Consumatori. I contratti multiproprietari e per vacanze a lungo termine
Il d.lgs. 23.5.2011, n. 79 ha sostituito, nel c. cons. (art. 69 ss.), la disciplina dei contratti di multiproprietà, in attuazione della direttiva 2008/122/CE. Gli sviluppi del mercato turistico hanno indotto ad allargare la tutela dei consumatori ai contratti che garantiscono facilitazioni pluriennali rispetto a un alloggio, non consistenti nel godimento proprietario, ai contratti di rivendita e ai contratti di scambio. Inoltre, le sempre più aggressive pratiche contrattuali hanno imposto di rafforzare gli obblighi informativi a carico degli operatori e gli strumenti di disimpegno dal vincolo contrattuale. La disciplina attuativa si caratterizza poi per l’estensione ai contratti di multiproprietà e assimilati delle tutele del codice del consumo, ivi compresa l’azione di classe risarcitoria, per il fatto di rendere espressamente utilizzabile la nuova mediazione civile e commerciale ex d.lgs. n. 28/2010 e per il rafforzamento delle sanzioni amministrative.
L’art. 2 del d.lgs. 23.5.2011, n. 79 ha interamente ridisegnato la disciplina dei contratti di multiproprietà, al fine di dare attuazione alla direttiva 2008/122/CE del Parlamento e del Consiglio del 14.1.2009, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio. Il termine per il recepimento della direttiva era scaduto il 23.2.2011. Veicolo della nuova disciplina è il d.lgs. 79/2011, che ha contestualmente introdotto il codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo (d’ora in avanti, c. turismo), senza tuttavia far confluire in esso la nuova disciplina della multiproprietà, che è rimasta, sia pur rinnovata, nel titolo IV del capo I del d.lgs. 6.9.2005, n. 206 (c. cons.) La scelta è destinata ad alimentare qualche confusione sistematica. Se si voleva porre l’accento sul turismo, anche la disciplina dei contratti di multiproprietà poteva trovare posto nel codice corrispondente, specie se si considera che essa trae origine dalla consapevolezza dell’importanza del turismo nelle economie degli Stati membri (v. il secondo considerando della direttiva 2008/122); se l’obiettivo principale era la protezione del consumatore nella fase di contrattazione, non si spiega la scelta di abrogare gli artt. 82-100 c. cons. e di inserire la disciplina dei contratti di viaggio nel c. turismo (v. I contratti del turismo organizzato).
1.1 La direttiva 2008/122/CE e la disciplina previgente
L’esigenza di regolamentare nuovamente la materia, a distanza di un quindicennio dalla prima disciplina comunitaria dei contratti di multiproprietà (direttiva 94/47/CE), è derivata dagli sviluppi del mercato nel settore delle forme di godimento degli immobili a scopo turistico1. L’Unione europea ha preso atto che, accanto alla multiproprietà tradizionale, sono sorte nuove soluzioni finalizzate a garantire l’utilizzo prolungato nel tempo di immobili per le vacanze. Si tratta di contratti che garantiscono facilitazioni pluriennali rispetto a un alloggio, non consistenti nel godimento proprietario, e comunque diversi dai contratti di viaggio o dai servizi turistici. Inoltre, la disciplina previgente non proteggeva adeguatamente i consumatori nella conclusione di contratti che si presentano come accessori rispetto al contratto principale di multiproprietà, ma che pure presentano rischi di disinformazione e sottotutela del contraente. Si tratta dei contratti di rivendita, vale a dire degli strumenti, comunque denominati all’interno degli Stati membri, con cui gli operatori commerciali assistono i consumatori nella stipula delle prime due tipologie di contratto, in fase di acquisto e di cessione, e dei contratti di scambio, che consentono al consumatore di cedere provvisoriamente, cioè di scambiare, il proprio periodo di accesso temporaneo all’alloggio. Restano invece estranei al raggio applicativo della nuova disciplina i settori delle locazioni a scopo turistico limitate all’anno, delle prenotazioni alberghiere e delle fidelizzazioni turistiche. L’unità di misura presa in considerazione, che conduce a escludere le formule appena citate, è quella delle utilità derivanti da un