CASATI, Conte
Lombardo di origine, il C. viene chiamato nei documenti contemporanei "Comes de Casate" o "de Caxate" e, da cardinale, "Comes tituli SS. Marcellini et Petri presbyter cardinalis" (così ad esempio nelle sottoscrizioni cardinalizie). "Comes" è dunque in questo caso un nome e non un titolo.
Casate (oggi Casatevecchio, comune di Monticello Brianza, prov. di Como) è una località non distante dal comune di Giussiano, che ha causato alcune affermazioni infondate nell'antica bibliografia specifica, per ragioni non sempre molto chiare. Quasi tutti gli storici dei cardinali lo dicono "Conte Giussiano di Caxate", "Glusiano Conte di Casate", ecc., mentre "Comes de Caxate" è l'unica appellazione coeva sicura, oltre a quella più generica di "Comes de Mediolano". Il C. non può dunque essere messo in relazione con la famiglia Giussiani di Milano.
Le proprietà territoriali, menzionate nel testamento del 1270 e nel codicillo del 1287, sono tutte localizzate a Casatevecchio o nei dintorni di questa località. Casatevecchio fu senz'altro il luogo di origine del cardinale, la cui famiglia, forse già da più di una generazione, si era stabilita a Milano. Nel testamento del 1270, il nome del padre (Giordano "de Caxate") è accompagnato infatti dalla denominazione: "civis Mediolanensis". In questo stesso documento vengono ricordati lo zio paterno del C., Ruggero "de Caxate", già deceduto, due fratelli del C., Ottone e Manfredo, e due nipoti, Marzio e Filippo, figli rispettivamente di Ottone e Manfredo. I nomi di tre sue sorelle (Alegrancia, Poma e Castellana) e di altri nipoti vengono forniti dal suo codicillo del 1287.
Sull'epoca della nascita del C., sul periodo della sua formazione intellettuale, sulla sua carriera ecclesiastica antecedente il suo arrivo alla Curia romana non abbiamo notizie. Col titolo di "magister" il C. viene ricordato per la prima volta in una lettera di Alessandro IV del 5 genn. 1257 (Les registres d'Alexandre IV, n. 1582). La sua cultura doveva essere vasta e profonda, se così possiamo interpretare il ricco contenuto della sua cospicua biblioteca che egli stesso fece elencare nel codicillo al suo secondo testamento: di essa purtroppo non si è finora rintracciato nessun esemplaresuperstite. In una nota marginale coeva segnata nel registro di Urbano IV in corrispondenza alla lettera n. 2674, un anonimo addetto alla cancelleria pontificia assicura che il C. "cantat ad modum terre sue, construit et latinizat competenter".
L'inizio della carriera curiale del C. risale forse al pontificato di InnocenzoIV, che gli aveva accordato un canonicato nella chiesa cattedrale di Milano. Queste informazioni si ricavano dalla lettera del 5 genn. 1257di Alessandro IV (Les registres d'Alexandre IV, n. 1582), dalla quale risulta che il pontefice era dovuto intervenire per far restituire al C. quell'importante prebenda milanese che gli era stata contestata e revocata. Il 16 giugno 1257 il C. era a Viterbo e presenziava alla redazione di una sentenza del cardinale Pietro Capocci; era allora cappellano del cardinale Ottobono Fieschi. Aderendo al mondo curiale dei Fieschi, il C. sapeva di poter contare su una protezione sicura ed efficace. L'appartenenza ad una familia cardinalizia, infatti, era a quell'epoca una tappa obbligata, un punto di partenza quasi indispensabile per una rapida ascesa curiale. In questo il C. si adeguò ad una prassi ormai tradizionale. Sebbene non abbia fatto parte a lungo della familia del cardinale genovese, il C. rimase tuttavia legato all'ambiente dei Fieschi: ancora nel 1274, a Lione, partecipava quale testimone alla stesura di una sentenza del suo antico signore (E. Baluze, Histoire généalogique de la Maison d'Auvergne, II, Paris 1708, p. 113).
