CONTROLLI AUTOMATICI (App. III, 1, p. 430)
Teoria del controllo e progetto tecnico dei controlli automatici. - L'impostazione originaria dei c. a. è stata prevalentemente tecnica; grande importanza infatti ha avuto lo sviluppo dei componenti tecnici mediante i quali è possibile o conveniente esplicare l'azione di controllo volta a far seguire al sistema (o al processo) controllato il comportamento desiderato. L'esigenza, manifestatasi per i servomeccanismi, di soddisfare specifiche di comportamento molto stringenti ha dato imzio (v. servosistema, App. III, 11, p. 705) allo sviluppo di una teoria del controllo automatico, presto rilevatasi uno strumento fondamentale di validità ben più generale che non lo studio e il progetto dei servomeccanismi, utile cioè come base per il progetto di sistemi di controllo diversi e anche più complessi.
Alla base della teoria dei c. a. vi sono il concetto di "sistema astratto orientato" e i metodi di "analisi dei sistemi" (v. sistemi, teoria dei, in questa App.), che costituiscono un corpo. metodologico autonomo la cui validità è a sua volta ben più generale che non l'analisi del comportamento dei sistemi di controllo.
Limitandoci in questa sede ai soli sistemi di controllo a controreazione, il problema affrontato dalla teoria del controllo può essere, con riferimento alla fig. 1, così definito: assegnato il legame funzionale tra le variabili di controllo indicate con u, le variabili disturbanti indicate con z e le variabili di misura del comportamento del processo controllato indicate con y, trovare il legame funzionale da instaurare tra y e u in modo da imporre al processo il comportamento desiderato. Ovviamente, oltre al problema di base di descrivere i legami tra variabili del tempo, occorre anche risolvere il problema d'impostazione, tìpico della teoria del controllo, di descrivere il comportamento desiderato.
Si mettono pertanto in evidenza nella teoria del controllo il sistema controllato P, che si suppone assegnato, il sistema controllante C e le specifiche sul comportamento desiderato, indipendentemente dalla particolare realizzazione tecnica concreta del controllo automatico. Al problema così impostato a livello teorico si dà il nome di problema di sintesi caratteristico della teoria del controllo insieme con quello di descrivere il comportamento desiderato, così come il problema di analisi è caratteristico della teoria dei sistemi insieme con quello di descrivere i sistemi astratti orientati, e cioè il legame funzionale tra le variabili d'ingresso e le variabili di uscita.
I procedimenti di sintesi sono parte del progetto di un c. a. comprendendo questo anche, a monte della procedura di sintesi, l'associazione, fatta necessariamente mediante delle approssimazioni, di un sistema astratto orientato P al processo reale sotto controllo e la formulazione delle specifiche nonché, a valle della procedura stessa, la realizzazione del sistema controllante c mediante un sistema reale. I problemi tecnici ed economici da affrontare in queste fasi (v. automatica, in questa App.) sono notevoli e costituiscono in genere il più importante bagaglio di esperienze di un buon esperto in automatica; essi sono però troppo diversificati a seconda dei settori applicativi e in rapida evoluzione con l'evolversi delle tecnologie per poter pretendere di darne qui una buona schematizzazione. È opportuno comunque notare che la stessa distinzione tra sistema controllato e sistema controllante, importante per una rigorosa impostazione della sintesi, può essere sfumata nella pratica progettuale potendosi a volte modificare parte dei sistemi controllati in base alle esigenze del controllo, per es. mediante vere e proprie modifiche del processo produttivo negl'impianti industriali o, più semplicemente, mediante l'adozione di controreazioni locali, di speciali attuatori amplificatori, ecc.
Per la loro generalità si daranno in questa sede brevi cenni sui metodi di sintesi limitandosi al caso di sistemi lineari e stazionari per i quali è sviluppata una teoria semplice e completa, significativa anche per le possibili estensioni dei concetti ad altre classi di sistemi più difficili da trattare. In tali sistemi la parte controllante C si dettaglia come in fig. 2: ovviamente (v. automatica, in questa App.) il generatore del riferimento può essere parte di un controllo supervisore che agisce a livello gerarchico più elevato del controllo diretto esercitato mediante il regolatore G1. Si noti che è già intervenuta una scelta precisa sul modo di assegnare il comportamento desiderato: si è supposto che questo sia assegnato mediante il valore desiderato yd delle variabili di misura y.
