convenzionalismo
Concezione filosofica secondo cui alcuni principi o proposizioni, sia conoscitivi sia etico-politici, sono delle convenzioni basate su un accordo o una scelta (anche in forma implicita), non valutabili in termini di verità o falsità. Tale concezione è stata oggetto di profonde analisi fin dall’antichità, estendendosi con fasi di maggiore o minore originalità fino ai contemporanei studi scientifico-filosofici. Un tipico contesto dove la riflessione sul c. ha ricevuto attente indagini è quello della dicotomia valido per convenzione e valido per natura con riferimento a qualità sensibili (primarie) e qualità misurabili (secondarie), all’origine e al carattere naturale (necessario) o convenzionale delle leggi o del rapporto tra il segno linguistico e il suo oggetto.
La posizione convenzionalista ha ricevuto uno degli sviluppi più originali a partire dagli inizi del Novecento, in seguito alla costruzione delle geometrie non euclidee (sec. 19°) e alla conseguente negazione del carattere di verità evidenti agli assiomi geometrici. Le riflessioni dello scienziato e filosofo Mach (soprattutto nelle opere Beiträge zur Analyse der Empfindungen, 1886; trad. it. L’analisi delle sensazioni, ed Erkenntnis und Irrtum, 1905; trad. it. Conoscenza ed errore), del filosofo e storico della scienza Duhem (soprattutto nell’opera La théorie physique: son object et sa structure, 1906, 2a ed. 1914; trad. it. La teoria fisica: il suo oggetto e la sua struttura), e in modo particolare del grande matematico J.-H. Poincaré (nelle opere La science et l’hypothèse, 1902; trad. it. La scienza e l’ipotesi; La valeur de la science, 1905; trad. it. Il valore della scienza; e Science et méthode, 1908; trad. it. Scienza e metodo) contribuirono in modo profondo all’analisi convenzionalista dello sviluppo delle scienze. Mach, per esempio, con il suo empirismo radicale ridusse i concetti e le teorie scientifiche a strumenti pragmatici in grado di organizzare nel modo più economico e predittivamente efficace i dati di senso. Duhem sviluppò l’epistemologia di Mach caratterizzando la teoria fisica come un sistema di proposizioni dedotto da alcuni principi che rappresentano in modo semplice e rigoroso verità sperimentali; Poincaré diede un importante sviluppo alla riflessione sul c. sia negando la validità della teoria kantiana, che considera la geometria euclidea una scienza a priori, sia negando la concezione secondo cui le geometrie non euclidee (e i sistemi geometrici in generale) siano verificabili empiricamente. Nessuna esperienza, per Poincaré, potrà mai avere il potere di verificare o di falsificare un teorema geometrico e gli assiomi della geometria sono solo convenzioni («definizioni mascherate»), libere creazioni particolarmente comode per la rappresentazione e l’organizzazione dell’esperienza.
Un ulteriore ampliamento della riflessione convenzionalista provenne dallo sviluppo della cosiddetta concezione ipotetico-deduttiva dei sistemi assiomatici (G. Peano, Hilbert, M. Pieri ecc.) e dalle ricerche degli empiristi logici (Carnap, Ayer, Hempel, ecc.). Con la prima il concetto di assioma perse ogni riferimento all’idea di valore e al significato intuitivo dei termini che figurano nei principi: gli assiomi rappresentano schemi di proposizioni che possono venire variamente interpretati e da cui, mediante regole, possono essere dedotte altre proposizioni. La scelta degli assiomi non poggia più sulla loro intrinseca intelligibilità ed evidenza, ma sulla loro adeguatezza per sistematizzare (assiomatizzare) un dato insieme di conoscenze (➔ assioma e assiomatizzazione). Se, tuttavia, nella iniziale concezione ipotetico-deduttiva gli assiomi della teoria, pur essendo arbitrari, erano ancora legati a una logica unica, con l’empirismo logico, e in modo particolare con Carnap, viene ad affermarsi il carattere puramente convenzionale delle regole logiche intese come una parte della sintassi del linguaggio. Ciò era una conseguenza dello sviluppo delle logiche non classiche e trovava una suggestiva espressione nell’affermazione carnapiana del cosiddetto principio di tolleranza (Toleranzprinzip), secondo il quale «in logica non c’è morale» e ciascuno può costruire come vuole la sua logica, cioè la sua forma di linguaggio, fornendo regole sintattiche di coerenza e deduzione per le proposizioni di un sistema logico. Successivamente Carnap – in seguito alle influenti obiezioni di Quine alla possibilità di fornire una chiara distinzione tra asserzioni analitiche (vere per linguaggio) e asserzioni sintetiche (vere in base a fatti di esperienza) su cui il neopositivismo aveva basato la sua epistemologia – avrebbe esteso il principio convenzionalista anche ad alcuni aspetti semantici del linguaggio, con la proposta di considerare le verità analitiche come dei «postulati di significato» (Meaning postulates, 1952; trad. it. Postulati di significato), cioè verità convenzionali non ulteriormente giustificabili se non in virtù di una scelta pragmatica. Forme di c. sono presenti anche nella filosofia della scienza postpopperiana e postpositivista. Particolare rilievo, in tale contesto, ha assunto la tesi della sottodeterminazione empirica delle teorie scientifiche (dovuta in parte a Duhem e in parte a Quine), secondo cui teorie diverse possono essere compatibili con lo stesso insieme di dati osservativi, con la conseguenza che la scelta fra teorie sarebbe basata su considerazioni pragmatiche di semplicità e comodità (così come in Poincaré la scelta fra geometrie alternative) piuttosto che sulla loro capacità di fornire una rappresentazione vera della realtà. Tale problematica è stata al centro di un ampio dibattito sulla questione del realismo scientifico (➔ realismo; scienza, filosofia della).