consumere
. Verbo presente nella Commedia soltanto, nelle forme del passato remoto e del participio passato.
Eco fu consumata dal suo amore per Narciso, in senso proprio fisico, fino a ridursi alle sole ossa e alla voce: quella vaga / ch'amor consunse come sol vapori (Pd XII 15). Con forte risalto, in If XXXIV 114, indica il sacrificio, la morte di Cristo sulla croce, che fu di lenta agonia, di vera consumazione: l'emisperio... / ch'è contraposto a quel... / sotto 'l cui colmo consunto / fu l'uom che nacque e visse sana pecca. In XI 66 esprime la lenta consumazione, quindi la pena e il tormento dei traditori: ov'è 'l punto / de l'universo in su che Dite siede, / qualunque trade in etterno è consunto.
Per due volte, nel Paradiso, c. è usato in relazione alla vista di D., ma mentre in XXVI 5 il senso della vista si è effettivamente consunto, annullato, abbagliato dalla visione della fiamma di s. Giovanni, tanto che D. deve riposarsi un poco (Intanto che tu ti risense / de la vista che haï in me consunta, / ben è che ragionando la compense), in XXXIII 84 D. consuma tutta la sua facoltà visiva nel desiderio di adoperarla fino agli estremi suoi limiti per penetrare a fondo nella luce etterna, in Dio: " tanto intese di quella [eterna luce], quanto il suo intelletto ne poté esse capace " (Vellutello; e con lui Scartazzini, Casini, Sapegno; mentre il Landino, seguito da alcuni moderni, intese questa frase nel senso di " consumare, stancare la vista "; il Parodi intende consunsi come " portai a compimento ", riconducendone il significato al latino consummare): Oh abbondante grazia ond'io presunsi / ficcar lo viso per la luce etterna, / tanto che la veduta vi consunsi !