PREZZI, Controllo dei (XXVIII, p. 231; App. II, II, p. 609; III, II, p. 484)
Il controllo dei p. è uno strumento d'intervento pubblico in un'economia di mercato. Ad esso si può ricorrere per conseguire obiettivi di vario tipo: il contenimento di una pressione inflazionistica; la regolazione di specifici settori del mercato; il sostegno di particolari categorie di redditi primari; l'esercizio di un controllo indiretto sulla formazione di redditi di natura residuale, non assoggettabili a forme di disciplina diretta.
Può concretarsi nella fissazione di p. massimi, di p. minimi, di p. imposti, o nella semplice indicazione dei criteri cui i venditori devono attenersi nello stabilire i prezzi. La fissazione di un p. massimo, o calmiere, non è solo una misura antinflazionistica; risponde anche allo scopo di tutelare l'acquirente di una merce o l'utente di un servizio nei confronti di possibili abusi da parte di venditori in grado di esercitare un potere di mercato. Si ricorre invece alla fissazione di un p. minimo quando si vuole evitare che un'eccessiva concorrenza tra i venditori di una merce si traduca in ribassi del p. tali da indurre i produttori a ricostituire margini adeguati di profitto peggiorando la qualità del prodotto; oppure quando si cerca di difendere i produttori di fronte al potere di mercato di cui dispongono gl'intermediari o gli acquirenti finali; o per indurre l'offerta di beni o servizi di particolare rilevanza sociale; o per sostenere i redditi di produttori operanti in settori insufficientemente remunerativi. L'uso di p. imposti tassativamente, a un tempo massimi e minimi, tende ovviamente al conseguimento simultaneo dei fini propri di entrambi i tipi d'intervento dinanzi descritti. Un controllo indiretto dei p., che stabilisca precisi criteri di comportamento per i venditori in tema di determinazione dei p., rappresenta infine il necessario complemento di un controllo dei salari nel quadro di una politica generale di redditi.
È raro che in un'economia di mercato abbia luogo, sia pure temporaneamente, un controllo totale dei p., esteso a tutte le merci. Esso comporta sempre gravi difficoltà di attuazione. Di solito si preferisce limitare i controlli a talune categorie di beni di particolare interesse sociale o ai prodotti delle imprese che dispongono di un effettivo potere di mercato. I controlli parziali hanno tuttavia un evidente carattere discriminatorio, che in molti casi può apparire ingiustificato. Conviene quindi attuarli con l'ausilio di apposite procedure contrattuali e prevedere un'amministrazione pubblica del p. solo nell'ipotesi di mancato rispetto degl'impegni assunti dai produttori. Si realizza in tal modo un controllo più flessibile e meno limitativo della libertà commerciale.
Non vi è dubbio che ogni forma di controllo dei p., anche la più tenue, faccia in qualche modo violenza alle regole del gioco proprie di un'economia liberistica. Di per sé, questo non è però un argomento sufficientemente valido per rinunciare a uno strumento così importante di politica economica, soprattutto in un'epoca, come la nostra, caratterizzata da ricorrenti spinte inflazionistiche. Si tratta di vedere se un controllo dei p. rappresenti o meno una valida misura antinflazionistica, indipendentemente da ogni pregiudizio di carattere ideologico a favore o contro la pienezza della libertà d'iniziativa economica. L'utilità, a tale fine, di una politica di controllo dei p. viene negata dalla dottrina monetarista (v. monetarismo), che riguarda l'inflazione come un fenomeno risultante da un eccessivo aumento della quantità di moneta in circolazione rispetto alla disponibilità di beni esercizi reali. Un controllo dei p., quand'anche fosse realizzabile con successo, sopprimerebbe solo le manifestazioni esteriori di una pressione inflazionistica, cioè il rialzo dei p., trasformando l'inflazione da aperta in repressa. Il sistema dei p., distorto e irrigidito, non sarebbe più in grado, dopo un'operazione del genere, di assicurare un'allocazione efficiente delle risorse. Oltre che puramente esteriore, il successo nella lotta all'inflazione sarebbe comunque effimero: in assenza di restrizioni della quantità di moneta in circolazione, il potere di acquisto eccessivo presente nel sistema finirebbe prima o poi con l'indirizzarsi verso qualche tipo di spesa, alimentando la domanda globale. Alla base di questa concezione, contraria a ogni intervento diretto o indiretto sui p., vi è l'idea che nessun rialzo dei p. potrebbe persistere se l'offerta di moneta fosse adeguatamente controllata dalle autorità responsabili, poiché l'aumento dei p. finirebbe col ridurre la domanda e il sistema troverebbe una nuova posizione di equilibrio a un livello di attività più basso. Questa impostazione viene peraltro rifiutata da una parte della dottrina, che dissente da essa per quanto riguarda la validità della tesi che l'inflazione sia un fenomeno esclusivamente monetario.