Nel 1264, sotto Urbano IV, venne concesso un canonicato a Filippo de Gibbo della diocesi di Milano e parente del Casati. Nella lettera del pontefice, con cui si comunicava a Filippo questa concessione il C. viene detto "in Curia Romana advocatus". Di questa sua attività, che il C. esplicò per un lungo periodo di anni, restano scarse tracce. Possiamo osservare che, appunto in qualità di advocatus accompagnò Gregorio X al II concilio di Lione e che nel già ricordato codicillo al suo secondo testamento il C. ordinava che venissero assegnate al cardinale Bentivegna Bentivegni le somme di denaro che ancora gli spettavano "occasione salariorum et lucrorum que habuit ex officio advocationis quod existuit [sic: sta per exercuit]per multa tempora".
Sotto Niccolò III il C., diventato ormai cappellano papale, esplicò in qualità di "auditor" un'importante attività giuridica che viene ricordata tra l'altro da una lettera di Niccolò IV del 16 ag. 1288 (Les registres de Nicolas IV, n. 183). Niccolò III gli affidò il 31 marzo 1278 il delicato compito di effettuare, in compagnia di Filippo vescovo di Fermo, una visita canonica ai monasteri, agli ospedali, alle chiese e cappelle dell'Urbe. Questa è forse la ragione per cui, assente dalla Curia che stava per trasferirsi a Viterbo, il C. non figura nella lista dei componenti la familia di Niccolò III, redatta nel maggio 1278 e pubblicata per l'ultima volta da F. Baethgen (Quellen und Untersuch. zur Gesch. der päpstlichen Hofund Finanzverwaltung unter Bonifaz VIII., in Quellen und Forschungen aus italien. Archiven und Bibliotheken, XX[1928-29], pp. 195-206).
Niccolò III lo nominò inoltre membro della commissione che era stata designata per l'esame e la revisione della regola dell'Ordine francescano, a proposito della quale fu poi promulgata la famosa decretale Exiit qui seminat. I contatti del C. con i francescani sono attestati anche da una lettera del 1283 dell'arcivescovo di Canterbury John Peckham, il cui tenore testimonia chiaramente al di là delle abituali frasi convenzionali di tipo cancelleresco una reciproca amicizia.
Le prebende e cariche ecclesiastiche in suo possesso sono localizzabili tutte a Milano. Si è già detto del canonicato milanese restituitogli da Alessandro IV dopo che gli era stato revocato dall'autorità ecclesiastica locale. Almeno dal 1270, data del suo primo testamento, il C. fu arcidiacono della cattedrale milanese (cfr. Les registres de Nicolas III, n. 231, dove compare con questo titolo, ma il documento è del 1278). Nel 1274 è attestato quale "ordinarius Mediolanensis" (Baluze, cit., II, p. 113). Non si conoscono altri suoi benefici ecclesiastici. Martino IV lo creò cardinale il 12 apr. 1281, attribuendogli il titolo presbiterale dei SS. Marcellino e Pietro, una chiesa che il C. fece successivamente restaurare, come ricorda una iscrizione oggi scomparsa, ma nota attraverso la trascrizione di Gualdi nell'attuale Vat. lat. 8251, p. II, f 412. Della sua attività come cardinale i registri vaticani ricordano soprattutto causae da lui giudicate. La sua posizione politica non traspare dalle fonti che lo riguardano: non siamo dunque in grado di dire nulla sulla sua opera di pastore di anime.
Nel codicillo al suo secondo testamento il C. ordinò di far costruire nella chiesa di S. Giovanni in Laterano un altare e un monumento sepolcrale in sua memoria. A questo scopo destinò la somma di 600 fiorini d'oro. Il suo esecutore testamentario, il cardinale Giacomo Colonna, fece eseguire rapidamente i lavori; la cappella nella quale era stata sistemata la tomba del C. è ora scomparsa; rimangono soltanto alcuni frammenti di mosaici a disegno geometrico, una parte degli archi e il bassorilievo raffigurante il Cardinale Colonna presentato da s. Giovanni Battista a Cristo, adesso incastrati nella navata laterale nord della basilica. Del sepolcro si è salvata l'iscrizione coeva (Lauer, p. 210).
