CONTORNIATI
Si è dato il nome di contorniati (o anche "conturniati") a medaglie caratterizzate da un solco circolare o "contorno" su entrambe le facce, e dalla perfetta regolarità del circulus esterno, vicinissimo a tale "contorno".
1. Storia della ricerca. - Già nel sec. XVI questo tipo di medaglie attirò l'attenzione degli studiosi: per es., Sebastiano Erizzo pose per primo il problema dei c. recanti al diritto l'immagine di Alessandro Magno. Inoltre, studiosi del Cinque e Seicento furono subito colpiti dalla presenza di figure di imperatori del principato (soprattutto di Nerone e anche Traiano) sul diritto di alcuni c., e di imperatori del basso Impero (per es. di Valentiniano III) sul diritto di altri; mentre al rovescio si notavano, per lo più, figure di personaggi con quadriga e rami di palma, o simili. La più ingenua e spontanea esegesi suggeriva pertanto di considerare tutti i c. con l'effigie imperiale come medaglie coniate o fuse nell'epoca degli imperatori di cui portavano l'immagine: il che era vero per ciò che riguarda i c. con l'effigie di imperatori da Teodosio in poi, ma si rivelò del tutto erroneo per ciò che riguardava i c. con l'effigie di imperatori del principato. Ed in effetti, poiché lo stile dei c., per es. "neroniani" non differisce sostanzialmente da quello, per es., dei c. di Valentiniano III, così si poté poi concludere, giustamente, che i c. andavano considerati in blocco come emissioni del basso Impero, e che quindi quelli, per es., neroniani o traianei non dovevano classificarsi tra le emissioni di Nerone e Traiano, sì invece tra le emissioni del basso Impero. Ma questo criterio non fu subito applicato con assoluta coerenza: per es. il Du Cange, il quale pur affermava (1678) il principio esatto che i c. tum primum occurrunt post Constantini Magni aevum, tuttavia attribuì a Nerone un c. "neroniano"; e sinanco il De Spanheim, che intorno al 1700 polemizzava aspramente contro due studiosi i quali avevano attribuito a Traiano un c. "traianeo", ricadde talora nello stesso errore. In maniera più coerente, l'errore fu superato, per es., da A. Morel e, in certo senso, dallo Havercamp, primo autore di una monografia sui c. (1722); ma un chiarimento definitivo del problema dei c. come emissioni del basso Impero si ebbe solo verso la fine del sec. XVIII (l'Eckhel, nel 1798, doveva ancora polemizzare contro il vecchio errore di chi attribuiva a Nerone i c. neroniani). Sulla scia dei precedenti studiosi (sin dal cinquecentista Erizzo, già ricordato), lo Havercamp ebbe anche il merito di attirare l'attenzione, nella sua monografia intorno ai c., sulla figurazione di Alessandro Magno in moltissime di queste medaglie - anche se erroneamente continuò a pensare (come Erizzo ed altri) che alcuni c. si connettessero a Severo Alessandro, sicché pure per questo aspetto un chiarimento definitivo si ebbe solo con l'Eckhel. Altro punto oscuro era la già accennata figurazione di personaggi non imperiali con quadriga e rami di palma o simili: può essere significativo un passo (ed. 1781) della celebre History del Gibbon, in cui quel grandissimo storico, considerando un c. con la figura di Valentiniano III al diritto, e al rovescio un personaggio di nome Bonifatius (posto su quadriga, e avente nelle mani una sferza e una palma), si domandava "se mai si trovi altro esempio della figurazione di un suddito sul rovescio di una medaglia imperiale" (erroneamente, il Gibbon ravvisava in questo Bonifatius, che in realtà era un semplice auriga - il celebre generale che tenne l'Africa sotto Valentiniano III). L'osservazione del Gibbon, sebbene limitata al c. di Bornfatius e viziata dall'erronea identificazione di questo personaggio, in realtà segnalava opportunamente uno degli aspetti che meglio distinguono i c. dalle altre medaglie romane. E invero, non solo il c. di Bonifatius, sì anche una grandissima parte di c. recano al rovescio, e molti