CONTROLLI AUTOMATICI
. Il dominio dei controlli automatici. - Il controllo automatico consiste nell'affidare a speciali dispositivi, opportunamente organizzati in sistema, il comando di processi che devono obbedire, nelle loro risultanze, a un dato ordine di requisiti. Come si vede, la parola "controllo" ha qui un significato più ampio che nell'uso comune: non si tratta di rendersi conto, passivamente, di quanto sta succedendo, ma di intervenire attivamente affinché il processo abbia quell'andamento e quei risultati. I c. a. costituiscono uno dei grandi settori della automazione (v. in questa App.): intendendosi con questa parola quel complesso di tecniche diretto a "usare macchine per azionare altre macchine".
Un campo finitimo a quello dei c. a., ma nettamente differenziato, sia per scopi sia per metodi d'indagine, è quello dei comandi automatici (o automatismi): e conviene farne un cenno, ancorché fugace, per rilevarne le analogie e le differenze con quello specifico dei controlli.
I comandi automatici governano la configurazione di un sistema, essendo tale configurazione definita esclusivamente da contatti suscettibili delle due sole posizioni di chiuso o aperto (cioè di passaggio concesso o impedito di un certo flusso di energia). Le reti di contatti interessano in senso statico (automatismi a combinazione) ma soprattutto in senso dinamico, cioè come determinazione di una prefissata successione di stati (automatismi a sequenza). Rientrano nella sfera d'azione di queste reti di contatti alcuni settori tecnici importantissimi, come le macchine "a trasferta" dei processi industriali, i calcolatori elettronici, le centrali di commutazione telefonica. La loro trattazione matematica si svolge a mezzo di un'algebra logica, che opera su funzioni logiche ed è sostanzialmente diversa dall'algebra dei numeri.
Viceversa, i c. a. governano il valore di una certa grandezza fisica. Malgrado l'estrema varietà di applicazioni e realizzazioni, il campo dei c. a. appoggia sopra una base unica, così da formare una nuova disciplina, abbastanza caratterizzata e differenziata per vivere di vita autonoma. In questa autonomia, però, i contatti con le tecniche consorelle hanno particolare intensità d'interscambî tanto che forse nessun altro settore tecnico presenta così grande apertura di interessi. La tecnica del c. a. trae alimento da discipline astratte, come la teoria dell'informazione e la teoria delle variabili aleatorie, ma conserva le sue radici vitali in quel grande settore della fisica matematica che è l'analisi dinamica dei sistemi. Ciò ha generato, in aggiunta all'utilizzazione dei mezzi analitici classici, lo sviluppo di processi analitici nuovi, tuttora in via di sviluppo, di particolare evidenza e potenza.
Una rappresentazione comoda ed espressiva dei sistemi di c.a. è quella degli schemi a blocchi. Un blocco rappresenta un elemento fisico - che può essere, internamente, comunque complesso - considerato come un trasduttore fra due grandezze: la grandezza che eccita il sistema ne costituisce l'entrata e; la risposta del sistema all'eccitazione ne è l'uscita u (fig.1). Matematicamente, l'elemento è definito dal legame funzionale fra l'entrata - da considerarsi, in generale, come una qualunque funzione del tempo - e l'uscita. Il legame è conosciuto quando siano noti la costituzione dell'elemento e il modo con cui l'elemento comunica con l'esterno (o, come si dice comunemente, è caricato).
Si può fare qualche esempio concreto. Un apparecghio di misura ha per entrata il valore della grandezza da misurare, e per uscita il risultato della misurazione: per esempio, lo spostamento di un indice lungo una scala graduata. In un quadripolo elettrico l'entrata può essere la tensione applicata a due morsetti e l'uscita la tensione presente agli altri due. Un forno può avere per entrata la quantità di calore immessa, e per uscita la temperatura nel suo interno.
Naturalmente, non è escluso che diversi blocchi si susseguano in cascata (che, cioè, l'uscita di uno di essi costituisca l'entrata del successivo); anzi, ciò costituisce, nei sistemi appena complessi, la regola. Così, in un motore elettrico a corrente continua la grandezza elettrica d'entrata (ad esempio la tensione di alimentazione) può essere l'uscita di un trasduttore precedente (ad esempio, un generatore avente per entrata l'eccitazione).
