CONTEMPLAZIONE
. Il termine latino di contemplatio comincia ad assumere significato tecnico quando la filosofia romana lo oppone a quello di actio per esprimere l'antitesi greca (e specificamente aristotelica) della ϑεωρία alla πρᾶξις: così, in Seneca, la filosofia si distingue in contemplativa e activa. E come Aristotele (e in genere i massimi pensatori greci) teorizza la superiorità del conoscere rispetto al fare, così il Medioevo cristiano antepone alla "vita attiva" la "vita contemplativa", distinguendo anche, in questo senso, gli ordini religiosi, a seconda che essi si dedicano all'ordinario ministero sacerdotale o invece se ne astengono, per concentrarsi nei soli esercizî ascetici culminanti nella contemplazione delle verità supreme. È attraverso quest'ultimo concetto che il termine di "contemplazione" viene poi ad assumere il suo significato più specifico, non indicando più, in generale, la teoria nella sua contrapposizione alla pratica, bensì la forma suprema della stessa teoria, che, superati i gradi in cui essa è legata al senso e all'attività distinguente e discorsiva dell'intelletto, è giunta all'immediata e beatifica visione della verità. Questo concetto della contemplazione (in cui si fondono e rinnovano, in vario modo, l'idea aristotelica della conoscenza noetica e quella neoplatonica dell'intuizione soprarazionale ed estatica), diventa così un motivo fondamentale della mistica (v.) e viene particolarmente elaborato dai singoli teorici di quest'ultima.