alloggio per le vacanze, per un periodo limitato, ma destinato a ripetersi nel tempo, oltre l’anno. Dal punto di vista delle modalità di conclusione del contratto, la direttiva fa poi tesoro degli ulteriori progressi conseguiti nel frattempo dalla normativa comunitaria sul terreno del contrasto alle pratiche commerciali sleali e del conseguente rafforzamento degli obblighi d’informazione, per applicarli al settore della multiproprietà (nono considerando e artt. 3-5 della direttiva). Anche la fase di uscita dal contratto di multiproprietà necessitava di aggiornamenti. Lo strumento del recesso è stato così ulteriormente rafforzato, anche sotto il profilo della durata del termine per esercitarlo, che l’art. 6, § 1, ha fissato in quattordici giorni. È opportuno però ricordare che la UE è stata mossa non soltanto dall’intento di aumentare lo spatium deliberandi del consumatore, ma anche di dare certezza agli operatori del territorio europeo, che spesso si trovavano davanti, in questo e in altri settori, a legislazioni nazionali divergenti. Si è così scelto di armonizzare la durata del termine per l’esercizio di recesso, ma con una maximum harmonisation clause: gli Stati membri non potranno introdurre termini più brevi di quattordici giorni, penalizzanti per il consumatore, ma neppure termini più lunghi2. Gli Stati membri devono poi garantire che il legittimo recesso del consumatore non impedisca, né renda onerosa la caducazione dei contratti accessori collegati al contratto principale, ivi compreso il contratto di concessione di credito eventualmente concluso dal consumatore per accedere al contratto di multiproprietà (art. 11). Infine, la direttiva 2008/122 tiene conto anche della ricca evoluzione che anche il diritto internazionale privato ha medio tempore conosciuto in seno all’Unione europea, nella consapevolezza della natura intrinsecamente transfrontaliera del turismo e dei contratti di multiproprietà. Il diciassettesimo e diciottesimo considerando sottolineano la necessità che trovino applicazione sia il regolamento Roma I sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali che il regolamento n. 44/2001 sulla competenza giurisdizionale. In particolare, la direttiva ha per la prima volta tenuto conto della possibilità che le parti, proprio in forza del regolamento Roma I, scelgano di rendere applicabile la legge di un paese terzo; in tal caso, non vi può comunque essere un arretramento di tutela rispetto a quanto previsto dalla direttiva. È stata così colmata una lacuna che aveva posto non pochi problemi interpretativi e che aveva indotto gli interpreti a leggere estensivamente le norme sulla convenzione di Roma sulla legge applicabili alle obbligazioni contrattuali3.
Nel modificare la disciplina dei contratti di multiproprietà, il legislatore delegato ha tenuto soprattutto in considerazione quanto imponeva la direttiva 2008/122, nella direzione evolutiva sintetizzata nel paragrafo precedente. Vi sono stati però anche interventi diretti ad assecondare le spinte impresse negli ultimi anni dal legislatore nazionale alla tutela consumeristica. Si è colta così l’occasione per estendere esplicitamente ai contratti di multiproprietà la disciplina delle tutele collettive. L’estensione riguarda non soltanto la tutela inibitoria, per la quale l’ampiezza dell’ambito applicativo già delineato negli artt. 27, 139, 140 c. cons. rendeva scontata questa conclusione, ma anche l’azione di classe risarcitoria del nuovo art. 140 bis c. cons., che invece contiene una delimitazione applicativa molto più forte, soprattutto sul versante extracontrattuale. Inoltre, l’art. 80, recependo un’indicazione, peraltro generica e facoltativa, proveniente dall’art. 14 della direttiva 2008/122, ha fatto esplicito riferimento alla possibilità di ricorrere alla mediazione e ha espressamente richiamato il d.lgs. n. 28/2010. Non meno importante è poi la norma di chiusura contenuta nell’art. 81 bis c. cons., che prevede l’eventuale integrazione normativa delle disposizioni del codice civile sui contratti, fermo restando il diritto del consumatore a norme più favorevoli ove presenti nell’ordinamento giuridico.
