla Scuola di Bologna. L'attenzione del papato per i temi della Constitutio è massima e se ne vuole introdurre la disciplina anche nell'ordinamento canonico. Questa operazione avviene in due tempi. Nel 1221 (4 gennaio; Potthast, 1864, nr. 6408; Pressutti, 1888, nr. 2786) Onorio III indirizza al vescovo di Bologna, Enrico della Fratta, la decretale Noverit (5 Comp. 1.1.1 = X [Liber Extra di Gregorio IX] 5.39.49, tecnicamente da considerare come decretum essendo ad nullius consultationem) dove trasfonde nella parte dispositiva le norme antiereticali della costituzione federiciana (capitoli 1, 6 e 7) riprese dai deliberanti del IV concilio lateranense. La scelta del destinatario della Noverit è indice dell'interesse immediato del papato a confermare con propria legge, e per le vie bolognesi, le norme concordate con l'imperatore riguardo agli eretici. È il primo atto, questo, di quella legislazione parallela che, nei desideri della Curia, dovrebbe in qualche misura sostituire il fallito disegno di una legislazione congiunta tra papato e Impero da attuare in un concilio che non ebbe mai luogo. La seconda fase attuativa dell'intento curiale avviene nel 1226 (2 maggio) con la promulgazione della Compilatio V. In questa collezione di decretali trovano posto, conservandone l'inscriptio all'imperatore Federico, nove capitoli della Constitutio che comprendono, oltre alle disposizioni contro gli eretici, anche le norme concernenti la riserva del foro, le immunità e il diniego di giustizia per le persone ecclesiastiche, le norme riguardanti i diritti degli stranieri (ovvero l'albinaggio), dei naufraghi e la tutela dei prodotti agricoli.
L'introduzione nella raccolta di decretali di leggi formalmente promulgate da un legislatore diverso dal pontefice costituisce un'assoluta novità e concretizza una sorta di ricezione-assimilazione della costituzione imperiale nel diritto ufficiale della Chiesa, cosa che, in qualche modo e senza il carattere della promulgazione, era stata fatta dalla cancelleria pontificia nel 1220 con l'annotazione della Constitutio nel registro degli atti di Onorio III. Caratteristica di questa inserzione della Constitutio nella collezione di papa Onorio è che il documento imperiale perde, anche qui, il suo complesso unitario essendo le varie disposizioni distribuite sub competentibus titulis della Compilatio, né mai nelle collezioni canoniche successive, ufficiali o private, la Constitutio sarà presentata nella sua redazione completa. Il testo della Constitutio nella redazione della Compilatio V subisce qualche adattamento, soprattutto il protocollo, che introdotto aptatis verbis come can. 2 del tit. I lib. I della Compilatio, dà fondamento e giustificazione ai canoni derivati dalla costituzione stessa.
Nell'ambito della legislazione canonica la Constitutio ebbe vita breve: nel 1234 il papa Gregorio IX promulga una nuova collezione di decretali, le Decretales Gregorii IX o Liber Extra, che abroga le precedenti Quinque compilationes e, al suo interno, la nuova raccolta ufficiale non fa posto alla costituzione In basilica beati Petri sotto nessuna forma, mentre la decretale Noverit è inserita nel libro V (X 5.39.49). Ciò nonostante la Constitutio in basilica beati Petri costituisce un punto saliente della politica imperiale e papale. Ciascuna delle due parti aveva cercato di conseguire per sé il massimo ottenibile: Federico la corona imperiale e il riconoscimento dell'unione personale del regnum Siciliae con l'Impero; il papato il riconoscimento della sua ingerenza nella struttura di potere dei comuni sotto la specie della lotta alle eresie e parimenti nella struttura del potere imperiale allorché l'imperatore stesso sanciva la potestà di intervento contro i signori feudali renitenti all'invito ecclesiastico di estirpare dai loro territori la piaga ereticale. Nell'immediato trovava così legittimazione anche nell'ordinamento laico la crociata contro gli albigesi, conclusasi, com'è noto, nel 1229.
fonti e bibliografia
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