CONTERIE o margheritine (dal lat. margarita "perla"; fr. perles de Venise; sp. abalorios; ted. Glasperlen; ingl. glass-beads)
Perle di vetro ad uso di monili, fiori, frange, lumiere, ricami, passamanerie e simili. Fabbricate fino dai tempi più remoti in Egitto, alcune perle furono importate a Murano nel sec. XIII da Marco Polo che indusse anche Cristoforo Briani e Domenico Miotti a produrle direttamente sul luogo. I due crearono procedimenti proprî, ebbero numerosi allievi e diedero gl'inizî a quella che poi fu la grande industria delle conterie, ancora fiorente a Venezia e a Murano.
L'esportazione delle conterie, che si aggira sulla media annua di 4 milioni di kg., percorre tutte le vie del mondo: va alle nazioni civili ed ai popoli primitivi. Industria prettamente veneziana e, più particolarmente, muranese, tanto che la nomenclatura dell'arte è conservata nelle voci dell'antico dialetto veneto, essa occupa oggi, fra lavoro in fabbrica, lavoro casalingo e produzioni ausiliarie e derivate, intorno a 6 mila persone.
La fabbricazione delle conterie s'inizia con la produzione, nel modo consueto, di tubi sottili (v. vetro), stirati, o da pasta di vetro (canna di vetro) o da pasta di smalti (canna di smalto) per le conterie fini, queste belle più delle altre per vaghezza di colore e brillantezza. La canna viene tagliata in lunghezze di un metro: si hanno cosi le cannelle, che passano al reparto della riduzione o dei margaritai, per la trasformazione in perle. Le cannelle vengono selezionate per grossezza da operaie dette cernitrici, a tatto di dita, con abilità, rapidità e precisione sorprendenti. I tagliatori sospingono fasci di cannelle sotto il coltello a ghigliottina d'una cesoia a motore ad avanzamento regolabile; i piccoli pezzi cilindrici, in tal modo nettamente scalpellati, vanno lungo uno scivolone a raccogliersi in una cassa. Non tutti i cilindretti riescono sani: il rottame si elimina mediante crivellazione, compito degli schizzadori. I piccoli cilindri vengono trasformati in globetti dai tubanti, così chiamati dall'ordigno di cui si servono: un tubo di ferro a fondi chiusi, con asse passante, in lenta rotazione, entro apposito forno. Vi s'introducono i cilindretti, previo un loro passaggio nel siribiti (etimologia ignota), un miscuglio di calce e carbone in finissima polvere, che ne riempie i forellini perché al calore non abbiano a chiudersi. Nel tubo essi sono mescolati a sabbia fina di mare (qualche volta anche a carbone in polvere, a seconda dei colori e smalti di cui sono fatti) perché, riscaldati e rammolliti, non s'attacchino l'uno all'altro. Ultimata la cotta, escono le perle, bene inteso ancora con i fori turati dal siribiti. Questo viene eliminato dall'azione d'una tramoggia con parete a forma di setaccio, inclinata e in rotazione. La separazione delle perle per grossezza è compito dei governatori che all'uopo si servono di una serie di crivelli a fori decrescenti in diametro, meccanicamente mossi a scosse. In alcune fabbriche si asportano le perle che non riescono tonde: poste tutte sopra una tavola ben liscia, leggermente inclinata e un po' mossa, quelle tonde rotolano via rapidamente e rimangono le altre. La pulitura delle perle, opera dei lustradori, è semplice: in un tamburo rotante, frammiste a crusca di frumento leggermente oleata, esse sono levigate e, mentre la crusca è asportata dal soffioo d'un ventilatore, le perle si raccolgono, conseguita la voluta brillantezza, entro un sottostante cassone. Le perle riuscite senza forellino (senza occhietto), vengono eliminate nella macchina degli orbi, cioè delle perle cieche, costituita da un cilindro rotante, tutto fitto d'aghi sottilissimi curvati ad arco, che, penetrando in un cumulo di perle continuamente alimentato mediante tramoggia, infilano quelle sane per abbandonarle, dalla parte opposta, verso uno scivolone raccoglitore. Restano indietro le perle "cieche" che vengono rifuse. Le conterie passano al commercio in matasse (dozzine o mazze). Vengono cosi confezionate da donne che, tenendo nella destra una serie di sottili, lunghi aghi disposti a ventaglio, ognuno a capo d'un filo, cacciano tali aghi ripetutamente fra le perle raccolte a mucchio, che vi restano infilate e scendono lungo i fili; lavoro casalingo che a Venezia e a Murano occupa tutto l'anno parecchie migliaia di donne, dette infilatrici. Da qualche tempo furono introdotte, in stabilimenti di maggior importanza, infilatrici meccaniche, con risultati ancora incerti.