2.1 Le definizioni
La prima, fondamentale modifica apportata dal codice del turismo alla disciplina dei contratti di multiproprietà attiene ai profili definitori, e non si tratta di una modifica meramente lessicale. Essa trova origine nel descritto allargamento dell’ambito oggettivo di applicazione della direttiva. Il nuovo art. 69 c. cons. non fa anzitutto più riferimento ai beni immobili o alla categoria dei diritti reali, perché l’accento è ormai posto sul concetto di alloggio turistico. Il titolo del godimento è ancor più indifferente alle categorizzazioni tradizionali rispetto al passato, dovendosi centrare l’attenzione sull’asimmetria informativa che caratterizza il consumatore alle prese con un vincolo pluriennale comunque collegato alle sue vacanze e al suo tempo libero, indipendentemente dal fatto che tale vincolo abbia i connotati della realità4 e per oggetto un bene immobile. Nella definizione dovrebbero così comprendersi sia le multilocazioni pluriennali, sia i contratti riguardanti beni mobili (si pensi alle roulottes o alle imbarcazioni). Coerente con tale impostazione sono poi: l’eliminazione del limite minimo della settimana come unità di godimento periodico; l’abbassamento a un anno della durata minima di tre anni del contratto di godimento; l’estensione della disciplina e delle conseguenti tutele ai contratti aventi per oggetto non il godimento, ma la possibilità di ottenere sconti o facilitazioni su un alloggio, nonché ai contratti accessori di rivendita (cioè di intermediazione nell’acquisto e nella vendita) e di scambio. Sempre sul piano oggettivo, l’art. 69 contiene altre novità: a) una definizione di contratto accessorio, che è il contratto che ha per oggetto i servizi connessi a un contratto di multiproprietà o avente per oggetto un prodotto dalle vacanze, e che è destinato ex art. 77 c. cons. a decadere per effetto della risoluzione dei contratti principali; b) una definizione di supporto durevole; c) una definizione di codice di condotta, vale a dire dell’insieme delle norme di comportamento che gli operatori di settore sono tenuti a darsi. Anche sul piano soggettivo, il d.lgs. 79/2011 è stato foriero di qualche innovazione. Scompaiono infatti l’acquirente e il venditore di cui al testo previgente e fanno la loro apparizione l’operatore, che poi non è altri che il professionista di cui all’art. 3 c. cons., e il consumatore. La disciplina dei contratti di multiproprietà è stata così riportata a coerenza definitoria rispetto all’intento unificante del codice del consumo.
2.2 Pubblicità e informazioni precontrattuali
Il sistema delle tutele precontrattuali è stato profondamente modificato dal d.lgs. 79/2011 sia dal punto di vista topografico che dei contenuti5. Il nuovo art. 70 è dedicato alla pubblicità commerciale, un aspetto che nella disciplina anteriore trovava un più limitato spazio nel vecchio art. 72, dove il venditore che faceva pubblicità al prodotto era autorizzato a utilizzare il termine multiproprietà solo quando vendeva un diritto reale e aveva l’obbligo di segnalare nella pubblicità l’esistenza del documento informativo. Oltre a rafforzare la necessità di fare riferimento al documento informativo e alla possibilità per il consumatore di visionarlo, il nuovo art. 70 impone all’operatore, che offra un contratto di multiproprietà nell’ambito di una promozione, di segnalare chiaramente la natura commerciale dell’evento. Inoltre, il contratto di multiproprietà non può mai essere propagandato come investimento, data la sua prevalente funzione di godimento turistico. All’origine di tali previsioni (attuative dell’art. 3 della direttiva) vi è la consapevolezza che i contratti di multiproprietà possono venire offerti nell’ambito di pratiche commerciali sleali o aggressive, oggi represse dagli artt. 20 ss. c. cons. in attuazione della direttiva 2005/29/CE6. A proposito delle informazioni precontrattuali, il nuovo art. 71 è molto più ricco e dettagliato della corrispondente disposizione del testo antevigente (art. 70), anche se la tecnica redazionale muta radicalmente. Le informazioni che, in relazione a ciascuna tipologia di contratto, l’operatore deve fornire al consumatore, sono poste fuori dall’art. 71 ed elencate nei quattro corposi allegati al codice del consumo, cui si fa rinvio (all. da II bis a II quinquies). Il testo della disposizione si preoccupa invece di rafforzare la trasparenza, accuratezza e sicurezza del flusso informativo che l’operatore deve garantire: mentre infatti, ai sensi dell’art. 70 previgente, nel documento informativo dovevano solo essere «indicati con precisione i seguenti elementi …», la disposizione introdotta nel 2011 esige che l’operatore fornisca «in tempo utile … in maniera chiara e trasparente, informazioni accurate e sufficienti, secondo le seguenti modalità …». Inoltre, il documento informativo deve essere fornito gratuitamente e su supporto durevole.