Sistemi del genere della fig. 1 sono da alcuni autori denominati sistemi di c. a catena aperta (o ad estremità libere). Nel fatto, essi si limitano a definire un legame di dipendenza fra entrata e uscita, secondo una propria caratteristica di risposta. Peraltro i sistemi di c. che interessano, come tali, la tecnica, sono quelli a catena chiusa (o ad anello chiuso), fondati sul principio della controreazione.
Lo schema a blocchi di un sistema di c. a controreazione è indicato nella fig. 2. L'anello in cui si susseguono i diversi elementi del sistema è chiuso, in quanto l'uscita dall'ultimo elemento è riportata indietro e confrontata con l'entrata nel primo elemento. L'anello resta così suddiviso in due catene in serie: la catena di andata, dove i segnali viaggiano dall'entrata verso l'uscita, e la catena di ritorno in cui l'uscita viene riportata all'entrata: la grandezza che eccita il sistema è quindi la differenza fra l'entrata e l'uscita.
Il segnale d'entrata r è il riferimento, cioè il valore prescritto della grandezza sotto controllo: l'uscita è il valore della stessa grandezza realizzato dal sistema, e dà luogo, o direttamente, o attraverso apposito trasduttore, a un segnale d'uscita c, che viene riportato all'entrata. Un apposito apparecchio differenziale D, inserito nella confluenza fra l'entrata e l'uscita, misura l'errore e, uguale a r-c, ed eccita il sistema con questo errore.
Si noti che l'errore viene qui definito come differenza fra il prescritto e il realizzato, mentre sarebbe più naturale (e consono alla logica convenzione della scienza delle misure) di prendere, come errore, la differenza tra il realizzato e il prescritto. A parte la consuetudine, che nel campo del c. a. è ormai generale, una giustificazione di un tale cambiamento si può trovare in una più facile sistemazione dei segni nella trattazione matematica.
Non è escluso che qualche blocco dell'anello principale sia esso stesso un sistema a controreazione. Non è nemmeno detto che il riferimento d'entrata sia uno solo; che cioè non si tratti di un sistema a entrate multiple, avente il compito di controllare più grandezze.
In aggiunta alle grandezze di riferimento agiscono, di regola, anche eccitazioni accidentali ed aleatorie che si qualificano come disturbi. Questi disturbi possono sorgere nell'interno delle diverse apparecchiature o provenire dall'esterno. I primi sono dovuti alle tolleranze di costruzione, alle variazioni ambientali, alle usure, e infine a quegli scarti erratici nel funzionamento che prendono il nome generico di rumori. Fra i secondi, tipico è il disturbo dovuto alle variazioni di carico sull'organo controllato. I disturbi possono entrare in un nodo qualunque dell'anello, o in più nodi contemporaneamente. Nell'esempio della fig. 2 il disturbo è indicato col simbolo d ed entra fra gli organi di manovra e gli organi controllati.
In così grande varietà di scopi e realizzazioni è difficile stabilire razionali criterî di classificazione, ma alcune classificazioni di largo orientamento sono tuttavia possibili.
I fini dei sistemi di controllo. - Sotto l'aspetto dei compiti loro affidati, i sistemi di c. possono suddividersi in due grandi categorie. Si può, prescritta una legge di variazione dell'entrata r, pretendere che l'uscita c riproduca questa legge (controllo di posizione, o di ripetizione, o di inseguimento). Oppure, la r mantiene un valore fisso e la c deve riprodurlo e conservarlo malgrado i disturbi d del carico (controllo di regolazione). Combinando questi due compiti, che spesso coesistono di fatto, si può affermare che il compito del sistema di c. sta nel riprodurre il meglio possibile le entrate del tipo r (al limite: in modo identico) e il peggio possibile le entrate del tipo d (al limite: non riprodurle affatto).
