CONSULENTI
. Si chiamano usualmente così quei giureconsulti, che nei secoli scorsi, principalmente in Italia, davano pareri per lo più alle parti in una lite dinnanzi ai tribunali o anche svolgevano gli argomenti a sostegno delle domande o eccezioni dell'una di esse confutando quelli dell'avversaria (allegationes iuris). Sotto il nome di Consilia fiorì una copiosa letteratura giuridica. Il parere poteva anche esser dato da collegi di giuristi, che spesso si formavano accanto alle università: famoso fra questi il sacro collegio dei giuristi in Padova, i cui Consilia si conservano nell'antico archivio universitario di Padova.
Non sono molto numerosi i Consilia di giuristi, a noi pervenuti, di età anteriore all'invenzione della stampa. Appena questa fu introdotta nelle città italiane, s'impadronì subito dei Consilia come libri di facile e lucroso smercio. Infatti servivano non pure per un caso, ma per tutti i casi simili, e se ne poteva far uso per analogia. Fra gl'incunaboli troviamo i Consilia di Oldrado, di Federico da Siena, dei Calderini, di Bartolo, di Baldo, ecc. Prediletto fra i consulenti fu nel secolo decimoquinto Paolo di Castro; ma, per numero di edizioni, primeggia Alessandro Tartagni. Nel secolo successivo i volumi di Consilia crebbero a dismisura, anche di uno stesso autore: tredici sono i volumi di Consilia del famoso Menochio; cinque quelli di Tiberio Deciani, professore padovano anche esso di gran nome; cinque quelli del Mantica.
L'Alciato (v.) biasimò aspramente i Consilia e le loro raccolte (Parerg. iur., XII, 12); forse il suo biasimo riguardava non già gli antichi dottori più parchi, ma principalmente i contemporanei, sia per la prolissità dei Co11silia, sia per la deformazione del diritto a favore dell'una o dell'altra parte, sia ancora per l'inutile affastellamento di argomentazioni, mentre sarebbe bastato, come egli insegnava, citare la decisiva. Gli rispose Tiberio Deciani nell'Apologia pro iuris prudentibus qui responsa sua edunt imprimenda adversus dicta per Alciatum (Venet., apud Micron. et Jo. Zenarios, MDLXXIX). In sostanza il Deciani colpisce nel segno. Come non è medico chi non sa applicare la medicina, così non si può dire giureconsulto (è pensiero italiano) chi non sa decidere una controversia. I giudici possono essere traviati dai professori in cerca del nuovo, più che dai consulenti, i quali si debbono fondare sulle dottrine tradizionali. Ma i consulenti sentono meglio il bisogno di adattarle alle nuove necessità della vita. Si ricordino, ad esempio, i consigli di Baldo sulla cambiale. Certo si è che, nella storia della giurisprudenza, i Consilia, sebbene non scevri di difetti, contribuirono all'ammodernamento del diritto romano più di molti trattati. E presto si fondarono anche sulla storia degl'istituti, precorrendo la scuola storica.
Bibl.: F. Schupfer, Man. di storia del diritto ital. Le fonti, Città di Castello 1908, pp. 630-631; L. Chiappelli e L. Zdekauer, Azone. Un consulto dell'anno 1205, Pistoia 1888; G. Bonolis, Quest. di dir. intern. in alcuni Consigli ined. di Baldo degli Ubaldi, Pisa 1908; E. Besta, Storia del dir. it., a cura di P. Del Giudice, Milano 1923, I, ii, pp. 880, n. i (ampio elenco di consulenti); G. Biscaro, Brugi, Per la storia della giur. Saggi, Torino 1915, pp. 72-73; id., Nuovi saggi, Torino 1921, pp. 97-110; id., L'Univ. dei giur. in Padova nel Cinquecento, in Arch. ven. trid., I-II, Venezia 1922, pp. 56-57. Sui famosi consulti dei giuristi napoletani nel sec. XVIII v. E. Cenni, Studî di dir. pubbl., append. I, Napoli 1870.