2.3 I contratti di multiproprietà e il recesso
La nuova disciplina del recesso del consumatore è oggi contenuta negli artt. 73 e 74 c. cons. e si caratterizza per un rafforzamento dei diritti del consumatore, anche sotto il profilo della semplificazione delle modalità di loro esercizio7. L’allungamento del termine per il recesso da dieci a quattordici giorni dipende dalla corrispondente modifica della direttiva, che – come detto – ha anche finalità di massima armonizzazione e non può essere pertanto derogata neppure in melius dagli Stati membri. Il termine è stato coerentemente innalzato anche nelle ipotesi in cui abbia una decorrenza diversa da quella ordinaria, per effetto di omissioni dell’operatore nel fornire al consumatore le informazioni dovute. In più, l’art. 73, co. 3, lett. a) contempla un nuovo termine, di un anno e quattordici giorni, decorrente dalla data di conclusione del contratto, qualora l’operatore non abbia compilato e consegnato al consumatore il formulario di recesso separato previsto dall’art. 71 per le modifiche delle informazioni precontrattuali. Quanto alla forma del recesso, il co. 5 del vecchio art. 73 imponeva al consumatore di comunicarlo mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento (o direttamente o per confermare entro quarantotto ore la comunicazione inviata con telegramma, telex o fax). Il nuovo art. 74 ha introdotto una benefica semplificazione, coerente con la diffusione di strumenti di comunicazione più rapidi e accessibili: ai fini dell’efficacia del recesso è oggi sufficiente che esso sia comunicato, anche utilizzando il formulario allegato al codice del consumo, su carta o altro supporto durevole che assicuri la prova della spedizione anteriore alla scadenza.
2.4 Le modalità di pagamento
L’arricchimento della tipologia di contratti oggetto della disciplina normativa ha portato a dilatare il semplice divieto di acconti prima della scadenza del termine per il recesso, previsto dal vecchio art. 74. I nuovi artt. 75 e 76, attuativi degli artt. 9 e 10 della direttiva 2008/122, dettano infatti una disciplina più analitica. Nell’art. 75, il divieto di acconti si estende a qualunque forma di versamento in denaro; per il contratto di rivendita, il termine prima del quale il versamento è vietato è fatto coincidere non con l’esercizio del diritto di recesso, bensì con la conclusione dell’operazione cui il contratto di rivendita accede, in ragione appunto della strumentalità di tale contratto. Per il contratto avente per oggetto i prodotti per le vacanze a lungo termine, l’art. 76 impone poi la ripartizione del pagamento in rapporto alla periodicità del contratto e in rate annuali di pari valore, salve le indicizzazioni di legge.
2.5 La legge applicabile
Il nuovo art. 78 accorpa gli articoli previgenti, relativi al carattere inderogabile delle disposizioni sui contratti di multiproprietà, a quelli inerenti la legge applicabile. Nel far questo, rafforza inoltre le garanzie riconosciute al consumatore quando la legge applicabile non sia quella italiana. Il precedente art. 80 stabiliva che le tutele assicurate dalla legislazione italiana rimanessero ferme anche in caso di applicazione elettiva della legge straniera, ma solo «allorquando l’immobile oggetto del contratto sia situato nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea». Nella norma introdotta nel 2011, tale garanzia resta ferma e anzi è indipendente dal luogo di ubicazione dell’immobile. Qualora poi la legge applicabile sia quella di un paese extra UE, come è reso possibile oggi dal regolamento Roma I, la garanzia si rafforza fino a comprendere le maggiori tutele assicurate al consumatore non solo dalle disposizioni del capo I del titolo IV, ma dell’intero codice del consumo; ciò a condizione che l’immobile si trovi in uno Stato UE o l’operatore vi svolga la sua attività. Per fare alcuni esempi, ove un consumatore italiano abbia accettato che al contratto di multiproprietà si applichi la legge francese, il giudice che si troverà ad applicarla non potrà fare a meno di integrarla con le norme degli art. 69 ss. c. cons., ove tali articoli contengano disposizioni più favorevoli al consumatore, ad es. in tema di recesso o di obblighi informativi. Se poi la legge applicabile è quella australiana, il consumatore potrà contare anche sulle tutele assicurate da altre norme del codice, purché l’immobile sia situato nell’Unione europea o l’operatore svolga in tale territorio la sua attività.
