COOPERAZIONE (XI, p. 286 e App. I, p. 468)
I varî atteggiamenti assunti dal movimento cooperativo nell'ultimo ventennio rivelano una progressiva chiarificazione del concetto di cooperazione, considerata come una insopprimibile esigenza associativa a fine economico-sociale.
Come teoria economica, la cooperazione ha precisato i suoi limiti e il suo valore, riscontrando la sua validità solo in quanto agisce come correttivo di un diverso ordinamento economico, specialmente del libero mercato. Infatti la cooperazione si propone di assicurare ai cooperatori un reddito più elevato di quello che essi conseguirebbero, con le medesime prestazioni, in un'azienda non cooperativa. Questa finalità economica non sarebbe, però, sufficiente a caratterizzare il principio cooperativo, che rivendica sul terreno sociale una capacità di elevazione degli individui e di rinnovamento delle forme e degli istituti pubblici tradizionali. Funzione economica e funzione sociale sono due aspetti inscindibili del principio cooperativo e, solo per astrazione, possono essere considerati distintamente.
Dal punto di vista economico, quindi, la società cooperativa si presenta come un'organizzazione di lavoro e di capitale, diretta a convertire il profitto in una rendita cooperativa, ch'è il reddito differenziale che i cooperatori conseguono rispetto ai lavoratori e consumatori non associati in cooperative. Le cooperative si propongono anche di limitare la funzione e il reddito del capitale, considerandolo come uno strumento a servizio della produzione e compensandolo secondo il tasso normale offerto in quel momento sul mercato. In questo senso s'è recentemente parlato di "capitale salariato". Caratteristico è anche il criterio di attribuzione dei redditi ai soci delle cooperative. Il reddito da ripartire è costituito dal complesso degli utili, depurati delle spese e costi d'esercizio, nonché delle quote obbligatoriamente destinate ai fondi di riserva legali e statutarî, e viene attribuito a coloro che hanno partecipato all'attività dell'impresa, come lavoratori o come consumatori, in proporzione alla effettiva partecipazione di ognuno alla formazione del reddito medesimo. La più recente esperienza ha manifestato, nelle cooperative di produzione e lavoro, una netta preferenza a livellare il compenso dei soci al corso del salario normale vigente e a investire la rendita differenziale di ognuno, in titoli di risparmio o in opere di istruzione e di benessere a favore dei soci e delle loro famiglie.
La sostanza sociale della cooperazione è certamente più importante e caratteristica del suo aspetto economico e, da questo punto di vista, il contrasto fra le dottrine del movimento cooperativo s'è accentuato negli ultimi tempi e, sotto l'influsso delle dominanti ideologie politiche, s'è determinata una specie di polarizzazione intorno a concezioni opposte, ispirate a principî che tendono a modificare diversamente la struttura dell'ordine sociale.
Diffusa è la dottrina classista, che ritiene la cooperazione destinata a rompere lo schema sociale ed economico caratteristico del capitalismo e a instaurare un ordine diverso, fondato sul principio della libertà, della spontanea associazione e del valore dello sforzo compiuto dall'individuo, per sottrarsi a una legge di sfruttamento e di dipendenza. A questo riguardo, il pensiero di Lenin, secondo il quale la cooperazione dovrebbe essere un mezzo ausiliario della lotta di classe per giungere alla dittatura del proletariato, s'è rivelato praticamente non adeguato alla realtà. Infatti, la cooperazione agendo come correttivo dell'ordinamento economico, e determinando, dal punto di vista sociale, una più equa distribuzione della ricchezza, tende, al tempo stesso, a superare il concetto di classe e, in particolare, di proletariato, gradualmente assorbendo questo nella responsabilità e nel godimento dei mezzi della produzione.
Alla vigilia della seconda Guerra mondiale la consistenza numerica del movimento cooperativo mondiale era la seguente:
Circa l'efficienza attuale non si hanno statistiche complete e sufficientemente attendibili. Certo, le speranze e i miraggi del dopoguerra hanno ovunque determinato un rapido incremento cooperativo, non sempre fondato su reali possibilità economiche e sociali.
In Italia, al 25 luglio 1943, risultavano schedate 15.000 cooperative, quasi tutte aderenti all'Ente nazionale fascista della cooperazione, che aveva compiti di collegamento, di revisione e di controllo sulle società aderenti. Di queste, quasi 5.000, per cause e circostanze varie, hanno cessato di esistere. D'altra parte, durante il 1945-46 risultarono costituite 2.616 cooperative di consumo, 2.190 di lavoro, 983 agricole, 372 di trasporto, 26 di pesca, e 1.226 varie e miste. In tutto, 6.412 cooperative, che, aggiunte a quelle costituite nel 1947 e a quelle preesistenti, formano oltre 20.000 società oggi esistenti. L'ultimo censimento delle cooperative di consumo ha segnato i seguenti dati, riferiti al 31 dicembre 1946: cooperative censite 5.043; soci 2.204.416; capitale sottoscritto lire 708.204.092; capitale versato lire 125.803.062, spacci gestiti 8.168; importo delle vendite mensili lire 2.208.893.757.
