Controriforma
La riorganizzazione della Chiesa cattolica dopo la Riforma protestante
Il termine Controriforma definisce la trasformazione che la Chiesa cattolica visse lungo l'arco dei secoli 16° e 17°. Sorto in risposta alla Riforma protestante e alla diffusione delle nuove dottrine teologiche, questo processo assunse via via la dimensione di un programma di rinnovamento e riorganizzazione della Chiesa nel suo complesso. La volontà di esercitare un ruolo di controllo sulla diffusione dell'eresia si concretizzò nella creazione di alcune istituzioni come il tribunale dell'Inquisizione (1542), incaricato di giudicare le convinzioni religiose dei fedeli, o l'Indice dei libri proibiti (1559), cioè l'elenco dei testi considerati eretici e che non era lecito leggere o possedere
In risposta alle dottrine del tedesco Martin Lutero che minavano la sua autorità, la Chiesa cattolica decise nuove forme di intervento sociale e politico e stabilì più chiari criteri di verità nelle dispute religiose. Da ciò emerse sempre più la necessità da parte dell'autorità ecclesiastica ‒ il papa, il Concilio, il Tribunale della fede ‒ di dichiarare eretiche quelle posizioni teologiche che non si conformavano alle dottrine stabilite dalla Chiesa, che si ponevano, dunque, al di fuori dell'ortodossia.
Questa trasformazione non si esaurì esclusivamente nella formazione di organismi per il controllo repressivo, ma si realizzò anche in alcuni programmi di riforma interni alla Chiesa stessa: grande fu lo slancio per promuovere le attività di assistenza verso i poveri e i bisognosi, e soprattutto per riorganizzare l'istruzione religiosa tanto dei laici ‒ con la preparazione di appositi strumenti quali, per esempio, il catechismo ‒ quanto del clero ‒ con la creazione dei seminari. È importante notare che questo lungo processo produsse nel suo insieme effetti rilevanti non solo sulla vita religiosa della società cristiana ma anche sul modo di pensare collettivo, sulla morale quotidiana, sulle rappresentazioni simboliche e artistiche, sui modelli ideologici e politici della civiltà europea e in particolare di quella italiana.
Già agli inizi del 16° secolo, e dunque prima della protesta di Lutero (1517), una larga parte della cristianità aveva avvertito il bisogno di un rinnovamento profondo della Chiesa. Tuttavia fu solo con la violenta esplosione della Riforma che la gerarchia ecclesiastica si vide costretta ad affrontare la drammatica crisi che ne minacciava l'identità e l'autorità.
In particolare grande impressione destò la tragedia del sacco di Roma (1527), quando a causa dello scontro tra il papa e l'imperatore la capitale della cristianità venne messa a ferro e fuoco dalle milizie imperiali di Carlo V, le cui truppe (i lanzichenecchi) erano in larga misura di fede luterana. A molti spettatori dell'epoca sembrò che quell'evento avesse rappresentato un vero e proprio castigo divino per la corruzione morale della Chiesa di Roma. Fu dunque in seguito a quegli avvenimenti che da varie parti del mondo cristiano fu avanzata la necessità di convocare un concilio generale, vale a dire un'assemblea di vescovi che varassero norme e provvedimenti in grado di affrontare la grave crisi allora in atto.
La storia del concilio, conosciuto come Concilio di Trento, fu alquanto tortuosa a causa delle implicazioni politiche che esso comportava, del permanente stato di guerra tra Francia e Impero e delle forti resistenze curiali. La convocazione del concilio, fortemente voluta dall'imperatore al fine di cercare un accordo con i protestanti (protestantesimo), fu spesso avversata dalla Santa Sede che temeva di non potervi esercitare il proprio diretto controllo.
L'assemblea fu convocata la prima volta nel 1537 a Mantova e una seconda volta a Trento nel 1542, dove i padri conciliari riuscirono finalmente a riunirsi solo nel dicembre del 1545. Questa sede fu scelta al confine tra l'Italia e l'Impero proprio per sottolineare la volontà di trovare un compromesso con il mondo riformato. Tuttavia i contrasti tra il papa e l'imperatore bloccarono i lavori dell'assemblea che fu spostata da Trento a Bologna nel 1547 per volere di Paolo III e infine sospesa nel 1549 in seguito alle proteste imperiali. Nel 1551 il concilio fu riconvocato a Trento da Giulio III, ma l'anno dopo fu nuovamente interrotto a causa delle nuove guerre. Durante il pontificato di Paolo IV (1555-59) esso subì una battuta d'arresto e si assistette a una svolta autoritaria della Chiesa di Roma con l'intensificarsi dei processi inquisitoriali e del controllo sulla circolazione dei libri.