2.6 Le tutele collettive e la mediazione
Gli artt. 79 e 80 c. cons. mirano a recepire nell’ordinamento interno le disposizioni contenute negli artt. 13 e 14 della direttiva, rispettivamente dedicati ai ricorsi amministrativi e giudiziari e alle soluzioni extragiudiziali delle controversie inerenti i contratti di multiproprietà. In entrambi i casi, sarebbe stato possibile assicurare il rispetto della direttiva anche senza dedicare a questi profili una norma apposita nel capo I del titolo IV del codice del consumo; in sede di verifica dell’implementazione dello strumento, allo Stato italiano sarebbe stato sufficiente invocare l’assenza di eccezioni, riguardanti i contratti in esame, nelle discipline generali sulla tutela dei consumatori e sulla mediazione delle controversie. Il legislatore delegato ha invece voluto richiamare espressamente le norme corrispondenti. Così, l’art. 79 co. 1, c. cons. esplicitamente consente ai consumatori di utilizzare, per ottenere il rispetto delle disposizioni previste dalle disposizioni novellate, gli strumenti di cui agli artt. 27, 139, 140 e 140 bis c. cons. L’art. 27 disciplina la tutela contro le pratiche commerciali scorrette, affidandola all’autorità garante della concorrenza e del mercato, salva la giurisdizione del giudice ordinario in materia di concorrenza sleale, lesione della proprietà industriale e delle denominazioni di origine. Gli artt. 139 e 140 attengono alla tutela collettiva che le associazioni dei consumatori possono attivare per inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi superindividuali di consumatori e utenti. L’art. 140 bis, così come modificato dall’art. 49 l. 23.7.2009, n. 99, regola l’azione di classe risarcitoria. L’art. 80 consente invece di ricorrere, ai fini della risoluzione delle controversie inerenti i contratti di multiproprietà e assimilati, alla procedura di mediazione strutturata, davanti ad appositi organismi riconosciuti, disciplinata dal d.lgs. 4.3.2010, n. 28. Sono peraltro fatte salve le negoziazioni volontarie e paritetiche che l’art. 2, d.lgs. 28/2010 menziona e che trovano fondamento normativo, per la materia consumeristica, nell’art. 141 c. cons.
A differenza dei codici otto-novecenteschi, il cui principale tratto distintivo era dato dalla capacità di rappresentare un duraturo punto di riferimento e così segnare un’epoca, i recenti codici di settore, pur caratterizzandosi anch’essi per un’aspirazione alla completezza e all’organicità, sono esposti a interventi modificativi ben più frequenti e incisivi8. Il codice del consumo vive questa condizione in misura ancor più accentuata, per almeno due fondamentali ragioni. In primo luogo, la materia consumeristica è oggetto di produzione continua da parte dell’Unione europea, che rinnova la propria legislazione in continua aderenza agli sviluppi economici e tecnologici. La finalità è quella di contemperare armonicamente le libertà economiche di circolazione sul territorio europeo con la protezione dei consumatori, che non soltanto trova esplicita menzione nei Trattati (art. 169 TFUE), ma è anche riconosciuta come diritto fondamentale dell’Unione europea dall’art. 38 della Carta di Nizza. In secondo luogo, la trasversalità del codice del consumo ne mette a dura prova la coesione, non appena una delle materie in esso regolate appare suscettibile di attrazione da altre discipline di settore. Ne è un esempio proprio il d.lgs. 79/2011, che, oltre a modificare la disciplina dei contratti di multiproprietà, ha abrogato gli artt. 82 ss. del c. cons., per annettere la disciplina dei contratti relativi ai servizi turistici al neonato codice del turismo. La pretesa di completezza dei codici di settore è così frustrata e la loro organicità messa continuamente in discussione. La tecnica legislativa ne risente inevitabilmente e diviene più insicura. Proliferano le clausole di rinvio e di salvezza, condite da formule tautologiche che rendono applicabile una certa disposizione solo in quanto compatibile o, per l’appunto, applicabile. La distinzione tra legge generale e legge speciale sfuma, fino addirittura a rovesciarsi. Il codice civile, poi, continua a incombere con la sua autorevolezza, cui occorre offrire sacrifici e omaggi. La nuova disciplina dei contratti di multiproprietà risente di queste incertezze in più di una disposizione.