Analogamente, possono esistere varie cause disturbanti i cui effetti si sono supposti tutti riportati a y, ciò che è senz'altro possibile per la supposta linearità che implica la validità del principio di sovrapposizione degli effetti. Si suppone che i dispositivi di misura non siano affetti da disturbi per cui basta comunque moltiplicare la variabile di misura per il relativo fattore di scala al fine di ottenere il valore della grandezza misurata. Limitandosi al caso in cui u e y rappresentino una sola variabile ciascuna (casi tipici sono quelli in cui y è la misura di una posizione, e si ha allora un servomeccanismo, di una pressione, di una temperatura), i sistemi G1 e G2 possono essere descritti dalle funzioni di trasferimento G1(s) e G2(s) (v. Servosistema, App. III, 11, p. 712) purché all'istante di applicazione iniziale dell'ingresso il sistema si trovi in condizioni di riposo, cioè dia un'uscita che resta nulla se da quell'istante in poi l'ingresso resta nul lo.
Sintesi diretta. - Un primo modo di dare specifiche sul comportamento desiderato è quello di far riferimento al concetto della riproduzione dello spettro Yd(jω) (o trasformata di Fourier) della funzione d'ingresso dell'anello chiuso. Chiamata W(s) = G1(s)•G2(s)/[1 + G1(s)G2(s)] la funzione di trasferimento dell'anello chiuso, risultando Y(jω) = W(jω)Yd(jω), sarà y(t) ≈ yd(t) se W(jω) ≈ 1 per tutte le ω per cui Yd(jω) è sensibilmente diverso da zero. Posto che G1(s) sia scelta in modo che il sistema sia almeno di tipo 1, sarà W(0) = 1; si definisce allora modulo alla risonanza il valore Mm = max[W(jω)] e banda passante il valore B per cui W(j2πB) = 1/√2. Chiaramente, i parametri Mm e B dànno un'indicazione su come lo spettro Y(jω) di y(t) possa essere più o meno deformato rispetto allo spettro Yd(jω) di yd(t). Al modulo alla risonanza e alla banda passante sono legati, sia pure mediante relazioni largamente approssimate, il margine di fase γ e la frequenza di attraversamento ω1 definiti sui diagrammi di Bode di T(jω) = G1(jω)G2(jω) (v. servosistema, App. III, 11, p. 716) e assunti come base, assegnato G2(jω), per la scelta di G1(jω) da realizzare mediante funzioni di correzione di tipo integrale o anticipatrici. Mediante speciali carte (per es., quella di Nichols tracciata sul diagramma di Black) che permettono di fare rapidamente il passaggio W(jω) = T(jω)/[1 + T(jω)] in forma grafica si può poi verificare che effettivamente si sono soddisfatte le specifiche su Mm e B od ottenere indicazioni per nuove scelte di G1(jω) in base a nuove specifiche sui parametri γ e ω1 della funzione a ciclo aperto T(jω). Si ha quindi una sintesi per tentativi. Tale sintesi può partire anche da specifiche non collegate al concetto di riproduzione degli spettri; infatti si dànno anche relazioni approssimate tra parametri della risposta indiciale e parametri della risposta armonica: la sovraelongazione a è legata a Mm e la banda passante alla ripidità del fronte di formazione definita mediante la tangente nell'istante in cui la risposta indiciale vale 0,5 (tempo all'emivalore). La verifica richiederà un passo in più e cioè il passaggio da W(jω), per cui si dispone generalmente di una rappresentazione grafica per essere grafica la rappresentazione di G2(jω) e quindi di T(jω), alla risposta indiciale w-I(t), indicata con l'indice −1 rispetto alla risposta impulsiva w(t) per ricordare che ne è l'integrale.
Specialmente con specifiche assegnate parzialmente nel tempo e molto stringenti (per es., sovraelongazione piccola con guadagno in velocità e banda passante elevati e in rapporto elevato fra di loro) e con G2(jω) tali da non costituire una buona situazione di partenza, i tentativi possono divenire notevolmente laboriosi. Allora, principalmente se si dispone di una rappresentazione analitica G2(s) della funzione di trasferimento del processo conviene utilìzzare metodi di sintesi diretta.