anche al dritto, l'effigie di personaggi con quadriga, o rami di palma, o comunque con attributi lùdici; sicché essi possono considerarsi l'unica serie di medaglie in cui, tra i molti tipi del rovescio, e addirittura fra i tipi del dritto, si trovi la figurazione di personaggi privati. Noi oggi sappiamo che questi personaggi privati figurati nei c. hanno sempre rapporto con giuochi, che nella Roma del basso Impero ebbero un'importanza non inferiore (e, ad eccezione dei gladiatorî, sinanco superiore) a quella che avevano avuto nel principato; sicché il numismatico può anche definire i c. come medaglie in cui i tipi lùdici del rovescio (e talora anche del dritto) - oltre che rifarsi alle commemorazioni o rappresentazioni dei giuochi che si riscontrano sul rovescio di talune normali monete o medaglioni (per es. di Nerone o di Adriano, ecc.) - possono addirittura, con una inattesa esasperazione del sentimento lùdico, arrivare all'acclamazione e figurazione dei giuocatori, e soprattutto degli aurighi del circo. Anche su questo punto fondamentale, la scienza numismatica raggiunse una stabile certezza verso la fine del Settecento, sebbene già allora si potesse osservare che in una notevolissima quantità di c. si trovano figurazioni non già lùdiche in senso stretto, ma religioso-pagane o letterarie; perciò, nonostante la difficoltà della determinazione dell'uso dei c., sin d'allora essi furono classificati come pseudomoneta, riconoscendosi una sostanziale differenza tra essi, che solo in parte recano al dritto l'effigie imperiale, e le monete vere e proprie. Sui limiti di tale classificazione dei c. come pseudomoneta si veda più innanzi.
Per l'intendimento dei caratteri e della funzione dei c. il punto di partenza dev'essere, naturalmente, la classificazione di essi secondo i tipi del diritto e del rovescio. Tale classificazione-inventario, iniziata già dallo Havercamp, fu sistemata, in maniera abbastanza lodevole, dall'Eckhel nel 1798; al quale tennero dietro i lavori del Sabatier (i86o) e del Robert (1882), ed ora il lavoro dell'Alföldi (1943; a p. 85 ss. L'"inventario" dei contorniati). L'elenco dei tipi che diamo in questo articolo non pretende di essere completo, se non forse (e sino a un certo punto) per i tipi del dritto.
2. Tipi del diritto. - Una prima, e notevolissima, categoria di c. reca al dritto l'immagine di Alessandro Magno o di sua madre Olympias regina. Una seconda categoria reca al dritto l'effigie di Giulio Cesare divinizzato (Divo Iulio) o di imperatori o personaggi della casa imperiale: Augusto, Caligola, Agrippina Maggiore, Nerone, Galba, Vespasiano, Domiziano, Traiano, Adriano, Antonino Pio, Faustina (con la formula di consacrazione Diva Augusta Faustina), Commodo affrontato con sua moglie Crispina, Lucilla figlia di Marco, Giulia Domna, Caracalla; in alcuni casi, poi, figure di aurighi sono accompagnate da una leggenda recante nomi di imperatori come Costantino, Gioviano, e fors'anche il cesare Desiderio; infine, si trovano anche c. con al dritto l'effigie di Giuliano l'Apostata (o di Valentiniano III, ma con leggenda D(ominus) n(oster) Fl. Cl. Iulianus P. F. Aug. In questa categoria di c. recanti l'effigie o la leggenda di imperatori scomparsi predominano la figura di Nerone e, meno frequentemente, quella di Traiano.
Una terza categoria reca al dritto, viceversa, l'immagine dell'imperatore regnante: essa va da Teodosio I(379-395) a Procopio Antemio (467-472); manca l'indicazione dell'unanimitas.
Una quarta categoria, anche questa molto rilevante per numero di esemplari, reca al dritto l'immagine di aurighi del circo; talora troviamo anche venatores dell'anfiteatro, talora maschere teatrali. A questa categoria si può collegare un c. col nome di Thalasius, console suffetto, e con figurazioni lùdiche (venatio al dritto, circensi al rovescio): Thalasius sarà l'editor dei due tipi di ludi (l'uno anfiteatrale, l'altro circense).