Le cooperative italiane sono inquadrate nei seguenti organismi nazionali di grado superiore: Lega nazionale delle cooperative, Confederazione italiana delle cooperative, Unione italiana della libera cooperazione, Confederazione nazionale delle cooperative tra mutilati, combattenti e partigiani. Di queste però soltanto le prime due hanno una grande importanza, inquadrano complessivamente circa 20.000 società e sono state legalmente riconosciute dal governo, agli effetti della legge 14 dicembre 1947, n. 1877. Le cooperative di credito aderiscono all'Associazione nazionale tra le banche popolari e all'Ente nazionale tra le casse rurali. Le cooperative del settore peschereccio sono quasi tutte aderenti al Consorzio nazionale delle cooperative tra pescatori, cui è affidata, con apposite leggi, la gestione delle acque demaniali del Mar Piccolo di Taranto e dei laghi Fusaro e Miseno in Campania e S. Gilla in Sardegna.
In Russia è particolarmente importante il movimento delle cooperative agricole e di consumo. Di quest'ultime ne esistono 35.000, con 36 milioni di soci e un giro annuo di affari di 45 miliardi di rubli. In Francia vi sono 1.176 cooperative di consumo, con 8.000 spacci e 1.700.000 soci. Molto diffuse sono le cooperative edilizie; quelle di credito ammontano a 10.590 con 586.372 soci. In Inghilterra, secondo i dati più recenti, vi sono complessivamente 9 milioni di cooperatori, e le aziende cooperative hanno un movimento annuo di affari di oltre mezzo miliardo di sterline. La Svizzera è un paese che ha grandissime tradizioni cooperative. Attualmente vi sono 12.322 cooperative, divise in 24 categorie. Paesi che hanno grandi organizzazioni cooperative sono anche l'Olanda, con 18.000 società quasi tutte inquadrate nella National Cooperatieve Raada; la Bulgaria con 4000 società, la Romania con 6734. In Svezia e Norvegia quasi la metà della popolazione è interessata in organizzazioni cooperative, le quali sono riuscite a vincere importanti situazioni di monopolio. In quasi tutti i paesi dell'America, la cooperazione s'è affermata energicamente in questi ultimi tempi, specialmente nel Canada e nel Venezuela, nella Argentina e nel Brasile. Negli S. U. la cooperazione è molto diffusa nel settore agricolo. Vi sono centinaia di federazioni, che raggruppano circa 10.000 associazioni locali, con un movimento di oltre sei miliardi di dollari annuo. Anche nei paesi più arretrati dell'Africa e dell'Asia, le cooperative si vanno sempre più diffondendo sotto la spinta propulsiva dei colonizzatori. Perciò si può stimare che il movimento cooperativo, dopo la seconda Guerra mondiale, possa raggiungere un milione di società, con circa duecento milioni di cooperatori sparsi in tutti i paesi del mondo.
L'alleanza cooperativa internazionale, già costituita nel 1895, con lo scopo di fondare il primo nucleo di una grande comunità internazionale per il mutuo benessere, raggruppa oggi le organizzazioni cooperative di 28 paesi, con 93 milioni e mezzo di soci. Presidente in carica è Lord Rusholme, già segretario della Unione delle cooperative inglesi, il quale continua la tradizione di Wansittart Neale, J. H. May, W. Maxwell, Ch. Gide, E. Poisson e altri che furono fra i maggiori esponenti dell'ACI, al cui sviluppo legarono la loro opera e il loro nome. Dalla sua costituzione ad oggi, l'Alleanza ha tenuto 17 congressi internazionali, di cui il 7° a Cremona e l'ultimo a Praga, nel 1948.
Ordinamento amministrativo, diritto e legislazione cooperativa. - Le più recenti carte costituzionali promulgate in varî paesi dell'Europa e dell'America (URSS, Bulgaria, Iugoslavia, Venezuela, Italia) assumono esplicitamente la cooperazione a oggetto di loro norme.
La Costituzione della Repubblica italiana ne tratta all'art. 45.