Assumendo, per es., come specifiche la sovraelongazione a, il guadagno di velocità Kv e la banda passante B, è. chiaramente possibile definire una W(s) tale che T(s) = W(s)/[1 - W(s)] abbia un polo nell'origine e il guadagno di velocità assegnato; W(jω) sia tale che, per la B assegnata, risulti W(2πj•B) = 1/√2 e w-1(t) abbia la sovraelongazione assegnata. Dal modello del sistema a ciclo chiuso descritto dalla W(s) così definita si calcola T(s) e quindi G1(s) = T(s)/G2(s). Questo è essenzialmente il procedimento di sintesi diretta.
Il punto più delicato è costituito dalla scelta del modello che va fatta tenendo conto a priori di importanti considerazioni di carattere tecnicoeconomico di cui nella sintesi per tentativi si tiene conto direttamente nella scelta delle funzioni di correzione a ciclo aperto. Queste riguardano la necessità di limitare l'entità delle azioni anticipatrici svolte da G1: occorre cioè contenere l'aumento di amplificazione di G1 alle alte frequenze conseguenti all'impiego di azioni anticipatrici. Infatti un'amplificazione di G1 alle alte frequenze molto elevata rispetto a quella alle basse frequenze risulta illusoria, se gli organi di potenza di G2 non sono sovradimensionati: piccoli valori dell'errore ad alte frequenze porterebbero altrimenti tali organi in saturazione inficiando la validità dell'ipotesi di linearità. Gli ovvii vincoli economici e tecnologici sulla potenza massima esplicabile dagli organi costituenti G2 si riflettono quindi in limitazioni delle azioni anticipatrici esplicabili da G1.
In base alle precedenti considerazioni occorre scegliere un modello del sistema a ciclo chiuso certamente non istantaneo e comunque tale da rispettare le specifiche senza margini. Per es., ottenere una sovraelongazione minore di quella assegnata con la stessa banda passante, e quindi ripidità del fronte di formazione nella risposta indiciale, significa dover "frenare" di più il sistema sotto controllo G2 dopo averlo "accelerato" quanto prescritto dalla specifica sul fronte di formazione e conseguentemente significa poter disporre di maggior potenza.
Per quanto riguarda la banda passante, un suo aumento, oltre a essere sconsigliato da considerazioni analoghe a quelle precedentemente svolte, spesso è anche specificamente vincolato da rumori disturbanti ad alta frequenza sovrapposti alla variabile rappresentante il valore desiderato in ingresso al ciclo chiuso; in tal caso l'ingresso non è yd(t) ma yd(t) + n(t) e, mentre occorre ovviamente riprodurre il più fedelmente possibile lo spettro Yd(jω), occorre attenuare lo spettro del rumore N(jω).
Confermato che un modello istantaneo è senz'altro da scartare in quanto ha guadagno di velocità e banda passante infiniti e sovraelongazione zero, si vede immediatamente che è anche raramente conveniente un modello di ordine uno con un sol polo e senza zeri, cui corrisponde sovraelongazione zero e rapporto tra guadagno di velocità e banda passante costante pari a 2π. Si sceglie quindi generalmente un modello del secondo ordine con una coppia di poli complessi coniugati (poiché a due poli reali corrisponde una sovraelongazione troppo piccola o nulla) descritto da W(s) = 1/(1 + 2ζs/ωn + s2/ω²n), dove la pulsazione naturale ωn è un parametro sempre positivo e il coefficiente di smorzamento ζ è un parametro di valore compreso tra zero e uno. La parametrizzazione del modello, che è la stessa utile per il tracciamento dei diagrammi di Bode (v. servosistema, App. III, 11, p. 714, fig. 24), consente di passare agevolmente dalle specifiche ai valori dei parametri. Ancora con riferimento, a fini esemplificativi, alle specifiche già definite, si constata infatti che la sovraelongazione a e il rapporto Kv/B dipendono solo da ζ e, scelto ζ, Kv/B risultano proporzionali a ωn. A causa della dipendenza di a e di Kv/B da ζ può nascere, per sovraelongazioni basse e rapporti elevati, incompatibilità tra le specifiche, con il modello scelto. Allora si può modificare quest'ultimo aggiungendo uno zero, a cui corrisponde l'aggiunta di un'ulteriore azione anticipatrice in G2. Parametrizzando sempre in vista del passaggio dalle specifiche al valore dei parametri, si pone
Con questo modello a e Kv/B risultano dipendere dai parametri λ e ζ in maniera tale che è possibile mediante opportuni abachi assegnarne comunque i valori; Kv e B risultano quindi proporzionali a ωn; in particolare, Kv = λζωn/(2λζ2 − 1), da cui si ottiene ωn, essendo assegnato Kv e già scelti λ e ζ.