Una quinta categoria reca al dritto tipi sacrali: talora Deo Sarapidi, o Antinoo-Pan, e Mercurio, o Apollo Pizio, ed ancora più spesso Roma (in qualche caso con la formula, tipica del basso Impero, Invicta Roma).
Una sesta categoria reca al dritto figure di letterati e personaggi famosi dell'antichità greca (Omero, Solone, Euripide, Socrate, Demostene, Anassarco), romana della Repubblica (Accio, Terenzio, Salustius autor) e dell'Impero (Oratius, Apuleio, Apollonio di Tiana).
In conclusione: i dritti dei c. presentano per lo più caratteristiche abnormi rispetto alle monete vere e proprie, eccezion fatta per la terza categoria (che può confrontarsi con i tipi delle monete normali) e per la seconda (che potrebbe in qualche modo confrontarsi con le monete di consacrazione, restituzione, ecc.). Inoltre non va dimenticato che anche in tale categoria ricorre il fenomeno del tutto anormale, e anzi stranissimo, di figure di aurighi accompagnate da una leggenda che li "trasformerebbe" in imperatori come Costantino e Gioviano.
3. Tipi del rovescio. - Possiamo seguire, per i tipi del rovescio, una classificazione per categorie, corrispondente in parte a quella adottata per i tipi del dritto. Abbiamo pertanto: (1) tipi con figurazioni che si connettono ad Alessandro Magno; (2) e (3) tipi con figurazioni che esaltano l'idea imperiale; (4) tipi con figurazioni lùdiche, spesso con le relative leggende indicanti i nomi degli aurighi (per es. il già ricordato Bonifatius) con le loro fazioni (per es. Domninus in veneto, Eustorgius in prasino) e con acclamazioni di vittoria; o coi nomi dei cavalli (per es. [Nu ?]nciator, Alleger, ecc.), o fors'anche del tipo di κομβινεύματα prediletto dai Romani (qualora in un c. "demostenico" debba leggersi ἁμίπλοος anziché ῾Αλίπλοος); o coi nomi dei bestiarii, delle attrici, ecc.; a questi tipi, che sono la grandissima parte dei tipi di rovescio dei c., si può collegare, come sembra, la menzione di personaggi senatorî (il console Petronio Massimo; Sabucio Piniano), in cui volentieri vedremo gli editores di giuochi; (5) tipi con figurazioni di divinità, da Sol Invictus e Mater deum salutaris ai Dioscuri, alla Sapientia (in aspetto di Atena), ecc.; (6) tipi con figurazione di letterati celebri per sapientia. A questi si possono aggiungere altri tipi a diverso contenuto: figurazioni di barbari sconfitti (ben naturali in questa Roma del basso Impero, in cui i ludi per la commemorazione di vittorie su Germani, Sarmati, Persiani prendevano in tutto cinquantadue giorni all'anno); distribuzioni di pecunia e frumento ai cittadini che godevano tali gratifiche; "revocazione" di monete greche, per es. cipriote o pannoniche; figurazioni di contenuto vario, come pesci, ecc. Si notano infine contorniati a rovescio liscio.