L'attuazione di una politica di controllo dei p. può generare alcuni effetti non desiderabili, che occorre evitare coordinando la disciplina dei p. con interventi di altro tipo. Tra gl'inconvenienti da prevenire va ricordata anzitutto la tendenza al verificarsi di squilibri tra la domanda e l'offerta, sotto forma di eccessi di domanda in presenza di un contenimento dei p. e di eccessi di offerta nell'opposto caso di un sostegno dei prezzi. L'eccesso di domanda può essere evitato da un'appropriata politica di sovvenzioni alle imprese, volta a impedire riduzioni dell'offerta dei beni i cui p. sono sottoposti a controllo. Qualora ciò non avvenga, l'eccesso di domanda va neutralizzato affiancando al controllo dei p. un razionamento, allo scopo di assicurare un'equa distribuzione del bene scarso tra coloro che lo richiedono. Un eccesso di offerta, dovuto alla fissazione di un p. minimo garantito a un livello superiore a quello di equilibrio, va invece riassorbito attraverso acquisti effettuati dallo stato o da altri enti pubblici. La produzione eccedente acquistata dallo stato mediante ammasso volontario al p. garantito non può essere rivenduta sul mercato interno; può trovare collocazione all'estero, a p. più bassi (dumping), oppure può essere destinata a usi particolari, come la distribuzione gratuita a categorie di persone bisognose. Spesso si arriva a distruggere, in mancanza di sbocchi remunerativi, il prodotto eccedente; situazione invero paradossale, indicativa degli sprechi determinati dai meccanismi d'intervento cui si affida il compito di assorbire quei quantitativi di prodotto che risultano eccedenti non rispetto ai bisogni reali della popolazione ma rispetto a quanto è possibile collocare sul mercato ai p. fissati d'autorità.
Altri inconvenienti si verificano per l'attenuarsi della concorrenza tra le imprese, cui ogni forma di disciplina dei p. tende a dar luogo, e per le distorsioni strutturali che si manifestano quando il controllo dei p. non è generalizzato o non è ugualmente efficace nei diversi settori, Gl'inconvenienti maggiori si hanno quando il controllo assume l'aspetto di un blocco dei p. ai livelli vigenti. In tali condizioni, gl'investimenti e la produzione si riducono drasticamente, mentre la domanda aumenta, cosicché la pressione inflazionistica riprende con maggior vigore non appena il blocco viene rimosso.
Un controllo generalizzato dei p. può essere altrettanto efficace e meno lesivo della libertà d'iniziativa economica qualora venga attuato in forma indiretta, attraverso un meccanismo di collegamento delle variazioni dei p. a quelle dei singoli elementi di costo. In tal caso la politica dei p. deve risultare strettamente coordinata con la politica salariale. Possono configurarsi soluzioni di vario tipo: per es., tali da consentire aumenti dei p. solo se si verificano aggravi di costo non controllabili da parte delle imprese e se i maggiori oneri non sono compensati da un'accresciuta produttività; oppure tali che i p. diminuiscano quando l'aumento della produttività media del lavoro risulta percentualmente superiore a quello della remunerazione media dei salariati e non si verificano aumenti equiparabili nei costi non salariali per unità di prodotto, e che invece i p. aumentino quando il saggio di crescita della remunerazione del lavoro supera quello della produttività e non si manifestano riduzioni compensative nei costi non salariali per unità di prodotto. Esistono tuttavia situazioni di produzione congiunta che rendono arbitraria qualunque imputazione ai singoli beni di una parte delle spese sostenute dal produttore e che impediscono quindi un'esatta valutazione della relazione tra il p. e il costo di uno specifico bene. Il difetto di fondo di questi schemi di controllo è però di ordine più generale: è dato dal fatto che tali schemi tendono a preservare i rapporti esistenti in un dato momento tra i costi e i p., anche quando i rapporti in questione non hanno alcun titolo per essere difesi. Finché ci si limita a stabilire quali variazioni delle singole componenti dei costi unitari di produzione possono essere trasferite sui p. e in quale misura la traslazione è consentita, assumendo come parametri di riferimento anche elementi di costo del tutto ingiustificati sotto il profilo sociale, come quelli che le imprese sostengono per combattersi l'una con l'altra o per scoraggiare l'ingresso di nuovi concorrenti sul mercato, non si affronta il problema cruciale dell'individuazione dei costi effettivamente rilevanti ai fini di un controllo dei p. attuato nell'interesse dell'intera collettività. Congelando i rapporti tra i costi e i p., si mantiene inoltre immutata la distribuzione del reddito di ciascun settore tra percettori di salari e percettori di profitti, risultato di per sé discutibile, dato che non vi è alcun motivo di proteggere una qualunque distribuzione del reddito per il solo fatto di essere quella vigente.
In Italia il controllo dei p. è affidato dal 1944 a un apposito comitato interministeriale (CIP),dotato di poteri assai ampi, esercitati peraltro con estrema cautela. Sono soggetti a controllo i p. di una serie di prodotti di particolare rilievo sociale, tra cui l'energia elettrica, i prodotti petroliferi, il carbone, i servizi radiotelevisivi, telefonici, ferroviari e postali, il pane, lo zucchero, il cemento, i fertilizzanti, i medicinali, i giornali quotidiani. Il CIP ha attualmente facoltà d'intervenire sui p. di 46 beni e servizi (34 in regime di p. amministrati e 12 in regime di sorveglianza), ma non esercita per intero tale facoltà. Anche sugli affitti delle case vengono attuate varie forme di controllo, che si sono sovrapposte l'una con l'altra in modo disorganico da più di trent'anni a questa parte. È inoltre in vigore una disciplina dei p. di alcuni importanti prodotti agricoli, comune a tutti i paesi della CEE, con p. d'intervento fissati in sede comunitaria e garantiti indipendentemente dalle quantità prodotte. Gli agricoltori sono così indotti a espandere al massimo la produzione dei beni i cui p. sono garantiti, senza alcun riguardo all'andamento dei mercati e alla qualità dei prodotti. Un'azienda di stato, l'AIMA, provvede a ritirare dal mercato le eccedenze agricole, ai p. d'intervento fissati dalla CEE, e a distruggere grandi quantitativi di prodotti. In tal modo, per impedire riduzioni dei p. di mercato, di arriva a "istituzionalizzare" uno spreco sistematico di risorse.
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