Si può intuire come a partire dal modello di base con solo una coppia di poli coniugati siano possibili altre modifiche e/o possano essere messi in evidenza altri legami per soddisfare specifiche diverse da quelle introdotte.
Definito il modello in base alle specifiche, occorre tener esplicitamente in conto la necessità che G1(s) non abbia singolarità all'infinito, affinché l'amplificazione non tenda all'infinito al tendere della frequenza all'infinito. Nel caso in cui sia G2(s) razionale, cioè quando il sistema controllato oltre a essere lineare e stazionario è descritto da un'equazione differenziale rispetto alla sola variabile tempo, dalla relazione
è immediato constatare che risulta anche G1(s) razionale.
Per una funzione di trasferimento razionale si definisce eccesso poli-zeri la differenza tra il grado del polinomio a denominatore e quello del polinomio a numeratore. Occorre dunque assicurare che l'eccesso poli-zeri di G1(s) sia non-negativo. Dal fatto che l'eccesso poli-zeri di W(s) e di G2(s) è certamente non-negativo si vede che quello di G1(s) è pari alla differenza tra quello di W(s) e quello di G2(s): occorre quindi assicurare che W(s) abbia eccesso non minore a quello di G2(s). Se il modello definito in base alle specifiche non soddisfa tale esigenza lo si può ulterio mente modificare ponendo
dove W???(s) rappresenta il modello scelto in base alle sole specifiche "esterne" sulla risposta indiciale, armonica, ecc., sia pure tenendo già conto, nel modo visto, di considerazioni sul comportamento "interno" relativamente alle azioni anticipatrici. L'intero r che limita la produttoria deve ovviamente essere almeno pari alla differenza tra l'eccesso di G2(s) e quello di W???(s). Dal tracciamento dei diagrammi di Bode mediante le note regole di composizione e dal calcolo della risposta indiciale mediante integrale di convoluzione o sviluppo in poli e residui, si può constatare che, scegliendo le ωi sufficientemente elevate rispetto alla banda passante (fig. 3, ricordando che i diagrammi di Bode dei fattori si sommano, essendo diagrammi logaritmici), modulo alla risonanza, banda passante e sovraelongazione non vengono alterati apprezzabilmente dall'introduzione in W(s) dei fattori ωi/(s + ωi). Si dice in tal caso che i poli e gli zeri di W???(s) sono dominanti e lontani vengono chiamati i poli aggiunti in s = − ωi.
Per concludere, si noti che il procedimento delineato di scelta di W(s) mediante aggiunte di poli lontani è dettato dal desiderio di semplificare la procedura. Potrebbe infatti risultare più conveniente, specialmente per specifiche diverse da quelle trattate a fini esemplificativi (per es., tempo all'emivalore, pendenza della risposta armonica oltre la banda passante, legata quest'ultima al filtraggio del rumore) considerare in partenza modelli con eccessi poli-zeri crescenti e quindi i legami tra i loro parametri e quelli definiti come specifiche. Come si può intuire da quanto esposto, il problema è quello di evitare di avere come risultato un sistema di equazioni algebriche non lineari di ardua soluzione e di scegliere quindi opportunamente i parametri in modo da poter separare quanto possibile la dipendenza da essi di quelli definiti come specifiche.
Si tratta in definitiva di costruire modelli in base al concetto, tipico delle sintesi per tentativi, di modificare la dinamica del sistema controllato anziché cancellarla; ciò risulta proceduralmente complesso ma è talvolta necessario. Esempio tipico è il caso in cui G2(s) abbia uno zero reale positivo zp: se lo si cancellasse con un polo reale positivo in G1(s), tale polo comparirebbe nella funzione di trasferimento tra yd e u (pur non essendo polo di W(s)). Si avrebbe allora un termine crescente del tipo R exp (zpt) nella u(t), in risposta a un gradino, con la conseguente inevitabile violazione dell'ipotesi di linearità. In tal caso è necessario adottare modelli che accettino lo zero zp in W(s) e quindi in T(s) = G1(s)G2(s).
Questo vincolo induce forti limitazioni sulle specifiche che possono essere soddisfatte e infatti è nota la difficoltà di controllare a controreazione sistemi a fase non minima.