4. Destinazione dei contorniati e problemi relativi. - Sull'uso dei c. si sono proposte varie ipotesi.
Sin dal sec. XVII fu messo in rilievo il carattere prevalentemente lùdico delle loro figurazioni. Già A. Morelli li considerava premi per i giuocatori. Lo Havercamp (1722) li ritenne oggetti-ricordo delle vittorie circensi; il Cannegieter portafortuna per gli aurighi e le loro figurazioni; il Pinkerton "tickets" per l'ammissione ai giochi. Nella sua Description dei c. (1860), il Sabatier riprese la spiegazione data dallo Havercamp: oggetti-ricordo delle vittorie circensi, ecc. Solo verso la fine del secolo scorso questa interpretazione, che connetteva strettamente i c. e gli spettacoli, cominciò ad essere abbandonata. Il Seeck (1890) mise in rilievo, come altri studiosi, un passo di Giovanni Crisostomo, in cui si parla di "monete bronzee di Alessandro il Macedone", che hanno valore di amuleti; ma ritenne che questa forza magica, che dunque si attribuiva anche ai c. (molti dei quali recano, come vedemmo, l'effigie di Alessandro), "non basta a distinguerli dalle altre monete"; egli pensava che i c. fossero vere e proprie monete divisionali. Il Froehner (1894) pensò a calculi lusorî; e analogamente lo Gnecchi (1895) a un giuoco di società. Nel 1943, l'Alföldi ha di nuovo insistito sulla potenza magica attribuita dagli antichi alla figurazione di Alessandro il Macedone, concludendo che i c. sono amuleti diffusi dai senatori in Roma a capodanno, con il preciso scopo di svolgere una propaganda senatoria pagana contro il cristianesimo. Ciò spiegherebbe la frequenza di figurazioni pagane nei c. (il libro dell'Alföldi si intitola appunto I Contorniati: un mezzo di propaganda dell'aristocrazia pagana della città di Roma nella sua lotta contro l'impero cristiano). A questa ipotesi si oppongono, tuttavia, tre difficoltà: 1) che difficilmente s'intende come in una propaganda d'ispirazione senatoria potessero riprodursi le immagini di imperatori come Caligola, Domiziano, Nerone, Commodo, Caracalla (le imprecazioni senatorie contro il morto Commodo, riprodotte negli acta urbis, si potevano facilmente leggere nella vecchia opera storica di Mario Massimo: il "bestseller" per la società senatoria di questo periodo); né, del resto, personalità come Commodo (che aveva dato onori di Augusta - tolte le fiaccole - alla cristiana Marcia) e Caracalla (educato lacte christiano) potevano considerarsi esponenti per eccellenza di mentalità anticristiana; 2) la caratteristica sicuramente cristiana di alcuni c. (un c. recava addirittura sul rovescio, liscio, il monogramma cristiano; un altro, il monogramma cristiano sulla figurazione di una quadriga; naturalmente, si trova la croce sul globo nell'effigie di Maioriano). Ancora: un c. reca il nome di Sabucius Pinianus, che si collega ad una famiglia senatoria cristiana (nell'ipotesi di una destinazione propagandistica senatoria-anticristiana, bisognerebbe pensare che il Sabucius Pinianus del c. si allontanasse dalla religione consueta di questa famiglia, a cui il suo nome lo collega); sicuramente cristiano era l'auriga Euthymius, che sembra da identificare con un auriga dei più acclamati nei c.; cristiano è il nome di un altro auriga che appare in molti c., il già ricordato Bonifatius. Un altro punto sembra decisivo: proprio i due imperatori contro cui soprattutto si accanivano i pagani (Costantino e Gioviano) appaiono in leggende di c. "adattati". Infine, vale la pena di sottolineare che i c. non venivano emessi soltanto a principio dell'anno: infatti, degli unici tre c. recanti nomi di personaggi senatorî (nei quali vedremo editores di giuochi), uno reca il nome di Thalasius console suffetto designato dunque il 9 gennaio; un altro - già da noi ricordato - reca il nome del senatore Sabucius Pinianus, che certamente non fu console ordinario; solo un terzo reca il nome di un console ordinario (Petronio Massimo), e potrebbe essere stato emesso per il 7 gennaio, prima consulis mappa, ma potrebbe anche essere stato emesso in un qualsiasi altro giorno festivo del 433 o 443. Il Grant, pur accettando in parte l'interpretazione alföldiana dei c., pensa altresì (1950) che alcuni di essi fossero emessi in occasione di anniversarî imperiali: per es. alcuni c. "neroniani" e "augustei" nel 364, anno in cui ricorreva il 350° anniversario della morte di Augusto e il 300° della riforma monetaria di Nerone.