La classificazione è illustrata da due esempî, entrambi classici. La fig. 3 riproduce il c. di posizione di un pezzo d'artiglieria (limitato, per semplicità di esempio, all'angolo azimutale; per l'angolo in elevazione la cosa è analoga). Si richiede che la rotazione r(t) dell'organo di puntamento generi un'identica rotazione c(t) della piattaforma del pezzo. Gli organi di c. ricevono l'errore r (t) - c(t), lo manipolano, e ne elevano la potenza fino al livello richiesto per l'azionamento degli organi di manovra, costituiti da un motore che muove la piattaforma. Controlli di posizione analoghi sono i comandi delle timonerie di navi e aerei, i comandi di macchine utensili a copiare, i dispositivi di telecomando e di telemisura. Secondo il modo di vedere moderno (sul quale, però, non sono tutti d'accordo) i c. a. di questo tipo, in cui la posizione da ripetere è quella materiale di un oggetto, così da richiedere la presenza di organi meccanici, sono più propriamente detti servomeccanismi.
La fig. 4 riporta lo schema di un tipico c. di regolazione o, più brevemente di un regolatore automatico, quello delle macchine motrici; esso merita una speciale menzione perché ha rappresentato il primo ingresso nella tecnica della moderna concezione del c. automatico. L'entrata r è la prescritta velocità angolare della motrice, l'uscita c la sua effettiva velocità angolare: l'errore r-c agisce sopra gli organi che presiedono all'alimentazione della motrice; l'ultimo blocco della figura (generatore) comprende la motrice, accoppiata alle utilizzazioni che ne costituiscono il carico; questo è continuamente variabile e genera, come ulteriore entrata nel sistema, il disturbo d.
Le modalità di controllo. - Un secondo criterio di classificazione riguarda le modalità d'intervento.
Un primo tipo di c. è quello detto ad azione continua: l'errore è mantenuto permanentemente sotto misura e dà luogo ad un segnale che agisce in modo continuo. Gli esempî delle fig. 3 e 4 appartengono a questo tipo.
Un secondo tipo è detto a segnali campionati. Il segnale d'entrata è ancora l'errore e (t), ma l'eccitazione degli organi di controllo è preceduta da un campionatore che legge i valori c (t) soltanto in corrispondenza a brevi intervalli di tempo succedentisi periodicamente. La durata γ degli intervalli di lettura si chiama durata di campionamento, il periodo T col quale si succedono le letture è l'intervallo dî campionamento; di regola, γ è soltanto una frazione molto piccola di T, così che ciascun campionamento si può ammettere concentrato in un istante. Nello schema a blocchi della fig. 5 il campionatore è indicato, come d'uso, con un interruttore aperto (che si chiude negli istanti di lettura).
In questo modo l'errore e(t) è trasformato in una funzione discontinua e*(t) costituita da un treno di impulsi di altezza variabile (fig. 6).
Al campionamento segue la ricostruzione dei dati, che può essere eseguita con un organo apposito (decampionatore), oppure sfruttando le proprietà livellatrici degli altri organi in catena: la funzione continua che ne consegue è una ricostruzione approssimata della e(t), e agisce, nel modo solito, sul resto del sistema.
Un esempio tipico è fornito dalle catene contenenti un calcolatore numerico. Lo schema a blocchi si presenta allora come nella fig. 7. L'organo di c. riceve, a ritmo regolare nel tempo, una successione di numeri, compie su di essa un determinato ciclo di operazioni e trasmette la successione dei risultati all'organo decampionatore, dal quale esce una funzione continua.
Benché possa apparire alquanto artificioso, il sistema a segnali campionati presenta diversi vantaggi. Fra l'altro, data l'estrema brevità degli intervalli di lettura, il sistema non carica in modo apprezzabile, e quindi non perturba, lo strumento di misura. Va poi tenuto presente che esistono casi in cui il segnale d'ingresso è esso stesso un treno d'impulsi (ad esempio, nelle esplorazioni radar). Peraltro nei c. a segnali campionati le operazioni di campionamento e ricostruzione vanno accuratamente dosate (sotto pena di perdere una parte delle informazioni) e la stabilità risulta più difficile a mantenersi (come è facilmente intuibile, data l'accumulazione degli errori nel periodo in cui il segnale eccitatore tace).