Sintesi a due gradi di libertà. - Ciò che si è messo in evidenza è la possibilità di un'instabilità del legame tra yd(t) e u(t) nel sistema ad anello chiuso (fig. 4A) dovuta a una cancellazione (in assenza di cancellazione la proprietà di stabilità dipende solo dalla funzione di trasferimento ad anello aperto T(s) ed è indipendente dall'ingresso e l'uscita di cui si considera il legame). Fenomeno analogo si può riscontrare se si ha, per es., un polo reale positivo pp in G2(s) e lo si cancella con uno zero di G1(s): il polo p compare nella funzione di trasferimento in uscita y(t) corrispondente a un eventuale ingresso disturbante m(t) sovrapposto al controllo u(t) (fig. 4B). In tal caso si può però egualmente procedere per sintesi diretta mediante i modelli usuali, provvedendo a "stabilizzare" localmente il sistema G2 con un'opportuna funzione di correzione H′(s), considerando poi come nuovo sistema da controllare G2. Il motivo di fondo per cui si è potuto soddisfare senza vincoli reciproci specifiche sia sul legame funzionale tra yd e y, sia sul legame funzionale tra m e y (quest'ultime limitate nell'esempio fatto alla sola stabilità) è che si è adottata una struttura a due gradi di libertà funzionali rispetto ai legami considerati. Se infatti si esaminano le funzioni di trasferimento del sistema (fig. 4C) si verifica che Wvm(s) dipende dalla funzione G1(s) + H′(s), che può essere scelta quindi per soddisfare specifiche sulla dipendenza funzionale di y da m; definita così Wvm(s) è chiaro poi che le specifiche sul legame tra yd e y possono in linea di principio essere soddisfatte scegliendo G1(s), dal momento che risulta W(s) = G1(s)Wvm(s). Mediante le due funzioni di correzione è possibile in sostanza definire indipendentemente le due funzioni Wvm(s) e W(s). Non vi sono, per es., due gradi di libertà funzionale rispetto ai legami riferimento-uscita e riferimento-controllo sia per il sistema di fig. 4A o B, sia per quello di fig. 4C risultando comunque predeterminato e pari a G2(s) il rapporto tra le relative funzioni di trasferimento W(s) e Wu(s).
In generale, in virtù delle linearità del sistema e delle altre ipotesi fatte (schema a controreazione senza misura dei disturbi) è sempre possibile riportare una struttura a due gradi di libertà allo schema di fig. 4D, che spesso corrisponde anche all'effettiva disposizione degli organi di controllo (per es., i due schemi di fig. 4C e D sono equivalenti con Z = G2M e H = 1 + H′/G1); a tale schema si fa in generale riferimento.
Il principio base delle sintesi è di per sé evidente: la funzione di trasferimento di anello T(s) viene definita, mediante scelta di G1(s) H(s), in base a specifiche sull'attenuazione degli effetti disturbanti raccolti nell'ingresso equivalente z(t). Definita così la funzione di trasferimento di anello, responsabile delle proprietà caratteristiche della controreazione, le specifiche sulla bontà di riproduzione di yd(t) vengono soddisfatte mediante scelta di 1/H(s). Ovviamente, come per la sintesi a un solo grado di libertà funzionale, si potrà procedere per successivi tentativi in base a relazioni approssimate o per sintesi diretta tenendo conto in quest'ultimo caso di tutte quelle considerazioni di ordine tecnico-economico di cui non si è potuto direttamente tener conto nella scelta dei modelli.
Per esemplificare si consideri il caso in cui siano presenti disturbi tali che z(t) abbia uno spettro significativo alle stesse frequenze per cui è significativo lo spettro del rumore n(t) sovrapposto a yd(t). In corrispondenza a tali frequenze in uno schema a un grado di libertà (reazione istantanea unitaria) occorrerebbe avere contemporaneamente T(jω) molto elevato per attenuare Z(jω) e molto basso per attenuare N(jω). Le specifiche sarebbero cioè in contraddizione. Scegliendo invece una reazione dinamica la contraddizione viene superata.