Il codicillo, datato 19 luglio 1287, è stato redatto a S. Sabina in Roma, durante il conclave apertosi con la morte di Onorio IV (3 apr. 1287), e riafferma la validità del secondo testamento dettato dal cardinale l'11 luglio 1286, testamento finora non rintracciato. Conosciamo un altro testamento del C., rogato il 17 sett. 1270, quando il C. era arcidiacono della cattedrale di Milano. Tuttora inedito, viene conservato in un manoscritto cartaceo del sec. XVII della Bibl. Ambrosiana (I 19, Sussidio, ff. 17-24v).
Il C. morì nell'estate 1287 a causa della malaria che infuriava in quel periodo a Roma e che provocò la morte di altri membri del Collegio cardinalizio (Tholom. Luc., Historia ecclesiastica, lib. 24, c. 19).
Fonti e Bibl.: Per le lettere pontificie: Les registres de Nicolas IV (1288-1292), a cura di E. Langlois, Paris 1886-1893, nn. 27, 37, 51, 183, 5750; Les registres d'Honorius IV (1285-1287), a cura di M. Prou, ibid. 1888, n. 58; Les registres de Grégoire X (1272-1276), a cura di J. Giraud, ibid. 1892-1960, n. 1050; Les registres d'Alexandre IV (1259-1261), a cura di C. Bourel de la Roncière, ibid. 1895-1959, nn. 1582, 1584, 2169; Les registres de Nicolas III (1277-1280), a cura di I. Gay-S. Vitte, ibid. 1898-1938, n. 231; Les registres d'Urbain IV (1261-1264), a cura di J. Guiraud, ibid. 1899-1958, n. 2674; Les registres de Martin IV (1281-1285), a cura di F. Olivier-Martin, ibid. 1901-1935, nn. 200, 367, 514, 526, 528, 551, 580, 581. Una sua lettera al sovrano inglese è conservata a Londra, Public Record Office, Ancient Correspondence, XV180. L'epistola direttagli da J. Peckham è stata pubbl. da C. T. Martin, Registrum epistolarum fratris Iohannis Peckham archiepiscopi Cantuariensis, I, London 1882, p. 358. Sulla sua partecipaz. alla commissione per la revis. della regola francescana, cfr. il Chronicon XXIV Generalium, in Analecta franc., III (1887), p. 369; e il Catalogus generalium ministrorum Ordinis fratrum minorum, a cura di O. Holder-Egger, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XXXII, Hannoverae et Lipsiae 1905-13, p. 667. La creazione cardinalizia è ricordata dagli Annales Veronenses de Romano, a cura di C. Cipolla, in Antiche cronache veronesi, I, Venezia 1890, p. 424. Il codicillo è stato pubbl. da R. Mather, The Codicil of Cardinal Comes of Casate and the Libraries of Thirteenth-century Cardinals, in Traditio, XX (1964), p. 331-339 (pp. 320 e 327-330 per la parte biogr.). Per l'iscrizione nella chiesa dei SS. Marcellino e Pietro di Roma cfr. V. Forcella, Iscriz. delle chiese e d'altri edifici di Roma, XI, Roma 1877, p. 398. L'iscrizione funeraria in S. Giovanni in Laterano è stata trascritta da P. Lauer, Le palais de Latran, Paris 1911, p. 210 e riprodotta fotostaticamente a tav. XXI. Si vedano inoltre: Ph. Argelati Bibl. scrittorum Mediolanensium, I, 2, Mediolani 1745, coll. 326-329; G. Giulini, Memorie stor. della città e campagna di Milano, VIII, Milano 1760, pp. 389-392; F. Calvi, Fam. notabili milanesi, IV, s.v. Casati, tav. II; E. Cattaneo, Istituzioni eccles. milanesi, in Storia di Milano, IV, Milano 1954, p. 670 e ad Indicem.