contratti impliciti, teoria dei
Teoria elaborata a metà degli anni 1970 con gli studi di C. Azariadis e M. Baily, finalizzata alla spiegazione della disoccupazione e della rigidità dei salari. La teoria dei c. i. mette in evidenza come il mercato del lavoro non possa essere trattato alla stregua di un qualsiasi mercato dei beni, in quanto è caratterizzato da rapporti duraturi e spesso continuativi. La natura tendenziale di lungo periodo dei contratti di lavoro offre occasioni ai dipendenti e alle imprese di contrattare sia i salari, sia il numero di ore di lavoro, sia la probabilità di essere licenziati.
I c. i., così chiamati in quanto il comportamento delle controparti è definito in modo tacito, esistono anche se i lavoratori non sono rappresentati dai sindacati. Questo tipo di contratto stabilisce in generale le combinazioni di salario e occupazione per ciascuno ‘stato della natura’ atteso, per es. per le varie situazioni eventuali di recessione ed espansione. Secondo molti studi internazionali, i lavoratori, in generale, preferiscono contratti a salario fisso e sono disposti ad accettare la riduzione delle ore lavorate o perfino i licenziamenti come parte del rapporto di occupazione di lungo periodo. Essi preferiscono, cioè, c. i. con salari stabili lungo il ciclo economico (➔) e ore lavorate variabili. Il motivo è che in presenza di incertezza sulla domanda o sulla tecnologia, si ipotizza che le imprese siano neutrali al rischio perché operano su mercati diversificati e che, invece, i lavoratori siano avversi al rischio per la maggiore difficoltà a diversificare il loro portafoglio. Data l’avversione al rischio dei dipendenti, questi ultimi sono interessati, come contropartita della prestazione lavorativa, non solo al livello del salario reale ma anche alla sua stabilità, persino se in media il salario è più basso. In altre parole, offrendo contratti a salario fisso è come se le imprese offrissero una ‘assicurazione’ contro le riduzioni del salario in fasi recessive, attirando così lavoratori avversi al rischio a salari medi più bassi. La teoria dei c. i. offre quindi una spiegazione della rigidità del salario reale e delle fluttuazioni dell’occupazione e della produzione. Va tuttavia precisato che la disoccupazione generata da questo tipo di contratto è di natura volontaria perché i lavoratori preferiscono il salario fisso, accettando i licenziamenti in cambio di un reddito e quindi di un consumo più stabile. Sotto certe condizioni, i c. i. stabilizzano non solo il livello dei salari ma anche quello dell’occupazione, almeno rispetto al modello concorrenziale, consentendo, inoltre, sia ai lavoratori sia alle imprese di raggiungere risultati ottimali. Soluzioni inefficienti possono verificarsi in presenza di asimmetria informativa (➔), causate dal fatto che il lavoratore, a differenza dell’impresa, non osserva le variazioni della domanda e della tecnologia. Con queste modifiche alle ipotesi, la teoria dei c. i. è in grado di spiegare l’esistenza di disoccupazione involontaria.