Com'è noto, la controreazione viene usata per attenuare, gli effetti, oltre che di disturbi non misurati, anche di variazioni parametriche. Una struttura a due gradi di libertà consente di separare la sintesi rispetto alle proprietà caratteristiche della controreazione da quelle rispetto alle proprietà filtranti. La funzione di trasferimento di anello può quindi essere scelta anche per soddisfare specifiche sulla sensibilità alle variazioni parametriche. I procedimenti che sono stati proposti per soddisfarle possono essere anche notevolmente laboriosi e portano comunque all'impiego di elevati guadagni di anello. Essi, come in genere tutti i procedimenti di sintesi a due gradi di libertà, sono adatti al progetto di servomeccanismi notevolmente sofisticati; nella maggior parte dei casi infatti il guadagno di anello necessario per garantire una buona riproduzione del riferimento in strutture a un grado di libertà è sufficiente a garantire anche una soddisfacente attenuazione degli effetti dei disturbi e delle variazioni parametriche.
Sintesi a più variabili. - Finora si sono presi in considerazione sistemi in cui il processo da controllare ha una sola uscita e l'obiettivo del controllo è quello di far assumere a essa l'andamento, in funzione del tempo, indicato istante per istante dal riferimento. In sostanza ciò equivale a ipotizzare che il comportamento del processo sia definito dal valore assunto da una sola delle grandezze presenti nel processo stesso e che il comportamento desiderato sia assegnato dando istante per istante il valore desiderato dell'uscita.
Questa ipotesi si attaglia molto bene ai servomeccanismi e si è detto che la teoria del controllo è nata e si è sviluppata principalmente in relazione ai problemi di progetto dei servomeccanismi; tale ipotesi non è però sempre valida. Un caso importante in cui ciò si verifica è quello degl'impianti di produzione, in cui il comportamento del processo non può che essere caratterizzato dal valore assunto contemporaneamente da più grandezze e l'obiettivo del controllo è quello di ottimizzare la qualità e il costo del prodotto. In tal caso si hanno più variabili da controllare (uscite) e non si richiede semplicemente di far seguire a esse degli andamenti assegnati (a priori oppure mediame riferimenti), ma di ottimizzare delle quantità (qualità e costo) che dipendono in modo in genere complesso dagli andamenti delle uscite.
La soluzione più soddisfacente al problema del controllo sarebbe da ricercarsi quindi nella teoria dell'ottimizzazione. Purtroppo, però, a ciò si oppone il fatto che è molto difficile generalmente sia formulare un indice adeguato della qualità e del costo in forma matematica, sia avere una descrizione matematica adeguata del processo e, principalmente, dei disturbi che su esso agiscono. Inoltre proprio nei casi in cui il problema di ottimizzazione è formulato in modo soddisfacente esso risulta spesso troppo complesso e di ardua soluzione.
Molto frequentemente si ricerca quindi per tentativi una soluzione soddisfacente mediante simulazione su una calcolatrice del processo, della parte controllante e delle varie condizioni di funzionamento del sistema di controllo. Per orientarsi nei tentativi il progettista fa appello alla sua esperienza e ai metodi di analisi propri della teoria dei sistemi, oppure utilizza, quando sia possibile, procedimenti di ottimizzazione che sono stati proposti per numerosi casi particolari.
In alternativa si cerca di semplificare il problema. Si suppone che siano assegnati (a priori o mediante segnali di riferimento) gli andamenti delle uscite che ottimizzano qualità e costo del prodotto e si progetta il sistema di controllo con l'obiettivo di far seguire alle uscite gli andamenti desiderati. In sostanza si torna al modo di formulare il problema nel controllo a una variabile sostituendo all'obiettivo primario (qualità e costo del prodotto) un insieme di obiettivi secondari costituiti dagli andamenti nelle uscite.
Esistono altresì sistemi in cui l'oggetto del controllo non è un processo di produzione e l'obiettivo primario è proprio quello di far assumere a certe grandezze l'andamento desiderato. Si tratta in tal caso di asservimenti multipli che costituiscono sistemi a più variabili in quanto il controllo di una variabile di uscita interagisce con il controllo delle altre. Un esempio importante di asservimento multiplo è costituito da sistemi di guida automatica degli aeromobili o dei satelliti.
Dal punto di vista funzionale si ha in definitiva un processo da controllare P (fig. 5) con un certo numero di grandezze di uscita y1, y2,... yj,... yq e un certo numero di grandezze di controllo u1, u2,... uj,... up. vi possono essere inoltre alcuni ingressi disturbanti z1, z2,... zh..., zr. Il processo è interagente nel senso che ciascuna uscita dipende in genere da tutte le variabili manipolabili e da tutti i disturbi.
