contingenza
. Il vocabolo indica la proprietà delle cose soggette a generazione e quindi le cose stesse generabili e corruttibili, che non hanno ragione di necessità, risolvendosi in labili apparenze. D. stesso definisce, per bocca di s. Tommaso, le brevi contingenze di Pd XIII 63, nei versi immediatamente seguenti: e queste contingenze essere intendo / le cose generate, che [il movimento, e l'influenza dei cieli] produce / con seme [esseri organici] e sanza seme [corpi inorganici]: " cose materiali, le quali elli appella contingenza " (Ottimo).
La dottrina della c. deriva da quella dello ἐνδέχεσθαι (ἐνδεχόμενον) di Aristotele (v. CONTINGENTE): ciò che non è necessario può essere e non essere, muta, è soggetto ai contrari (Interpr. 9, 19a 10-34; Gener. anim. II 1, 731b 25). Già in Aristotele essa appare legata alla dottrina del processo generativo (Metaph. IX 8, 1050a 13-16) e perciò dei contingenti si dice che sono composti di materia (Tomm. Sum. theol. I 86 3 " Est autem unumquodque contingens ex parte materiae; quia contingens est quod potest esse et non esse; potentia autem pertinet ad materiam ").
In Pd XVII 37 La contingenza, che fuor del quaderno / de la vostra matera non si stende, il termine indica la totalità delle cose materiali generabili e corruttibili che costituiscono il mondo sublunare. Qui c., come già ‛ contingente ' nello stesso canto, è posta in rapporto alla conoscenza eterna propria di Dio (tutta è dipinta nel cospetto etterno, v. 39); nel seguito del discorso, Cacciaguida affronta il problema della prescienza divina in rapporto alla necessità o meno degli eventi futuri, problema che D. trovava discusso ampiamente in Agostino e Boezio; ma per ciò v. PRESCIENZA.