SACCUCCI, Conte
– Figlio di Sacco di Gerardo (Conte ser Sacchi /Conte domini Sacci Gerardi / Contes de Perusio), nacque presumibilmente a Perugia intorno agli anni Trenta del Trecento da una famiglia della nobiltà ‘minore’, dotata di solide basi terriere nel contado e proiettata verso il mondo universitario, nuovo canale di promozione sociale (anche il figlio Sacco sarà, come lui, giurista e lettore dello Studio perugino). Nel suo caso, l’ascesa fu dal notariato, praticato dal padre e dal fratello, alle professioni giuridiche ‘alte’, di iudex e di doctor legens.
Conseguito, molto probabilmente a Perugia, il dottorato in diritto civile, Conte iniziò la carriera di giurisperito come iudex, appellativo col quale compare in un atto del 1356. Del 1362 è un atto di donazione redatto «in quodam claustro domorum habitationis sapientis iurisperiti domini Contis domini Saccii de Perusio legum doctoris» (Le pergamene, 2005, p. 345).
Il 1362 è anche l’anno in cui i Priori delle arti del Comune di Perugia, magistratura di vertice della città, lo chiamarono alle letture ordinarie del Codex e del Digestum Vetus nello Studio cittadino, con un salario di 200 fiorini all’anno. La sua condotta, inizialmente triennale, venne rinnovata nel 1365 per altri dieci anni allo stesso salario, ma non fu compiuta interamente. L’unico periodo documentato del suo insegnamento a Perugia resta il quadriennio 1364-68, nel quale tenne le due citate letture in concorrenza con Baldo degli Ubaldi, premiati entrambi con i migliori salari che lo Studio dispensava ai propri giuristi.
Docente di leges a Perugia negli anni Sessanta del Trecento, Conte fu dunque nella cerchia di quei giuristi universitari (con lui Baldo e Angelo degli Ubaldi, Angelo di Vanni, Nicola Alessandri e Guglielmo di Cellolo Buonguglielmi), a cui toccò in sorte non solo di dividere l’eredità didattica di Bartolo da Sassoferrato (morto a Perugia nel 1357 o nel 1358), ma anche di partecipare, a stare a quanto si tramanda, al processo di formazione delle opere tràdite sotto il suo nome.
L’appartenenza al ceto dei magnati non gli impedì di prendere parte attiva alla vita politica e amministrativa di Perugia durante il governo popolare. Il 21 dicembre 1364 fu eletto podestà di Assisi per sei mesi, ma dovette rinunciare all’incarico «ratione lecture ad quam est obligatus [per] Comune Perusii» (Pecugi Fop, 2008, p. 132). Nel 1365 fu per sei mesi iudex dei capitani di parte guelfa e membro della commissione incaricata di riformare gli statuti cittadini, licenziati nel 1366. Successivamente, in un contesto di forte tensione fra Perugia e la Chiesa, svolse un ruolo di primo piano nelle trattative di pace con Urbano V. Il 9 giugno 1367 fu inviato a Corneto insieme a Francesco di Ugolino, Baldo degli Ubaldi e Guglielmo di Cellolo per incontrare il papa appena rientrato in Italia. Il 21 febbraio 1370 fu uno dei tre ufficiali super agendis negotiis comunis; nel maggio 1370 con Pietro Vincioli e Angelino di Ceccolo Sinibaldi (cui si aggiunse il 3 settembre Baldo degli Ubaldi) si recò a Montefiascone per intavolare nuove trattative con il pontefice, concluse dai quattro legati il 23 novembre 1370, a Bologna.
L’intensa attività politica segnò la fine della sua carriera di insegnamento a Perugia. Venuto a conoscenza della rivolta contro il governo di Popolo (da parte di nobili e popolo minuto) durante la sua ambasciata ad Avignone (1371) in occasione dell’elezione di Gregorio XI, e temendo rappresaglie, chiese e ottenne dal papa il permesso di «poter star sicuro» nella città provenzale (Pellini, 1664, I, p. 1110).
