CONTRAVVENZIONI
I codici più antichi distinguevano i reati, a seconda della gravità, in crimini, delitti e contravvenvenzioni. I codici moderni seguono in prevalenza il sistema della bipartizione (delitti e contravvenzioni). Quanto alla sistemazione della materia contravvenzionale diversi sono i criterî: o abbandonarla alla disciplina delle leggi speciali, o considerare le contravvenzioni nello stesso codice penale e fondare sulla pena la loro distinzione dai delitti, o collocare le contravvenzioni così nel codice penale come fuori di esso. La Toscana disciplinava in apposito regolamento di polizia (1853) le infrazioni contravvenzionali.
La legislazione a sistema tripartito è rappresentata dal codice penale francese, secondo cui (art. 1) "l'infrazione che le leggi puniscono con pene di polizia è una contravvenzione; l'infrazione che le leggi puniscono con la pena correzionale è un delitto; l'infrazione che le leggi puniscono con la pena afflittiva e infamante è un crimine".
Il codice penale italiano del 1889 (articoli dall'i al 10) dice che "i reati si distinguono in delitti e contravvenzioni" e colloca i delitti nel libro 2°, le contravvenzioni nel libro 3°. Non fornisce una distinzione espressa quanto ai reati contemplati dalle leggi speciali. La relazione dello Zanardelli (1887) si richiama a tale effetto "alle conclusioni della scienza" e soggiunge essere delitti quei fatti che producono una lesione giuridica, e contravvenzioni quegli altri fatti i quali, sebbene possano essere innocui per sé stessi, presentano tuttavia un pericolo per la pubblica tranquillità o l'altrui diritto". L'art. 21 del decreto 12 dicembre 1889 per l'attuazione del codice penale statuisce che "per decidere se un reato sia un delitto o contravvenzione, non si deve aver riguardo alla pena ma soltanto al carattere del reato". Ma quale sarà il contenuto politico e giuridico di questo "carattere"?
Per precisarlo si è fatto ricorso alla distinzione romana: "quaedam natura turpia sunt, quaedam civiliter et quasi more civitatis". È la distinzione classica che fu seguita anche dal codice toscano e deve valere anche oggi. Vi sono violazioni d'ordine fondamentale, e sono i delitti; vi sono violazioni che sono tali dal punto di vista della civiltà, e sono le contravvenzioni. Ma la scuola toscana aveva meglio precisato col dire che sono contravvenzioni le violazioni di norme esclusivamente dirette a favorire il buon ordine e la pubblica sicurezza. In fondo, violazione di norme di semplice prevenzione, diretta o indiretta, e in ogni caso di lieve entità. Questo concetto oggi prevale su quello fornito dalla relazione ministeriale, riconosciuto meno esatto. Del resto, l'importanza pratica del problema è assai ridotta, dopoché col codice penale 1930 la distinzione si fa in base al genere della pena inflitta. Sono quindi delitti le violazioni punite con pene stabilite dal codice penale per i delitti, e contravvenzioni quelle punite con pene stabilite per le contravvenzioni. Il parallelismo delle pene, adottato dal codice penale, consente di nuovo la distinzione ex poena.
Un'ulteriore determinazione del concetto di contravvenzione si può desumere anche dal punto di vista dell'elemento soggettivo: s'insegna comunemente che nei delitti occorre il dolo e può bastare anche la colpa, ma nei casi espressamente dichiarati, mentre per le contravvenzioni basta la semplice volontarietà del fatto; da altri si segue la teoria del fatto materiale; da altri infine si sostiene che il codice penale capovolge per le contravvenzioni l'onere della prova: basta il fatto volontario, salvo dimostrazione della buona fede. L'elaborazione della giurisprudenza permise di fissare, anche in base all'art. 45 del codice penale 1889, la massima che le contravvenzioni sono imputabili, in ogni caso, senza distinzione fra dolo e colpa. Tale conquista della giurisprudenza fu accolta (art. 42) anche dal codice penale 1930. Esso afferma infatti che "nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, siano esse dolose o colpose". Pertanto tenuto conto del criterio oggettivo e di quello soggettivo, si può concludere che sono contravvenzioni le violazioni di carattere preventivo e di polizia, non gravi e imputabili anche per semplice colpa.
Bibl.: A. Zerboglio, La teoria e la pratica delle contravvenzioni, Milano 1899; S. Longhi, Teoria generale delle contravvenzioni, Milano 1899; G. B. Impallomeni, in Cassazione, XVI, Roma 1900, p. 737; G. Negri, La contravvenzione nel codice priv., in Enciclopedia del dir. penale, X; V. Vescovi, Contravvenzioni, in Digesto italiano; Florian, Parte gen. del dir. pen., 3ª ed., I, Milano 1926, p. 375; E. Ferri, Sociologia criminale, 5ª ed., Torino 1928, p. 676.