contemplare
Il verbo, adoperato solo nel Convivio e nel Paradiso (con un'unica eccezione nel Purgatorio), e presente in alcune occorrenze nell'accezione (in senso figurato) di " guardare, considerare con ammirazione e interesse ", amplia e approfondisce in altre il suo significato, assumendo il valore di " indagare, speculare intorno a una cosa ". In alcuni luoghi del Paradiso è con specifico riferimento alla contemplazione mistica.
Quanto al costrutto, si alterna, senza evidente differenza di significato, l'uso transitivo a quello assoluto, ovviamente esclusivo, tuttavia, quando si tratti del c. dei mistici: gli spiriti del cielo di Saturno tutti contemplanti / uomini fuoro (Pd XXII 46); e s. Bernardo, colui che 'n questo mondo, / contemplando, gustò di quella pace (XXXI 111; " imperò che santo Bernardo fu monaco e contemplativo e massimamente della vita della Vergine Maria ", Buti), è definito, senz'altro, quel contemplante (XXXII 1; oltre a questo participio, ricorre con valore di sostantivo anche l'infinito). Da notare ancora il costrutto con la preposizione ‛ a ' e, due volte, con ‛ di ' (v. oltre, Cv II V 7 e 8), che ricalca il de latino con l'ablativo (anche con ‛ dintorno ', in Pd XXIX 68).
Il primo valore è documentato in Pd XVIII 124 0 milizia del ciel [le anime del cielo di Giove] cu' io contemplo, " veggo nella mente " (Buti), e in Cv IV II 18, a commento dei vv. 18-20 della canzone con cui si apre il trattato: essa filosofia, che è... amoroso uso di sapienza, se medesima riguarda... che altro non è a dire, se non che l'anima filosofante non solamente contempla essa veritade, ma ancora contempla lo suo contemplare medesimo. Cfr. anche II VII 5.
Si tratta di contemplazione che vale senz'altro " meditazione ", in Pg XXIV 132 (con costrutto assoluto), dove il significato del verbo (D., Virgilio e Stazio vanno per la strada sola / ... contemplando ciascun sanza parola) è chiarito dal verso successivo: " Che andate pensando sì voi sol tre? ", / sùbita voce disse; ond'io mi scossi; analogamente, ma più vicino al valore di " considerazione ", in Cv IV Le dolci rime 138, detto dell'anima che ne la quarta parte de la vita / a Dio si rimarita, / contemplando la fine che l'aspetta, " attendendo con serenità la fine di questa vita, cioè la morte che la libererà dal corpo, e contemplando la visione della vita beata che l'aspetta " (Barbi-Pernicone, che rimandano all'interpretazione del passo " poeticamente espressa " in Cv IV XXVIII 3-7).
Il valore di " speculare ", " considerare ", " indagare intorno a qualche cosa " è chiaramente documentato in Cv IV XXII 10 l'uso del nostro animo è doppio, cioè pratico e speculativo (pratico è tanto quanto operativo), l'uno e l'altro dilett[os]issimo, avvegna che quello del contemplare sia più. Con tale valore, ma in senso specificamente teologico-mistico, il verbo ricorre parecchie volte in Cv II V 7-10, dove D. tratta delle gerarchie angeliche: Ché con ciò sia cosa che la Maestà divina sia in tre persone, che hanno una sustanza, di loro si puote triplicemente contemplare. Ché si può contemplare de la potenza somma del Padre; la quale mira la prima gerarchia... E puotesi contemplare la somma sapienza del Figliuolo; e questa mira la seconda gerarchia. E puotesi contemplare la somma... caritade de lo Spirito Santo; e questa mira l'ultima gerarchia... E con ciò sia cosa che ciascuna persona ne la divina Trinitade triplicemente si possa considerare, sono in ciascuna gerarchia tre ordini che diversamente contemplano. Puotesi considerare lo Padre, non avendo rispetto se non ad esso; e questa contemplazione fanno li Serafini... Puotesi considerare lo Padre secondo che ha relazione al Figlio... e questo contemplano li Cherubini... E per questo modo si puote speculare del Figlio e de lo Spirito Santo (§ 11). Per il costrutto con ‛ di ' nella seconda occorrenza di c., cfr. Busnelli-Vandelli, ad l.
La questione delle gerarchie angeliche, già trattata dallo pseudo Dionisio, che a contemplar questi ordini si mise (Pd XXVIII 131), è nuovamente affrontata nel canto XXVIII del Paradiso, dove D. chiede a Beatrice di chiarirgli un quesito che da solo non sa risolvere, ché io per me indarno a ciò contemplo (v. 57), " cioè invano... la cagione di questa contrarietà considero " (Buti). Beatrice lo accontenta, dilungandosi poi a parlare della creazione degli angeli, della ribellione di alcuni di essi, della fedeltà degli altri; e, quasi a far notare la completezza della sua spiegazione, riprende, per concludere, le parole del discepolo: Omai dintorno a questo consistorio / puoi contemplare [" idest, speculari ", Benvenuto] assai, se le parole / mie son ricolte, sanz'altro aiutorio (XXIX 68; da notare i tre diversi costrutti del verbo, adoperato nella medesima accezione). Spiriti contemplanti legge il Moore in Cv II V 11, dove invece sia la '21 che Busnelli-Vandelli e Simonelli recano contemplativi.