L'unica affermazione sicurissima sulla destinazione dei c. resta - allo stato attuale delle nostre conoscenze - la loro connessione con il mondo delle ferie, dei ludi e della cultura plebea in questa Roma del basso Impero, che era dominata dalle antiche tradizioni del feriale pagano, dall'enorme frequenza dei ludi (175 giorni all'anno), da un gusto umanistico anche plebeo (che si esprimeva, per es., nella celebrazione del natalis Musarum, nel ricordo del natalis Virgilii, ecc.). Si potrebbe dire, in un certo senso, che i c. si presentano come una specie di "pendant" monetale del giornale urbano per noi perduto: l'acclamazione al console suffetto Thalasius (Thalasi vivas consul) riproduce le normali acclamazioni per i consoli (sul tipo Paule aveas - consulem te), regolarmente registrate, quando avevano carattere ufficiale, nel giornale urbano; allo stesso modo, acclamazioni lùdiche ad aurighi o pantomimi o suonatori o attrici, frequentissime nei c. (per es. Karamalle nicas), riproducono le normali acclamazioni lùdiche, come noi possiamo ricostruirle, per es., dalla parte finale dell'acclamazione a Commodo (᾿Αμαζόνιε νικᾶις); infine, eternus, nome od acclamazione di cavallo (si noti la formula [a]udes, peroro, eternus salve Botricalès "osa, te ne scongiuro, salute a te, o eterno Botricales") riproduce l'acclamazione lùdica ἀπ῾αἰῶνος (=aeternus), come noi possiamo ricostruirla dalla stessa acclamazione a Commodo e inoltre da un passo di Tertulliano (nel basso Impero, caduti in ribasso i munera gladiatorî, le acclamazioni lùdiche gladiatorie, che avevano esaltato Commodo e scandalizzato l'intransigenza cristiana di Tertulliano, si continuano nel mondo del circo, il quale sopravvive al puritanesimo cristiano). I documenti scritti più vicini, quanto a origine e carattere, allo spirito dei c., sono due calendari compilati da autori cristiani: quello di Furio Dionisio Filocalo (il celebre cultor atque amator di papa Damaso), redatto nel 354 con una formula dedicatoria cristiana; l'altro redatto, nel 448, dall'intransigente cristiano Polemio Silvio, che lo dedicò a un vescovo; entrambi questi autori, sebbene cristiani, menzionano le ferie e i ludi di origine pagana che si celebravano nella Roma del basso Impero (anzi, proprio in questo periodo - e soprattutto al tempo di Filocalo - la "democratizzazione della cultura" ha fatto riaffiorare ferie pagane di cui altrimenti non avremmo tracce). Domina, in questi due calendarî (e soprattutto nel primo: tra Filocalo e Silvio è di mezzo la violenta reazione cristiana che seguì il Frigido) la precisazione delle ferie dedicate alle divinità pagane (evemerizzate in Silvio) e dei ludi, con indicazione dei circenses missus che si accompagnavano ai ludi più notevoli; corrispondentemente, nei c. domina la figurazione delle divinità tradizionali e dei ludi, con particolare insistenza sui circenses missus degli aurighi. Così, per es., il rilievo che i c. dànno alla figura di Caligola e ancor più a quella di Nerone (autori, l'uno e l'altro, del circo Gaiano-Neroniano con i connessi taurobolî della Grande Madre), e alla figurazione della Grande Madre, si confronta con le indicazioni, in Filocalo, dello initium Caiani il 28 marzo e delle precedenti feste della Grande Madre (24-27 marzo; Sanguem, del 24 marzo, è cristianizzato come natalis calices in Silvio; altre feste della Grande Madre, il 15 e 22 marzo). Se guardiamo al senso feriale e lùdico di questa Roma del basso Impero, i c. ci appariranno più familiari: Nerone, il signore dei c., è l'introduttore degli agoni di tipo greco, che i c. esaltano per es. con la figurazione di Apollo Pizio (nella quale, dunque, non vedremo una polemica allegoria della vittoria del paganesimo sul cristianesimo), oppure con la figurazione di Parthenope divinità cittadina di Napoli, città che già prima di Nerone (unica in Italia) celebrava agoni alla maniera greca, e che nel basso Impero contribuiva attivamente, con una obbligatoria praebitio di cavalli, ai circensi di Roma. Come le ferie e i ludi erano ugualmente accetti ai pagani e ai cristiani di Roma (s'intende: ai cristiani di spirito non intransigente), così i c., quasi commentario monetale delle grandi ferie e ludi romani, e della cultura tradizionale, erano ugualmente accetti ai pagani tenaci e ai cristiani non intransigenti. E a garantire col buon augurio l'eterna felicità di questo popolo che si riconosceva nelle sue ferie e nei suoi ludi e nella tradizione culturale, una gran parte di c. riproduceva tipi monetari consideratî di buon augurio, com'erano appunto quelli di Caracalla e della Diva Faustina (che appaiono considerati di buon augurio anche in una figurazione sul fondo di una patera vitrea, abbastanza vicina allo spirito dei c.), o di altri prìncipi autori di ludi, e di vota publica (per es. Lucilla figlia di Marco), o di Alessandro Magno.