Un altro sistema di c. è quello a contatti o a relè (detto anche sistema si-no, o per tutto o niente). Il complesso di manovra è comandato da un contatto che o lo tiene escluso o lo inserisce nell'uno o nell'altro senso. L'inserzione avviene solo quando l'errore supera in valore assoluto un certo limite (che costituisce la tolleranza del sistema). Il più semplice tipo di controllo a relè è quello in cui l'azione correttrice agisce in un senso solo: l'azione è mantenuta fino a quando la tolleranza in più dell'errore non sia superata; a questo punto l'azione correttrice è esclusa, per essere poi nuovamente inserita quando il sistema, abbandonato a sé stesso, eccede la tolleranza con un errore in meno. Come si vede, è caratteristica specifica dei c. a relè la discontinuità dell'intervento.
Lo schema del c. si presenta nel modo indicato dalla fig. 8. Al rilevamento dell'errore segue una cosiddetta funzione di decisione che mantiene il contatto aperto se la tolleranza è rispettata, o lo chiude, nel verso giusto, in caso contrario. Nello schema è indicato, subito dopo questo elemento di decisione, una funzione di tempo morto, che mette in conto, occorrendo, il ritardo fra la decisione e l'azione. Seguono poi gli elementi consueti: organi di manovra, uscita della grandezza controllata, catena di ritorno.
I sistemi a relè ascrivono a loro vantaggio semplicità, robustezza, sicurezza d'azione, convenienza di peso, ingombro e costo. Per contro, la finezza di regolazione è intrinsecamente limitata; è inoltre presente un'oscillazione persistente della grandezza controllata, che rende i problemi di stabilità più complessi da studiare e difficili da risolvere. La loro gamma di applicazione è estremamente ampia, specie nel campo delle applicazioni modeste. Ne sono esempî comuni i regolatori di temperatura (ad esempio nei forni e nei frigoriferi) e di pressione o livelli liquidi (in serbatoi o autoclavi). Analogamente a quanto si verifica per i c. continui, anche i c. a relè possono essere a più entrate e a catene multiple. Affinamenti si conseguono con l'impiego, per ciascuna grandezza, di contatti multipli, comandati da una funzione di decisione a più livelli. Quando l'errore supera il livello più basso è inserito un primo livello di azione correttrice; se l'errore supera un secondo livello entra in campo un secondo e più alto livello di azione correttrice, e così di seguito. È chiaro che col crescere del numero dei livelli il sistema diventa sempre più complesso, ma si avvicina sempre più alla situazione limite del c. continuo.
Le operazioni fondamentali dei sistemi di controllo. - È già emerso che i c. a. devono eseguire tre diversi ordini di operazioni: misura dell'errore; esame di questo errore e relative manipolazioni; sviluppo dell'azione correttrice. Ognuna di queste tre operazioni viene affidata a un particolare gruppo di organi. Se la cosa non potesse nascondere, per i meno provveduti, il pericolo di inammissibili estrapolazioni, potrebbe aiutare un paragone fisiologico: i tre tipi di organi corrispondono, in un essere vivente, rispettivamente ai sensi, al cervello, ai muscoli.
Il rilevamento dell'errore si può fare eseguendo le misure della grandezza d'entrata e di quella d'uscita con apparecchi separati e inviando le misure stesse ad apposito comparatore; oppure, più spesso, eseguendo direttamente una misura differenziale. L'errore previa eventuale trasduzione, viene amplificato mediante opportuno amplificatore e manipolato allo scopo di migliorare le prestazioni del sistema, con particolare riguardo alla sua stabilità; viene, da ultimo, l'organo finale cui spetta l'esecuzione delle operazioni prescritte.
Gli organi di misura e di trasduzione. - Gli organi di misura impiegati nei c. a. non differiscono sostanzialmente, per ciascun tipo di grandezza, dagli ordinarî apparecchi di misurazione almeno per ciò che concerne principio di funzionamento e tecnica di misurazinne.
Meritano invece menzione, come elementi tipici dei sistemi di c., i trasduttori. È sempre più decisa la tendenza a trasdurre le varie grandezze in grandezze elettriche, di regola in tensioni elettriche continue o alternate. E poiché l'uscita di gran parte degli strumenti di misura è di tipo meccanico, acquistano importanza preminente i mezzi per trasdurre gli spostamenti meccanici in tensioni elettriche.
