CONTO (da contare "raccontare")
S'intende con questo nome ogni narrazione di carattere meraviglioso o romanzesco, rispondente a una concezione infantile dell'universo e trasmessa per tradizione. Suoi caratteri sono l'indeterminatezza dei luoghi in cui si svolgono gli avvenimenti, la mancanza d'individuazione nei personaggi, l'indifferenza morale, e, spesso, la formula con cui comincia la narrazione ("C'era una volta"; "C'era in un regno", ecc.). Le numerose raccolte fatte in ogni paese dalla seconda metà del sec. XIX in poi hanno rivelato l'importanza di tal genere di componimento, dando luogo a varie teorie, le quali, a seconda del principio da cui muovono, per l'interpretazione e per l'origine, prendono i nomi di mitica (M. Müller), orientalistica (Benfey), antropologica (Lang).
Tenendo presente il contenuto o il tema, i conti si possono classificare in: meravigliosi, quando l'azione è fuori della realtà, per l'intervento di fate, genî e varî enti mitici; animaleschi (v. favola), quando son chiamati a far da attori gli animali, con attributi e caratteri umani; comici, quando mettono sulla scena personaggi stupidi o astuti, i quali arrivano ad ingannare i ricchi e i potenti, passando attraverso una serie di avventure spesso ridicole; licenziosi. A questa classificazione alcuni studiosi aggiungono i conti epici (v. saga); i conti spettrali, o paurosi (contes de peur, peurées), per i fantasmi che rievocano alla mente degli ascoltatori; i conti blasonici relativi alle grullerie di alcuni paesi (v. blasone: Blasone popolare); e, infine, i conti complessi di contenuto vario.
Bibl.: A. van Gennep, La formation des légendes, Parigi 1910, p. 21 seg.; P. Sébillot, Le folklore, Parigi 1913, cap. I; M. Yearsley, The folklore of fairy tales, Londra 1924. Per una bibliografia delle raccolte di conti, G. Pitrè, Bibliografia delle tradizioni popolari d'Italia, Torino e Palermo 1894; L. Sorrento, Folclore e dialetti d'Italia 1925-1929, in Aevum, I (1927), pp. 635-782, III (1929), pp. 247-326.