3.1 Contratti di multiproprietà e forme collettive di tutela
Come illustrato al § 2.6., l’art. 79 estende ai contratti di multiproprietà gli strumenti di tutela previsti dagli artt. 27, 139, 140 e 140 bis c. cons. Poiché nessuno poteva dubitarne anche in assenza dell’art. 79, è spontaneo domandarsi se tale previsione non abbia altri più reconditi significati. Anzitutto, ci si chiede se l’elencazione degli strumenti di tutela sia tassativa, ad es. se l’inibitoria contro le clausole abusive (art. 37 c. cons.), la cui convivenza con l’art. 140 c. cons., è già di per sé problematica, si applichi alle clausole inique contenute nei contratti di multiproprietà. A dare risposta positiva contribuiscono il buon senso e il nuovo art. 81 bis, c. cons., in base al quale le disposizioni del capo I non escludono né limitano i diritti dei consumatori garantiti da altre norme. Perché tuttavia questa operazione ermeneutica non poteva essere compiuta anche per l’azione amministrativa contro le pratiche scorrette o per l’azione di classe risarcitoria, citate invece esplicitamente? Un altro possibile effetto è quello di limitare indirettamente la portata degli strumenti di tutela di cui si afferma l’espressa applicabilità ai contratti di multiproprietà. In caso di incertezza circa la possibilità di utilizzare l’inibitoria ex art. 140 rispetto a determinati atti del professionista o di esperire l’azione risarcitoria ex art. 140 bis per la difesa di un certo tipo di diritti di una pluralità dei consumatori, l’art. 79 costituirà un precedente favorevole o contrario all’operazione estensiva? Anche qui potranno venire in soccorso il citato art. 81 bis e la portata generale delle norme sulla tutela superindividuale, ma la semplice insorgenza del dubbio dimostra che le norme di rinvio inclusivo aumentano l’incertezza interpretativa che vorrebbero dissipare.
3.2 La giurisdizione
Un’altra norma destinata a creare problemi interpretativi, a dispetto delle sue intenzioni di chiarificazione, è quella dell’art. 79, co. 2. Dopo aver esteso ai contratti di multiproprietà le tutele collettive, il legislatore si è preoccupato di far comunque salva la giurisdizione del giudice ordinario. Qual è la portata di tale norma? Gli artt. 27, 140, 140 bis già contengono una ben delineata disciplina della giurisdizione e la scarna formula in esame sembra inidonea a modificarne l’assetto. Così, nell’art. 27, l’attribuzione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato della competenza in materia di tutela contro le pratiche commerciali scorrette è già accompagnata (co. 15) da una clausola di salvezza della giurisdizione ordinaria rispetto agli atti di concorrenza sleale e violativi della proprietà industriale. E l’art. 140, nell’attribuire alla giurisdizione del giudice ordinaria la giurisdizione sull’inibitoria collettiva, lascia ferma, al comma 11, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di servizi pubblici. Può sostenersi che l’art. 79, co. 2, novellato abbia la capacità, sia pure limitatamente ai contratti di multiproprietà, di scalfire tali ripartizioni e attrarre al giudice ordinario competenze che, in base alle più antiche e generali disposizioni, gli sarebbero sottratte? La questione è probabilmente destinata a restare irrisolta. La scarsa applicazione della disciplina sulla multiproprietà e l’ampiezza di tutela comunque assicurata dalle più generali disposizioni impediranno al problema di farsi concreto e affacciarsi al contenzioso. Il tenore della formula («è comunque fatta salva») induce tuttavia a credere che la norma non abbia portata innovativa e miri piuttosto a coprire ipotesi residuali, in cui l’attribuzione della giurisdizione al giudice ordinario potrebbe essere messa in dubbio da un rinvio come quello di cui all’art. 79, co. 1, che comprende anche tutele assicurate da soggetti diversi.
