continente di plastica
continènte di plàstica locuz. sost. m. – Massa di detriti, in prevalenza plastica, che si estende nell’Oceano Pacifico tra la costa della California e il Giappone; è conosciuto anche come il vortice di spazzatura. Questo agglomerato di rifiuti galleggia a qualche metro di profondità e pertanto non è rilevabile dai satelliti; la sua scoperta, infatti, non ha beneficiato del supporto della tecnologia, ma è stata del tutto casuale. Protagonista della vicenda è stato lo statunitense Charles Moore, appassionato velista e fondatore, nel 1994, dell’Algalita marine research foundation (AMRF), ente consacrato alla tutela e allo studio delle coste oceaniche. Nel luglio del 1997, durante una regata dalle Hawaii verso gli Stati Uniti Moore ha deciso di abbandonare la consueta rotta e di deviare verso nord, per avventurarsi verso una zona poco battuta, tradizionalmente chiamata la latitudine (o rotta) dei cavalli, a segnalare che solo il supporto di questi animali avrebbe potuto garantire la navigazione in quelle acque caratterizzate da una circolazione molto lenta, causata dell’assenza di vento e da una pressione atmosferica estremamente alta. Mentre navigava in queste acque, Moore scoprì l’enorme massa di spazzatura. Nel corso del decennio successivo la notizia della sua esistenza si è diffusa a livello mondiale e si sono compiuti i primi studi capaci di fornire indicazioni sul processo di formazione e sulla natura di questo fenomeno. È evidente come esso tragga origine dal progressivo aumento dell’inquinamento del mare, la cui portata può essere compresa alla luce dei dati emersi dagli studi più recenti sull’argomento: per es., si stima che il 90% dei rifiuti galleggianti sia costituito da plastica; che sia finito in mare il 5% di tutta la plastica prodotta dagli anni Cinquanta del 20° sec. in poi; che la produzione di plastica annuale, riferita al primo decennio degli anni 2000, sia pari a 240 milioni di tonnellate, di cui solo il 3% viene riciclato. La concentrazione dei rifiuti nell’Oceano Pacifico dipende dall’azione esercitata dal vortice del Nord Pacifico, chiamato the Gyre, una delle più potenti correnti circolari oceaniche, dotata di un particolare movimento a spirale orario che ha permesso al materiale di scarto di aggregarsi, fino a costituire un vero e proprio continente. S'ipotizza che il suo peso sia di ca. 100.000 tonnellate, mentre il suo diametro è ritenuto pari a ca. 2500 km; molto ampi sono i margini di riferimento riguardanti la sua estensione, valutata tra 700.000 e 10 milioni di chilometri quadrati. Il continente di plastica, in realtà, è suddiviso in due blocchi di grandezza equivalente: uno è situato nella parte di oceano che va da 50 miglia nautiche al largo della California, fino alle Hawaii, e si muove grazie a correnti che ruotano in senso orario; l’altro si sviluppa dalle Hawaii sino al Giappone ed è mosso da correnti circolanti in senso antiorario. Particolarmente grave è l’impatto devastante sulla fauna e sulla flora marina e, di conseguenza, sulla catena alimentare. Nel corso del tempo, la plastica si fotodegrada e i polimeri di cui è composta producono inquinamento da policlorobifenili (PCB), che hanno un elevato grado di persistenza e una tossicità elevata, equivalente a quella della diossina. Questo processo genera minuscole particelle inquinanti, simili al plancton, l’alimento base della fauna marina e degli uccelli, che sono entrate nella catena alimentare, passando dai molluschi ai pesci fino ad arrivare all’uomo. La gravità della situazione è resa evidente dai risultati dei prelievi effettuati nel 2001: essi hanno confermato che la concentrazione di plastica superava di 6 volte quella del plancton. In alcune zone, particolarmente inquinate, questo rapporto era di 46 a 1.