In Italia, amministrativamente, la cooperazione dipende dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che comprende una Direzione generale della cooperazione, presso la quale è costituita una Commissione centrale per la riforma organica e il coordinamento delle leggi sulla cooperazione. Le cooperative legalmente costituite sono iscritte in appositi registri prefettizî della circoscrizione in cui hanno la loro sede. Inoltre presso il Ministero del lavoro, è costituito uno "schedario generale della cooperazione", in cui sono iscritti tutti gli enti segnati nei registri prefettizî, nonché tutti i consorzî ammissibili ai pubblici appalti e quelli a carattere nazionale e regionale. La vigilanza del ministero sulle cooperative si esplica a mezzo di ispezioni ordinarie e straordinarie: le prime si effettuano ogni due anni e possono essere compiute dalle associazioni riconosciute dal governo.
La disciplina giuridica fondamentale delle cooperative è contenuta nel cod. civ. agli articoli 2511 e 2548 e nella legge 14 dicembre 1947, n. 1577. L'art. 2511 del cod. civ., stabilisce che le società cooperative possono essere a responsabilità limitata e illimitata, entrambi i tipi però sono sottoposti al regime legale più complesso e rigoroso delle società per azioni, in quanto compatibile con la loro struttura. La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l'indicazione di società cooperativa a responsabilità limitata o illimitata, e tale indicazione non può essere usata da società che non hanno scopo mutualistico. Alle società cooperative si applicano, in ogni caso, le disposizioni riguardanti i conferimenti e le prestazioni accessorie, le assemblee, gli amministratori, i sindaci, i libri sociali, il bilancio e la liquidazione delle società per azioni, in quanto compatibili con le disposizioni speciali riguardanti le cooperative. Le società cooperative devono essere costituite per atto pubblico. Le variazioni del numero e delle persone dei soci non importano variazioni dell'atto costitutivo. Nessun socio può avere una quota superiore a lire 250.000, né tante azioni il cui valore nominale superi tale somma. Il valore nominale di ciascuna quota o azione non può essere inferiore a lire 500, né superiore a lire 10.000. Gli organi sociali ordinarî delle società cooperative sono: l'assemblea, il consiglio di amministrazione, il presidente e il collegio sindacale. Nelle assemblee, hanno diritto di voto tutti coloro che risultano iscritti da almeno tre mesi nel libro dei soci. Ogni socio ha un voto, qualunque sia il numero delle azioni sottoscritte. I soci persone giuridiche possono avere fino a 5 voti. Se la cooperativa non ha meno di 500 soci e svolge la propria attività in più comuni, l'atto costitutivo può stabilire che l'assemblea sia costituita da delegati eletti da assemblee parziali, convocate nelle località ove risiedono non meno di 50 soci. Gli amministratori devono essere soci o mandatarî di persone giuridiche socie. La nomina di uno o più amministratori o sindaci può essere attribuita, dall'atto costitutivo, allo stato o ad enti pubblici, in ogni caso, però, la maggioranza è riservata all'assemblea dei soci. Le società cooperative si sciolgono per le cause previste dall'art. 2448 del cod. civ. e quelle che hanno per oggetto un'attività commerciale, sono soggette a fallimento. In caso di irregolare funzionamento, l'autorità governativa può revocare gli amministratori e i sindaci e affidare la gestione della società a un commissario governativo, determinandone i poteri e la durata. Circa la distribuzione degli utili, l'art. 2536 stabilisce che qualunque sia l'ammontare del fondo di riserva legale, deve essere a questa destinata almeno la quinta parte degli utili annuali. La quota di utili, che non è assegnata a riserva legale o statutaria e non è distribuita ai soci, deve essere destinata a fini mutualistici. Altre numerose leggi disciplinano particolari aspetti, istituti e tipi di cooperative, specialmente quelle ammissibili ai pubblici appalti.
Anche altri paesi hanno recentemente modificato l'ordinamento amministrativo e la legislazione riguardante le cooperative. In Francia, con la legge 10 settembre 1947, s'è costituito uno statuto generale della cooperazione. La Romania ha un'organica legislazione cooperativa, la cui legge fondamentale risale al 28 marzo 1929. Nel dicembre 1944 è stato costituito il Ministero della cooperazione, al quale compete la direzione e la sorveglianza dell'attività cooperativa, dell'Istituto nazionale della cooperazione e delle organizzazioni cooperative. In Iugoslavia la disciplina giuridica della cooperazione è contenuta nella legge 18 luglio 1946, diretta ad applicare le norme costituzionali, a rafforzare e accelerare la costituzione delle cooperative nell'interesse del popolo lavoratore. Anche altri paesi dell'Europa e dell'America, hanno aggiornato la loro legislazione cooperativa. In genere si nota che la cooperazione tende ad assumere alcuni caratteri fondamentali comuni, lasciando all'autonomia legislativa dei varî paesi il compito di adeguare tali caratteri generali alla particolare natura giuridica dei varî ordinamenti sociali e dei particolari motivi politici che li ispirano.
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