Tra i monumenti a noi pervenuti, assai vicine allo spirito dei c. sono, appunto; figurazioni dipinte su patere di vetro: acclamazioni lùdiche (omnibus Venetianis vita), aurighi, thymelicae e scenicae (3 donne nude a mo' di Grazie; donna nuda in aspetto di Venere), esibizioni musicali di agoni, ecc.
Tra gli editti del basso Impero a noi pervenuti, interessantissimo per lo studio dei c. è un editto prefettizio urbano (il cui prescritto ci è pervenuto in tre copie), nel quale si menziona la disciplina Romana de re l[udicra ???] relativa all'ammissione dei cittadini romani a gratifiche di pane ed a pecuniam spectaculis (dove purtroppo non è senz'altro evidente se si debba leggere, come noi riteniamo, [pecuniam] spectaculis, o viceversa, com'è comune opinione, si debbano integrare tre parole - una di queste la congiunzione et - tra pecuniam e spectaculis, escludendo una connessione tra pecuniam e spectaculis; se tale comune opinione fosse nel vero, bisognerebbe pensare - ciò che ci sembra impossibile - che, delle tre copie dell'editto, una, per un qualche errore del lapicida, non menzionasse affatto pecuniam ed insomma "saltasse" la menzione di questa gratifica). Sulla base di questo editto prefettizio, di epoca posteriore (ma non di molto) al 368, si potrebbe pensare che, tra l'altro, la disciplina Romana de re l[udicra ???] stabilisse quali cittadini avevano diritto ad una speciale pecunia spectaculis; la quale pecunia spectaculis, in quanto pecunia valida solo entro l'ambito della prefettura urbana di Roma, e per gli spectacula della città di Roma, ci sembra doversi identificare con i c. (in questa interpretazione, i c. appaiono come succedanei degli antichi dischi di piombo, e in genere di tutte le tessere, per ammissione alle varie gratifiche). Sempre secondo questa ipotesi del Mazzarino, nell'editto prefettizio la pretesa di conseguire questa speciale gratifica per gli spectacula viene indicata con la formula pecuniam spectaculis sibi vindicare; il che indica nei c. una pecunia distribuita a cittadini che godevano di tale gratifica. Nella suddetta formula pecuniam spectaculis sibi vindicare il termine pecunia limita l'erogazione dei c. al solo aes, escludendo (il che benissimo si adatta ai c.) l'aurum e lo argentum; la precisazione spectaculis (s'intende, di Roma) li indica come validi nell'ambito della prefettura urbana di Roma, per gli spectacula urbani. Come emissioni regolari, essi possono essere coniati e, meno comunemente, fusi. Se la presente interpretazione è nel vero, la definizione del c. come pseudomoneta va fortemente limitata.
Un problema interessante pone il monogramma ???SIM-24??? o ???SIM-25???che appare su un grandissimo numero di c.: sin dal Cannegieter, si è cercato di spiegarlo con riferimento ai ludi; il Cannegieter pensava a p(alma) e(merita) o p(raemia) e(merita) o p(raemii) e(rgo); più recentemente si è pensato a p(raemia) f(eliciter), a e(xspecta) p(raemia), a p(alma) e(t) l(aurus). Nonostante la difficoltà dello svolgimento, appare certo che questo monogramma è particolarmente connesso con la città di Roma e la sua giurisdizione prefettizia. Lo si ritrova, per es., in un'iscrizione relativa al prosciugamento dei luoghi paludosi della via Appia: dunque, senza alcun riferimento (in questo caso) ai ludi, e con stretto riferimento alla giurisdizione prefettizia di Roma. (Forse si potrebbe confrontare con pie et fortiter, formula la quale nei diplomi imperiali di congedo, appare esclusiva delle milizie, tipicamente romane, di urbani e pretoriani?).
