conto (agg.)
Dal francese antico cointe, " noto ", che deriva dal latino cognitus, mantiene il valore di " conosciuto ", " manifesto "; incrociatosi con il latino comptus (participio passato di comere, " ordinare ", " acconciare "), l'aggettivo sembra assumere talora il senso di " ornato ", " elegante ", " grazioso ".
Il primo valore si riscontra in Rime LXXXIII 61 più che quant'io conto, / io, che le sono conto [in rima equivoca con il v. 60] / merzé d'una gentile / che la mostrava in tutti gli atti sui, / non tacerò di lei; e If III 76 Le cose ti fier conte; XXI 62 i' ho le cose conte; Pg XV 12 le cose non conte.
La locuzione ‛ far c. ' è presente nella forma attiva e riflessiva, in Rime CIV 37 Poi che [Drittura] fatta si fu palese e conta, / doglia e vergogna prese / lo mio segnore; Pg XIII 105 fammiti conto o per luogo o per nome; Pd XXV 10 la fede... fa conte / l'anime a Dio.
In Detto 134 ed è scritto... / ch'i' non sia più tu' conto, il termine sembra risalire al participio passato cognitus con il valore di " persona ben conosciuta " e quindi, per estensione, di " amico "; il Parodi spiega " amico (quasi per ‛ chi è in relazione d'affari ') ", probabilmente attribuendo un valore fortemente metaforico al termine (vedi voce seguente).
L'aggettivo assume la connotazione attiva di " esperto ", " abile ", in Rime CXIII 13 S'i' vi vedesse uscir de gli occhi ploia / per prova fare a le parole conte, / non mi porreste di sospetto in ponte (l'aggettivo riassume il v. 2 la voce vostra sì dolce e latina; cfr. Contini, ad l.); Pg II 56 lo sol... avea con le saette conte / di mezzo 'l ciel cacciato Capricorno; If XXXIII 31 cagne magre, studiose e conte. Lo stesso valore ha l'aggettivo, riferito al corpo, in Cv IV XXV 13 E così dicere che la nobile natura lo suo corpo abbellisca e faccia conto e accorto, non è altro a dire se non che l'acconcia a perfezione d'ordine.
Di difficile e controversa interpretazione è stato il verso di If X 39 Le parole tue sien conte, come rivelano le chiose degli antichi e dei moderni commentatori: per il Boccaccio " composte, ordinate a rispondere, quasi voglia dire: tu non vai a parlare ad ignorante "; per Benvenuto " loquere cum isto familiariter clare "; per il Buti " parla apertamente e ordinatamente "; per il Landino " pronte e appensate ". Il Parodi (Lingua 279), appoggiandosi a una larga documentazione tratta da Francesco da Barberino (Reggimenti 32 " non è cosa conta "; cioè " conveniente ", e 34 " sarà più conta [" adattata "] a reggimento fare "; inoltre Documenti d'amore CCXLVII 10: i cavalli alti, a passare i fiumi " son... troppo più conti "), crede che il termine significhi " adattate ", " convenienti " (significato presente del resto anche in Guittone Or torno a dir 13, e in Chiaro Bono sparver 12). Il Torraca (" Bull. ". II [1895] 141), risalendo al latino comptus, preferisce " gentili ", " cortesi ", " amabili "; il Barbi (ibid. XII [1905] 258) sembra propendere per il valore di " dignitose ", " nobili ".
In Detto 439 della persona conto / ti tieni, il termine dovrebbe avere il significato di " ornato ", " elegante ", ma nel Dizionario Battaglia tutta la locuzione ‛ tener c. ' è considerata equivalente ad " aver cura "; la parola avrebbe quindi valore di sostantivo (vedi voce seguente).