Un dispositivo, altrettanto elementare quanto fondamentale, è quello potenziometrico. Lo schema di princìpio è riprodotto nella fig. 9. Si hanno due potenziometri, entrambi chiusi sopra una tensione elettrica V. Il primo di essi ha la presa di tensione regolata sul valore prescritto, e rappresenta il riferimento; la presa del secondo potenziometro è collegata all'uscita del sistema: la differenza di potenziale tra le due prese è proporzionale all'errore.
Un misuratore analogo, a corrente alternata invece che continua, è quello induttivo, che agisce secondo lo schema a riluttanza variabile della fig. 10, o secondo un altro schema analogo. Si tratta di un trasformatore a nucleo magnetico avente uno statore sagomato a E ed un'armatura mobile, la cui posizione costituisce la grandezza da rilevare (cioè l'entrata dell'apparecchio). Il circuito magnetico è eccitato da un avvolgimento nella colonna centrale dello statore. Sulle due colonne esterne sono avvolti, in opposizione fra loro, due circuiti eguali. La differenza fra le tensioni indotte in questi due circuiti costituisce l'uscita del trasduttore; le due tensioni, infatti, sono uguali quando l'armatura occupa la posizione centrale del trasformatore, altrimenti diventano diverse perché ogni spostamento accresce la riluttanza del circuito magnetico su cui è montato uno dei circuiti di misura e diminuisce quella dell'altro. La tensione di errore è proporzionale allo spostamento dell'armatura se questo non è troppo grande.
Apparecchi analoghi si basano su variazioni di capacità (per spostamento delle armature di un condensatore), o di resistenza (per stiramento di fili in speciali dispositivi (detti strain gages).
Sono pure a corrente alternata i trasduttori appartenenti alla categoria dei cosiddetti sincro-trasformatori. Si tratta di apparecchi dotati di uno statore e di un rotore (costruiti in modo poco dissimile da un motore sincrono trifase) i quali trasformano in una tensione elettrica l'angolo di rotazione di un albero. Particolare interesse riveste un montaggio doppio, che permette di trasdurre in una tensione la posizione angolare reciproca di due alberi (fig. 11). Nel primo elemento (generatore o trasmettitore) il rotore è collegato con il primo dei due alberi e riceve corrente alternata da una sorgente esterna. Gli avvolgimenti dello statore sono sede di correnti indotte le quali stanno in relazione biunivoca con la posizione angolare dell'albero. Queste correnti vengono trasmesse allo statore del secondo elemento (motore o ricevitore) che ha il rotore collegato con l'altro albero. La tensione E, indotta nell'avvolgimento di quest'ultimo è proporzionale al coseno dell'angolo fra i due alberi.
Oltre che per la rivelazione di un errore angolare, lo stesso sistema generatore-motore può, con una semplice variante di montaggio, servire come mezzo di telemisura: e, nel fatto, trova vasta applicazione anche in questo uso.
Gli amplificatori. - L'amplificazione dei segnali - che è operazione fondamentale e particolarmente delicata, perché spesso occorrono guadagni in potenza molto alti - si può effettuare in diversissimi modi: e tutti trovano applicazione nei c. a. Il concetto base di tutti gli amplificatori è però uno solo. Si ha una sorgente esterna di energia, il cui flusso è governato da un organo di controllo azionabile da segnali a basso livello. Il segnale d'entrata agisce sull'organo di controllo: le modulazioni del flusso d'energia esterna costituiscono l'uscita.
Ogni amplificatore è caratterizzato dal suo guadagno, cioè dal rapporto fra uscita e entrata, calcolato nei riguardi della grandezza, o delle grandezze, che interessano. Teoricamente, è possibile spingere il guadagno tanto avanti quanto si vuole collegando più amplificatori in cascata (cioè in modo che l'uscita di uno di essi costituisca l'entrata del successivo).
Oltre agli amplificatori elettrici a tubi termoelettronici, a transistori, magnetici ed elettromeccanici o rotanti (v. amplificatore elettrico, App. II, 11, p. 164 e in questa App.; transistore, in questa App.), sono anche usati, per amplificazioni non più di tipo elettrico, amplificatori meccanici, i quali traggono l'energia esterna da un fluido in pressione: amplificatori a liquido (che è di regola olio) o idraulici, amplificatori a gas (che è di regola aria) o pneumatici. In tutti, l'entrata è uno spostamento meccanico, l'uscita una differenza di pressione (che può, a sua volta, ritradursi in uno spostamento meccanico).