5. Monete particolarmente affini ai contornati. - Già verso la fine del Settecento una interessante polemica di Eckhel contro Tanini pose in rilievo la stretta connessione tra i c. (di cui moltissimi portano al dritto l'effigie di Alessandro Magno) e tipi monetarî recanti al rovescio la figura di un'asina (accompagnata talora dalla leggenda asina) che allatta l'asinello, e al dritto l'effigie di Alessandro Magno oppure di Onorio. Tanini, sulla scia del Vettori, aveva osservato che in una di queste monete appare, attorno alla figura dell'asina, l'iscrizione cristiana d.n. ihy. kps. dei filius; e pertanto, con riferimento al culto della testa asinina attribuito dai pagani ai cristiani, concluse che questo tipo monetario fosse ispirato da propaganda pagana in Imperatoris Christianorumque spretum et contumeliam. Lo Eckhel ritenne che la tesi del Tanini fosse ingiustificata, e recò a sostegno della sua opinione la figurazione, non intenzionalmente pagana, di un asinus in una patera di vetro; egli insisteva sulla necessità di assimilare la moneta dell'asina ai c., considerandola dunque pseudomoneta. Recentemente, l'Alföldi ha ripreso la tesi del Tanini, inquadrandola nella sua interpretazione dei c. come "mezzo della propaganda senatoria contro l'impero cristiano". In tal caso le suddette monete, e tutti i tipi analoghi, andrebbero intesi come "documenti per l'esistenza di un movimento criptopagano" nell'età di Onorio; questo movimento insulterebbe a Gesù Cristo trasformandolo "in dio dall'aspettò asinino", secondo l'antica ingiuria pagana. Contro tale esegesi, peraltro assai acuta, potrebbe tuttavia muoversi la vecchia obiezione di Eckhel a Tanini: che, cioè, le figurazioni di queste monete non bastano a dimostrare una intenzionale volontà di ingiuria contro il cristianesimo, e che l'ipotesi hunc typum convicii in Christianos causa fuisse repertum avrebbe bisogno di ulteriori argomenti. L'autore dèl presente articolo pensa che la presenza dell'asina e del piccolo asinus in queste monete così vicine ai c. (come anche quella dell'asinus nella patera già ricordata da Eckhel) vada piuttosto spiegata all'infuori di ogni intenzione propagandistica anticristiana: infatti, sulla figurazione dell'asina si trova lo Scorpio, indicazione precisa che siamo tra ottobre e novembre; e confrontando (secondo il metodo già indicato pei c.) col calendario del cristiano Filocalo, si troverà il capo dell'asino tra gli attributi di novembre, e l'indicazione, per il periodo 28 ottobre - 1° novembre, degli Isia coronati dalla celebrazione di giochi circensi per la festa conclusiva di essi (l'ex se nato) e sùbito seguiti dalla Ter novena. Naturalmente, tali feste saranno state accolte senza eccessivo scandalo da cristiani come Filocalo e dalla plebe romana, più o meno cristiana, che non si sentiva di rinunciare ai circensi del 1° novembre; ma, con l'andare del tempo, i Cristiani intransigenti le avranno trovate insopportabili, e la leggenda col nome di Gesù Cristo aveva lo scopo di ricordare, a questi intransigenti, che la celebrazione dei circensi isiaci al 1° novembre non vuol essere un peccato contro il cristianesimo. A tali feste Isia, od altre analoghe (soprattutto lo Isidis navigium, ricordato da Filocalo ed esaltato come natalis navigationis da un altro cristiano, di epoca più tarda, Vegezio) si riferiscono numerosi tipi monetarî, pur essi coniati nella zecca romana, che recano al dritto il busto di Serapide o di Iside (e in taluni casi l'effigie imperiale) e al rovescio altre figurazioni di dèi egizi; anche in questo caso, l'elemento lùdico-feriale (chè il natalis navigationis si celebra sollemni certamine publicoque spectaculo) è al centro di emissioni affini ai contorniati.