Gli andamenti desiderati delle uscite possono essere noti a priori, nel senso che si possono supporre noti i valori desiderati per ogni istante di tempo e non solo istante per istante, oppure no.
Quando gli andamenti desiderati delle uscite e i disturbi agenti sul processo sono noti a priori (mediante una descrizione statistica o deterministica) è ancora possibile impiegare la teoria dell'ottimizzazione utilizzando indici che dànno una misura globale dello scostamento delle uscite dagli andamenti desiderati e che vanno minimizzati rispettando vincoli opportuni. Gl'indici e le soluzioni che si hanno in questo caso sono perfettamente analoghi a quelli che si hanno nel controllo a una variabile.
Quando gli andamenti desiderati e i disturbi non sono noti a priori, i valori desiderati per le uscite vengono forniti istante per istante al sistema di controllo da segnali di riferimento. Un primo modo di affrontare il problema della sintesi è quello di associare a ogni singola variabile di uscita la variabile di controllo che maggiormente l'influenza (in tal caso si può pensare di aver attribuito a controllo e uscita corrispondenti gli stessi indici) e di "chiudere" da yi a ui un anello di controreazione sintetizzando gi(s) (fig. 6) con i metodi di sintesi a una variabile sulla base di specifiche sul legame tra ydi e yi (asservimento) o sull'effetto di un disturbo equivalente zei sull'uscita (regolazione) e in relazione alla descrizione del legame tra ui e yi, cioè, nel caso lineare e stazionario, della funzione di trasferimento pii(s). Analogamente per un'altra generica yj e cosi via. È ovvio che questo modo di procedere è accettabile solo se le interazioni nel processo sono abbastanza deboli. Infatti si è in sostanza accettato per il processo un modello in cui si ritiene che yi dipende solo da ui, il che non è in generale vero. Un buon modello del processo deve tener conto anche dei legami intrecciati per cui il sistema di controllo che si è così progettato, per es. nel caso di due variabili, è quello il cui grafo (si ricordi che in un grafo i punti o nodi rappresentano le variabili e i rami l'influenza di una variabile sull'altra, essendo una variabile intermedia data dalla somma delle trasferenze dei rami entranti, ciascuna moltiplicata per la variabile rappresentata dal nodo di provenienza) è riportato in fig. 7, sempre nell'ambito lineare e stazionario (nell'attribuire gl'indici alle trasferenze, per ritrovarsi poi elementi di matrici, si ricordi che conviene che il primo indice sia quello della variabile effetto, indice di riga, e il secondo quello della variabile causa, indice di colonna). Le trasferenze p12 e p21 possono essere "piccole" (in senso comunque da chiarire) nel campo di frequenze d'interesse, per cui restano valide le due sintesi separate a una variabile, oppure possono non esserlo e ne risulta inficiato il metodo seguito. Per vedere in che senso va inteso il "piccolo" si consideri, per l'esempio a due variabili di uscita (fig. 7), la funzione di trasferimento effettiva tra u1 e y1 con g2 ≠ 0 (cioè quando è stato già chiuso l'anello 2) e con g1 = 0 (cioè nelle condizioni in cui si deve progettare la g1 stessa).
Risulta:
Vi è un termine correttivo rispetto al legame considerato applicando la teoria a una variabile. Un'espressione analoga, anche se molto più complessa, si ha nel caso generale di più di due variabili di uscita. E chiaro quindi che le interazioni possono essere considerate piccole quando il termine correttivo è trascurabile (a tutti gli effetti: stabilità, errore transitorio e in regime permanente) rispetto a pii(s). Se le interazioni non sono piccole in tal senso, il che può essere verificato a posteriori, nel progettare gi(s) si deve già conoscere gj(s) per ogni j ≠ i e viceversa. Non è perciò possibile separare il progetto delle varie gi(s). Questo aspetto riguarda il progetto di gi(s) con riferimento a specifiche sul legame tra ydi e yi, cioè con le specifiche assunte valide vedendo il problema della sintesi come più problemi separati di sintesi.