Gli amplificatori di questo tipo lavorano secondo tre schemi fondamentali, che sono riportati nella fig. 12 in ordine crescente di livello di potenza.
Il primo tipo a ugello consta essenzialmente di un orifizio b (fig. 12 A) da cui l'olio, alimentato da una sorgente di pressione c, sgorga liberamente. Affacciato allo sbocco dell'ugello è uno schermo mobile a, i cui spostamenti costituiscono il segnale d'entrata. Il tubo che adduce l'olio in pressione all'ugello porta una strozzatura d; a valle di essa si trova una presa di pressione e che costituisce l'uscita del sistema. Questa pressione è uguale a quella d'alimentazione se lo schermo è addossato all'ugello, così da impedire il deflusso: quanto più lo schermo s'allontana, concedendo una portata di efflusso più grande, tanto più la pressione d'uscita si abbassa a causa della perdita di pressione attraverso la strozzatura. Il dispositivo si ripete, sostanzialmente identico, anche per gli amplificatori pneumatici a efflusso d'aria.
Gli altri due tipi restano circoscritti al campo idraulico.
Lo schema di fig. 12 B rappresenta il tipo a getto d'olio, con olio effluente da un ugello. L'efflusso, però, avviene a portata costante, perché sono mantenuti costanti tanto l'area di sbocco dell'ugello quanto la pressione di alimentazione. L'ugello a è mobile e la sua posizione costituisce appunto il segnale d'entrata; affacciato all'ugello si trova un disco b nel quale sono praticate due aperture comunicanti con due tubicini c, d; le aperture ricevono l'olio e ne ricuperano in pressione l'energia cinetica. Se l'ugello è centrato, le due aperture si comportano allo stesso modo, e generano la stessa pressione: quando l'ugello si muove verso una di esse, ne aumenta la pressione a scapito dell'altra.
Il tipo a pistone lavora secondo lo schema di fig. 12 C (o uno dei molti altri concettualmente equivalenti). Il pistone a a tre ringrossi - il cui spostamento è, al solito, l'entrata - scorre entro una camicia b munita delle cinque luci indicate in fig., tre delle quali aperte sulla sorgente c; quella centrale è in comunicazione con la camera dell'olio ad alta pressione, le due esterne con la camera a bassa pressione. Le due rimanenti luci costituiscono l'uscita. Se il pistone occupa la posizione centrale, si ha in esse equilibrio di pressione; non appena il pistone si sposta dalla posizione centrale, si determina uno squilibrio di pressione che può in varî modi essere utilizzato per provocare uno spostamento di un organo meccanico; spostamento che risulta amplificato rispetto a quello d'entrata.
Gli amplificatori a fluido trovano anche applicazione nei telecomandi.
La manipolazione dei segnali. - Nel percorrere l'anello di c. il segnale va inevitabilmente soggetto a distorsionì: per riparare a tali deformazioni del segnale e per assicurare un funzionamento del sistema che rispetti nel miglior modo possibile lo schema prefissato, si deve intervenire con opportune correzioni del segnale stesso. Questi interventi vengono affidati a una classe di organi atti a fornire, in uscita, segnali dipendenti dalla rapidità di variazione nel tempo del segnale applicato, cioè dalla sua derivata (azione derivativa) o dall'entità dell'accumulazione nel tempo del segnale stesso, cioè dal suo integrale (azione integrale). Le operazioni suddette possono anche essere ripetute, il che significa effettuare successive derivazioni o integrazioni.
In genere, le integrazioni elevano le prestazioni finali del sistema, ma ne peggiorano il comportamento dinamico e ne insidiano la stabilità. Le derivazioni rendono la risposta del sistema più rapida e pronta, e migliorano, almeno di regola, la stabilità: onde conviene spesso associare opportunamente a operazioni di integrazione operazioni di derivazione.
Gli interventi correttori riescono particolarmente facili, flessibili ed efficaci nei sistemi elettrici. Sono tipici, in questo settore, i generatori tachimetrici, di cui esistono diverse realizzazioni, a corrente sia continua che alternata. I primi non sono altro che piccole dinamo, di regola a magnete permanente. I secondi sono di norma del tipo a induzione, perfettamente analoghi ai motori bifasi, dei quali si dirà fra poco. Qualunque ne sia il tipo, i generatori tachimetrici introducono un segnale derivativo generato in modo autonomo e dosabile entro larghi limiti: il loro impiego è assai frequente, specie nei sistemi di qualità.