La notizia farebbe pensare a un trattamento di favore del pontefice verso uno dei fautori della resa di Perugia; ciononostante, il nome di Conte fu inserito nella lista di proscrizione di esponenti del partito popolare stilata nel 1372 da Gherardo du Puy (abate di Monmaggiore), terzo vicario pontificio a Perugia in appena due anni.
Durante la sua residenza ad Avignone fu invitato nel 1373 dalle autorità di Nîmes a insegnare nello Studio di quella città (Fournier, 1891, p. 748), ma declinò l’offerta. Il rifiuto non appare legato a un suo possibile ritorno in patria, dove dopo il 1371 non risulta più attivo né come docente né in ambito politico-istituzionale.
Il suo nome ricompare nei documenti della città umbra - ma per affari prettamente economici - che potrebbe aver svolto anche per procura: proprio nel 1373 comprò assieme a Baldo degli Ubaldi un terzo dello stabile che ospitava l’albergo delle Chiavi, uno dei principali della città, che nel 1389 passerà interamente in suo possesso. Nello stesso anno insieme ai figli acquistò dal Comune alcune case della Cittadella, nome con cui era chiamata la fortezza fatta erigere nel 1371 da Gherardo du Puy nel quartiere di Porta Sole e che nel 1375 era stata distrutta dai cittadini in rivolta.
Dopo Perugia e la Provenza, fu per Conte la volta di Napoli. All’inizio degli anni Ottanta lo troviamo infatti alla corte della regina Giovanna I e di Carlo III di Durazzo: nel 1380 controfirmò decreti di Giovanna I con le qualifiche di maestro razionale e luogotenente del protonotario del Regno, incarico rivestito ancora nel 1381, mentre in un privilegio datato tra la fine del 1382 e l’inizio del 1383 è detto consiliarius e fidelis di Carlo III (Faraglia, 1889, p. 325). Non vi sono elementi che facciano desumere un suo insegnamento a Napoli.
Qui probabilmente morì fra il 29 aprile 1389 (data della riformanza comunale perugina che richiedeva a lui e ai suoi figli il pagamento delle case della Cittadella) e il 26 settembre 1391, quando Sacco e Bartolomeo Saccucci risultano accatastati in Porta Sole, parrocchia di S. Severo, come filii et heredes domini Contis domini Sacci (Perugia, Archivio di Stato, Comune di Perugia, Cons. e Rif., 37, cc. 63v-64r).
Un sepolcro della chiesa napoletana di Santa Croce, successivamente demolita, recava un’iscrizione funebre dedicata a un perugino illustre («Lux obiit Legum Canonum decus inclita tellus / Quam Perusina dedit, Parthenope sepelit»: Faraglia, 1889, p. 324 s.), che ne ha fatto congetturare l’identificazione con Conte (ivi e Maffei, 1999, p. 28).
Poche sono le testimonianze della sua attività scientifica. Secondo Tommaso Diplovatazio (1468-1541: scolaro anch’egli dello Studium perugino), Conte scrisse commentari su tutti i Digesti e sul Codice. Purtroppo, forse anche a causa della breve durata del suo insegnamento universitario, nessuna di queste scritture esegetiche ha avuto il destino di una tradizione manoscritta e tanto meno la fortuna della stampa. I frammenti di additiones siglate Conte e Conte de Perusio, riportate in calce al testo glossato del Digestum Vetus nel ms. Arch. S. Pietro A.31 della Biblioteca apostolica Vaticana (D’Amelio, 1972 e 1980) sembrerebbero costituirne i soli testimoni superstiti.
Attende ancora una verifica definitiva la notizia che l’ultima parte dei commentaria di Bartolo da Sassoferrato ai Tres Libri – da C. 11, 35, 1, punto in cui si sarebbe interrotta la mano dell’autore, sino alla fine, escluso la repetitio a C. 12, 1, 1 – sia stata scritta da Conte e «inserta in lecturis Bartoli» per colmare la lacuna di un corpus esegetico già destinato alla massima fortuna. Il Diplovatazio raccoglie questa notizia da una tradizione, che attraverso Giason del Maino e Alessandro Tartagni risalirebbe a un commento di Angelo degli Ubaldi a C. 11, 35, 1, di cui però non si ha riscontro nelle edizioni a stampa degli apporti esegetici angelani ai Tres Libri.
