CORTI, Conte Luigi
Diplomatico italiano, nato a Gambarana (provincia di Pavia) nel 1823, morto a Roma il 18 febbraio 1888. Laureato in medicina nel 1842, entrò nel 1846 nella carriera diplomatica sarda. Nel 1848 si arruolò come volontario nell'artiglieria. Nel 1850 fu destinato come segretario alla legazione di Londra. Nel febbraio 1864 fu nominato ministro residente a Stoccolma, dove rimase poi come ministro plenipotenziario fino all'agosto 1867. Fu successivamente ministro plenipotenziario a Madrid (agosto 1867), all'Aia (aprile 1869), a Washington (febbraio 1870) e a Costantinopoli (luglio 1875). Nel marzo 1878, costituitosi il primo gabinetto Cairoli, fu nominato ministro degli Affari esteri e senatore del regno nel momento più delicato della crisi balcanica. Il C. giunse a Roma molto restio ad accettare l'alto ufficio; estraneo alle controversie della politica interna e all'ambiente parlamentare, disapprovava i metodi della sinistra e specialmente la debolezza, di cui il governo dava prova di fronte a una intempestiva agitazione irredentista. Sapeva che l'occupazione della Bosnia-Erzegovina da parte dell'Austria-Ungheria era oramai inevitabile e che l'Italia non avrebbe potuto impedirla, né ottenere in compenso territorî italiani, appartenenti alla Monarchia. Tuttavia, in seguito alle insistenze del Cairoli e dello Zanardelli, finì per accettare il portafoglio.
Prima della convocazione del congresso, prima cioè che fosse avvenuto un accordo di massima fra le grandi potenze, C. accolse con riserva un'offerta d'intesa, fattagli dal governo inglese, ritenendo a ragione che l'Italia, per la sua impreparazione militare, e per le sue critiche condizioni finanziarie, dovesse evitare di essere coinvolta in una guerra, tanto più che la Gran Bretagna si sarebbe, in tale eventualità, quasi certamente trovata accanto all'Austria-Ungheria. Al congresso di Berlino, il C. rappresentò l'Italia insieme al conte de Launay, ambasciatore presso la corte imperiale tedesca. L'azione personale dei plenipotenziarî ispirò considerazione e fiducia nei diplomatici degli altri stati. Per quel che riguarda la Bosnia-Erzegovina, non merita censura. Forse, se avesse saputo meglio profittare delle circostanze, avrebbe potuto raggiungere qualche risultato utile nella questione della Tunisia, o almeno ottenere garanzie contro un'occupazione francese; ma bisogna riconoscere che mancava un vero affiatamento tra i delegati e il gabinetto Cairoli. Appena finito il congresso di Berlino, C. si rese conto che la sua situazione era insostenibile: nell'ottobre diede le dimissioni e le mantenne, sebbene ufficiato a ritirarle. Tornò al suo posto di Costantinopoli, dove rimase fino al febbraio 1886; dal giugno 1880 fu elevato al grado di ambasciatore. Trasferito a Londra nel febbraio 1886, fu bruscamente richiamato nell'ottobre 1887 da Crispi. Questo provvedimento va messo in relazione con l'attività spiegata dal Crispi durante la crisi orientale, che precedette il congresso di Berlino; esso colpì amaramente C. che vi sopravvisse di pochi mesi.
Bibl.: R. Bonghi, Il Congresso di Berlino e la crisi d'Oriente, Milano 1878; F. Crispi, Politica estera, Milano 1912; E.C. Corti delle Catene, Il conte Corti al Congresso di Berlino, in Nuova Antologia, 16 aprile 1925; M. Rosi, Il Congresso di Berlino e Benedetto Cairoli, in Bollettino dell'Ufficio storico del corpo di Stato maggiore, 1° maggio 1927.