Ancor più frequente è l'altro provvedimento, consistente nell'inserire in catena reti, dette di compensazione o di equalizzazione, che non generano segnali proprî, ma elaborano quelli presenti. Le reti hanno lo svantaggio di introdurre attenuazioni, ma lo ripagano con assenza di organi mobili, facilità ed economia di costruzione, grande varietà di caratteristiche. La costruzione tipica delle reti è a resistenza e capacità (evitando, per quanto possibile, le induttanze) con disposizione a tripolo (due morsetti d'entrata e due d'uscita, con un morsetto comune).
Le reti di correzione sono caratteristiche, ma non esclusive, dei sistemi elettrici. Nei sistemi meccanici si raggiungono gli stessi scopi con dispositivi detti per analogia reti meccaniche, costituiti da freni a liquido e molle (che sono i corrispettivi delle resistenze e delle capacità elettriche) i quali intervengono individualmente oppure, più spesso, sono incorporati negli organi di misura e di amplificazione.
Appartengono invece esclusivamente al settore elettrico alcuni dispositivi destinati a convertire un segnale in corrente continua in un segnale in corrente alternata o viceversa; conversione alla quale conviene talvolta ricorrere in quanto vi sono operazioni (come le amplificazioni, le trasmissioni a distanza e l'esecuzione delle manovre finali) che si eseguono meglio in corrente alternata ed altre operazioni che, invece, esigono o consigliano la corrente continua. Manipolazioni di questo genere sono effettuate mediante modulatori che sovrappongono i segnali continui a un supporto ad alta frequenza, e demodulatori (o discriminatori) che ricostituiscono il segnale originario. Senza entrare nella tecnica della modulazione, che è argomento specifico delle comunicazioni elettriche, giova qui ricordare che i sistemi di controllo (che sono, come si è visto, sistemi di azzeramento) esigono una modulazione a portante soppressa; all'uopo un mezzo tipico, che si adopera in entrambi i sensi, è il vibratore meccanico (ingl. chopper).
Gli organi finali. - La manovra finale, quando si compia per via elettrica, viene effettuata mediante motori elettrici a corrente continua oppure a corrente alternata.
Fra i primi, molto usati sono i motori ad eccitazione indipendente (o a magneti permanenti). In alcuni sistemi tutta l'energia immessa nel motore proviene dal segnale, che deve perciò essere portato a un livello sufficientemente alto di potenza; in altri casi il motore è alimentato da energia esterna e il segnale agisce, con bassa potenza di controllo, sopra l'eccitazione.
Fra i motori a corrente alternata domina il tipo a induzione bifase. Lo statore è eccitato da due avvolgimenti disposti ad angolo retto e alimentati da due tensioni alternate in quadratura fra loro. Una tensione è quella di rete, l'altra è costituita dal segnale di controllo; nasce, a questo modo, una componente rotante di campo magnetico, proporzionale al segnale, che dà luogo a una coppia sull'indotto. Ciascuno dei due avvolgimenti provvede a fornire all'incirca la metà della potenza che viene assorbita dal motore.
Per la manovra finale sono talvolta usati motori idraulici e pneumatici. Questi motori sono essenzialmente del tipo a pistone, secondo lo schema della fig. 13. Sullo stelo del motore è applicato, direttamente o indirettamente, il carico. Il segnale di c. agisce, a livello di potenza relativamente basso, sugli organi di ammissione, che possono essere di diversi tipi, per es., come in fig., del tipo a doppio stantuffo, il cui funzionamento è analogo a quello del trasduttore a pistone dianzi descritto.
Bibl.: M. Chestnut e R. Mayer, Servomechanisms and regulating system design, New York 1951-55; J. Truxal, Automatic feedback control system synthesis, New York 1955; W. Oppelt, Kleines Handbuch Technischer Revelvorgänge, Weinheim 1956; M. Pelegrin, J. Gille, P. Decaulne, Théorie et calcul des asservissements, Parigi 1958.