BONIFACIO, conte e duca di Lucca
Figlio di Bonifacio I, gli successe nella contea-ducato di Lucca probabilmente alla sua morte. Col titolo di conte B. compare per la prima volta il 5 ott. 823 come sottoscrittore di un atto della sorella Richilde.
Sotto la guida di Bonifacio I il comitato lucchese aveva iniziato ad estendere il suo dominio sulle vicine contee, quali Pisa, Volterra, Pistoia e Luni, e, attraverso quest'ultima, da tempo legata alla Corsica, aveva attratto nella propria sfera di influenza l'isola. Il territorio dominato da Bonifacio I costituiva quindi un vasto complesso, con ampio sviluppo costiero, e rappresentava di conseguenza un forte baluardo a difesa delle terre imperiali contro le prime scorrerie saracene. Ed è probabile che la successione di B. al padre - uno dei più antichi esempi di successione quasi ereditaria nel feudo e quindi di deroga alle regole generali del primo feudo carolingio - sia dovuta proprio alla particolare situazione della contea-ducato di Lucca.E in realtà il primo episodio della vita di B. a noi noto lo vede impegnato nella lotta contro i Saraceni. Nel luglio-agosto 828 egli, al comando di un'armata, di cui facevano parte il fratello Berardo e altri conti di Tuscia, si imbarcò su una piccola flotta per contrastare le scorrerie delle navi arabe. Ma non avendo incontrato il nemico in mare, dopo essersi soffermato in Sardegna ed avervi reclutato nocchieri esperti, decise di attaccare la costa africana occupata dai Saraceni. Sbarcò in una località tra Utica e Cartagine (così Pietro Cirneo, le Chroniques de St.-Denis, la Vita Hludowici e gli Annales regni Francorum;a Sort secondo una fonte araba per cui cfr. Falce, p. 218) e inflisse gravi perdite ai musulmani. Quindi fece ritorno in Corsica.
Le fonti cristiane esaltano l'episodio come una grande vittoria contro gli infedeli, ma diverso è il racconto delle fonti arabe (Amari, Biblioteca arabo-sicula), per le quali la spedizione di B. si sarebbe risolta in una sconfitta per l'armata cristiana.
Qualunque sia stato il risultato militare dell'operazione, sembra certo che essa deve essere inserita nel quadro della politica antisaracena degli imperatori, politica testimoniata anche dai Capitula de expeditione corsicana emanati a Marengo nel febbraio 825 da Lotario I (Capitularia regum francorum, a cura di A. Boretius, in Mon. Germ. Hist.,Legum Sectio II, I, Hannoverae 1883, n. 162, pp. 324 s.). Con essi l'imperatore dava disposizioni sul reclutamento dei contingenti militari che i conti e alcuni dei maggiori enti ecclesiastici della Corsica dovevano fornire per la difesa dell'isola. Lotario non dice che il comando dell'armata doveva essere affidato a B.; e pertanto l'idea del Poli, che vede nei Capitula ilprimo atto di quella controffensiva cristiana contro gli Arabi che si doveva concludere con la spedizione dell'828, sembra forzare la testimonianza delle fonti. In realtà, nessuno dei numerosi cronisti che narrano l'azione di B. in Africa la fanno dipendere direttamente dai Capitula di Lotario. Questi sembrano riferirsi quindi ad un tentativo imperiale di dare nuovo impulso all'organizzazione difensiva dell'isola e possono solo servire a dimostrare l'importanza attribuita dall'imperatore alla lotta contro le scorrerie saracene nell'alto Tirreno.
E proprio l'imperatore dette a B. nell'828 l'incarico di proteggere la Corsica. La Vita Hludowici lo dice "ab imperatore Corsicae prefectus insulae", e gli Annales regni francorum affermano che a B. "tutela Corsicae insulae turic erat commissa". Non è chiaro se la "tutela" dell'isola sia stata conferita ufficialmente a B. già da prima, oppure solo in occasione di quell'azione difensiva. La seconda interpretazione appare più probabile: in ogni caso B. non dovette mai fregiarsi del titolo di "Corsicae comes" che gli attribuisce Pietro Cirneo. È evidente che a lui l'imperatore pensò per la guida dell'esercito antisaraceno proprio perché già da tempo l'isola gravitava entro l'orbita lucchese. Il Roncioni ritiene, invece, che l'incarico fu conferito a B. non dall'imperatore ma dal pontefice Gregorio IV. L'idea è stata ripresa in età più recente, tra gli altri, dal Guglielmotti sulla base delle pretese pontificie di sovranità sulla Corsica più volte sostenute nell'alto Medioevo. La paternità pontificia della spedizione non trova però alcuna conferma nelle fonti (cfr. anche Falce, pp. 212 s.).
La notizia della spedizione ci offre, d'altro canto, testimonianze sulla preminenza di B. sopra gli altri conti di Tuscia, i quali sono chiamati a combattere sotto il suo comando. In sostanza sembra essere qui delineata la struttura di una marca in cui il titolare è conte di un comitato, e almeno qualche altro comitato è in mano della famiglia (il che appare attestato dalla presenza tra i conti della Tuscia del fratello di B., Berardo).
Infine, il racconto dei cronisti offre alcune notizie interessanti sulla Sardegna. La Vita Hludowici parla di "amici Sardi" facendo così intendere che esistevano buoni rapporti tra la Sardegna, nominalmente sotto il dominio bizantino, e la Tuscia, che faceva parte del regno d'Italia. Nell'isola B. trovò ottima accoglienza e potè reclutare nocchieri che lo conducessero sulla costa africana: il che fa pensare che i traffici tra la Sardegna e l'Africa dovevano essere piuttosto frequenti.