3.3 Contratti di multiproprietà e mediazione
Uno zelo eccessivo caratterizza anche l’art. 80, co. 2. Nessuno poteva dubitare che, per la risoluzione delle controversie relative ai contratti di multiproprietà, come per qualsiasi altra avente per oggetto diritti disponibili, fosse possibile avvalersi del procedimento di mediazione ex d.lgs. 28/2010. L’averlo esplicitato, probabilmente per rendere esplicito omaggio all’invito rivolto agli Stati membri dall’art. 14 della direttiva 2008/122, non aggiunge dunque nulla alla disciplina in esame, né riduce lo spazio applicativo della mediazione. Ci si può chiedere invece se vi siano casi in cui le controversie relative ai contratti in esame sono assoggettabili alla mediazione cd. obbligatoria di cui all’art. 5, d.lgs. 28/2010. Un primo dubbio concerne le ipotesi in cui il contratto di multiproprietà (o di rivendita o di scambio) preveda l’attribuzione o la cessione di un diritto reale, dal momento che l’art. 5, co. 1, d.lgs. n. 28/2010 include le controversie in materia di diritti reali. Tale riferimento appare tuttavia analogo a quello dell’art. 21 c.p.c. per la determinazione della competenza territoriale nelle cause relative a diritti reali e come tale inidoneo a ricomprendere le controversie relative ai contratti che hanno per oggetto la costituzione o il trasferimento di diritti reali, in quanto azioni personali e non reali9. Quando invece il contratto di multiproprietà assuma le forme della multilocazione, l’attrazione della mediazione obbligatoria appare sicura, visto che l’art. 5, d.lgs. n. 28/2010 parla di “locazioni” senza distinzioni. Un’ulteriore possibilità è quella in cui al contratto di multiproprietà acceda un contratto accessorio di finanziamento o di assicurazione, dato che l’art. 5, d.lgs. n. 28/2010 include nella mediazione obbligatoria anche tali tipologie contrattuali; la stretta connessione che la nuova disciplina instaura tra i contratti accessori e i contratti di multiproprietà (art. 77 c. cons.) implicherà a volte il previo esperimento della nuova forma di conciliazione stragiudiziale anche per il contratto di multiproprietà, ove siano ravvisabili profili comuni.
3.4 La questione della legge applicabile
Si è già sottolineato (§ 2.5) come, nella disciplina sulla legge applicabile ai contratti di multiproprietà aventi carattere di internazionalità, la maggiore novità sia costituita dall’art. 78, co. 4, che, sulla scia dell’art. 12 della direttiva, tiene conto degli sviluppi del diritto internazionale privato europeo, in particolare del regolamento Roma I (reg. 593/2008/CE): la possibilità di applicare una legge extracomunitaria non può mai pregiudicare il diritto del consumatore italiano alle maggiori tutele garantite dal codice del consumo. Un difetto di coordinamento con la direttiva sembra invece rendere problematica l’interpretazione dell’art. 78, co. 3. Il legislatore delegato ha sostanzialmente mantenuto la formulazione del previgente art. 80 e ha stabilito che non può esservi riduzione di tutela «ove le parti abbiano scelto di applicare ai contratti di cui al presente capo, una legislazione diversa da quella italiana »; in tal caso «al consumatore devono comunque essere riconosciute le condizioni di tutela previste dal presente capo». Ben tre nodi interpretativi si annidano in questo breve comma. In primo luogo, vi si fa riferimento alla legislazione diversa da quella italiana e non, come nella direttiva, alla legge di uno Stato membro. Il co. 3 entra dunque in competizione con il successivo, dove si parla di legge di un paese extracomunitario; poiché le leggi ad es. dell’Australia o degli Stati Uniti sono al tempo stesso leggi non italiane e di paesi extracomunitari, sembra esservi una gradazione di tutela per il consumatore alle prese con tali leggi. Ove l’immobile si trovi nell’Unione europea o l’operatore vi svolga la sua attività, l’applicabilità della legge australiana o statunitense non potrà privare i consumatori delle tutele dell’intero codice del consumo; ove non ricorrano quelle condizioni, al consumatore cui si applichino quelle leggi non potranno essere sottratte le tutele garantite dal capo I del titolo IV, che peraltro corrispondono all’insieme delle tutele offerte dalla direttiva. L’art. 12 della direttiva non esige però, nel primo caso, una tutela del consumatore che si estenda oltre i limiti che la direttiva stessa garantisce. Il secondo profilo problematico si riconnette al primo. La più ampia estensione delle tutele garantite al consumatore