Il concilio poté concludere i lavori solamente nel 1562-63 con l'elezione al soglio pontificio di Pio IV (1559-65). Nel corso di queste sessioni vi fu sempre una preminenza di vescovi italiani su quelli spagnoli, imperiali e francesi, i quali ultimi presero parte solo all'ultima convocazione. Nessun rappresentante del mondo riformato vi prese mai parte.
Il concilio approvò nel corso delle prime riunioni i decreti riguardanti le dottrine controverse e successivamente alcuni importanti provvedimenti di riforma.
Per quanto riguarda le questioni dottrinali, che occuparono la prima fase del 1545-47, il concilio definì posizioni nettamente contrarie a quelle della Riforma protestante in merito alle Scritture e al ruolo esclusivo della Chiesa nell'interpretazione dei testi sacri, ribadì l'importanza delle opere di carità, dei sette sacramenti e del purgatorio, confermò l'esigenza del culto dei santi e delle reliquie e il valore delle indulgenze.
Il concilio cercò anche di eliminare i più gravi abusi ecclesiastici: il favoritismo verso i parenti (noto come nepotismo), la compravendita di beni sacri (simonia), l'ignoranza e il concubinaggio del clero. Oltre a promuovere i seminari per istruire in modo adeguato i sacerdoti, il concilio stabilì l'obbligo di residenza dei vescovi e del celibato ecclesiastico, e impose il latino come lingua ufficiale della Chiesa.
A partire dall'ultima fase conciliare (1562-63) si aprì una stagione caratterizzata dal grande sforzo della Chiesa di Roma di attuare tale programma attraverso la riorganizzazione delle strutture ecclesiastiche, il controllo sulla moralità dei costumi e sulla vita religiosa dei fedeli. Tra le figure più significative di questo rinnovamento merita ricordare san Carlo Borromeo, che svolse la sua attività nella diocesi di Milano. Nei decenni seguenti la Chiesa promosse inoltre i viaggi dei missionari sia nei continenti più lontani, dall'America Centrale e Meridionale al Giappone e alla Cina, sia nelle campagne europee, dove la cultura cristiana era rimasta molto in superficie. Questa riaffermazione della Chiesa cattolica si avvalse anche dell'attività dei nuovi ordini religiosi sorti proprio nel corso del 16° secolo: per esempio i teatini, i barnabiti, i cappuccini, i somaschi, gli oratoriani e soprattutto i gesuiti, fondati dallo spagnolo sant'Ignazio di Loyola nel 1540, che si distinsero per l'attività missionaria e per il grande ruolo culturale e politico che ricoprirono in tutta Europa nei due secoli seguenti.
In conclusione si può dire che la Controriforma fu caratterizzata da un impegno costante nel tentativo di fermare l'avanzata del protestantesimo in tutt'Europa e dalla volontà di riorganizzare le proprie strutture, anche per tramite della cultura e delle arti che si tradussero nel fiorire dello stile barocco. Al contempo è bene ricordare che il principale strumento di questa affermazione fu il severo impiego del tribunale dell'Inquisizione (congregazione romana del Sant'Uffizio), dapprima impegnato a condannare reati di eresia e successivamente orientato a reprimere tutte le forme di pensiero e di comportamento ritenute non conformi alla dottrina della Chiesa di Roma.
A partire dalla fine del 16° secolo furono colpiti non solo dottrine e costumi non in linea con il magistero cattolico, ma anche la spiritualità mistica e i testi letterari, le pratiche e i culti contadini considerati superstiziosi e devianti, come la stregoneria e le pratiche magiche.
Celebri inoltre furono i casi di illustri scienziati, filosofi e pensatori che, per non aver accettato di conformarsi nelle loro ricerche ai canoni imposti dalla Chiesa, dovettero sperimentare, seppure in forme diverse, il rigore della repressione inquisitoriale: tra questi spiccano i nomi di Galileo Galilei, costretto ad abiurare, di Giordano Bruno, morto sul rogo a Roma nel 1600, e di Tommaso Campanella, condannato a lunghissimi anni di carcere.