6. Epilogo. - I c. e le monete affini (del tipo Asina e del tipo con divinità egizie) pongono il problema se le figurazioni pagane nelle emissioni romane del basso Impero implichino anche una intenzionale propaganda anticristiana. L'interesse storico di questo problema è enorme; ma sembra doversi concludere, nonostante molte apparenze in contrario, che un'intenzione propagandistica anticristiana fosse aliena, in linea di principio, dai c. e dalle monete affini. Molta plebe romana di questo periodo era cristiana, come mostrano i nomi dei cittadini che ambivano alle distribuzioni di pane e di pecunia; ma il suo comodo cristianesimo non rinunciava alle tradizioni feriali e lùdiche e culturali della città antica. Perciò cristiani intransigenti lamentavano la tiepidezza religiosa dei romani del basso Impero, e pagani convinti ne traevano partito per le loro mal celate nostalgie; ma, al di là di questi contrasti, la vita urbana di Roma continuava ad esprimersi nelle ferie e nei ludi dell'antica tradizione pagana (ferie e ludi che il cristiano Filocalo ha riferito senza riserve). La pecunia relativa a tali ferie e ludi, e in genere alla vita urbana della plebe in Roma, consiste appunto nelle emissioni contorniate ed affini alle contorniate. Secondo noi, si tratta della pecunia menzionata in un editto prefettizio del basso Impero con riferimento alla disciplina romana.
Bibl.: I. Sabatier, Description générale des médaillons contorniates, Parigi 1860; F. Lenormant, in Dict. Ant., I, 2, 1887, c. 1485 ss.; W. Fröhner, in Annuaire de la société française de numismatique, XVIII, 1894, p. 83 ss.; B. Pick, in Pauly-Wissowa, IV, 1900, c. 1153 ss.; Ch. Bogert, Some Circus-types of Cont. (Type-script., s. l., 1909); A. Alföldi, A Kontorniát-érmek. A rómavárosi pogány nagyuřak félreismert propagandaeszköze a kereszténi császárság ellen. Die Kontorniaten. Ein verkanntes Propagandamittel der stadtrömischen heidnischen Aristokratie in ihrem Kampfe gegen das christliche Kaisertum, I, Budapest, 1943, e II (tavv. I-LXXI) Budapest 1942; A. Piganiol, in Journal des savants, 1945, p. 19 ss. (cfr. L'empire chrétien, Parigi 1947, p. 98); V. Tourneur, Les médaillons contorniates, la nouvelle année à Rome et le mystérieux monogramme PE, in Bull. Ac. Belg., V, 34°, 1948, p. 328 ss.; H. I. Marrou, Palma et laurus, in Mélanges d'Archéologie et d'Histoire, LVIII, 1941-1946, p. 109 ss.; J. M. C. Toynbee, in Journ. Rom. Stud., XXXV, 1945, p. 118; J. Vogt, in Gnomon, XXI, 1949, p. 25 ss.; Th. Klauser, in Antike und Christentum, VI, 1950, p. 325 ss.; M. Grant, Roman Anniversary Issues, Cambridge 1950, p. 153 ss. (cfr. H. Mattingly, in Numismatic Chronicle, VI, 10 [1950], p. 164 ss.); A. N. Zadoks, J. Jitta, The Contorn. in the Royal Coin Cabinet at the Hague, in Mnemosyne, IV, 4, 1951, p. 81 ss.; S. Mazzarino, ultim. in G. Giannelli-S. Mazzarino, Trattato di storia romana, II, 1956, p. 1281 (cfr. 5782); cfr. J. Straub, in Reallexikon für Antike und Christentum, Lief. 14, 1954, p. 827. Sulle monete di vota publica da avvicinare ai contorniati: A. Alföldi, A Festival of Isis in Rome under the Christian Emperors of the IVth Century, Dissert. Pannon, II fasc. 7, Budapest 1937; O. Ulrich Bansa, Vota publica, in Anthemon, Firenze 1955, p. 205 ss.; sulle moente del tipo Asina, pur esse da avvicinare ai contorniati, A. Alföldi, Asina, eine dritte Gruppe heidnischer Neujahrsmünzen im spätantiken Rom, in Schweizer Münzblatter, II, 1951, p. 57 ss.; Asina II, Weitere heidnische Neujahrsmünzen aus dem spätantiken Rom, in Schweizer Münzblätter, II, 1951, p. 92 ss.; cfr. anche F. Poulsen, Glimpses of Roman Culture, transl. J. Dahlmann-Hansen, Leida 1950, pp. 273-291; S. Mazzarino, in Doxa, IV, 1951, pp. 122-148.