Più felice di quella dei commentaria è stata la sorte dei consilia sottoscritti da Conte, da solo o insieme ad altri giuristi, tramandati da manoscritti ed edizioni a stampa di raccolte miste o altrui. Il loro censimento si deve a D. Maffei (1999, p. 27 s.). Da P. Peruzzi (1975-76, pp. 20-22, 80-83, 90-93) erano già stati individuati e studiati i consilia sottoscritti insieme ad Angelo d’Amelia, uno dei quali già segnalato da A. Campitelli-F. Liotta (1961-62, p. 393). Non ha invece dato risultati la ricerca del consilium manoscritto ubicato, secondo il Bini (1816, I, p. 113), in un codice perugino.
La penuria di scritture contiane ha spinto alla ricerca di opere superstiti, magari dissimulate sotto false paternità. Il Maffei (1999) ha congetturato l’attribuzione a Conte del Tractatus clausularum (Napoli 1478) di Vital de Cabannes (morto il 1458 circa). Gli indizi deponenti per la paternità contiana incontrano però almeno l’ostacolo costituito dalle citazioni delle lecturae di Ludovico Pontano (1409 circa-1439), che trapuntano il trattato (già rilevate da E. Cortese, Sulla scienza giuridica a Napoli tra Quattro e Cinquecento [1985], in Scritti, II, a cura di I. Birocchi - U. Petronio, Spoleto 1999, p. 917*).
Fonti e Bibl.: Perugia, Archivio di Stato, Comune di Perugia, n. 2152 (1370, nov. 11); Comune di Perugia, Catasti, I, 15, cc. 41r, 133r-137v; Comune di Perugia, Conservatori della Moneta, 13, c. 17r; 14, cc. 1v, 8v; 16, c. 7r; 19, c. 24v; 20, c. 24r; Comune di Perugia, Consigli e riformanze, 37, cc. 63v-64r; Comune di Perugia, Offici, 1, c. 52r; Convento di San Francesco al Prato, n. 107 (1370, febbraio 21); Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Arch. cap. S. Pietro A.31, cc. 9v, 10r, 35v, 52r, 89r, 102r, 107r, 119b, 135r, 185r, 245r, 247r, 253r, 283v, 292v; Bologna, Biblioteca del Collegio di Spagna, mss. 70, 83, 126 [I codici del Collegio di Spagna di Bologna, studiati e descritti da D. Maffei et al., Milano 1992, ad ind.]; Firenze, Biblioteca nazionale Centrale, Magl. XXIX 117; Leiden, Bibliotheek der Rijksuniversiteit, Collectie D’Ablaing 29; Napoli, Biblioteca nazionale, I. A 16; Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 1410, Urb. lat. 1132, Vat. lat. 2638, Vat. lat. 8069, Vat. lat. 11605; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Marc. lat. V 3; Perugia, Biblioteca comunale Augusta, ms. 1449 (= S. Tassi, De claritate Perusinorum, c. 344 rv); Pier Filippo Della Cornia, Consilia, IV, Giovanni Giolito De Ferrari il vecchio e Gerardo Zeglio, Trino 1521, cons. 43, n. 1, c. 47ra; Criminalia consilia, II, Venezia 1560, n. 41, cc. 72-76; Responsa... ad causas ultimarum voluntatum [...] I, Venezia 1581, nn. 32-33, cc. 27vb-28rb; Baldo degli Ubaldi, Consilia, VI, Venezia 1602, p. 150; C. Crispolti, Perugia Augusta, Perugia 1648 (rist. anast. Bologna 1974), III, p. 327; T. Diplovatazio, Liber de claris iuris consultis. Pars posterior, a cura di F. Schultz - H. Kantorowicz - G. Rabotti, Bologna 1968 (Studia Gratiana, X), pp. 277 rr. 31-32, 290; Le pergamene dell’Ospedale di S. Maria della Misericordia di Perugia. Dalle origini al 1400, Regesti, a cura di A.M. Sartore, Perugia 2005, pp. 298, 314, 345, 378.
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