nel co. 4 rispetto al co. 3 può essere fonte di disparità di trattamento verso il consumatore che abbia accettato di applicare la legge di un paese UE; egli potrà infatti contare sulle sole tutele garantite dal capo I del titolo IV e non dell’intera gamma di tutele previste dal codice del consumo. Infine, il co. 3 richiama la sola ipotesi in cui l’applicazione di una legge non italiana sia frutto della scelta delle parti, a differenza del co. 4, dove si parla genericamente di «legge applicabile». Anche sotto questo profilo la direttiva non sembra rispettata, poiché in essa si parla, anche per la legge dei paesi UE, di legge applicabile, qualunque sia il criterio con cui si giunge a determinarla. La direttiva del resto è coerente con la disciplina del regolamento Roma I, che prevede sì come principio-guida la libertà di scelta delle parti nell’individuazione della legge da applicare (art. 3), ma individua anche altri criteri sussidiari destinati a operare in mancanza di scelta (art. 4). E tale disciplina opera, sia pure con qualche eccezione, anche per i contratti dei consumatori (v. art. 6, § 3). Qualche esempio aiuterà a chiarire il problema. Se un consumatore italiano acquista un immobile in multiproprietà in Spagna, la legge applicabile sarà quella italiana, a condizione che il professionista operi in Italia o diriga la sua attività verso l’Italia (arg. ex art. 6, § 1, reg. Roma I). Se nessuna di queste due ultime condizioni ricorre, la legge applicabile sarà quella scelta dalle parti e in tal caso la clausola di salvaguardia contenuta nell’art. 78, co. 3, c. cons. opererà assicurando al consumatore italiano le tutele previste dal codice del consumo. Se tuttavia le parti, sempre in mancanza delle condizioni suddette, non abbiano determinato in contratto la legge applicabile, questa sarà individuata facendo ricorso ai criteri sussidiari dettati dall’art. 4, reg. Roma I, ad es. la legge austriaca, che potrebbe essere quella del paese dove la parte che deve rendere la prestazione caratteristica del contratto ha la residenza abituale (arg. ex art. 5, co. 2, reg. Roma I). Ebbene, l’imprecisa formulazione dell’art. 78, co. 3, c. cons. impedirà di colmare gli eventuali deficit di tutela di quest’ultima legislazione.
1 Sulla direttiva 2008/122/CE v. tra gli altri Malagoli, La direttiva 2008/122/Ce sulla multiproprietà, in Contratto e impr. Europa, 2009, 984; Celeste, Il futuro della multiproprietà in una nuova direttiva comunitaria, in Immobili & dir., 2009, fasc. 8, 8; Trapani, La nuova multiproprietà, in I contratti, 2011.
2 Sulla tendenza all’armonizzazione al massimo in seno all’Unione europea, v., sia pure in specifici settori, Minervini, Tutela dei consumatori e libera concorrenza nel nuovo approccio dell’Unione europea: significato ed implicazioni dell’«armonizzazione massima» in materia di pratiche commerciali sleali, in Foro amm. - Cons. St., 2010,1169, De Cristofaro, La nuova disciplina comunitaria del credito al consumo: la direttiva 2008/48/Ce e l’armonizzazione «completa» delle disposizioni nazionali concernenti «taluni aspetti» dei «contratti di credito ai consumatori», in Riv. dir. civ., 2008, II, 255.
3 V. Giuggioli, in De Nova-Giuggioli- Leo, La multiproprietà - D.lgs. 9 novembre 1998, n. 427, 81.
4 In verità, l’estensione ai diritti personali di godimento, e dunque anche alla multiproprietà alberghiera e azionaria, era stata ricavata in dottrina anche dall’art. 69 previgente: v. Caselli, La multiproprietà (commento al d.leg. 9 novembre 1998 n. 427), Milano, 1999, 4.
5 In tema v., sotto la vigenza della precedente normativa, Nanna, Obblighi di informazione e tutela dell’acquirente nella multiproprietà immobiliare, in Annali facoltà giurisprudenza Taranto, 2008, fasc. 2, 253.
6 Tale più elevata probabilità riguarda anche i contratti di viaggio, come dimostra il caso deciso da C. giust. UE, 12.5.2011, C-122/10, in Foro it., 2011, IV, 329.
7 V. Trapani, La nuova multiproprietà, cit.
8 V. Cuffaro, Prefazione, in Codice del consumo, a cura di Cuffaro, Milano, 2006, IX.
9 Cass., 3.9.2007, n. 18554: «non sono cause relative a diritti reali su immobili quelle che traggono origine da una domanda con cui è chiesta la condanna a consegnare un immobile o a restituirlo e che trovano il loro presupposto in un’obbligazione di consegna o restituzione, in adempimento del contratto intervenuto tra le parti o come conseguenza di una decisione, effetto della quale sia il venir meno del diritto del convenuto di possedere o detenere l’immobile ».