Anche il problema delle specifiche va però rivisto per tener conto dell'effetto delle interazioni nel processo. Ancora con riferimento alla fig. 7 è chiaro che vi è un legame non nullo tra ydi e y2 e quindi anche su questo legame vanno date delle specifiche; il soddisfacimento di quest'ultimo potrà naturalmente implicare che anche la parte di controllo sia interagente e cioè, per il caso a due variabili, che si debba progettare un sistema di controllo con la struttura di fig. 8. Questo è un secondo punto importante; anche per questo punto non è ovviamente possibile un progetto separato dalle varie gij(s).
I due punti visti riguardano il progetto in base a specifiche tra yd e y concepiti come vettori. Un terzo punto riguarda eventuali specifiche sull'effetto dei disturbi. Nel caso a una variabile si tiene spesso conto, come si è brevemente richiamato, di tutti i disturbi agenti sul processo mediante un disturbo equivalente sull'uscita, almeno per quanto riguarda il comportamento in regime permanente. La situazione è diversa nel caso di più variabili. Limitandoci per l'esemplificazione a due variabili (il concetto è però valido in generale) l'effetto di un disturbo generico zh è quello che si evince dal grafo di fig. 8. Ciascun disturbo zh agisce su un'uscita yj sia direttamente attraverso la trasferenza pzjh(s), sia attraverso gli altri anelli di regolazione; per es., in fig. 8, zh agisce su y1 oltre che attraverso pz1h anche attraverso pz2h. Non è perciò possibile assumere, come si è implicitamente fatto in fig. 6, ze1 indipendente da ze2.
Per i motivi visti il progetto della parte di controllo dev'essere condotto: a) descrivendo mediante matrici i legami ingresso-uscita di ogni sottosistema; b) dando specifiche sull'effetto di ciascun ingresso al sistema di controllo su tutte le uscite ovvero sull'effetto di ciascuna componente dei vettori yd e z su tutte le componenti del vettore y. Indicando allora con wij(s), w(i$jj-1)(t) e wij(jω) rispettivamente: la funzione di trasferimento tra ydj e yi, la risposta che si ha all'uscita i-esima quando c'è un gradino all'ingresso j-esimo e gli altri ingressi sono nulli e la risposta armonica nelle stesse condizioni; costruendo le relative matrici W(s), W(-1)(t) e W(jω), le specifiche devono essere date sugli elementi di tali matrici per quanto riguarda il legame tra yd e y. Analogamente specifiche sull'effetto del vettore di disturbo z dovranno essere date sugli elementi delle matrici di trasferimento e/o di risposta al vettore di disturbo: Wz(s), W???z(-1)(t), Wz(jω).
Con riferimento alla fig. 9, sempre nell'ambito dell'impostazione classica, una soluzione completa si avrebbe se fosse possibile sintetizzare G(s) in modo da soddisfare specifiche su tutti gli elementi delle matrici considerate (W e/o Wz). Allo stato attuale non esistono metodi di sintesi che consentono ciò in modo abbastanza generale e soddisfacente.
I più importanti metodi di sintesi che sono stati proposti consentono: a) d'imporre che le matrici W(-1)(t) e W(jω) siano diagonali e di soddisfare specifiche sugli elementi diagonali; b) di annullare l'errore sul comportamento in regime costante o di velocità costante o di accelerazione costante e imporre che il sistema sia stabile con adeguati margini.
Il metodo a) impone che il legame tra yd e y sia non-interagente. La sintesi per non-interazione comporta la cancellazione delle interazioni del processo e cioè una fase tipica della sintesi diretta, risentendo quindi di limitazioni analoghe. Inoltre, se le interazioni nel processo sono di entità notevole, altrettanto notevole risulta l'onere richiesto agli organi di potenza in ingresso per annullare le interazioni, senza che ciò corrisponda in genere a particolari esigenze di comportamento. I metodi indicati al punto b), d'altra parte, consentono solo una maggiore elasticità nella sintesi senza tener conto in modo sistematico dell'esigenza di limitare l'onere del controllo in presenza di forti interazioni del processo e facendo riferimento a specifiche molto meno restrittive di quelle assegnate sulle risposte indiciali o armoniche. Proprio per la loro elasticità tali metodi, come quello di stabilizzazione per quasi-diagonalizzazione o quello di sintesi modale (assegnazione dei poli e quindi degli esponenziali exp(pt) detti appunto modi di evoluzione), costituiscono un utile strumento per procedere alla sintesi assistita mediante calcolatore che è l'unica possibile risposta a un problema così complesso e differenziato caso per caso come quello della sintesi dei sistemi di controllo a più variabili.
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