Secondo la testimonianza di Pietro Cirneo, B. dopo la spedizione dette inizio in Corsica alla costruzione del castello che porta il suo nome. La notizia, però, non confermata da altra fonte, è messa in dubbio dagli storici moderni (per cui cfr. Falce, pp. 215 s.).
Di B. non abbiamo più notizie fino all'834, quando lo troviamo coinvolto nelle vicende della lotta accesasi tra l'imperatore Ludovico il Pio e i suoi figli - Ludovico nel giugno dell'833 era stato costretto a subire la resa di Rothfeld, in seguito alla quale la seconda moglie, Giuditta, era stata rinchiusa in larvata prigionia nel monastero di Tortona. Ma nel giro di pochi mesi la situazione si capovolse e nell'aprile 834 Lotario fu costretto a fare atto di sottomissione al padre. Fu proprio in seguito a ciò che B., insieme con Rataldo vescovo di Verona e Pipino, figlio dell'accecato re Bernardo, approfittando della lontananza di Lotario, in cammino per tornare in Italia, liberarono l'imperatrice e la ricondussero a Ludovico, che si trovava ad Aquisgrana (contro la testimonianza degli Annales Bertiniani e della Vita Hludowici, Andrea da Bergamo attribuisce la liberazione di Giuditta allo stesso Lotario: il che è errato; cfr. al riguardo Falce, p. 222). La fedeltà a Ludovico costò a B. la perdita del ducato. Infatti, tornato in Italia, Lotario privò dei feudi tutti coloro che avevano partecipato alla liberazione di Giuditta, né volle accogliere l'appello rivoltogli nel settembre 836 da Ludovico inteso a far rientrare gli spodestati nelle loro terre.
B. rimase in Germania alla corte di Ludovico, mentre a Lucca gli succedeva Aganone. Nell'838 fu inviato dall'imperatore in Settimania insieme con il conte Donato e l'abate Adrebaldo di Flavigny, per condurre un'inchiesta su Bernardo, duca di quella regione, accusato dai suoi sudditi presso Ludovico per diversi abusi. Il suo nome compare ancora nello stesso anno tra i presenti al falso placito di Aquisgrana in cui venne restituito al vescovo Aldrico di Le Mans il monastero di Amisola. Si ignora l'anno della sua morte.
Fonti e Bibl.: Petri Cyrnaei De rebus corsicis, in L. A. Muratori, Rerum Ital. Script., XXIV, Mediolani 1738, col. 838; Chroniques de Saint-Denis sur les gestes de Louis le Débonnaire, in Recueil des historiens des Gaules et de la France, VI, Paris 1749, p. 151; Vita Hludowici imperatoris, a cura di G. H. Pertz, in Mon. Germ. Hist.,Scriptores, II, Hannoverae 1829, pp. 632, 638, 644; Annales bertiniani, a cura di G. Waitz, in Mon. Germ. Hist.,Scriptores rerum germanicarum in usum scholarum, V, Hannoverae 1883, pp. 8 s.; Annales regni Francorum, a cura di G. H. Pertz e F. Kurze, ibid., VI, ibid. 1899, p. 176; Andreae bergomatis Historia, in Mon. Germ. Hist.,Script. rerum langob. et italic., Hannoverae 1878, pp. 220-30; Mem. e docc. per servire all'ist. del ducato di Lucca, IV, 2, App., a cura di D. Barsocchini, Lucca 1836, n. 25, pp. 35 s.; Vita Aldrici episc. cenomanensis, in Migne, Patr. lat., CXV, coll.78-87; M. Amari, Bibl. arabo-sicula, I, Torino-Roma 1880, pp. 310 s.; R. Roncioni, Delle istorie pisane libri XVI, a cura di F. Bonaini, in Arch. st. ital., s. 1, VI (1844), 1, pp. 41-47; A. Dove, De Sardinia insula.... Berlin 1866, pp. 40 s.; B. Simson, Jahrbücher des fränkischen Reichs unter Ludwig dem Frommen, I-II, Leipzig 1874-1876, ad Indicem;D. Guglielmotti, Storia della marina pontificia, I, Roma 1886, pp. 41-44; A. Dove, Corsica und Sardinien …, in Sitzungsberichte der bayer. Akad. der Wissenschaften,hist. Classe, 1894, p. 218; A. Hofmeister, Markgrafen und Markgrafschaften..., in Mitteilungen d. Inst. f.österr. Geschichtsforschung, VII Ergänzungsband, Innsbruck 1907, pp. 292 s.; X. Poli, La Corse dans l'antiquité et dans le haut Moyen Age, Paris 1907, pp. 162-165; L. M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, III, 1, Gotha 1908, pp. 36, 140 s.; E. Besta, La Sardegna medievale, I, Palermo 1908, pp. 37, 48; A. Solmi, La Corsica, in Arch. stor. di Corsica, I (1925), 1, pp. 3 s.; A. Falce, La formazione della Marca di Tuscia (secc. VIII-IX), Firenze 1940, pp. 210-225 (con ulteriore bibliografia); M. Amari, Storia dei Musulmani in Sicilia, a cura di C. A. Nallino, I, Catania 1933, pp. 407 s.; G. Romano-A. Solmi, Le dominazioni barbariche in Italia (398-888), Milano 1940, pp. 554-559; M. C. Ascari, La Corsica nell'antichità, Milano 1942, p. 222; R. Davidsohn, Storia di Firenze, I, Firenze 1956, p. 127; E. Hlawischka, Franken,Bayern,Alamannen und Burgunden in Oberitalien (774-962), Freiburg I. B. 1960, pp. 54-59; E. Eickhoff, Seekrieg und Seepolitik zwischen Islam und Abendland, Berlin 1966, pp. 74, 100.